ARCHIVIO RIFLESSIONI vedi successive

Stimolo Primavera 2007
Rivoluzione del web e futuro del lavoro (Ektor Georgiakis)
I media velinari non se ne sono accorti, ma è in atto una rivoluzione dela Rete. Appena finiti gli spot pubblicitari, mascherati da servizi giornalistici, sulla nuova Fiat, i mass media nostrani si sono buttati sugli spot (anch'essi mascherati) per Window Vista. Il quale è l'ultimo (nel senso di più recente, perchè la corsa continua) sistema operativo messo sul mercato dalla casa di Seattle. Vista è l'esempio della totale vacuità di un prodotto informatico, che non solo è inutile oggi, ma che fra 2/3 anni sarà totalmente fiori mercato.

A detta del venditore televisivo, Vista ha tre caratteri peculiari: semplicità, sicurezza, accuratezza nella ricerca. Se questo è il meglio che si può dire di Vista è evidente che non serve e chi ha un qualsiasi altro sistema operativo può tenerselo tranquillamente. la semplicità è inutile perchè nessuno ha ancora imparato ad usare appieno Windows98, 2000, 2003 e XP ma almeno ha acquisito un po' di familiarità. Qualsiasi sistema "semplice" di Microsoft richiede almeno un anno di pressanti sperimentazioni ed esercitazioni, per cui la cosa davvero semplice è quella di fermarsi al livello e al sistema operativo cui si è arrivati. Chi si imbacherà in Vista ci metterà due anni a impadronirsene, quando sarà chiamato a passare a Vista 2, Vista 4 e così via. La sicurezza è una vera provocazione, perchè è noto che Microsoft sa fare quasi tutto tranne la sicurezza. Non c'è stato finora nessun sistema Win che non abbia avuto decine di "pezze" necessarie a sanare i buchi della sicurezza. Chiunque abbia un sistema Win sa che deve affidare la sicurezza a qualcun altro e lo fa già benissimo, con decine di strumenti anche gratuiti. L'accuratezza della ricerca di Vista è un'altra bufala. Ammesso che sia vera, non è affatto necessaria in un web che offre centinaia di motori di ricerca (Google in testa, ma non solo, vedi qui ) specializzati e generalisti, e velocissimi.

Ma soprattutto Vista non serve perchè è iniziata la rivoluzione chiamata "web2". Una rivoluzione che, una volta giunta a maturazione, renderà inutili i sistemi operativi, il software in generale e addirittura i computers. I non addetti al lavoro ne sanno pochissimo perchè i media velinari fanno i venditori, invece che informare, ma ovunque gli esperti stanno già lavorando da 2/3 anni a questa rivoluzione. Chi vuole saperne di più può leggere qui e sperimentare i nuovi servizi del web2. In sintesi si tratta di una rivoluzione che ofrrre gratuitamente ed online TUTTO il software che serve. Avrà sempre meno senso comprare sistemi operativi; programmi di scrittura, calcolo, e trattamento immagini; software di compilazione pagine web; utilità di compressione e archiviazione files; sistemi di posta elettronica: perchè sono offerti online e gratuitamente.
Il navigatore "normale" del futuro (ovviamente resteranno sempre esigenza particolari) avrà bisogno solo di uno schermo collegato alla rete, un browser per il quale OGNI sistema operativo andrà bene....e basta! I suoi files saranno depositati presso qualche servizio di archiviazione; scriverà con word processors online; tratterà i suoi files con utilities online; giocherà dal suo schermo su piattaforme condivise; la sua posta starà su qualche mail server. Persino la tastiera sarà sullo schermo. Questa rivoluzione non è futuribile, ma già sperimentabile oggi. Youtube, Flickr e GoogleHomePage e GoogleEarth sono le avanguardie famose, ma sono affiancate da migliaia di applicazioni oggi disponibili gratuitamente, inventate non solo negli Usa ma anche in Spagna, in India, in Brasile.

Il silenzio dei media italiani non è solo una grave ferita inferta all'informazione e all'innovazione. E' anche una colpa nei confronti del mondo del lavoro, perchè il web2 sarà un terremoto. Sotfware houses, webmasters, creatori di siti, venditori di programmi cosa faranno? Se i siti si fanno da soli, se tutti i programmi si trovano online gratuitamente, cosa faranno le migliaia di persone che oggi lavorano (un po' a stento) nel settore? La profezia è facile. Una metà andrà a ingrossare le fila dei call centers, e la metà più sveglia dovrà riconcertirsi. In cosa? Difficile dirlo, ma oggi sembrano essere necessarie almeno 3 figure.

