AMMAZZARE IL TEMPO di John Zerzan
   

La psicologia del tempo

Passando a ciò che viene comunemente chiamato psicologia, ci troviamo nuovamente di fronte ad una delle domande fondamentali: esiste davvero un fenomeno del tempo indipendente da qualsiasi individuo o il tempo consiste esclusivamente nella percezione che si ha di esso? Husserl per esempio non fu in grado di rivelare perché nel mondo moderno la consapevolezza sembri inevitabilmente fondarsi sul tempo. Sappiamo che le esperienze, come gli eventi di qualsiasi altro tipo, non sono di per sé né presenti, né passate, né future.

Sotto il profilo sociologico l'interesse nei confronti del tempo rimase scarso fino agli anni '70, mentre nella letteratura psicologica il numero di studi sul tempo cominciò ad aumentare rapidamente fin dal 1930 (Lauer, 1988). Il tempo è forse la cosa più difficile da definire "psicologicamente". Cos'è il tempo? Cos'è l'esperienza del tempo? Cos'è l'alienazione? Cos'è l'esperienza dell'alienazione? Se quest'ultima non fosse così trascurata, la sua interdipendenza con Il tempo diventerebbe palese.

Davies (1977) definì il passaggio del tempo come "un fenomeno psicologico di origine misteriosa" e concluse (1983) che "il segreto della mente sarà risolto solo quando comprenderemo il segreto del tempo". Poiché separano artificialmente l'individuo dalla società, è inevitabile che psicologi e psicoanalisti come Eissler (1955), Loewald (1962), Namnum (1972) e Morris (1983) siano incorsi in "enormi difficoltà" nello studiare il tempo!

Se non altro, si è giunti ad alcune intuizioni parziali. Hartcollis (1983) per esempio osservò che il tempo non è solo un'astrazione ma anche una sensazione, mentre Korzybski (1948) aveva già superato questo assunto osservando che "il "tempo" è una sensazione prodotta dalle condizioni del mondo...". Arlow (1986) riteneva che la nostra esperienza del tempo prendesse origine da esigenze emotive insoddisfatte e che tutti nella vita "aspettiamo Godot". Analogamente, Reichenbach (1956) definì le filosofie antitempo, come la religione, "testimonianze di insoddisfazione emotiva". In termini freudiani, Bergler e Roheim (1946) interpretarono il passaggio del tempo come la rappresentazione dei periodi di separazione generatisi nella prima infanzia. "Il calendario è una materializzazione estrema dell'ansia della separazione". Se informate ad un interesse critico al contesto sociale e storico, le implicazioni poste da questi punti scarsamente approfonditi potrebbero essere oggetto di importanti riflessioni, ma confinate alla psicologia rimangono limitate e persino fuorvianti.

Nel mondo dell'alienazione nessun adulto può concepire o instaurare la libertà dal tempo di cui gode abitualmente il bambino (e di cui dovrà essere privato). L’apprendimento del concetto di tempo, fondamentale nell'educazione, è di vitale importanza per la società. Come spiega Eraser in modo molto persuasivo, questo apprendimento "assomiglia in forma quasi paradigmatica ad un processo di civilizzazione". Una paziente di Joost Meerlo (1966) "affermò in tono sarcastico: "Il tempo è civiltà", con cui intendeva dire che l'organizzazione e la puntualità erano le potenti armi usate dagli adulti per imporre ai giovani la sottomissione e l'obbedienza". Gli studi di Piaget (1946,1952) non sono stati in grado di rivelare un senso innato del tempo, al contrario il concetto astratto di "tempo" è particolarmente difficile per i bambini. Non è una nozione che si acquisisce automaticamente; non esiste un orientamento spontaneo nei confronti del tempo (Hermelin e O'Connor, 1971; Voyat, 1977).

