Economia di un regime senza creatività by Ektor Georgiakis


Ecco le soluzioni. Queste risposte dicono che un problema non può essere risolto che uscendo dai vincoli, usando la creatività, senza tabù e proibizioni. Il fatto sorprendente nel dibattito sull'economia, il bilancio dello Stato e le politiche fiscali non è soltanto che nessuno propone soluzioni creative, ma anche che non esiste alcun confronto, nessuna ipotesi vagliata se non aumentare le entrate attraverso le tasse o diminuire le uscite (investimenti).

Ciò avviene perchè l'Italia è pervasa da troppi tabù, zone proibite, dogmi indiscutibili. L'Italia è un Paese legato e imbavagliato da corde e bavagli che si è messa da sola, e da cui non si libererà mai. Sul fronte delle entrate, ecco alcuni dei tabù:

1. I giganti del web
I giganti del web pagano solo 64 milioni di tasse in Italia, a fronte di un fatturato dichiarato di poco superiore a 2,4 miliardi di euro. I loro profitti sono enormi al punto di essere le imprese più ricche del pianeta. Amazon viene graziata perchè ha offerto molti posti di lavoro in Italia, ma Google, Facebook e Alibaba ?

2. I visti turistici
Sono molti i Paesi, anche senza particolari attrazioni turistiche che fanno pagare 20-25 dollari per il visto a ogni turista. L'Italia è il più desiderato Paese del mondo e il turismo non sarà certo minacciato da una uguale tassa. Nel 2018 abbiamo avuto 218 milioni di turisti in entrata: significa una potenziale entrata di oltre 4 miliardi di euro l'anno.

3. Le istituzioni del privilegio
Vaticano, ambasciate, ministeri, esercito non pagano da sempre nè le tasse nè la erogazione di servizi municipali. Il 20% del patrimonio immobiliare italiano è in mano al Vaticano. Oltre a ciò, il sito Ospitalità religiosa ha censito 4.387 strutture per oltre 120 mila posti letto, proprietà di ordini di frati e suore, e non delle diocesi. Solo a Roma, dove ovviamente c'è il cuore pulsante delle attività, sono 2 mila gli enti religiosi e risultano proprietari di circa 20 mila terreni e fabbricati, suddivisi tra città e provincia. Secondo la Corte di Giustizia europea l'evasione della sola ICI è stimata in 5 miliardi di euro.
Ma non è solo la Chiesa cattolica a godere. Non paga l’Ici per la sede generale della sua associazione la comunità di sant’Egidio che non la paga neppure per le case per anziani da lei gestite. Non paga l’Ici Emergency per le sue sedi. E ancora: non pagano fondazioni culturali e liriche, Camere di commercio, anche i musei, a patto che al loro interno non vi svolgano attività commerciali come la vendita di libri e souvenir vari. Dal punto di vista religioso, poi, non paga l’Ici la comunità ebraica di Roma per la sua sinagoga, per il museo e per le sue scuole. Non la paga la chiesa Valdese per il tempio che ha anch’essa a Roma o per la sua facoltà di teologia.
Ci sono 16 mila immobili del demanio usati dal ministero della Difesa come abitazioni del personale militare. La Corte di Cassazioni afferma che debbano pagare ICI e IMU, ma i soldi non arrivano. Il Demanio è titolare di immobili per 62 miliardi di euro, secondo l’ultimo conto del Patrimonio del ministero dell’Economia, e ora la Cassazione chiede che paghi l'IMU (mai pagata) ai Comuni.
La tassa comunale sui rifiuti non viene pagata da quasi nessuno degli enti del privilegio.

4. Prostituzione
La prostituzione in Italia “vale” 3,9 miliardi di euro. Legalizzarla non solo sarebbe un grande aiuto a coloro che la professano, ma darebbe un sensibile gettito tributario. Un Paese che legalizza il gioco d'azzardo, l'alcol, la marijuana leggera, perchè nemmeno parla di legalizzare la prostituzione?

Se non possiamo aumentare le entrate tassando seriamente i giganti del web; se non decidiamo di applicare i visti turistici; se non facciamo pagare il dovuto privilegi a tutte le istituzioni del privilegio; se non vogliamo regolarizzare e tassare la prostituzione, non ci resta che aumentare le entrate spremendo lavoratori, pensionati e imprese.


