Spese militari: quattro domande ai politici (Fonte)

A quanto ammontano le spese militari italiane? Ed è vero che il Governo Berlusconi le ha aumentate? In che rapporto stanno le spese militari con le spese sociali? Alla vigilia dell'incontro tra la Tavola della Pace e il leader dell'Unione Romano Prodi, in programma per domani giovedì 8 settembre durante la Sesta Assemblea dell'Onu dei Popoli, ecco un'analisi delle spese militari italiane e alcune domande che vorremo rivolgere non solo a Prodi. Secondo i bilanci del Ministro della difesa, infatti, le spese militari non supererebbero l'1,5% del Pil, ma secondo altre fonti autorevoli come il Sipri e la Nato, la cifra si aggira sempre attorno al 2% del Pil. Ma andiamo con ordine

Trattando di "spese militari", il primo problema, che va posto anche i termini politici per chiedere assoluta trasparenza(1), è quello di sapere con precisione e certezza a quanto effettivamente ammontino. Come si evince dallo studio di M.C. Zadra su "La spesa militare in Italia" (2), il Bilancio del Ministero della Difesa costituisce solo una "buona approssimazione" della spesa militare italiana. Esso infatti non tiene conto:

1. della spesa delle cosiddette "missioni di pace" (finanziate con decreti ad hoc)
2. delle spese per sviluppo di armamenti (riportati nel Bilancio del Ministero delle Attività produttive)
3. dei finanziamenti diretti o indiretto dello Stato a favore dell'industria militare nazionale e per prodotti dual use (militare e civile)
4. della spesa di quella parte dell'Arma dei Carabinieri che di fatto svolge compiti militari

Considerando inizialmente il "Bilancio di Previsione del Ministero della Difesa" a partire dal 1997 (prima finanziaria dopo le elezioni dell'aprile 1996 che hanno portato al Governo di Centro-sinistra di Romano Prodi) si ha la seguente serie storica in milioni di euro (Fonte Sbilanciamoci):

Anno Val. Correnti (% sul PIL)
Governi di Centro-Sinistra
1997: 16.041 (1.56%)
1998: 16.004 (1.49%)
1999: 15.935* (1.44%)
2000: 16.963 (1.45%)
2001: 17.777 (1.46%)
Governo Berlusconi II
2002: 19.025 (1.51%)
2003: 19.376 (1.49%)
2004: 19.811 (1.46%)
2005: 20.792
*Non compresi i 467 milioni di euro del programma Eurofighter che portano il totale a 16.402 milioni di euro.

Come si vede, nonostante un incremento in valori correnti (che passano dai 16 miliardi di euro del 1997 - prima Finanziaria del Governo Prodi - agli oltre 20 miliardi del 2005 - ultima finanziaria del Governo Berlusconi) il peso del Bilancio della Difesa rispetto al PIL è rimasto relativamente stabile nel tempo, con valori attorno all'1,5%, indipendentemente dal colore dei Governi.

Se questa stabilità è confermata anche dal SIPRI (l'Istituto Internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace) e dai dati NATO, ciò che varia di misura è invece la percentuale che queste altre due fonti attribuiscono alle spese militari dell'Italia. Alla voce "spese militari", il SIPRI riporta per l'Italia la seguente serie in milioni di euro correnti (Fonte "The SIPRI Military Expenditure Database") (3), mentre la NATO (4) li riporta in milioni di dollari correnti con una percentuale che si aggira sempre attorno al 2%:

Dati SIPRI
(Euro correnti) (% sul PIL)
Governi di Centro-Sinistra
1997: 19.987 (1.9%)
1998: 21.052 (2.0%)
1999: 22.240 (2.0%)
2000: 24.325 (2.1%)
2001: 24.592 (2.0%)
Governo Berlusconi II
2002: 25.887 (2.1%)
2003: 24.421 (1.9%)
2004: 25.160 -

Dati NATO
(Dollari correnti) (% sul PIL)
Governi di Centro-Sinistra
2000: 22.411 (2.1%)
2001: 22.006 (2.0%)
Governo Berlusconi II
2002: 24.363 (2.1%)
2003: 30.243 (2.1%)
2004: 30.642 (1.8%)

Come si vede sia i dati del SIPRI, che tengono conto del Bilancio complessivo della Difesa includendo pensioni e fondi per i Carabinieri e non solo della voce Funzione Difesa, sia i dati della NATO (che aggregano le spese militari, senza guardare a che ministero appartengono) dimostrano che la nostra spesa si aggira intorno al 2% del Pil (mentre, come vedremo, impieghiamo solo lo 2,7% del Pil per politiche sociali e ambiente).