La prima è quella dell'alfabetizzatore informatico. Forse i computers sono ormai a disposizione di tutti, ma è facilmente osservabile che, in Italia, il pc ed il web sono lontanissmi dalla quotidianità. Chi ce l'ha sul lavoro usa solo i programmi necessari alla propria mansione; chi ce l'ha a casa apre le mail una volta a settimana. Finito. A parte qualche migliaio di supertecnici appassionati, milioni di italiani conoscono ed usano pochissimo la rete. E' probabile che prima o poi si inizi una vera campagna di alfabetizzazione.

La seconda è quella del produttore/distributore di contenuti. La rete è un enorme strumento, ed anche il web2 è soprattutto un insieme di mezzi, fantastici ma vuoti. La rete deve essere riempita di contenuti informativi, artistici, ricreativi, formativi, se vuole diventare veramente utile e "familiare". Questo richiede che moltissimi producano per la Rete e altrettanti distribuiscano sul web questi prodotti.

La terza è quella dell'orientatore/selezionatore. Decine di miliardi di pagine della rete sono una biblioteca grande come il pianeta, che nessuno riuscirà a leggere in una vita. Trovare quello che serve quando serve, organizzarlo, renderlo fruibile per l'utente è un lavoro che richiede capacità e tempo. La ricerca in sè non è un problema, ma lo è la selezione dei dati reperiti e la loro organizzazione e trasformazione in base alle esigenze dell'utente. Tutto ciò non può essere automatizzato, anche per gli ostacoli, ancora insuperati, linguistici e culturali che permangono. Forse ciò aprirà spazi a figure professionali che facciano da intermediari fra l'oceano della rete e il singolo utente.

Stimolo autunno 2006

Grandi o piccole corporazioni, la regola è la stessa: sul web il cliente è il nuovo servo della gleba (Y.Balogan)

Grandi corporazioni

YouTube viene comprato da Google per circa 2.000 miliardi di lire (1 miliardo e passa di euro), in azioni. Cosa vende davvero YouTube? Non i macchinari, nè i dipendenti (ne ha solo 60!). Nemmeno l'idea, che non è affatto originale: ci sono almeno 50 siti che offrono gli stessi servizi di YouTube. Vende il magazzino di cento milioni di video, fatti e spediti dai clienti, e i milioni di accessi mensili dei clienti stessi. I navigatori di YouTube sono dunque clienti-lavoratori che producono la ricchezza dell'impresa senza godere di alcun beneficio economico. E' come se la FIAT facesse produrre le auto dai clienti a loro spese e a casa loro, ospitando le foto dei veicoli su un catalogo virtuale, tenendosi l'eventuale incasso o incremento del valore azionario.
Si potrebbe dire che il beneficio del cliente sta nell'esposizione, sennonchè:

1. se il tuo video sta in mezzo ad altri cento milioni di video, la tua visibilità è dello 0,000.000.001 per cento
2. la tua visibilità dipende da cosa ne farà Google del tuo prodotto: può venderlo, o buttarlo (come è spesso accaduto alle decine di communities fallite)

Il cliente è diventato, senza rendersene conto, il vero produttore di valore dell'impresa, senza effettiva contropartita.

Piccole corporazioni

Questo sito è ospitato presso il provider Widestore. Non citiamo qui le infinite diatribe sui disservizi, ma due eventi recenti sono illuminanti in merito alla trasformazione del cliente in servo.

1. Qualche anno fa Widestore metteva in vendita uno spazio di 800 Mb ad un prezzo non proprio regalato. Il cliente lo acquistava e faceva ogni sforzo per tenersi al di sotto dello spazio concesso per contratto. Fino al punto di aprire un altro portale presso un altro provider (per fortuna a costo più ragionevole). Ieri, per caso, il cliente scopre che, non si sa quando, Widestore ha deciso unilaterlmente e senza alcun avviso ai clienti, di abbassare il costo degli 800 MB a un terzo del prezzo dando al pacchetto che prima disponeva di 800 Mb uno spazio di 10 Gb ! Risultato: da almeno un anno e forse di più il cliente paga il triplo del costo che dovrebbe pagare. Quattro mail mandate al provider ottengono una telefonata nella quale si dice, che i clienti sono stati avvisati. All'obiezione che questo non corrisponde a verità, la risposta è: controlleremo! Sono passati dieci giorni e ......forse il controllo è ancora in atto!

