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ORDINE & LEGALITA’
g. Dep. N.
Repubblica Italiana – in nome del popolo italiano – il Tribunale di Milano

Sezione 1° civile

in persona dei magistrati

dott. Giuseppe PATRONE – presidente
dott. Aurelio CAPPABIANCA – giudice
dott. Domenico BONARETTI – giudice rel.
ha pronunciato in camera di consiglio la seguente
   SENTENZA
nel procedimento iscritto al numero di ruolo generale sopra riportato, promosso con ricorso ex art. 17 ss legge 18.2.89 n. 56

   DA
Dr. Guido Contessa, elettivamente domiciliato in Milano, via Anfossi 2, presso lo studio dell’Avvocato Lorenzo Guzzini, che lo rappresenta e difende per delega  a margine del ricorso introduttivo

   RICORRENTE CONTRO

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI per la REGIONE LOMBARDIA, in persona del presidente dr. Mario Rossini

RESISTENTE e con l’intervento necessario del Pubblico Ministero

INTERVENUTO OGGETTO: ricorso in materia elettorale

CONCLUSIONI per il RICORRENTE:

previa declaratoria di illegittimità  dell’elezione del Consiglio dell’Ordine Lombardo  degli Psicologi tenutasi in  Milano il  20-6-1993, annullare il provvedimento di proclamazione degli eletti  disponendo la rinnovazione della consultazione elettorale.

Per il RESISTENTE: rigettarsi il ricorso

Per il P.M. : rigettarsi la domanda, non appalesandosi nelle modalità di consegna delle schede  di voto violazione  dell’art. 20 1.cit. che non prevede specifiche modalità di individuazione dell’elettore rititante la scheda ma soltanto certe  modalità di identificazione al momento del voto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex artt. 17 ss legge 56/89 depositato in data  19.7.93, il dr. Guido Contessa impugnava i risultati dell’elezione del Consiglio Lombardo degli Psicologi svoltasi in Milano il 20-6-1993, chiedendo al Tribunale l’annullamento del provvedimento di proclamazione degli eletti e la rinnovazione della  consultazione elettorale. Il ricorrente lamentava la violazione dell’art. 20 c.10  della legge cit. introduttivo  del voto per corrispondenza, sostenendo che alcuni candidati, pur non muniti di delega da parte dell’elettore per il ritiro, si erano fatti consegnare dalla commissione elettorale un rilevato numero di schede per poi distribuirle ai propri sostenitori, restando così favorito rispetto agli altri candidati che, come il ricorrente, non avevano assunto analoghe iniziative, ritenute lesive della parità di trattamento  nelle operazioni di voto. A riprova, il dr. Contessa allegava al ricorso un volantino circolare intestato “AUPI, ASSOCIAZIONE UNITARIA PSICOLOGI ITALIANI” e “dr. Mario Rossini, segretario nazionale” in cui il predetto , “per agevolare i colleghi che intendevano avvalersi della votazione per corrispondenza, essendo possibile procedere anche per delega al ritiro a Milano della scheda ed andando io sovente in Tribunale…” invitava  i destinatari che lo desiderassero a mettersi in contatto con lo stesso Rossini  - o con altri colleghi indicati – per incaricarli di ritirare  la scheda e la relativa busta per ottenere la consegna diretta, evitando “file” e perdite di tempo per l’identificazione e il voto e precisava che, previa autentica della sottoscrizione sulla busta contenente la scheda, la busta stessa poteva essere spedita per posta o affidata ad un collega per la consegna. All’udienza camerale fissata, compariva il dr. ROSSINI quale presidente del Consiglio dell’Ordine che, accettando la discussione del ricorso (notificato ancora al domicilio del commissario straordinario) produceva varia documentazione, sostenendo la correttezza delle procedure eseguite. Sempre all’udienza camerale, il ricorrente denunciava altresì  l’irregolarità dei voti fatti pervenire al presidente del seggio  con mezzi diversi da quello postale (per es, tramite altri elettori incaricati).

   MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso va rigettato.

