La sicurezza stradale - 2005 di Rudy Lewanski (Fonte)
Ogni anno nel mondo perdono la vita in incidenti stradali circa 1,2 milioni di persone e altre 50 milioni riportano lesioni. La situazione complessiva nella Ue é in miglioramento, ma si può fare molto di più. In Italia si verifica un incidente ogni 13 secondi. Nel 2003 c’è stata avuta una significativa inversione di tendenza, ma negli ultimi mesi gli effetti positivi della patente a punti (approvata dal centro-sinistra con la legge 85 del 2001) si sono andati esaurendo.
Un problema globale

Attualmente nel mondo ogni anno perdono la vita in incidenti stradali circa 1,2 milioni di persone (si tratta del 2,2% di tutti decessi), e altre 50 milioni riportano lesioni, spesso gravi e permanenti. Se la tendenza attualmente in corso non si dovesse invertire grazie ad adeguate politiche di prevenzione, secondo le proiezioni dell’Oms nel 2020 gli incidenti stradali, con una crescita prevista nell’ordine del 65%, potrebbero rappresentare la terza causa di morte e di invalidità (prima di gravi patologie quali malaria, tubercolosi e Aids), diventando così un’emergenza globale della salute pubblica. Circa un quarto di tutte le morti per lesioni o traumi é dovuto a incidenti stradali (ovvero più di molte guerre; sono morti più cittadini degli Stati Uniti il primo paese a conoscere la motorizzazione di massa- in incidenti stradali che in tutti i conflitti in cui questo paese é stato coinvolto). Si stima che a cause delle gravi lesioni riportate si perdano annualmente oltre 38 milioni di anni di vita e il 60% riguarda giovani maschi (15-44 anni), con gravi ripercussioni sociali ed economiche trattandosi della fascia di età più produttiva.

Il fenomeno sta diventando particolarmente grave nei paesi meno sviluppati. Le differenze sono macroscopiche: se in Finlandia, un paese impegnato da decenni nella riduzione dell’incidentalità, si ha un tasso di 1,3 morti ogni 10.000 veicoli, in alcuni paesi africani il tasso è di 100 morti! Circa il 90% delle morti totali sulle strade avviene nei paesi a reddito basso e medio. In Africa muoiono più bambini di incidenti che di Hiv e più giovani muoiono sulle strade che di malaria, colpendo così i gruppi di età indispensabili per la crescita economica. Il costo degli incidenti nei paesi poveri assorbe l’1-2% del Pil, più degli aiuti che questi paesi ricevono per lo sviluppo.

Anche nei paesi più benestanti l’incidentalità é una questione sociale ed economica di prima grandezza. Nell’Unione Europea nel 2001 si sono verificati 1.300.000 di incidenti, che hanno provocato quasi 40.000 decessi (105 morti per milione di abitanti - mpm -) e 1,7 milioni i feriti, di cui 150.000 sono rimasti disabili a vita. Fra il 1970 e il 2000 sono morti oltre 1.600.000 cittadini europei. Un europeo su tre è destinato a restare ferito sulla strada nel corso della sua vita. Le categorie a maggior rischio sono i giovani fra i 15 e i 24 anni (10.000 morti), i pedoni (7.000 morti), i ciclisti (1.800 morti) e i motociclisti (6.000).


Durante gli anni '90 tutti i paesi Ue-15 hanno registrato tendenze decrescenti più o meno accentuate della mortalità sulle strade. Osservando i dati riportati nella tabella n. 1, si nota che il paese che ottenuto la maggiore riduzione negli anni ’90 sono stati i paesi che presentavano le situazioni di maggiore gravità (Portogallo, Spagna, Austria, Lussemburgo, Grecia, tutti con oltre 200 mpm nel 1991); pur avendo fatto notevoli progressi, questi paesi sono ancora gli «ultimi della classe» in Europa occidentale. Al capo opposto si colloca una pattuglia di paesi «virtuosi» (Gran Bretagna, Olanda e Svezia) che hanno ridotto ulteriormente la mortalità portandola a circa 60 mpm; pur presentando una riduzione contenuta (nell’ordine di 20 mpm), occorre notare che questi paesi partivano già da valori molto bassi nel 1991 grazie a precise politiche perseguite con costanza nel tempo. Un altro gruppo di paesi, sempre del nord Europa (Finlandia, Germania e Danimarca, raggiunti nel 2003 dall’Irlanda), ha seguito una tendenza parallela conseguendo valori intorno agli 80 mpm. Un gruppo intermedio, infine, è rappresentato dalla Francia (che ha ottenuto una riduzione molto consistente nel 2003 grazie alle politiche messe in campo recentemente da Chirac) e l’Italia (su cui si ritornerà tra breve). La situazione complessiva nella Ue é andata dunque nella direzione di un certo miglioramento, ma si può fare molto di più; se gli altri paesi seguissero l’esempio posto da Gran Bretagna, Svezia e Olanda, nella Ue si salverebbero 20.000 vite all’anno. L’Unione ha chiesto ai paesi membri di dimezzare i morti sulle strade entro il 2010. La situazione dei paesi di nuovo accesso (con l’eccezione di Malta) rappresenta una sfida ulteriore per l’Europa.


Complessivamente negli ultimi 30 anni in Italia hanno perso la vita sulle strade circa 300.000 persone. Si verifica un incidente ogni 13 secondi, un ferito ogni 2 minuti, un morto ogni 40. Fra il 1952 e il 1972, come evidenziato dalla tabella 1, il numero dei morti provocati da incidenti stradali è raddoppiato, quello dei feriti è quadruplicato. Il picco di decessi si ha nel 1972; dopo quell’anno la situazione è andata migliorando progressivamente durante gli anni ’70 (forse anche grazie alle crisi petrolifere che hanno ridotto l’uso dell’auto, come del resto in altri paesi). Durante gli anni ‘80 si assiste a una «stabilizzazione» di incidenti e feriti, mentre i decessi continuano a diminuire. Nel 1991 si ha una nuova impennata con oltre 7.400 decessi, dato che si ripete nell’anno seguente. Nel 1993, con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Strada che introduce pene assai più severe per i trasgressori, si ha una riduzione sia degli incidenti (-10%) che dei decessi (quasi 800 in meno) rispetto all’anno precedente. Ma l’effetto dura poco: già l’anno successivo si registra un nuovo forte aumento dei sinistri e dei feriti che continua durante gli anni ’90, superando in misura consistente i livelli degli anni ’80; il numero dei morti diminuisce invece fino al 1996, per poi risalire fino al 2002. Nel 2003 si è avuto invece una significativa inversione di tendenza, dovuta alla patente a punti (introdotta dal governo Berlusconi nel luglio 2003, ma approvata – va ricordato – dal centro-sinistra con la l. 85 del 2001); purtroppo gli effetti positivi della patente a punti negli ultimi mesi si sono andati esaurendo.