ARCHIVIO RIFLESSIONI vedi successive
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Stimolo estate 2006 La mafia non esiste?
(di Ektor Georgiakis) |
Stimolo primavera 2006 Il delirio privacy (di
Jacopo Fo, vedi fonte) |
Stimolo estate 2005
La tv delle 4 P: promo, prediche, pettegolezzi, prelati.(M.Colangeli)
Il pettegolezzo
D'Alema che fa il giornalista all'America's cup. Berlusconi
che fa il playboy con la premier finlandese. Totti e una variopinta che
si sposano. L'ultima stellina che si abbronza al mare, regolarmente in topless.
La prima "P" dei mass media nostrani è quella dei pettegolezzi.
I temi un tempo riservati ai giornali per barbieri, coiffeurs e manicure
(per uomini e per donne) sono oggi il piatto centrale dell'informazione.
I fatti non esistono più. Esistono solo le opinioni dei politicanti,
che commentano i fatti. I servizi più importanti della tv sono basati
su :"Il tale ha detto...." e "Il talaltro ha risposto".
Il fatto resta sullo sfondo: inspiegabile e inspiegato. Il "sentito
dire" governa l'informazione, almeno quando è priva di istruzioni
"velinate", prodotte da questo o quell'altro ufficio-stampa.
L'Italia è un grande ballatoio dove l'informazione è affidata
a massaie frustrate o cameriere impertinenti. I fatti politici vengono creati
durante cene o vacanze, e interpretati da maggiordomi esperti nell'origliare.
Il fenomeno dei passatempi orali di Clinton è stato l'apoteosi della
supremazia del pettegolezzo sulla notizia. Mesi di tensione, processi, audizioni
e milioni di dollari spesi per approfondire una questione di sesso orale,
degna tutt'al più di un condominio periferico. Poco tempo dopo Bush
mente al mondo e fa due guerre che causano oltre 150.000 morti, senza che
nessuno indaghi. Le numerosi indagini private (di cittadini statunitensi),
che testimoniano della possibile connivenza fra amministrazione Bush e terrorismo,
non vengono neppure citate, dai media italiani.
Promo e pubblicità
La seconda "P" che regge il giornalismo italiano
è quella di promo-pubblicità. A dispetto di tutte le norme
e del buon gusto, la televisione produce programmi che sono piccoli intervalli
fra una promozione e l'altra. Non mi riferisco ai 300.000 spot pubblicitari
annuali. Non alludo nemmeno alle decine di sevizi che promozionano programmi
televisivi futuri. Mi riferisco agli ospiti che non mancano di reclamizzare
il loro ultimo libro, disco, concerto, film. In pratica, la maggior parte
dei programmi consiste in una passerella di promozioni che i presenti fanno
a favore del loro più recente lavoro.
Ma soprattutto mi riferisco ai programmi dedicati a presentare sfilate di
moda, libri, moto e auto, alberghi, spiagge. Questi programmi promozionali
sono sempre esistiti, ma oggi hanno assunto proporzioni epidemiche. Si promozionano
ristoranti, alberghi, discoteche, ma anche città, manifestazioni
turistiche, fiere. Fino a pochi anni fa, questi programmi avevano un taglio
giornalistico (arrivando all'eccesso di oscurare le marche) che presentava
il luogo o l'evento con un taglio critico, in un contesto informativo. Oggi
la promozione è spudorata. Il mezzobusto squittisce con entusiasmo
di fronte a qualsiasi merce o evento che sta promozionando, senza la minima
distanza o critica. La pubblicità e la promozione che vengono definite
come tali sono ormai la metà di quelle che vengono mandate in onda.
Il programma "Nonsolomoda" è il paradigma di tutta la tv
attuale. Con uno stile patinatissimo, si susseguono promozioni di prodotti
di ogni tipo -dalle auto ai profumi- e pubblicità dichiarate.