Considerando invece, come fa la Finanziaria, solo la "Funzione Difesa" (cioè la spesa riferita al funzionamento di Esercito, Marina e Aeronautica) a partire dal 1997 si ha la seguente serie storica in milioni di euro (Fonti M.C. Zadra e Rapporti Sbilanciamoci):

Anno Euro Correnti (Var.%)
Governi di Centro-Sinistra (incremento medio del 2,3%)
1997: 11.241 (-0,6%)
1998: 11.229 (-0,1%)
1999: 11.065* (-1,5%)
2000: 11.871 (7,3%)
2001: 12.631 (6,4%)
Governo Berlusconi II (incremento medio del 4,8%)
2002: 13.665 (8,2%)
2003: 13.803 (1,0%)
2004: 14.148 (2,5%)
2005: 15.208 (7,5%)
*Non compresi i 467 milioni di euro del programma Eurofighter che portano il totale a 11.532 milioni di euro.

Dalla tabella soprastante si comprende la differenza tra i Governi di Centro-Sinistra e il Governo Berlusconi II che ha notevolmente incrementato le spese per la "Funzione Difesa": il totale degli aumenti operati nei 5 anni di Governo del Centro-sinistra è di 11.5% (sui dati in euro correnti) con un incremento medio del 2,3%, mentre il totale degli aumenti operati nei 4 anni di Governo Berlusconi II è del 19.2% (sui dati in euro correnti) con un incremento medio del 4,8%, cioè esattamente il doppio rispetto all'incremento medio dei Governi di Centro-sinistra.

Ora, pur con variazioni annuali, le tre ripartizioni della Funzione Difesa ("personale, esercizio e investimento") non registrano cambiamenti di rilievo:

1. le spese per "personale" rappresentavano il 53,3% della Funzione Difesa nel 1997 e, nonostante le diminuzioni degli anni successivi, nel 2004 tornano a ricoprire la stessa percentuale del 53,3%;
2. le spese per "esercizio" (cioè, manutenzione e supporto) ricoprivano il 23,5% nel 1997 e, dopo aver toccato il picco del 30% nel 1999, sono gradualmente tornate a ridiscendere attestandosi attorno al 24,1% nel 2004;
3. le spese per "investimenti" (tra cui acquisizioni di sistemi d'arma) rappresentavano il 23,1% nel 1997, e con andamento altalenante, sono tornare al 22,6% nel 2004.

In altre parole, il nostro Paese spende più della metà del Bilancio della Difesa negli stipendi per mantenere il proprio personale militare, e parallelamente spende poco per migliorarne l'efficienza. Il rilievo è ancor più evidente se si esaminano i dati Sipri, che considerano la totalità effettiva delle spese per personale, dai quali si ricava che "gli eserciti europei aderenti alla Nato spendono in media per il personale una cifra pari al 75,5%, mentre l'Italia spende 85,3%". Molto meno spendono eserciti e senz'altro più forti e potenti. La Gran Bretagna, un esercito interamente volontario, spende il 62%, la Francia il 74%, gli Stati uniti il 56%: il dato che ci aiuta a capire che per avere un esercito che - secondo il dettato Costituzionale - difende i confini e partecipa a missione di reale peacekeeping sotto l'egida della Nazioni Unite, di risparmi sul personale se ne potrebbero ottenere". (Fonte Sbilanciamoci 2005, p.45) (5).

Sempre secondi i dati del Rapporto SIPRI 2005, l'Italia, con una "spesa militare" di 27,8 miliardi di dollari nel 2004 e di 27,6 miliardi di dollari nel 2003, si piazza al settimo posto della graduatoria mondiale per il secondo anno consecutivo, precedendo paesi tradizionalmente con alta spesa militare come Russia (19,4 miliardi), Arabia Saudita (19,3 miliardi), Corea del Sud (15,5 miliardi) e India (15,1 miliardi).