2. Widestore decide unilateralmente di cambiare i suoi server. Le spiegazioni che manda ai clienti sono criptiche, incomplete e imprecise. L'assistenza funziona solo negli orari d'ufficio e mai di sabato e domenica. Risultato: il cliente deve assumere un tecnico, e per una settimana il sito (posta, database, upload) non funziona per niente. Alla fine, con tre telefonate ed un gentile operatore, i problemi vengono risolti.......ma con tanta fatica e nessuna richiesta di scuse!

Il cliente è diventato un suddito, il cui unico compito è pagare per servizi minimi: proprio come i servi della gleba dovevano pagare le tasse al Duca in cambio di un'improbabile difesa militare.

Stimolo estate 2006

La mafia non esiste? (di Ektor Georgiakis)

Anni fa, alcuni democristiani teorizzavano che la "mafia" non esisteva. Scandalo fra tutti noi benpensanti. In questi mesi il calcio, le banche, la tv, le grandi imprese stanno dimostrando che la teoria non era poi così astrusa.
Le università, gli enti locali, il parastato, la sanità hanno già più volte dato prova che il "sistema Moggi" è pervasivo, onnipresente, costitutivo della cultura italiana. Le relazioni di cordate amicali, baronali, partitiche, complici sostituiscono abitualmente le regole, che valgono solo occasionalmente o solo per gli esclusi.
Adesso sappiamo che la cultura mafiosa non esiste perchè si identifica con la cultura italiana tout court. Esistono i criminali, organizzati e non, che usano la violenza fisica perchè non sono abbastanza raffinati per ricorrere alla violenza simbolica delle oligarchie dominanti.

Stimolo primavera 2006

Il delirio privacy (di Jacopo Fo, vedi fonte)
Questa stronzata del Governo ci costa miliardi ma Prodi non lo sa.
In questi mesi si sta consumando un crimine contro il buon senso che pagheranno tutti gli italiani.
Le aziende, tutte, anche il singolo artigiano, sono state colpite da una nuova tassa nascosta e senza senso: l'obbligo di adeguarsi alle disposizioni relative al trattamento dei dati personali. I presupposti non erano malvagi: impedire che indirizzi e altre informazioni relative a fornitori e clienti vengano vendute per essere utilizzate per scopi pubblicitari o truffaldini.
La tecnica di realizzazione di questo obiettivo condivisibile da tutti e' un monumento alla nevrosi regolamentatrice dei burocrati.
A causa di questa malattia mentale milioni di aziende sono impegnate, da mesi, a scambiarsi lettere nelle quali si informano reciprocamente del fatto che rispetteranno la legge, utilizzando i loro indirizzari in modo corretto. Una quantita' di lavoro spaventosa, tonnellate di carta, milioni di ore di lavoro, sovraccarico delle Poste Italiane, senza alcun senso. Per gente che ragiona in modo normale dovrebbe essere sufficiente che lo Stato decida una regola. Da quel momento i cittadini devono rispettarla e lo Stato si incarica di controllare che questo succeda, punendo i contravventori. In questo caso invece il Governo ha deciso che tutte le imprese italiane devono comunicare a tutte le imprese italiane e a tutti i singoli cittadini con i quali sono in contatto, che rispetteranno la legge.
Non so se riesco a rendere l'idea dell'incongruenza patologica di un simile obbligo.
Ma questo e' solo l'inizio. La legge prevede che ogni azienda metta in atto un piano per la protezione degli indirizzari, dei contratti e degli ordini dei clienti.
Sono necessarie stanze apposite dove custodire e consultare i documenti, serrature, password, in alcuni casi addirittura telecamere di sorveglianza funzionanti giorno e notte. E siccome l'analisi della problematica della sicurezza dei dati e' complessa e come al solito la legge, composta di 184 articoli (!!!), e' burocraticoschizofrenica, e' necessario che ogni azienda si rivolga a un consulente specializzato che elabora il piano da attuare. Con un costo per una piccola azienda (come Alcatraz ad esempio) che parte dai 300 euro per il primo anno, che si riducono a 150 per gli anni successivi. Tutti soldi che poi dovranno pagare i consumatori.
Ovviamente nessuno applichera' tutti gli obblighi alla lettera. E alla fine, tu azienda, paghi il tecnico perche' ti spieghi come aggirare i cavilli regolamentativi e cavartela con il minor danno possibile.
Cosi' si impone alle aziende un costo e una fatica che dal punto di vista pratico non dara' nessun risultato.
Infatti tutto il testo della normativa mira a evitare che qualcuno possa impossessarsi non solo dei cosiddetti "dati sensibili", ma anche di numeri di telefono e di altre informazioni approfittando che certi documenti, invece di essere chiusi in cassaforte, sono appoggiati sul tavolo in una stanza dove potrebbero entrare persone non autorizzate. Ora, io vorrei sapere se prima di combattere questo orrendo crimine ci si sia chiesti se veramente, debellandolo, avremmo ottenuto risultati sostanziosi. Quanti sono i numeri di telefono rubati in Italia in alberghi e officine meccaniche? Quali danni terribili dipendono da questi furti?
Capisci? Ci si occupa di una stronzata mentre non si fanno controlli e indagini sul fatto, noto e arcinoto e tornato alla ribalta con il caso dello spionaggio ai danni della Mussolini e di Marrazzo, che se vuoi sapere quanti soldi ho in banca ti basta una telefonata e una piccola mancia. Qualunque furbastro puo' comprare per qualche centinaio di euro estratti conti bancari, analisi patrimoniali e altre informazioni realmente "sensibili" che sono quotidianamente commercializzate da una rete di "informatori" spesso in combutta con le banche, le assicurazioni, le finanziarie.
Allora, invece di rompere le palle a noi cittadini che si lavora, perche' non mettete mille finanzieri a telefonare in giro cercando di comprare estratti conto e poi arrestate tutti quelli che li vendono?
Ehh... Sai come si incazzano le banche...
Ma resta un mistero perche' questa imbecillita' governativa non sia sfruttata da Prodi: "Ecco vedete, parlano di snellire la burocrazia, tagliare gli sprechi, abbassare le tasse e ridurre l'ingerenza dello stato nella vita dei cittadini e poi costringono tutte le aziende italiane a fare un lavoro assolutamente senza senso e contemporaneamente non danno la caccia a chi compie reati alla luce del sole". L'atroce sospetto e' che Prodi non dica niente perche' anche a lui sembra normale un simile modo di procedere.
Questa classe politica il vizio dei regolamenti maniacali ce l'ha nel sangue.