Le prediche
Questo è un elemento piuttosto recente della informazione spazzatura che ci sommerge. I fatti sono trascurati, ma al loro posto viene somministrata una pletora di "consigli" su ogni comportamento quotidiano, che non si riscontravano nemmeno durante il regime fascista. Ogni giorno ci viene spiegato come si deve mangiare, bere, fare sesso, affrontare il caldo, fare ginnastica, vestire, comprare. E ricordate le proibizioni: fumare, girare senza casco, abbandonare gli animali, esagerare coi farmaci, ingrassare. La vecchia funzione dei parroci, che ha contribuito ad allontanare molti dalla chiesa, è stata sostituita e ingigantita dalla tv. La funzione informativa è stata sostituita da quella predicatoria. Il cittadino non è più considerato qualcuno che, dotato di informazioni, sia in grado di esercitare il suo potere di scelta: ma un bambino idiota cui predicare ogni tipo di comportamento. Giornalisti sostenuti da esperti più o meno accreditati, scodellano decaloghi quotidiani e si stupiscono quando devono registrare comportamenti non adattati.
Prelati e Papa
Questa quarta "P" è esplosa recentemente, sorpassando tutti i regimi teocratici islamici. Non c'è telegiornale che non metta in scena ogni giorno i respiri del Papa. Meglio quando il Papa si coniuga con la promo, benedicendo le Ferrari o valorizzando località turistiche. La metà degli sceneggiati messi in onda negli ultimi anni ha come protagonista un prete, un santo, un Papa. Preti che indagano, soap operas con frati e suore, spopolano. Sono in temporanea diminuzione i prelati musicisti. Il prelato è ormai una figura fissa ovunque: nei talk shows, nei reality, nelle giurie dei concorsi, nei dibattiti politici. Non esiste un argomento sul quale l'opinione di un prelato sia irrilevante. Non esiste gesto papale che non meriti un servizio telegiornalistico.
Non basta il pervasivo controllo audio, video, cartaceo e informatico sui Cittadini che fa degli Stati post-moderni le entità più totalitarie della Storia. Al danno di questa pressoche' totale privazione delle liberta' si aggiunge la beffa della legislazione a "tutela della privacy". Una tutela solo dichiarata che si traduce nella proliferazione di norme, procedure e costi ed il cui unico scopo e' quello di foraggiare il nuovo gruppo sociale degli "esperti di privacy".
Si comincia in banca dove ti fanno firmare un'autorizzazione a dare i tuoi dati a chi vogliono. Se desideri non dare alcuna autorizzazione, ti senti dire che non ti possono dare il libretto degli assegni.
Si finisce alla
ASL dove, per l'analisi del sangue, ti fanno firmare un'autorizzazione
(esprimo "liberamente" il mio consenso)
per dare i tuoi dati ad un'azienda privata (laboratorio di analisi).
Non vuoi firmare? Non ti fanno l'analisi del sangue. Ma il grottesco
continua con questa frase: " Inoltre, con la presente autorizzo
il personale Medico* di........., qualora lo ritenga utile, in caso
di risultati abnormi o referti fuori norma, a comunicarli tempestivamente
al Medico* indicato sull'impegnativa da me consegnata".
Vi immaginate gli effetti di queste "autorizzazioni liberamente concesse" in Comuni di tremila anime?
* (ndr.notare il termine Medico con la maiuscola!)
Stimolo Giugno 2003 -
Picard e Daton su El-Adril (da
http://www.wumingfoundation.com/
)
In una puntata di Star Trek - The Next Generation,
intitolata "Darmok"(data astrale 45047.2) l'equipaggio dell'Enterprise
s'imbatte nei criptici e misteriosi Tamariani, il cui modo di esprimersi
è totalmente incomprensibile agli umani e agli altri popoli della
Federazione dei pianeti.
