Vecchi xenofobi e nuovi schiavisti (Ektor Georgiakis)
Perchè non c'è nessun traghetto di linea fra Italia e Africa?


La xenofobia riguarda i neri, i gialli, i caffelatte, i pellerosse, gli islamici, i cristiani, gli indù. Ma anche i quartieri, le città, le regioni, ed anche i redditi. Lo "straniero, l'estraneo, il foresto, il diverso" è da sempre il soggetto inferiore o il soggetto nemico. Solo gli indigeni, gli aborigeni, con la stessa storia, lingua/dialetto, ricchezza e religione sono amici. A volte neppure tutti. A volte anche le famiglie vicine sono il nemico da osteggiare o sottomettere. Le faide familiari sono una forma primitiva di guerra al diverso. In Italia, chiunque vada a lavorare in una città, anche piccola, che non sia la sua, si sente dire che dovrebbe "tornarse a casa". Il matrimonio endogamico è applicato da secoli in tutto il pianeta, ed è ancora oggi diffusissimo anche nei Paesi più evoluti. I matrimoni fra diversi per razza, nazionalità, religione, ceto, cultura sono anche possibili, ma sempre accompagnati da mormorii di disapprovazione sociale. Se non funzionano, tutti "l'avevano detto". Le xenofobìa non ha mai impedito l'ospitalità, al contrario, l'ha rafforzata: l'ospite è temporaneo. Nè ha mai impedito i commerci, anzi, li ha resi possibili: gli scambi sono fruttuosi solo fra diversi.
La xenofobìa ha molte funzioni. La prima è quella di rafforzare l'identità ed i legami fra simili. L'ostilità verso il "fuori", riduce l'aggressività verso il "dentro". La seconda è quella di rafforzare l'autostima: il "noi" è sempre migliore del "loro". La terza, per certi versi più importante, è quella di mantenere inalterati gli equilibri sociali, economici e di potere. L'estraneo minaccia sempre lo status quo.
La xenofobìa ha però una grande debolezza. E' un'onda contrastata da un tifone. Il tifone è costituito dagli stati che hanno reso "connazionali" gli abitanti di città e contrade da sempre in conflitto. Il tifone è il sistema economico-industriale moderno che rende gli Stati interconnessi. Perchè non si scambiano solo merci, ma anche servizi, persone, culture. Il tifone è il turismo da e per l'estero; il tifone è Internet che azzera le distanze e quindi le culture: il tifone è l'impero, con le Confederazioni, le Unioni, le Alleanze fra Stati, che hanno reso sempre più vicino quello che era lontano. In sintesi, la xenofobìa combatte contro quella forza inarrestabile che chiamiamo globalizzazione.

Anche la schiavitù ha le sue radici nella notte dei tempi. L'impero romano è prosperato sulla schiavitù. La nobiltà medievale ha avuto come base la servitù della gleba. La colonizzazione ha camminato sulla schiavitù per tre secoli. La prosperità americana è partita dalla schiavitù dei neri nelle piantagioni di cotone. L'Australia è stata costruita sul lavoro forzato dei galeotti. Si può dire che tutta la storia umana si è sviluppata ed è economicamente cresciuta sfruttando la schiavitù.
Dopo l'abolizione legale della schiavitù (nella Dichiarazione universale dei diritti umani, 1948, l' articolo 4 vieta la schiavitù in tutte le sue forme), il fenomeno non è sparito: in parte continua in forme criminali (per esempio, per le schiave sessuali), ma in gran parte continua sotto la bonaria definizione di "immigrazione".
L'immigrazione si presenta in due forme. La prima è una immigrazione organizzata che prevede un vero inserimento degli stranieri alle stesse condizioni degli "aborigeni": lavoro legalmente retribuito, abitazione dignitosa, diritti civili, cure mediche. In genere questo è il tipo di immigrazione riguarda le professioni "intellettuali", ma non di rado riguarda anche il lavoro manuale o tecnico. Questa immigrazione non si connota come schiavitù ma come libero scambio.