Sul fronte della spese da tagliare, ecco le ipotesi di cui nessuno parla mai:

1. Il Fiscal Compact
Questa meravigliosa catastrofe europea costa all'Italia 7-10 miliardi all'anno (praticamente per sempre). Non è una tempesta solare, un tornado equatoriale, o una glaciazione: è una scelta politica, fatta per stare nella UE. Perchè non si è mai aperto un dibattito per cambiare il Fiscal Compact, o meglio, per decidere se stare o no nella UE?

2. Forze armate
Il Bilancio del Ministero della Difesa 2019 è pari quest'anno a 21.432,2 miliardi di euro, e dunque rsuperiore di 463,3 milioni a quello del 2018. Perchè mezzo miliardo in più? Da chi dobbiamo difenderci? Nessuno parla, non di abolire le FF.AA (come ha fatto il Costa Rica 70 anni fa), ma nemmeno di ridurre gradualmente le spese di una Difesa che è inutile e pericolosa. Privilegi e sprechi sono la regola nelle FF.AA, ma quando il regime parla della casta non cita mai i generali e i colonnelli. Qualcuno dice che l'esercito serve a stare nella Nato, ma non spiega perchè dobbiamo stare una congrega che persino il sanguinario Macron dice che è «cerebralmente morta».

3. I privilegi della "casta"
Ingiustamente la "casta" è stata ridotta al ceto politico, e molti hanno fatto finta di combattere i privilegi. Ma solo di rado il regime ha discusso dei privilegi della elìte giornalistica (RAI e finanziamenti ai giornali), dei sindacati, dei militari graduati, dei cardinali, dei grandi burocrati di Stato, di molti alti magistrati, del corpo diplomatico. Costi di miliardi, sottratti a spese utili o necessarie.

Sul fronte delle spese il Fiscal Compact non si discute; le Forze Armate sono un santuario vorace; i regali a tutte le infinite caste e corporazioni sono indiscutibili. Allora non resta che ridurre la spesa per il welfare, la sanità, l'istruzione, la ricerca, la giustizia, le strade.

Un'economia creativa dovrebbe poter agire sulle tasse occulte (la cui eliminazione non pesa sullo Stato), e sulla esenzione totale alle nuove imprese, la cui applicazione promuoverebbe lavoro e ricchezza, senza alcun onere per lo Stato.

1. Le tasse occulte non sono una spesa nè un ricavo per lo Stato, ma per il cittadino. Si tratta di tasse chiamate diversamente, il cui solo scopo è nutrire corporazioni e ceti parassitari:

  • su ogni bolletta delle utenze casalinghe il 44% riguarda il consumo, il 56% è per tasse occulte.
  • il canone RAI è una tassa che colpisce anche chi la RAI non la guarda e vorrebbe chiuderla
  • 850 euro di multa per un parcheggio in zona disabili è una tassa (tant’è che i Comuni mettono le tasse stradali in bilancio)
  • 80 euro per un finta visita rinnovo patente è una tassa
  • 50/100 euro per una finta revisione dell’auto è una tassa
  • l’iscrizione obbligatoria alla Camera di Commercio è una tassa
  • l’iscrizione obbligatoria agli ordini professionali è una tassa
  • l’obbligo di ricorrere al notaio per ogni atto legale è una tassa
  • tutti i dispositivi di sicurezza, obbligati dalla ignavia dello Stato contro il crimine, sono una tassa
  • l’obbligo di avere un conto in banca ha un costo ed è una tassa
  • la PEC è una casella obbligatoria per inviare e ricevere fatture: è una tassa
  • il seggiolino anti-abbandono dei bimbi è una tassa
  • i pagamenti elettronici sono una tassa
  • i libri scolastici che cambiano ogni anno sono una tassa
  • i sacchetti biodegradabili, invece delle reticelle, sono una tassa
  • il contatore della luce va pagato anche se non usi la luce: in 30 anni viene a costare migliaia di euro.
  • i POS sono una tassa per gli esercenti
  • il commercialista obbligatorio, data la farraginosità fiscale, è una tassa
  • le certificazioni aziendali (ISO) sono una tassa

Ogni anno, una piccola impresa spende 3/4000 euro, e una famiglia 1/2000 euro in tasse occulte. Perchè nessun Governo le mette in discussione? Per non perdere il consenso delle corporazioni.

2. Esenzione totale per le nuove piccole imprese
Quante tasse perde lo Stato per un'impresa che non c'è? Ovviamente nessuna. In compenso le imprese che non esistono sprecano ricchezza potenziale e posti di lavoro. Un'economia creativa discute sulle modalità per offrire alle piccole imprese, di certi settori e di certe aree geografiche, un'esenzione fiscale totale per 10-20 anni, oppure fino a un certo fatturato. Ma l'Italia non lo fa.