Socrate e Platone, 2400 anni fa, erano più
illuminati di molti europei del XXI secolo.

I "barbari" non esistono

Nel praticarere la diaresis ("analisi componenziale") dei concetti non bisogna commttere gli errori in cui cadono quasi tutti i Greci quando spartiscono il mondo in due, da una parte la stirpe ellenica, dall'altra i "Barbari": uno pseudo-insieme, quest'ultimo, che nasconde in realtà popoli e culture estremamente differenziate, e che solo in relazione ai Greci possono avere l'apparenza illusoria di un insieme coeso. Così spiega lo Straniero di Elea, interlocutore di Socrate il Giovane nel Politico di Platone (427-347 a.C.), composto nell'ultimo periodo di attività del filosofo. Si sente l'influenza dei Sofisti e della loro "decostruzione" dell'etnocentrismo ellenico, in questa denuncia delle erronee e infondate 'divisioni' cui dà luogo ogni invenzione o costruzione dell''altro' in funzione identitaria.


SOCRATE IL GIOVANE. E che errore abbiamo commesso, secondo te, nelle nostre analisi concettuali?
STRANIERO. Lo stesso errore che si commette quando si tenta di dividere in due il genere umano, e lo si divide come fa la maggioranza della gente da queste parti: da un lato si pone la razza ellenica, intesa come unità isolata dal resto; dal lato opposto si pongono tutte le altre razze, prese in un solo fascio, benché siano infinite e fra loro estranee e discordanti; e poiché si dà loro il nome unitario di "barbari", si pensa, in virtù di questa stessa denominazione unitaria, che sia unitaria anche la loro razza.


(traduzione di F. Condello)
da: Centro Studi "La permanenza del classico" Elogio della politica, libri Arena, Bologna, 2008 pp. 125