La forma moderna della schiavitù è invece l'immigrazione "disorganizzata". Milioni di persone che si spostano clandestinamente e alla ventura, senza soldi, lavoro, casa, diritti legali. Questi sono i "nuovi schiavi" si cui si fonda una parte della ricchezza dei Paesi ospitanti. Di solito un Paese che non vuole o non può permettersi un'immigrazione organizzata, è ben lieto di "accogliere" l'immigrazione disorganizzata. Non è un caso che gli imprenditori italiani, tradizionalmente conservatori e protezionisti, si sono sempre mostrati favorevoli all'immigrazione selvaggia. Questa costituisce un vecchio sogno, che già Marx aveva segnalato: un esercito del lavoro di riserva, meno costoso, meno sindacalizzato, più sottomesso. I famosi "lavori che gli italiani rifiutano" perchè sporchi o malsani, mal pagati e peggio organizzati, invece di essere riorganizzati civilmente, sono dati pari pari ai "nuovi schiavi". Centinaia di imprese agricole non vivrebbero senza schiavi stagionali. La quasi totalità del tessile di Prato sarebbe morta senza gli schiavi cinesi. Tutto il comparto illegale delle contraffazioni prospera sul lavoro nero degli schiavi. Una grande mano dagli schiavi viene data all'industria del sesso e della droga. Nessuno ha mai calcolato quante "badanti" lavorano in nero. L'immigrazione-schiavitù offre anche un certo sostegno ai proprietari di immobili che riescono a guadagnare da porcilaie trasformate in alloggi.

Anche la schiavitù, come forma di sfruttamento, ha la sua debolezza. Gli schiavi hanno la tendenza a emanciparsi. Gradualmente chiedono legalità, diritti, garanzie avvicinandosi sia pure con lentezza alla condizioni di vita degli ospitanti.
Oppure cercano una via d'uscita nell'illegalità. Nessuno si chiede come mai le pizzerie "Vesuvio" chiudono e i ristorantini "Fior di loto" prosperano? Quanti di noi, dopo aver dormito sotto un ponte, saltati i pasti, ed essere quasi morto di freddo senza alcuna prospettiva di miglioramento a breve termine si farebbero problemi a vendere qualcosa di illegale o rubacchiare qua e là ? L'illegalità è scomoda sia per chi la esprime sia per chi la subisce. Alla lunga, la schiavitù ha un costo sociale molto alto, ma sul breve termine offre grandi vantaggi a molti.

L'Italia, con la consueta creatività, ha trovato il modo di superare il conflitto fra vecchi xenofobi e nuovi schiavisti ricorrendo alle parole magiche "solidarietà" ed "accoglienza", ed allargando a dismisura i vantaggi dell'immigrazione disorganizzata o selvaggia.
Il primo passo è stato quello di rendere molto difficile l'immigrazione legale dai Paesi africani o medio-orientali. La più evidente prova di questa scelta è che non risultano cinesi o sudamericani dispersi nelle acque del Mediterraneo. Significa che da questi Paesi arrivano clandestini in modo piuttosto facile con altri mezzi. La seconda prova più evidente è che non esistono traghetti di linea che collegano l'Italia all'Africa o al Medio-Oriente. Sembrerebbe l'operazione più semplice, se davvero fossimo interessati ad evitare stragi in mare. Invece no, gli africani ed i medio-orientali devono rischiare la vita per diventare schiavi, perdipiù grati per essere stati salvati.
Il secondo passo è stato quello di confondere i termini fra "rifugiati politici" ed "emigranti in cerca di benessere" definendoli tutti "povere vittime". Il tradizionale senso di colpa cattolico italiota scatta di fronte alle "povere vittime" e criminalizza ogni sentimento xenofobo. Nessuno sta a vedere se fra i clandestini c'è qualche ex-turturatore di Gheddafi, qualche aspirante terrorista, qualche rapinatore di banche in fuga o qualcuno che ha seppellito moglie e suocera prima di partire: se viene dal mare è una "povera vittima" e va non solo salvata, ma anche ospitata. In teoria, gli sbarcati dovrebbero essere censiti e controllati. In pratica, il colabrodo Italia offre a tutti un passaggio facile per la schiavitù o l'illegalità.
Il terzo passo è stato quello di allargare a molti i benefici dell'immigrazione selvaggia. Anzitutto la Marina italiana, di cui nessuno conosce la funzione, ha trovato uno spazio di gloria e carriere con la mitica operazione Mare Nostrum. Poi i Comuni degli sbarchi, per metà disastrati dall'invasione dei clandestini, ma per un'altra metà beneficiati da finanziamenti fuori controllo. Infine, le finte cooperative dei finti volontari, che sono cresciute a dismisura (Mafia Capitale docet).

La schiavitù non è più qualcosa di disonorevole: è un business dell'accoglienza.