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IL CONTATTO CORPOREO
Paola Pacifico

Il contatto corporeo è la forma più antica di comunicazione sociale sia nei primati che negli esseri umani. I primati si servono di una serie di forme diverse di contatto corporeo, per esempio il macaco piccolo e la madre si coinvolgono reciprocamente con tutto il corpo in giochi violenti e disordinati, mentre i macachi adulti si lisciano la faccia. H. Harlow, psicologo americano, in una serie di esperimenti svolti nel 1959 sulle scimmie reshus dimostra che i piccoli delle scimmie si affezionano di più a scimmie artificiali se queste sono ricoperte di morbida stoffa  che non a scimmie da cui possono ottenere solo latte. Le piccole scimmie sono state allevate in isolamento, alla sola presenza di due sostituti (succedanei) della madre. Si trattava di due sagome di ferro: l’una con un poppatoio dal quale la scimmietta poteva nutrirsi, l’altra ricoperta di stoffa. Le scimmiette trascorrevano lunghi periodi  di tempo abbracciate alla “madre ricoperta di stoffa” dimostrando che per loro era più importante  la madre che forniva piacere tattile che non quella che forniva il cibo. Inoltre in presenza della madre di stoffa assumevano un atteggiamento di curiosità e di relativa assenza di paura dinanzi ad oggetti sconosciuti, mentre in presenza della madre di ferro il loro comportamento era di fuga. Harlow notò che le scimmie cresciute in laboratorio mostravano un forte attaccamento per i rivestimenti di tela morbida  usati per coprire il pavimento e le pareti delle gabbie in rete metallica, e quando per ragioni igieniche si tentò di togliere la stoffa, i piccoli vi si aggrapparono e caddero in preda ad una collera violenta.

La pelle come organo di senso

Negli esseri umani una vasta parte del cervello  ha la funzione di ricevere i messaggi dalla superficie del corpo, che sono poi usati per dirigere i movimenti del corpo. Ricevere i messaggi/informazioni del mondo esterno è compito principale della pelle che ricopre completamente il nostro corpo. La pelle svolge 4 funzioni fisiologiche:
1 – la difesa del corpo da offese meccaniche, da radiazioni e dall’invasione di sostanze e organi
      esterni
2 – di percezione in quanto organo di senso
3 – di regolazione della temperatura
4 – di traspirazione in quanto organo del metabolismo e dell’immagazzinamento dei grassi, e del
      metabolismo dell’acqua e dei sali.
Il contatto corporeo  stimola diversi tipi di recettori sensibili al tatto, alla pressione, al caldo o al freddo, al dolore. La pelle invia diversi tipi di segnali sul suo stato per mezzo del suo calore,  sapore e odore (es. la traspirazione) ed il cervello esegue le necessarie regolazioni in risposta alle informazioni ricevute. Le stimolazioni continue della pelle da parte dell’ambiente servono a mantenere il tono sensoriale e quello motorio. Le proporzioni dell’area cerebrale tattile ci possono dare l’idea dell’importanza delle funzioni tattili attraverso la rappresentazione dell’omuncolo sensorio e motorio che evidenzia nella corteccia il prevalere della mano, specialmente indice e pollice, e delle labbra.

Il tatto come messaggio di accettazione o di rifiuto

Nell’essere umano la sensazione cutanea non è semplicemente questione di tatto, di pressione, di temperatura: è anche un messaggio di accettazione o di rifiuto, in quanto attraverso il tatto si possono comunicare i principali tipi di atteggiamento interpersonale e gli stati emotivi.  Da qui il bisogno di contatto corporeo che, come il bisogno di soddisfazione orale, può diventare più intenso nei periodi di tensione. Ma se il bisogno di cibo si può soddisfare anche da soli, il contatto corporeo necessita della partecipazione di un’altra persona. Il bisogno di contatto corporeo è fondamentale in special modo da piccoli. Nel rapporto tra madre e figlio elementi diversi sono legati alla stimolazione esterna, come lo stretto contatto, il calore, l’odore, l’allattamento e i riferimenti visivi e uditivi. Le esperienze, alle quali sottostà il bambino in contatto con il corpo della madre, costituiscono il suo primo mezzo di comunicazione. Attraverso le labbra il bambino afferra la realtà, così come ingerisce le sostanze con le quali costituisce il proprio corpo. Appena può si porta alle labbra gli oggetti per valutarli, e continua a farlo anche molto tempo dopo che ha acquisito altri mezzi di percezione e di valutazione, come le punte delle dita e il palmo delle mani. Il contatto corporeo svolge un ruolo cruciale nello sviluppo emotivo del bambino. Osservazioni fatte su bambini ospedalizzati svolte dalla psicologo francese R. Spitz fanno sostenere che, nei casi di deprivazione di esperienze di contatto corporeo nella prima infanzia, può insorgere una patologia comportamentale (depressione anaclitica) che porta talvolta alla morte emotiva del bambino.