I Tamariani sembrano comunicare tra loro enumerando nomi e date, nessuna
loro frase segue una consequenzialità logica o linguistica. Ai
nostri eroi occorre un po' di tempo per capire che i Tamariani citano
episodi della loro storia e mitologia, episodi che costituiscono dei veri
e propri "precedenti segnico-linguistici" a cui ricondurre la
situazione in cui ci si trova. Ad esempio: "Sha'kah quando caddero
le mura" può significare "Fallimento", "Ho
sbagliato!", oppure "Che sfortuna!"; "Temba'h, le
sue braccia aperte" si può tradurre con "Generosità",
"Prendi questo dono", o "Grazie di questo dono"; "Mira'h,
le sue vele spiegate" sta per "fuga", "Andiamo via
!" o "Io me ne vado"; "Il fiume Temark durante l'inverno"
significa più o meno "immobilità", "Fermo!"
o "Stai zitto!"; "Sindah, la sua faccia nera e gli occhi
rossi" significa "morte", "moribondo", "sto
per morire" ecc.
Il linguaggio tamariano non è logico-referenziale ma immaginativo-simbolico,
iconico, analogico, ed evolvendosi non ha dato luogo a quella che noi
chiamiamo "identità".
Da quel poco che lo spettatore riesce a capire, non si tratta di una "omologazione"
totalitaria all'interno di una società intesa in maniera organicistica,
o (in parole più povere) di un livellamento delle differenze individuali
in nome di una tradizione, di una memoria acritica e monumentale. Al contrario,
i tamariani attingono collettivamente a un patrimonio di storie e di immagini
che si modifica costantemente, e i loro rapporti interpersonali sono una
specie di gioco di ruolo nel quale il singolo si appropria e/o si sveste
di tutti i ruoli e di tutte le "identità"; la condivisione
delle esperienze, la comunanza e la compartecipazione emotiva, sono per
loro tutt'uno con l'essere "singoli", in quanto prescindono
dal concetto di individuo: l'Io dei tamariani è molteplice e multiverso,
la loro soggettività è decentrata.
Per questo non c'è una vera e propria distinzione tra soggetto,
predicato e complemento oggetto: nelle frasi ci sono, genericamente, un
"non riuscire", un "donare", un "andare via"
e un "non-agire", azioni di cui si ammettono serenamente la
complessità, la ricchezza di significati e l'irriducibilità
a una analisi logica.
La situazione che si crea non viene definita e intrappolata
nel linguaggio.
Il linguaggio tamariano non è segreto né esclusivo, non
è un argot che la comunità crea per difendersi dal mondo
esterno. Anzi, i Tamariani vogliono condividere il loro immaginario e
la loro memoria, vogliono ampliarli e contaminarli per capire e farsi
capire. Difatti, poiché è impossibile capirsi senza conoscere
gli stessi miti, occorre crearne assieme di nuovi, così Daton,
il capitano della nave tamariana, si fa teletrasportare assieme al capitano
dell'Enterprise Jean-Luc Picard su El-Adril IV, un pianeta disabitato
e inospitale, dove essi devono collaborare per sopravvivere e difendersi
dalle irradiazioni di una energia distruttiva.
Questa situazione si ispira a quella definita "Darmok
e Tjalad a Tanagra" (due eroi della mitologia tamariana, intrappolati
su un'isola abitata da una Bestia pericolosa). Resta scolpito nella memoria
dello spettatore il grido d'esultanza di Daton allorché Picard
inizia a capire i suoi messaggi: "SUQAT, I SUOI OCCHI NON PIU' COPERTI!".
Dei due si salva solo Picard, ma ormai il precedente è stabilito:
d'ora in poi, tamariani e federati potranno manifestare l'intenzione di
comunicare dicendo: "Picard e Daton su El-Adril". (E.Georgiakis,
Primo Nodo)
Altre lingue della rete
Synaptica è l'Organismo della comunicazione di Psicopolis.