Stimolo estate 2005

La tv delle 4 P: promo, prediche, pettegolezzi, prelati.(M.Colangeli)

Il pettegolezzo

D'Alema che fa il giornalista all'America's cup. Berlusconi che fa il playboy con la premier finlandese. Totti e una variopinta che si sposano. L'ultima stellina che si abbronza al mare, regolarmente in topless. La prima "P" dei mass media nostrani è quella dei pettegolezzi. I temi un tempo riservati ai giornali per barbieri, coiffeurs e manicure (per uomini e per donne) sono oggi il piatto centrale dell'informazione. I fatti non esistono più. Esistono solo le opinioni dei politicanti, che commentano i fatti. I servizi più importanti della tv sono basati su :"Il tale ha detto...." e "Il talaltro ha risposto". Il fatto resta sullo sfondo: inspiegabile e inspiegato. Il "sentito dire" governa l'informazione, almeno quando è priva di istruzioni "velinate", prodotte da questo o quell'altro ufficio-stampa.
L'Italia è un grande ballatoio dove l'informazione è affidata a massaie frustrate o cameriere impertinenti. I fatti politici vengono creati durante cene o vacanze, e interpretati da maggiordomi esperti nell'origliare. Il fenomeno dei passatempi orali di Clinton è stato l'apoteosi della supremazia del pettegolezzo sulla notizia. Mesi di tensione, processi, audizioni e milioni di dollari spesi per approfondire una questione di sesso orale, degna tutt'al più di un condominio periferico. Poco tempo dopo Bush mente al mondo e fa due guerre che causano oltre 150.000 morti, senza che nessuno indaghi. Le numerosi indagini private (di cittadini statunitensi), che testimoniano della possibile connivenza fra amministrazione Bush e terrorismo, non vengono neppure citate, dai media italiani.