Culture di contatto

La frequenza e la qualità dei contatti fisici che un individuo ha con gli altri varia a seconda dell’età, dei rapporti sociali e soprattutto della cultura. Vi sono culture dette “di contatto”, come quella africana e araba, che legittimano il contatto corporeo e quindi nei rapporti sociali è possibile stare vicini quando ci si parla, abbracciarsi, darsi manate sulle spalle. Così come vi sono culture di “non contatto”, come quella inglese o giapponese, in cui il contatto corporeo è ristretto ad occasioni particolari. Lo psicologo canadese S.M.  Jourad in una sua ricerca chiedeva  a 300 giovani adulti americani  chi avesse toccato le diverse parti del loro corpo, se il padre o la madre. Alcune conclusioni di tale indagine mettevano in evidenza:
-         che le zone tabù (prevedibile) erano quelle più vicine agli organi sessuali
-         che le madri toccavano meno i figli che le figlie sui capelli e sulle braccia
-         che le madri toccavano meno le figlie che i figli sul petto
-         che le madri toccavano meno i figli che le figlie su faccia, collo e spalle
-         che le amiche femmine si toccavano meno degli amici maschi sulle spalle, petto, gambe
-         che gli amici maschi si toccavano meno delle amiche femmine sui capelli, faccia, collo, avambracci
         che le femmine toccano meno gli amici maschi di quanto i maschi tocchino le amiche femmine sulle ginocchia
-         che i maschi toccano meno le amiche femmine di quanto le femmine tocchino gli amici maschi sul petto e sulle pelvi
Ciò che emerge da queste differenze è che ogni rapporto ha la propria combinazione peculiare di zone tabù e non tabù

Modello comportamentale  “n.c.c.” (non contatto corporeo)

Sul contatto corporeo ho svolto una indagine nel 1985 su 84 soggetti di età compresa tra i 25 e i 45 anni (60% donne, 40% uomini).
(indagine sul contatto corporeo)                                                                 

STRUMENTI

Tale indagine consisteva nel rivolgere due serie di domande, contenute in una scheda di auto osservazione, sui comportamenti comunicativi abitualmente agiti attraverso i linguaggi non verbali. La prima serie di domande si riferiva  alla vita adulta del soggetto, la seconda all’infanzia. Le due serie di domande miravano a far emergere in quale misura si erano stabiliti e si stabiliscono contatti  corporei nei comportamenti comunicativi più  abituali dei soggetti. Nelle due finestre si possono leggere le due serie di domande

Prima serie di domande (età adulta)
-          Solitamente, quando sei con un amico/a, per scherzo o per affetto:
* si siedi sulla stessa sedia               * ti siedi in braccio
-          Ti capita di appoggiare la testa sulla spalla di un amico/a:
* per piangere                                   * per farti accarezzare
-          Solitamente quando abbracci un amico/:
* aderisci con tutto il corpo              * tiri indietro il bacino            * eviti di sfiorare qualcosa del corpo
-          Il contatto fisico con un amico/a è condizionato:
* dal sesso (se uomo o donna)          * dalla situazione emotiva del momento
* dal grado di pulizia                        * dalla simpatia/antipatia        * dalla presenza degli altri

Seconda serie di domande (infanzia)