Il suo compito istituzionale è quello di tenere ogni tipo di rapporto
fra la comunità e il mondo. Recentemente ho dovuto fare alcune
ricerche sul web e mi sono accorto di una cosa sorprendente. Esiste una
frattura fra la rete "anglofona" e quella creata da altri grandi
ceppi linguistici. Ci sono una rete est-europea, una rete araba, una rete
estremo-orientale, una sudamericana, che solo in piccola parte sono tradotte
in inglese e dunque integrate col web occidentale. Siti coreani, algerini
o polacchi o russi non bilingui sfuggono del tutto alla nostra navigazione
quotidiana. Anche molte reti europee non sono bilingui e dunque vivono
appartate: penso alla Germainia, al Portogallo o alla Svezia. Il fenomeno
si ripercuote sui motori di ricerca. I più noti dei quali lavorano
in lingua inglese e trovano siti in quella lingua. Addirittura molti accettano
l'inserimento di siti limitandoli in base alla loro lingua, come se le
traduzioni o i siti plurilingui non esistessero. La cosa è già
limitante se pensiamo ai siti di "contenuti" di storia, attualità,
servizio. Non sapere niente delle feste coreane non è un grande
limite. Ma diventa molto spiacevole se pensiamo che i migliori progettisti
di software sono ormai gli iraniani, i pakistani, i polacchi o i russi.
Che la musica è uguale in tutto il mondo. Che la grafica, il segno,
le immagini sono universali. Perdere due terzi della rete significa essere
più poveri. La rete è nata nello spirito planetario e il
limite linguistico sta creando nuove barriere. Quanti di noi usano i traduttori
on line? Psicopolis ha allestito un'apposita pagina
(Lingue) ed ospita molti contenuti in inglese (Inglese).
Ma la sensazione è che bisogna fare molto di più: lavorare
con diversi motori di ricerca, usare molto di più i software di
traduzione, navigare più spesso nelle directory nazionali. Intanto,
come Synaptica, propongo una raccolta di indirizzi interessanti di Paesi
non anglofobi: vi piace l'idea? E.Georgiakis
ALTRO CHE EUROPA ! Noi
dobbiamo far parte dell'Unione Nord-Africana (se ci vogliono!)
L'Italia sfrutta poco le nuove tecnologie: il nostro paese resta indietro,
infatti, rispetto alle grandi potenze mondiali e subisce laggressività
di paesi entrati nel mondo dellhigh tech da minor tempo. Lo
dice una ricerca della Harvard University, che pone il Belpaese al 25esimo
posto del Networked readiness index, un indice composito che aggrega un
insieme di voci realizzato a marzo del 2002.
A guidare la classifica generale, secondo la ricerca, sono gli Stati Uniti con un indice pari a 6,05, seguiti dall'Islanda con 6,03 e dalla Finlandia con 5,91. L'Italia, (con un indice di 4,70), è in fondo alla classifica, dopo dieci Paesi europei e cinque asiatici, Canada, Nuova Zelanda e Australia. Tra i paesi dellUnione Europea solo Spagna, Portogallo e Grecia si sono classificati più in fondo dellItalia. L'indice comprende voci diverse, dall'uso di Internet alle infrastrutture generali. L'uso della rete (che però comprende anche gli italiani che utilizzano un cellulare) vede l'Italia in posizione leggermente migliore, al 19esimo posto. In futuro, dice la ricerca, le cose per lItalia non dovrebbero migliorare. L'indicatore 'enabling factors', che registra le possibilità di evoluzione tecnologica, vede l'Italia solo al 26esimo posto, superata dall'Estonia e, in questo caso, dalla Spagna. La voce 'infrastrutture informatiche' vede lItalia al 21esimo posto. Gli italiani, stando alla ricerca, sono poi al 41esimo posto per quanto riguarda lapprendimento in rete. Tra le curiosità che emergono dalla ricerca, c'è il primo posto di Singapore alla voce e-government. (Fonte: http://www.ilnuovo.it)