Rivoluzione e innamoramento (M.Meti) |
Gli anni Sessanta volevano un' emancipazione anti-autoritaria dei giovani e delle donne, della cultura e delle minoranze, e l'hanno ottenuta. Lo Statuto dei Lavoratori, il divorzio e l'aborto, la Scuola dell'Obbligo e gli organi Collegiali scolastici, l'emancipazione delle donne, l'attenzione per le disabilità sono i veri frutti degli anni sessanta. Il processo di modernizzazione della Chiesa e del comunismo sovietico, nonchè la critica al capitalismo belligerante americano, sono iniziati durante la rivoluzione degli anni sessanta. Tutto ciò malgrado il sistema nel suo complesso abbia resistito e il sistema politico-istituzionale sia addirittura peggiorato. Inoltre, la rivoluzione degli anni sessanta è stata l'unica rivoluzione non sanguinosa dell'era moderna. Questa caratteristica è stata la sua forza. Gli anni sessanta puntavano ad una rivoluzione culturale, senza chiedere la sostituzione del potere politico. Quando questa finalità si è raggiunta (dopo il '68) è cominciato a scorrere il sangue. Il problema è che i rivoluzionari sanno fare bene le rivoluzioni ma non sono adatti a gestirne le conseguenze. Come gli amanti raramente sanno diventare sposi felici, anche i rivoluzionari raramente sanno diventare i gestori del nuovo ordine. Come ha scritto F.Alberoni nel suo miglior libro, la rivoluzione è uno "stato nascente" come l'innamoramento, un vortice rigeneratore, una interruzione della routine, e va valutata per quello che produce nelle menti e nei cuori. Un innamoramento rende felici a prescindere che sfoci o no nel matrimonio. E lascia negli animi degli innamorati un tesoro di ricordi che riempiono tutta la vita. Le conseguenze politiche o istituzionali di una rivoluzione, come di un innamoramento, non dipendono dagli attori, ed essi non se ne curano.
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