I termini "tempo" e "ordinato" (in inglese "time" e "tidy", NAT) sono etimologicamente collegati e la nostra idea newtoniana di tempo rappresenta un ordine perfetto e universale. Il carico complessivo di questa pressione sempre più incalzante è dimostrato dal numero crescente di pazienti che presentano sintomi di ansia dovuta al tempo (Lawson, 1990). Dooley (1941) riferì di aver "osservato che le persone con un carattere ossessivo, a prescindere dal loro tipo di nevrosi, sono quelle che fanno un uso più ampio del senso del tempo...". In Anality and Time (1969) Pettit sostenne in maniera convincente lo stretto collegamento fra l'ansia e il tempo, mentre Meerloo (1966), citando il carattere di Mussolini e Eichmann ed i risultati da loro conseguiti, riscontrò "un chiaro collegamento fra la natura costrittiva del tempo e l'aggressione fascista". Capek (1961) chiamò il tempo "una colossale e cronica allucinazione della mente umana"; vi sono davvero poche esperienze che si possano definire senza tempo. L'orgasmo, 1'LSD, "la vita che scorre davanti agli occhi" in un momento di estremo pericolo ... queste sono alcune delle rare, evanescenti situazioni sufficientemente intense da eludere l'insistenza del tempo.

Marcuse scrisse (1955) che l'atemporalità è il modello ideale del piacere. Lo scorrere del tempo d'altra parte ci incoraggia a dimenticare ciò che è stato e ciò che potrà essere. È il nemico dell'eros ed il profondo alleato dell'ordine e della repressione. In effetti Freud stabilì (1920) che i processi mentali dell'inconscio trascendono il tempo: "...il tempo non li cambia in alcun modo e l'idea del tempo non può essere applicata ad essi". Pertanto il desiderio è già estraneo al tempo. Come disse Freud nel 1932: "Non vi è niente nell'Es che corrisponda alla nozione di tempo; non vi è riconoscimento dello scorrere del tempo".

Maria Bonaparte (1939) sostenne che il tempo diventa sempre più elastico e obbediente al principio del piacere nella misura in cui allentiamo i limiti del controllo totale sull'ego. I sogni sono una forma di pensiero fra i popoli non civilizzati (Kracke, 1987); in passato questa facoltà deve essere stata molto più accessibile anche a noi. I Surrealisti ritenevano che avremmo potuto comprendere la realtà in modo molto più completo se fossimo stati in grado di collegarla alle nostre esperienze subconscie e istintive; Breton (1924) per esempio proclamò l'obiettivo radicale di fondere sogno e realtà conscia.

Quando sognamo, il senso del tempo di fatto non esiste ed è sostituito da una sensazione di presente. Non stupisce che i sogni, ignorando le regole del tempo, attraggano l'attenzione di coloro che ricercano indizi liberatori e che l'inconscio, con le sue "tempeste di impulsi" (Stern, 1977), spaventi chi fa affidamento sulla nevrosi che chiamiamo civiltà. Norman O. Brown (1959) interpretò il senso del tempo o la storia in funzione della repressione e considerò che l'abolizione della repressione ci avrebbe riscattati dal tempo. Analogamente, Coleridge (1801) riconobbe nell'uomo dell'"industria metodica" l'origine ed il creatore del tempo.

Nella sua Critique of Cynical Reason (1987), Peter Sloterdijk richiese il "riconoscimento radicale dell'Essenza riserva", un' autoaffermazione narcisistica che ride in faccia alla tetra società. Naturalmente il narcisismo è sempre stato tacciato di viziosità, "l'eresia dell'amor proprio". In realtà ciò significavache era riservato alle classi dominanti, mentre tutti gli altri (lavoratori, donne, schiavi) dovevano far pratica di sottomissione e autoannullamento (Fine, 1986).1 sintomi del narcisismo sono sensazioni di vuoto, irrealtà, alienazione, la vita come nient'altro che una successione di momenti, accompagnata dal desiderio di una forte autonomia e autostima (Alford, 1988; Grunberger, 1979). Poiché questi "sintomi" e desideri sono alquanto appropriati, non sorprende che il narcisismo possa essere visto come una potenziale forza emancipatrice (Zweig, 1980). Il suo bisogno di soddisfazione totale coincide ovviamente con un individualismo sovversivo.

Il narcisista "odia il tempo, nega il tempo" (lettera all'autore, Alford 1933) e questo come sempre provoca una dura reazione da parte dei difensori del tempo e dell'autorità. Per esempio lo psichiatra E. Mark Stern (1977): "Poiché il tempo inizia al di là del proprio controllo, ci si deve conformare alle sue richieste... Il coraggio è l'antitesi del narcisismo". Questa condizione, che certamente può avere aspetti negativi, contiene il germe di un principio di realtà differente, che mira al non tempo della perfezione in cui l'essere e il divenire costituiscono un unico elemento e che comporta implicitamente un arresto del tempo.





 

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