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GRUPPO D’INCONTRO E DRAMMAUTOGENO
Rossella Sonnino

In un “Gruppo d’incontro” succedono molte cose. Spesso succede quello che non è accaduto in anni di psicoterapia individuale.  Ho partecipato ad diversi gruppi d’incontro(maratone) e da circa 10 anni collaboro come conduttrice ai gruppi d’incontro proposti da A. Lo Iacono. La particolarità della conduzione in questo tipo di incontro sta nell’apparente assenza di un percorso, di una guida. In realtà si tratta di una pratica da DRAMMAUTOGENO, che fa esprimere l’arte dello psicoterapeuta  più come una scultura che come una pittura: si tratta cioè di “togliere” le parti che secondo il conduttore sono ridondanti alla dinamica comunicativa del gruppo, finché si configurano delle “scene essenziali” che definiscono ciò che sta succedendo senza bisogno di parlare in quello che si può chiamare “rumoroso silenzio dell’intervallo”, evitando le parole che spesso sono “scuse per non sentire”. Qualsiasi sia il numero di maratone che si sono condotte, non si sa mai come si evolverà l’esperienza delle 20-25 persone che vi prendono parte e che si incontrano per il periodo di tempo che va dal venerdì sera alla domenica sera: spesso non si conoscono per niente, vivono quest’occasione insieme e, altrettanto spesso, non si rincontreranno mai più nella loro vita. Durante il seminario gran parte del tempo si passa all’aperto, a contatto con la natura, sia inanimata (alberi e vegetali) che animata (uccelli, cani, gatti, pecore, ecc.) cercando di recuperarne un nuovo significato, ed elaborando un nuovo comportamento nei confronti di essa. Nelle maratone sono anche possibili esperienze di regressione ad episodi passati  della propria esistenza e sperimentazioni fisiche tese a  recuperare una nuova dimensione corporea ed un veicolo di comunicazione più essenziale. Effettivamente, nei gruppi del Drammautogeno si “lavora” anche facendo vivere corporeamente le metafore, tenendo presenti i caratteri che delineano le persone. Spiegato molto semplicisticamente potrebbe suonare così: chi è molto dipendente deve rendersi conto della fragilità delle sue gambe (mancanza di autonomia, cioè metaforicamente non ce la fa a camminare da solo) e allora può succedere che il conduttore ritenga utile fargli vivere questa esperienza direttamente e per esempio gli salti in groppa e resti lì fino a che le gambe del partecipante non cedono. A chi vive solo con la testa può accadere di non venire ascoltato  nelle parole che pronuncia, ma venga considerato solo corpo. Chi è molto rigido può sperimentare momenti nei quali si piega fisicamente e affronta la paura di spezzarsi. Le regole proposte per partecipare ad una maratona, che possono essere considerate una sorta di superego “tra paradossi e controregole” e alle quali deve cercare di attenersi il partecipante sono: 
1 – cerca di fare quello che temi
2 – abbi il coraggio di sentire la paura
3 – rispettati e rispetta gli altri
4 – non mettere ostacoli nella comunicazione
5 – concentrati a fare una cosa alla volta
6 – parla per te
7 – cerca di esprimere tutto quello che senti
8 – lascia morire le vecchie storie che ti mortificano
9 – vivi il qui ed ora con tutto il cuore
10- impara a dire addio entrando da padrone nel futuro.
Molte di queste “regole” sono applicate dal conduttore stesso che in questo modo diventa un modello imitabile per il partecipante e quindi un aiuto per esprimersi in modo più completo e rispondente alle sue necessità. D’altra parte è compito del conduttore facilitare l’esperienza e quindi dovrebbe saper osservare con attenzione il comportamento dei partecipanti per impedirgli, o almeno cercare, di difendersi eccessivamente dagli avvenimenti e dalle emozioni che li colgono. Il compito del conduttore è quello di consentire di vivere le intense emozioni che gli accadimenti della maratona possono suscitare e, là dove questo è più difficile, creare delle situazioni inattese ed impreviste per il partecipante che facilitino prima la presa di contatto con i sentimenti provati, e poi anche l’espressione di quanto si prova. Non sempre è facile è comunque occorre anche sostenere il partecipante impedendo situazioni di depressione o di vera e propria disperazione che potrebbero influenzare negativamente l’esperienza. In breve, il conduttore è al servizio dei partecipanti e lavora per renderli autonomi e sentirsi utili.  Quando ci riesce ha raggiunto l’obiettivo suo e della maratona.