Promo e pubblicità

La seconda "P" che regge il giornalismo italiano è quella di promo-pubblicità. A dispetto di tutte le norme e del buon gusto, la televisione produce programmi che sono piccoli intervalli fra una promozione e l'altra. Non mi riferisco ai 300.000 spot pubblicitari annuali. Non alludo nemmeno alle decine di sevizi che promozionano programmi televisivi futuri. Mi riferisco agli ospiti che non mancano di reclamizzare il loro ultimo libro, disco, concerto, film. In pratica, la maggior parte dei programmi consiste in una passerella di promozioni che i presenti fanno a favore del loro più recente lavoro.
Ma soprattutto mi riferisco ai programmi dedicati a presentare sfilate di moda, libri, moto e auto, alberghi, spiagge. Questi programmi promozionali sono sempre esistiti, ma oggi hanno assunto proporzioni epidemiche. Si promozionano ristoranti, alberghi, discoteche, ma anche città, manifestazioni turistiche, fiere. Fino a pochi anni fa, questi programmi avevano un taglio giornalistico (arrivando all'eccesso di oscurare le marche) che presentava il luogo o l'evento con un taglio critico, in un contesto informativo. Oggi la promozione è spudorata. Il mezzobusto squittisce con entusiasmo di fronte a qualsiasi merce o evento che sta promozionando, senza la minima distanza o critica. La pubblicità e la promozione che vengono definite come tali sono ormai la metà di quelle che vengono mandate in onda. Il programma "Nonsolomoda" è il paradigma di tutta la tv attuale. Con uno stile patinatissimo, si susseguono promozioni di prodotti di ogni tipo -dalle auto ai profumi- e pubblicità dichiarate.

Le prediche

Questo è un elemento piuttosto recente della informazione spazzatura che ci sommerge. I fatti sono trascurati, ma al loro posto viene somministrata una pletora di "consigli" su ogni comportamento quotidiano, che non si riscontravano nemmeno durante il regime fascista. Ogni giorno ci viene spiegato come si deve mangiare, bere, fare sesso, affrontare il caldo, fare ginnastica, vestire, comprare. E ricordate le proibizioni: fumare, girare senza casco, abbandonare gli animali, esagerare coi farmaci, ingrassare. La vecchia funzione dei parroci, che ha contribuito ad allontanare molti dalla chiesa, è stata sostituita e ingigantita dalla tv. La funzione informativa è stata sostituita da quella predicatoria. Il cittadino non è più considerato qualcuno che, dotato di informazioni, sia in grado di esercitare il suo potere di scelta: ma un bambino idiota cui predicare ogni tipo di comportamento. Giornalisti sostenuti da esperti più o meno accreditati, scodellano decaloghi quotidiani e si stupiscono quando devono registrare comportamenti non adattati.

Prelati e Papa

Questa quarta "P" è esplosa recentemente, sorpassando tutti i regimi teocratici islamici. Non c'è telegiornale che non metta in scena ogni giorno i respiri del Papa. Meglio quando il Papa si coniuga con la promo, benedicendo le Ferrari o valorizzando località turistiche. La metà degli sceneggiati messi in onda negli ultimi anni ha come protagonista un prete, un santo, un Papa. Preti che indagano, soap operas con frati e suore, spopolano. Sono in temporanea diminuzione i prelati musicisti. Il prelato è ormai una figura fissa ovunque: nei talk shows, nei reality, nelle giurie dei concorsi, nei dibattiti politici. Non esiste un argomento sul quale l'opinione di un prelato sia irrilevante. Non esiste gesto papale che non meriti un servizio telegiornalistico.

PRIVACY E TOTALITARISMO (Stimolo Giugno 2004 di F.Bellizzi)

Non basta il pervasivo controllo audio, video, cartaceo e informatico sui Cittadini che fa degli Stati post-moderni le entità più totalitarie della Storia. Al danno di questa pressoche' totale privazione delle liberta' si aggiunge la beffa della legislazione a "tutela della privacy". Una tutela solo dichiarata che si traduce nella proliferazione di norme, procedure e costi ed il cui unico scopo e' quello di foraggiare il nuovo gruppo sociale degli "esperti di privacy".

Si comincia in banca dove ti fanno firmare un'autorizzazione a dare i tuoi dati a chi vogliono. Se desideri non dare alcuna autorizzazione, ti senti dire che non ti possono dare il libretto degli assegni.

