ZIMBARDO - La faccia nascosta della malvagità
di Stefania Vitulli v.anche qui e qui

Fu da un esperimento di Philip Zimbardo che nacque la broken windows theory: è sufficiente lasciare una sola finestra rotta perché i vandali distruggano un intero palazzo, consapevoli che non vi saranno conseguenze. Era la teoria grazie alla quale Rudolph Giuliani, al grido di «tolleranza zero», in un anno ridusse la criminalità a New York del 40 per cento.
Le «finestre rotte» furono solo il primo di una serie di esperimenti che hanno condotto Zimbardo alla fama internazionale. Il più famoso di questi fu senz’altro lo Stanford Prison Experiment. Nel 1971, lo psicologo reclutò - con un annuncio su un giornale che invitava «maschi adulti a prendere parte a uno studio psicologico di vita carceraria. Compenso: 15 dollari al giorno» - 24 studenti «sani, intelligenti, di classe media, psicologicamente normali e senza alcun precedente violento».
L’esperimento doveva durare due settimane e coinvolgere i soggetti in una simulazione di vita carceraria. Dopo soli cinque giorni, Zimbardo dovette interrompere i lavori: metà degli studenti si erano trasformati in spietati aguzzini e una delle vittime mostrava evidenti segni di traumi psichici. Scopo di Zimbardo era dimostrare come in situazioni di anonimato, norme coercitive, disumanizzazione e garanzia di impunità, le dinamiche di gruppo scatenino comportamenti malvagi anche in soggetti «buoni».
Negli Stati Uniti è appena arrivato in libreria The Lucifer Effect. Understanding How Good People Turn Evil (Random House, pagg. 576, $ 18,25), il volume - presto pubblicato anche in Italia - in cui il professor Zimbardo riassume 30 anni di ricerche proprio a partire dallo Stanford Experiment, divenuto un classico della psicologia sociale, tanto che il sito che lo racconta l’esperimento (www.prisonexp.org) richiama ogni anno milioni di visitatori virtuali. Zimbardo, classe 1933, nonni siciliani, infanzia poverissima nel Bronx, è oggi uno dei più noti psicologi sociali al mondo: professore emerito di psicologia a Stanford, conduttore del programma televisivo cult della PBS, «Discovering Psichology», autore di oltre 300 pubblicazioni, tra cui un bestseller sulla vergogna tradotto in dieci lingue, è oggi a Roma per una conferenza al Cnr proprio per spiegare in che cosa consiste «l'effetto Lucifero».
Come può la natura umana trasformarsi in breve da buona in criminale, come è accaduto nelle carceri di Abu Ghraib, incubo che i suoi esperimenti avevano lucidamente profetizzato?
«Il saggio vuole offrire un modo nuovo di interpretare la tipologia di malvagità che si è “impossessata” dei soldati americani che hanno abusato dei prigionieri iracheni e narra lo svelamento progressivo dei processi malvagi “creativi” messi in atto per torturare i prigionieri. Dall’analisi di ciò che è accaduto a Stanford comparata con i terribili abusi di Abu Ghraib, si evince che il meccanismo psicologico all’origine dei processi aggressivi era lo stesso. In entrambe le prigioni il sadismo delle guardie carcerarie non era conseguenza di personalità sadiche all’origine, erano persone normali, di buon carattere. Sono stati corrotti dal contesto che ha esercitato su di essi un potere coercitivo».
Il presupposto morale che sta alla base dell'effetto Lucifero è mutuato dalla religione?
«Lucifero era l'angelo favorito del Signore. Il suo nome significa luce e in alcune scritture è noto anche come “stella del mattino”. Egli rifiuta di obbedire agli ordini di Dio e perciò viene inviato all’inferno. D’altra parte Lucifero è anche la prova che corrompere la natura umana è possibile, anzi, semplice. Le convinzioni religiose degli individui hanno un ruolo duplice: hanno spesso agito per il male nella storia dell'umanità, a partire dall’inquisizione fino allo jihad musulmano. Ma hanno anche diretto la moralità dell’uomo, sin dai primordi».
Bullismo, pedofilia, aggressioni tra vicini di casa, violenze domestiche: negli ultimi tempi il male pare essersi insinuato pesantemente nella vita quotidiana. Colpa dell’effetto Lucifero?
«L’effetto Lucifero non è una specie di alibi. Tuttavia, è necessario tenere sempre conto delle condizioni che influenzano le azioni di malvagità estrema senza dare per scontato che abbiamo a che fare con soggetti criminali. Il sovvertimento del principio di autorità è una cosa sana solo se è il risultato di un processo di crescita, rispetto e obbedienza, nel riconoscimento del discrimine tra bene e male».
Che cosa pensa sia accaduto nella mente di Cho Seng Hui, lo studente coreano responsabile del massacro dell’Università Virginia Tech?
«Vergogna, disperazione e alienazione dello studente vanno collegati alla facilità di avere armi a disposizione e ad una cultura della violenza come soluzione preferenziale in situazioni di conflitto. È necessario operare un severo controllo sul possesso di armi e dedicare più attenzione a chi ha seri problemi emotivi».
Su che cosa sta orientando i suoi studi ora?
«Dedicherò le mie ricerche alla celebrazione degli eroi domestici. Che cosa conduce una persona normale a reagire attivamente ad una situazione drammatica e ad aiutare il prossimo?».