Deve premettersi in fatto che all’udienza camerale il dr. ROSSINI ha escluso di aver ritirato  schede elettorali “a mazzi” riconoscendo invece di aver inviato la circolare con l’offerta della propria disponibilità  al ritiro della scheda elettorale ai soli aderenti della propria associazione AUPI (100 in provincia di Varese) e di aver ritirato un numero di schede corrispondente  a quello degli elettori che gliene avevano dato incarico: non tutti costoro avevano poi effettivamente votato, alcuni avevano inviato il voto per posta, altri avevano affidato a colleghi la busta da recapitare al seggio.
Ciò premesso, occorre altresì puntualizzare che  il ritiro delle schede senza delega e la loro consegna con mezzi diversi da quello postale (in ciò si risolvono sostanzialmente le doglianze del ricorrente) vengono denunciati come irregolarità autonome, ossia idonee di per se stesse ad alterare il normale corso della consultazione, e non come strumenti di concreto utilizzo per brogli (per es. modificare il numero dei voti rispetto a quello degli aventi diritto, per coartare in concreto la volontà degli elettori, ecc.). Ma la legge non sembra riconoscere giuridica rilevanza  alle segnalate “scorrettezze”. Dispone infatti l’art. 20 co. 10 1 56/89 che: “E’ ammessa la votazione per corrispondenza. L’elettore chiede alla segreteria del consiglio dell’ordine la scheda all’uopo timbrata e la fa pervenire prima della chiusura delle votazioni al presidente del seggio  in busta sigillata, sulla quale sono apposte le firme del votante, autenticata dal sindaco o dal notaio, e la dichiarazione che la busta contiene la scheda di votazione; il presidente del seggio, verificata e fatta constatare l’integrità, apre la busta, ne estrae la relativa scheda senza dispiegarla e, previa apposizione su di essa della firma di uno scrutatore, la depone nell’urna”.
Così introdotto il voto per corrispondenza, il necessario temperamento tra l’interesse  ed agevolare l’esercizio del voto da parte dei singoli elettori (ostacolati a renderlo perché residenti in località diverse dalla sede del consiglio o del seggio o per altri motivi) e l’interesse al regolare e genuino svolgimento delle elezioni sembra realizzato dal legislatore distinguendo la fase del ritiro della scheda da quella vera e propria del voto e approntando solo per quest’ultima particolari cautele funzionali nell’accertamento dell’identità del votante e dell’integrità della busta contenente il voto. Invero, neppure il ricorrente dubita che l’espressione “l’elettore chiede…la scheda timbrata” possa essere intesa nel senso di riconoscere una facoltà di delega al ritiro; e così, del resto, l’espressione è stata intesa nell’avviso di  convocazione elettorale, ove si precisa che il ritiro della scheda e della busta è possibile  “anche a mezzo di proprio incaricato”.
Orbene, se tale è il disposto legislativo, non pare al collegio che vi sia ragione di richiedere, per la validità di questa delega, una forma particolare, per esempio quella scritta, con la conseguenza che anche la delega orale potrà essere ammessa. Va tenuto presente al riguardo che il ROSSINI ha dichiarato in udienza, senza contestazione sul punto, di aver ritirato le schede non “a mazzi” ma soltanto per i colleghi che l’avevano in tal senso incaricato; del resto , ex art. 22, 1 co 1 cit. le schede vengono predisposte per il voto “in un numero corrispondente a quello degli aventi diritto” sicché, in difetto di precisi elementi di prova di segno diverso, l’ipotesi di una loro incontrollata distribuzioni non pare fondatamente prospettabile. E’ ben vero che tale condotta potrebbe consentire irregolarità quali ad es. il ritiro di una scheda poi, per qualsiasi motivo non consegnata all’elettore che l’aveva richiesta. Ma anche in tale ipotesi non sarebbe comunque precluso all’elettore di attivarsi personalmente per esercitare il diritto di voto  e, del resto, trattasi di ipotesi nella specie neppure prospettata dal ricorrente. In ogni caso resta ineludibile il momento essenziale del controllo attraverso il riscontro della compatibilità numerica tra le schede  consegnate e quelle ricevute, nonché tra gli aventi diritto al voto e coloro che tale diritto risultano aver effettivamente esercitato. E la regolarità di tale controllo neppur è stata contestata.  Quanto infine alla consegna della scheda a mezzo posta, la lettera della legge (“la fa pervenire prima della chiusura delle elezioni al presidente del seggio in busta sigillata…”senza altre specificazioni) e la sua”ratio” (come sopra già individuata nell’agevolazione del voto agli aventi diritto) non sembrano consentire che si dubiti, ove siano state rispettate le ulteriori disposizioni volte ad assicurare la genuinità del voto, della liceità della consegna della busta, anche se effettuata tramite soggetti o mezzi estranei al servizio postale normalmente inteso, i cui eventuali ritardi (che possono considerarsi come evenienze probabili e che vanno calcolati con riguardo  anche al periodo di apertura delle votazioni) sarebbero ben idonei ad escludere la validità del voto.
In conclusione l’iniziativa lamentata con il presente procedimento appare abbastanza chiaramente rivolta ad agevolare il voto per una cerchia di elettori (propri sostenitori o presunti tali) e comunque a presentare “un” candidato in una luce di disponibilità ed efficienza non certo priva di suggestione. Essa risulta quindi suscettibile di ingenerare non poche perplessità sotto il profilo dell’opportunità, per così dire “morale” di evitare influenze sulla neutralità che dai candidati sarebbe auspicabile, per astratto, fosse mantenuta nello svolgimento delle competizioni elettorali ma, per le ragioni già sopra esposte, non sembra esorbitare dai limiti tracciati dal legislatore che, in concreto e alle condizioni esaminate, ha ritenuto di consentire anche l’esercizio “a domicilio” del diritto di voto. Da qui il rigetto del ricorso.
La mancata costituzione del resistente tramite difensore esime il collegio dalla liquidazione delle spese.

PM rigetta il ricorso proposto dal dr. Guido CONTESSA.

Così deciso in Milano nella camera del consiglio del 10 dicembre 1993.

Il Giudice est.

                                                                                                                   Il Presidente