Si finisce alla ASL dove, per l'analisi del sangue, ti fanno firmare un'autorizzazione (esprimo "liberamente" il mio consenso)
per dare i tuoi dati ad un'azienda privata (laboratorio di analisi). Non vuoi firmare? Non ti fanno l'analisi del sangue. Ma il grottesco continua con questa frase: " Inoltre, con la presente autorizzo il personale Medico* di........., qualora lo ritenga utile, in caso di risultati abnormi o referti fuori norma, a comunicarli tempestivamente al Medico* indicato sull'impegnativa da me consegnata".

Vi immaginate gli effetti di queste "autorizzazioni liberamente concesse" in Comuni di tremila anime?

* (ndr.notare il termine Medico con la maiuscola!)

Stimolo Giugno 2003 - Picard e Daton su El-Adril (da http://www.wumingfoundation.com/ )

In una puntata di Star Trek - The Next Generation, intitolata "Darmok"(data astrale 45047.2) l'equipaggio dell'Enterprise s'imbatte nei criptici e misteriosi Tamariani, il cui modo di esprimersi è totalmente incomprensibile agli umani e agli altri popoli della Federazione dei pianeti.
I Tamariani sembrano comunicare tra loro enumerando nomi e date, nessuna loro frase segue una consequenzialità logica o linguistica. Ai nostri eroi occorre un po' di tempo per capire che i Tamariani citano episodi della loro storia e mitologia, episodi che costituiscono dei veri e propri "precedenti segnico-linguistici" a cui ricondurre la situazione in cui ci si trova. Ad esempio: "Sha'kah quando caddero le mura" può significare "Fallimento", "Ho sbagliato!", oppure "Che sfortuna!"; "Temba'h, le sue braccia aperte" si può tradurre con "Generosità", "Prendi questo dono", o "Grazie di questo dono"; "Mira'h, le sue vele spiegate" sta per "fuga", "Andiamo via !" o "Io me ne vado"; "Il fiume Temark durante l'inverno" significa più o meno "immobilità", "Fermo!" o "Stai zitto!"; "Sindah, la sua faccia nera e gli occhi rossi" significa "morte", "moribondo", "sto per morire" ecc.
Il linguaggio tamariano non è logico-referenziale ma immaginativo-simbolico, iconico, analogico, ed evolvendosi non ha dato luogo a quella che noi chiamiamo "identità".
Da quel poco che lo spettatore riesce a capire, non si tratta di una "omologazione" totalitaria all'interno di una società intesa in maniera organicistica, o (in parole più povere) di un livellamento delle differenze individuali in nome di una tradizione, di una memoria acritica e monumentale. Al contrario, i tamariani attingono collettivamente a un patrimonio di storie e di immagini che si modifica costantemente, e i loro rapporti interpersonali sono una specie di gioco di ruolo nel quale il singolo si appropria e/o si sveste di tutti i ruoli e di tutte le "identità"; la condivisione delle esperienze, la comunanza e la compartecipazione emotiva, sono per loro tutt'uno con l'essere "singoli", in quanto prescindono dal concetto di individuo: l'Io dei tamariani è molteplice e multiverso, la loro soggettività è decentrata.
Per questo non c'è una vera e propria distinzione tra soggetto, predicato e complemento oggetto: nelle frasi ci sono, genericamente, un "non riuscire", un "donare", un "andare via" e un "non-agire", azioni di cui si ammettono serenamente la complessità, la ricchezza di significati e l'irriducibilità a una analisi logica.
La situazione che si crea non viene definita e intrappolata nel linguaggio.
Il linguaggio tamariano non è segreto né esclusivo, non è un argot che la comunità crea per difendersi dal mondo esterno. Anzi, i Tamariani vogliono condividere il loro immaginario e la loro memoria, vogliono ampliarli e contaminarli per capire e farsi capire. Difatti, poiché è impossibile capirsi senza conoscere gli stessi miti, occorre crearne assieme di nuovi, così Daton, il capitano della nave tamariana, si fa teletrasportare assieme al capitano dell'Enterprise Jean-Luc Picard su El-Adril IV, un pianeta disabitato e inospitale, dove essi devono collaborare per sopravvivere e difendersi dalle irradiazioni di una energia distruttiva.
Questa situazione si ispira a quella definita "Darmok e Tjalad a Tanagra" (due eroi della mitologia tamariana, intrappolati su un'isola abitata da una Bestia pericolosa). Resta scolpito nella memoria dello spettatore il grido d'esultanza di Daton allorché Picard inizia a capire i suoi messaggi: "SUQAT, I SUOI OCCHI NON PIU' COPERTI!".
Dei due si salva solo Picard, ma ormai il precedente è stabilito: d'ora in poi, tamariani e federati potranno manifestare l'intenzione di comunicare dicendo: "Picard e Daton su El-Adril".
(E.Georgiakis, Primo Nodo)

