La rivoluzione che non ci sarà di Mircea Meti

"Se mille uomini non pagassero quest'anno le tasse, ciò non sarebbe una misura tanto violenta e sanguinaria quanto lo sarebbe pagarle" Henry David Thoreau

"Rifiutarsi di pagare le tasse è uno dei metodi più rapidi per sconfiggere un governo" Mahatma Gandhi

"Se vuoi che politici irresponsabili spendano meno, devi dare loro meno da spendere" Irwin Shiff

"Questo Stato è la malattia, lo sciopero fiscale è la cura" Anonimo

"Colpire lo Stato nei soldi, come colpiamo la mafia" Anonimo


Lo Stato italiano non è più mutabile con le sue stesse procedure. L'unica via è una rivoluzione, ma senza armi, sangue o vittime. Una rivoluzione che porti ad una nuova Costituente. Una rivoluzione che porti l'attuale Stato alla resa. Una ricvoluzione basata sui "falò" delle cartelle esattoriali, dell'Iva, e delle trattenute. La sospensione del pagamento delle tasse, dirette e indirette, effettuata da almeno metà della popolazione, sarebbe l'unico strumento decisivo per l'estinzione dello Stato attuale in via pacifica.

Naturalmente non si farà, almeno per i prossimi dieci o venti anni. Ciò che servirebbe, nessuno lo vuole. Un colpo di Stato con esiti dittatoriali: ma gli Usa e l'UE farebbero arrivare i carri armati. O il bagno di sangue di una guerra civile (che non si farà perchè la miseria è meglio della morte e dell'omicidio)

Precedenti (vedi finestra)
La rivoluzione francese si innescò sull'aumento del prezzo del pane. La rivoluzione americana fu favorita anche dal rifiuto delle tasse su zucchero, caffè, vino, materiale stampato, carta e pittura. La rivoluzione indiana arrivò all'apice con la lotta contro la tassa del sale. Ma non solo le maggiori rivoluzioni sono nate da atti di resistenza.

Si stima che nel decennio tra il 1965 e il 1975 il fenomeno della mancata presentazione alla chiamata leva (coi falò delle lettere di chiamata alle armi) riguardò circa 570.000 giovani dei quali però solo poco più di 209.000 vennero ufficialmente dichiarati renitenti e di questi soltanto 8750 soggetti a condanna penale; la maggioranza delle imputazioni passò poi in prescrizione a fronte dell'indulto concesso nel 1974 dal presidente Ford e dall'amnistia concessa da Carter nel 1977.

Perchè no
Il sottoproletariato (in tedesco Lumpenproletariat), nelle moderne società industriali, è la classe sociale economicamente e culturalmente più degradata, priva di coscienza politica e non organizzata sindacalmente, i cui componenti traggono il loro reddito da occupazioni vicine a quelle del proletariato ma tuttavia occasionali o talvolta invece sfocianti nell’illegalità. Il termine sorge per definire la classe sociale economicamente più debole rispetto al proletariato, che può vantare un reddito stabile e sicuro benché basso. Spesso si fa riferimento al sottoproletariato "urbano", proprio per sottolinearne i caratteri di tipicità nei contesti cittadini e metropolitani.

L'Italia di oggi registra una metà della popolazione in condizioni di lumpeproletariat: formata da ex proletari espulsi dal lavoro, giovani mai entrati nel sistema del lavoro organizzato, immigrati irregolari, ceto medio fatto arretrare o in pericolo di arretramento a causa della crisi economica. Questa parte della popolazione non ha nulla da perdere da una rivoluzione, ma è del tutto priva di coscienza politica, perchè non ha nè speranze nè progetti per il futuro.

L'altra metà è formata da residui di proletariato garantito, media borghesia e ceti intellettuali organici, capitalisti finanziari. I quali non hanno alcun interesse a cambiare. Poichè è questa la metà che possiede lo Stato, le azioni di resistenza fiscale sarebbero represse fino alla violenza (il che avviene già oggi coi fallimenti di centinaia di piccoli imprenditori).