-          I contatti con tua madre avvenivano in prevalenza:
* con le carezze                          * con il gioco
* con le botte                              *  non avvenivano
-          Quelli con tuo padre:
* con le carezze                          * con il gioco
* con le botte                              * non avvenivano
-          Con i fratelli:
* con le carezze                           * con il gioco
       * con le botte                               *  non avvenivano
-          Ricercavi il contatto fisico?
-          Rifiutavi il contatto fisico?
-          Eri indifferente al contatto fisico?
I risultati di questa indagine, aggiunti ad altri tratti dalla pratica di lavoro, confermano l’ipotesi di poter ricostruire i modelli comportamentali di base agiti nell’infanzia nei gruppi familiari, partendo dall’elemento più facilmente ricordabile: quello del contatto corporeo. Quando in una famiglia si evita il contatto corporeo, si evita anche il dialogo profondo, cioè quel tipo di comunicazione attraverso il quale  ogni membro della famiglia sente l’altro  (o l’altra) partecipe e disponibile alla pena o alla gioia provata. La connessione tra contatto corporeo e dialogo profondo si basa sul fatto che il contatto in sé costituisce una prova di verità sul reale legame affettivo che unisce le persone tra loro. Il calore di una mano, la pressione di un abbraccio, una lieve carezza, più di una frase o di un lungo discorso,  danno la misura di quanto l’altro gioisce o patisce con noi, quindi la sicurezza di essere accettati, di esistere  per gli altri. Le persone cresciute all’interno di un tale modello di base in uso nella famiglia di origine, spesso nella vita adulta ripetono inconsciamente gli schemi già sperimentati. Se invece nell’infanzia è venuta a mancare  la sicurezza sulla verità dei legami affettivi, poiché sono mancati questi messaggi, quelle prove di verità che soltanto il contatto corporeo riesce a veicolare, da adulti le persone potranno essere stimate e accettate dal loro ambiente, ma esse non saranno mai certe di essere amate. Su queste insicurezze di fondo si basano quelli che possono dirsi  gli “inquinamenti comunicativi” e cioè quelle ripetute richieste di accettazione, di affetto – dirette e indirette – che continuamente vengono fatte a partner e amici per riempire antichi vuoti purtroppo incolmabili da chi, a sua volta, ne ha già altri da riempire per conto suo. Richieste di affetto mascherate, come ad esempio che si venga accolti con sorrisi anche quando si arriva tardi agli appuntamenti, che ad ogni richiesta non si riceva mai un “no”, che siano sempre gli altri a capire, a perdonare e scusare, piuttosto di mettere in discussione il proprio agire. Richiedere all’oggi di riempire un vuoto di ieri  è più frequente di quanto si pensi e priva l’essere umano adulto del piacere di  incontrare il suo simile, e anche di allontanarsene quando i livelli evolutivi non sono d’accordo. Partendo dalla connessione: assenza di contatto-assenza di dialogo-assenza di accettazione, si può ipotizzare un modello comportamentale  che ho chiamato “n.c.c.” (non contatto corporeo). Una volta localizzata questa prima connessione, se ne possono trovare altre agite nel gruppo familiare di origine. Per esempio:
-         che ogni membro della famiglia delimitava il proprio spazio senza scambiarlo mai con gli altri (i posti a tavola, quelli davanti al televisore, alla finestra, sul balcone di casa, nell’auto, ecc…)
-         che si era rigidi nello scandire il tempo di ogni giornata sia feriale che festiva: l’ora del risveglio, del pranzo, quelle delle telefonate agli amici ed ai parenti,  quella degli acquisti e persino quella dei momenti di maggiore intimità.
In questo modello azioni, gesti, parole, sono abbastanza  prevedibili da parte di tutti i membri al punto di poterli agire automaticamente senza eccessivo impegno. Con i comportamenti sempre sotto controllo è impossibile manifestare l’immediatezza di un sentimento, di un’emozione che andrebbe a turbare l’immutabilità dei ruoli assunti, degli spazi occupati, delle parole ripetute. La prevedibilità dei gesti, dei toni di voce, degli sguardi, degli atti, delle parole, se da una parte garantisce la continuità dell’immagine di sé che si vuole dare agli altri e anche l’immagine di un gruppo familiare equilibrato, dall’altra preclude l’accesso all’imprevedibile, all’immediato che porterebbe alla profonda conoscenza dei reali sentimenti  che legano tra loro i membri di un gruppo familiare. Nel processo comunicativo tra due o più persone, quanto più il messaggio è imprevedibile tanto maggiore è il contenuto della comunicazione. La comunicazione può dirsi davvero tale quanto modifica in qualche modo il comportamento di chi la riceve. E’ quindi scontato che in un modello comportamentale in cui si teme il contatto corporeo quale prova di verità dei sentimenti provati, domini la prevedibilità di ogni azione, parola, gesto e non si conceda spazio all’imprevedibilità  o immediatezza. Ciò porta da adulti a ricorrere continuamente  prove di accettazione, richiedendo ai rapporti di oggi di riempire i vuoti dei rapporti di ieri.

(tratto da: “Come sviluppare flessibilità relazionale  nella comunicazione interpersonale” di P. Pacifico, psicologa-antropologa, ed. F.Angeli)