Altre lingue della rete
Synaptica è l'Organismo della comunicazione di Psicopolis. Il suo compito istituzionale è quello di tenere ogni tipo di rapporto fra la comunità e il mondo. Recentemente ho dovuto fare alcune ricerche sul web e mi sono accorto di una cosa sorprendente. Esiste una frattura fra la rete "anglofona" e quella creata da altri grandi ceppi linguistici. Ci sono una rete est-europea, una rete araba, una rete estremo-orientale, una sudamericana, che solo in piccola parte sono tradotte in inglese e dunque integrate col web occidentale. Siti coreani, algerini o polacchi o russi non bilingui sfuggono del tutto alla nostra navigazione quotidiana. Anche molte reti europee non sono bilingui e dunque vivono appartate: penso alla Germainia, al Portogallo o alla Svezia. Il fenomeno si ripercuote sui motori di ricerca. I più noti dei quali lavorano in lingua inglese e trovano siti in quella lingua. Addirittura molti accettano l'inserimento di siti limitandoli in base alla loro lingua, come se le traduzioni o i siti plurilingui non esistessero. La cosa è già limitante se pensiamo ai siti di "contenuti" di storia, attualità, servizio. Non sapere niente delle feste coreane non è un grande limite. Ma diventa molto spiacevole se pensiamo che i migliori progettisti di software sono ormai gli iraniani, i pakistani, i polacchi o i russi. Che la musica è uguale in tutto il mondo. Che la grafica, il segno, le immagini sono universali. Perdere due terzi della rete significa essere più poveri. La rete è nata nello spirito planetario e il limite linguistico sta creando nuove barriere. Quanti di noi usano i traduttori on line? Psicopolis ha allestito un'apposita pagina (Lingue) ed ospita molti contenuti in inglese (Inglese). Ma la sensazione è che bisogna fare molto di più: lavorare con diversi motori di ricerca, usare molto di più i software di traduzione, navigare più spesso nelle directory nazionali. Intanto, come Synaptica, propongo una raccolta di indirizzi interessanti di Paesi non anglofobi: vi piace l'idea? E.Georgiakis

ALTRO CHE EUROPA ! Noi dobbiamo far parte dell'Unione Nord-Africana (se ci vogliono!)

L'Italia sfrutta poco le nuove tecnologie: il nostro paese resta indietro, infatti, rispetto alle grandi potenze mondiali e subisce l’aggressività di paesi entrati nel mondo dell’high tech da minor tempo.
Lo dice una ricerca della Harvard University, che pone il Belpaese al 25esimo posto del Networked readiness index, un indice composito che aggrega un insieme di voci realizzato a marzo del 2002.

A guidare la classifica generale, secondo la ricerca, sono gli Stati Uniti con un indice pari a 6,05, seguiti dall'Islanda con 6,03 e dalla Finlandia con 5,91. L'Italia, (con un indice di 4,70), è in fondo alla classifica, dopo dieci Paesi europei e cinque asiatici, Canada, Nuova Zelanda e Australia. Tra i paesi dell’Unione Europea solo Spagna, Portogallo e Grecia si sono classificati più in fondo dell’Italia. L'indice comprende voci diverse, dall'uso di Internet alle infrastrutture generali. L'uso della rete (che però comprende anche gli italiani che utilizzano un cellulare) vede l'Italia in posizione leggermente migliore, al 19esimo posto. In futuro, dice la ricerca, le cose per l’Italia non dovrebbero migliorare. L'indicatore 'enabling factors', che registra le possibilità di evoluzione tecnologica, vede l'Italia solo al 26esimo posto, superata dall'Estonia e, in questo caso, dalla Spagna. La voce 'infrastrutture informatiche' vede l’Italia al 21esimo posto. Gli italiani, stando alla ricerca, sono poi al 41esimo posto per quanto riguarda l’apprendimento in rete. Tra le curiosità che emergono dalla ricerca, c'è il primo posto di Singapore alla voce e-government. (Fonte: http://www.ilnuovo.it)