Storia della Resistenza fiscale

Il primo caso riconosciuto di resistenza fiscale avvenne nel I secolo a.C., quando degli zeloti residenti in Giudea si rifiutarono di pagare le tasse imposte dall'impero romano[1]. I fomentatori di questa protesta fiscale vennero torturati ed uccisi, come testimoniato dalla stessa Bibbia[2].

Guerra civile inglese
Tra il 1646 e il 1648 i cittadini di Londra si rifiutarono di pagare le tasse per opporsi all'occupazione del New Model Army.

Rivoluzione americana
La protesta fiscale forse più famosa della storia è quella che causò lo scoppio della rivoluzione americana e la successiva nascita degli Stati Uniti d'America. I coloni si rifiutarono in ogni modo di pagare le tasse alla Gran Bretagna (vedi Boston Tea Party). Proprio durante queste proteste nacque il celeberrimo motto No Taxation Without Representation.
Molte proteste fiscali continuarono anche ad indipendenza ottenuta. Per esempio, nel 1781 nello Stato del Connecticut erano previste entrate tributarie per $ 288.233, ma, a causa della resistenza fiscale, le entrate furono solamente $ 40.000.

Rivoluzione francese
Durante la rivoluzione francese vi fu una diffusa protesta fiscale, sia nei confronti della monarchia che del governo ad essa succeduto.

Protesta contro Carlo X di Francia
Quando Carlo X di Francia, nel 1829, aumentò le imposte aggirando il Parlamento, i liberali francesi (tra i quali Frédéric Bastiat) organizzarono la cosiddetta Breton Association, attraverso la quale praticarono e pubblicizzarono la resistenza fiscale in tutta Francia, soprattutto a Parigi[6].

Protesta contro la guerra messicano-statunitense (per approfondire, vedi Disobbedienza civile)
Una delle resistenze fiscali più famose fu quella compiuta dal famoso filosofo americano Henry David Thoreau che, nel 1846, si rifiutò di pagare le tasse come protesta nei confronti del Fugitive Slave Law e della guerra messicano-statunitense.

Prima guerra mondiale
Durante la prima guerra mondiale in tutte le nazioni partecipanti, e in special modo negli Stati Uniti, ci fu un forte sentimento contrario alla guerra, tale da portare molti ad evadere le tasse per non finanziare le spese belliche.

Samoa americane
Nel 1927, il Committee of the Samoan League organizzò una resistenza fiscale di massa per protestare contro la colonizzazione statunitense delle isole Samoa[7].

Indipendenza indiana
La campagna del Mahatma Gandhi per l'indipendenza dell'India ebbe uno dei suoi punti chiavi in una protesta fiscale nei confronti degli occupanti britannici. Tale resistenza ebbe il suo culmine nel 1930, con la famosa marcia attraverso l'India di Gandhi.

Grande depressione
Durante tutti gli anni trenta, negli Stati Uniti, si formarono varie associazioni di contribuenti aventi come scopo la protesta fiscale nei confronti delle elevate tasse imposte sulla proprietà. La più famosa di queste associazioni fu l'Association of Real Estate Taxpayers.

Seconda guerra mondiale
Un po' come successe per la prima, anche durante la seconda guerra mondiale ci fu una diffusa protesta fiscale scaturita dalla contrarietà per la guerra in atto. In particolar modo tale protesta venne molto attuata dai cosiddetti cristiani anarchici.

Guerra del Vietnam
Negli inizi del 1968, 448 editori e giornalisti scrissero una lettera sul New York Post dove esprimevano il loro aperto dissenso alla guerra in Vietnam e annunciavano la loro protesta fiscale. Nel 1970 cinque docenti della Harvard University e nove membri del Massachusetts Institute of Technology, tra i quali i Nobel Salvador Luria e George Wald, annunciarono la loro protesta fiscale..
Nel 1972 fu invece il senatore democratico Philip Hart ad iniziare uno sciopero fiscale contro la guerra vietnamita.

Beit Sahour
Tra il 1988 e il 1989, durante la prima Intifada, i palestinesi della città di Beit Sahour fecero una protesta fiscale nei confronti di Israele. Il risultato di tale protesta fu un assedio che durò per 45 giorni.

Quando c'era ancora una sinistra......
L'obiezione fiscale alle spese militari
Radio Radicale, 31 maggio 1989