Un dato, quest'ultimo, che però non rende chiara l'effettiva spesa militare pro-capite. Raffrontando i suddetti dati SIPRI 2005 sulle spese militari con i dati dell'Annuario della CIA (6) sulla popolazione di ciascun Paese (stime al luglio 2005) di evince, infatti, che nel 2004 la spesa militare italiana rappresenta ben 484 dollari pro-capite (si veda la Tabella SIPRI in pdf), che ampiamente supera quella di nazioni con una simile Costituzione di tipo "pacifista" come il Giappone (spesa militare pro-capite di 332 dollari) o la stessa Germania (spesa militare pro-capite di 411 dollari). Se è vero che gli USA spendono 1539 dollari pro-capite per spese militari, la Gran Bretagna 748 dollari e la Francia 761 dollari, va però notato che "l'Italia spende per l'assistenza (maternità, disoccupazione, handicap, edilizia popolare ecc.) circa 545 euro per ogni cittadino all'anno. La media europea è di 1.558 (il triplo!), quella inglese di 1.619, la francese di 1.754, la tedesca di 2.049. Se misurata rispetto al Pil la differenza è sconcertante: l'Italia dedica alle voci dello stato sociale il 2,7% del proprio PIL (poco più delle spese militari), mentre la media europea è assestata sul 6,9%, con la Gran Bretagna al 6,8%, la Francia al 7,5, la Germania all'8,3%. I dati sono dell'Eurostat (2003)" (Sbilanciamoci Rapporto 2004).

Come si è visto, ciò che pesa maggiormente sul bilancio della Difesa (e dello Stato) non è l'esercizio o l'ammodernamento degli apparati militari, che insieme ricoprono meno della metà del Bilancio della Difesa, bensì le spese per "personale" che rappresentano da sole il 53,3% del Bilancio della Difesa (ma secondo altre fonti come il SIPRI ben 85,3%). Vien da chiedersi, se uno stato con una Costituzione come quella italiana - e con un PIL come quello attuale - possa permettersi 190.000 addetti (112.000 Esercito, 34.000 Marina e 44.000 Aeronautica) al personale militare. Va inoltre considerato il costo economico delle cosiddette missioni di peacekeeping, per le quali, sia nel 2004 che nel 2005, la spesa extra-bilancio della Difesa ha previsto 1 miliardo e 200 milioni di euro annui (7).

Ciò detto, non vanno sottovalutate le "spese per ammodernamento": tra 2002 e 2003 lo Stato ha speso in investimenti in armi 6.856 milioni di euro, acquistando, tra l'altro, la portaerei Cavour - che nel 2000 (l'anno in cui si è deciso di costruirla) costava 1300 milioni di euro e i cui costi, come sempre avviene, cresceranno sensibilmente - e gli Eurofighter (per il 2005 per l'EF2000 sono iscritti 451 milioni di euro di spesa, ma il completamento del programma è previsto per il 2015 con l'acquisizione di 121 veivoli per un onere globale di 18.100 milioni di euro, che però non considera le spese “accessorie” che vanno dagli armamenti al supporto logistico) e il Joint Strike Fighter-JSF (un programma in cooperazione con altri sette paesi tra cui gli USA relativo allo sviluppo di un veivolo di attacco disponibile dal 2012, i cui costi per la sola fase di sviluppo sono di 1.190 milioni di euro e una previsone di spesa per solo 2005 di 128 milioni di euro).

In definitiva, pur rimanendo complessivamente invariata nel tempo rispetto al PIL, la spesa militare italiana presenta diverse anomalie soprattutto a confronto con quella di altri Paesi dell'Unione Europea e della Nato, tra queste:

1. un'alta incidenza della spesa militare (attorno al 2%) rispetto ad altre voci dello stato sociale (attorno al 2,7%) del proprio PIL;
2. un eccessivo numero e costo incongruo del personale militare rispetto ad altri Paesi Nato;
3. una partecipazione (ed un costo) ad un numero elevato di missioni di peacekeeping che non appare giustificato dal ruolo dell'Italia nello scacchiere geo-politico internazionale;
4. una spesa militare pro-capite di gran lunga superiore a quella di altre nazioni del G8 (tra cui Giappone, Germania e Canada);
5. un'elevata spesa per "programmi di ammodernamento" già obsoleti alla nascita (EFA).

Oltre a quanto sopra, per quanto riguarda il Governo Berlusconi II, va segnalato un notevole incremento delle spese per la "Funzione Difesa" che, in valori correnti, rappresenta mediamente il doppio rispetto all'incremento registrato nel precedente quinquennio di governo del Centro-sinistra.

E' pertanto prioritario domandare ai politici come intendono muoversi e specificamente se intendono:

1. ridimensionare il progetto di professionalizzazione delle Forze Armate, portando il numero di professionisti da 190.000 a 120.000 unità (si risparmierebbero 400 milioni di euro l'anno).

2. ridimensionare il capitolo di spesa relativo all'acquisizione di nuovi sistemi d'arma (per 4.000 milioni di euro) tra cui l'Eurofighter e JSF, dismettendo il progetto di portaerei Cavour e di dieci fregate antiaeree di classe Orizzonte.

L'obiettivo, più volte ribadito dalla campagna Sbilanciamoci, dovrebbe essere quello di giungere al più presto ad una riduzione di almeno il 10% delle spese militari del nostro paese.

di Giorgio Beretta

NOTE
(1) Scrive Sbilanciamoci: "Il bilancio è un rebus: è già difficile per i politici e gli addetti ai lavori, figuriamoci per i cittadini, capire cosa c'è dietro ai conti dello Stato: cifre nascoste rimandi incomprensibili, formule astruse, linguaggi barocchi e formulazioni assurde (spesso furbesche, apposta per non farsi capire) che costringono anche i parlamentari a non sapere quello su cui stanno votando. Prendiamo questo articolo del Bilancio della difesa 2004 (il 4248). Ecco cosa dice:
“Spese per mantenimento a numero mezzi, sistemi, impianti apparecchiature, macchinari, equipaggiamenti, armi e munizionamento, nonché dei relativi materiali, scorte e dotazioni, comunque attinenti al funzionamento di tutti i settori dell'esercito. Spese per impianti, apparati, apparecchature e mezzi per le comunicazioni, la meteorologia, la guerra elettronica, nucleare biologica e chimica, la sorveglianza ed il controllo degli spazi marittimo e aereo, la sorveglianza del campo di battaglia. L'acquisizione degli obiettivi. Spese per equipaggiamenti e indumenti speciali. Spese per la codificazione dei materiali. Spese per la bonifica e la prevenzione dell'inquinamento. Spese per le pubblicazioni tecnico-scientifiche e logistiche. Spese per reperti e cimeli storici dell'esercito. Spese per l'antifortunistica. Spese accessorie.” Finanziamento per il 2004, 37milioni di euro. Una domanda: ma quando il parlamentare vota questo capitolo di bilancio a cosa decide di destinare questi fondi? All'acquisto della camicia di Garibaldi o alla guerra batteriologica? Al controllo del traffico aereo o alla prevenzione dell'inquinamento? Alla sorveglianza del campo di battaglia o al servizio meteorologico? All'acquisto di pubblicazioni o alla guerra elettronica? Il parlamentare non decide; ci pensano i funzionari della Difesa a come allocare i fondi". (da Sbilanciamoci 2004)

(2) M.C. Zadra: "La spesa militare in Italia" in "Il commercio delle armi. L'Italia nel contesto internazionale" a cura di C.Bonaiuti e A.Lodovisi, Jaca Book, 2004.

(3) I dati SIPRI, qui riportati, sono disponibili anche online iscrivendosi gratuitamente al "SIPRI Military Expenditure Database"

(4) I dati NATO sono ripresi dalla tabella http://www.nato.int/docu/pr/2005/p050609.pdf disponibile online sul sito della NATO

(5) Per i rapporti di Sbilanciamoci qui citati si veda il sitohttp://www.sbilanciamoci.org/, soprattutto i Rapporti 2004 e 2005

(6) I dati del "World Fact Yearbook" della CIA sono disponibili online.

(7) Per la sola missione missione "Antica Babilonia" in Iraq, il Governo in meno di tre anni ha stanziato oltre un miliardo e 200 milioni di euro cosi suddivisi: 222.548.586 euro nel 2003 (DL 165 del 10/07/2003); 207.964.447 euro per il primo semestre 2004 (DL 9 del 20/01/2004) e 284.549.820 per il secondo semenstre (DL 160 del 24/06/2004); 267.805.813 per il primo semestre 2005 (DL 3 del 19/01/2005). Il 28 luglio 2005 il Senato ha approvato lo stanziamento di 237.414.446 per il totale della missione. Va notato che di questi, solo 19.222.168 euro sono gestiti dal Ministero degli Affari Esteri, e sono solo in parte direttamente riconducibili ad "aiuti umanitari"; altri 150.000 euro sono destinati al corso di formazione per magistrati e funzionari iracheni, e 961.356 euro alla partecipazione di esperti militari italiani alla riorganizzazione dei Ministeri della Difesa e dell'Interno iracheni. Infine 4.000.000 sono destinati, come quota italiana, alle attività del Cimic in Iraq. (fonte Sbilanciamoci e Terre Libere e Forum Teatro). Lo stesso vale per i finanziamenti precedenti: il DL del luglio 2003 stanziava solo meno di un decimo, 21.554.000 euro per gli aiuti umanitari in Iraq e nello stesso decreto prevedeva 358.355.586 di spesa per le altre missioni all'estero. Nel decreto del gennaio 2004 il costo previsto per la missione in Iraq era di 209.017.084, i soldi per le azioni umanitarie 11.627.450, quelli per le altre missioni 292.919.802 per l'anno 2004.