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PUTTANE, PSICOLOGI E MINIMUM TAX
Intorno
alla minimum tax è esplosa una zuffa che ha visto scendere in campo il governo
e i sindacati di regime da una parte, e le organizzazioni professionali
degli autonomi dall'altra, con argomenti che peraltro non colgono affatto
il nocciolo della questione.
Il governo e i sindacati di regime infatti si sono prodigati ancora una
volta ad additare i lavoratori autonomi al ludibrio e al linciaggio universali
quali responsabili del disastro finanziario dello Stato facendo finta di
non sapere che, di tale disastro, sono responsabili solo i partiti di cui
governo e sindacati sono diretta espressione. È stata infatti la partitocrazia,
con la sua criminale dilatazione della spesa pubblica per fini clientelari,
mafiosi e tangentistici, a produrre la voragine del disavanzo statale che
non può di certo essere imputata ad una classe sociale, quella dei lavoratori
autonomi, che nulla riceve dallo Stato, che produce un'ingente ricchezza
sotto forma di beni e servizi e che assicura allo Stato un gettito fiscale
percentualmente analogo a quello delle classi corrispondenti di vari altri
paesi occidentali nient'affatto disastrati.
Le organizzazioni professionali degli autonomi chiedono a loro volta
l'abolizione della minimum tax proclamando che "i veri evasori sono
i grandi industriali e finanzieri"; ed hanno certamente ragione, ma
anch'esse mandano tacitamente assolta l'irresponsabile espansione e la sostanziale
inutilità della spesa pubblica, vera matrice di rovina del paese. Comunque,
pur gargarizzandosi tutti con lo slogan dell'equità fiscale, nessuno sembra
accorgersi dell'intrinseca iniquità dei principi stessi cui si ispira attualmente
la nostra impostazione tributaria: un'iniquità che, qualora l'efficienza
del fisco dovesse davvero migliorare come molti auspicano, non potrebbe
che aggravarsi in modo ancora più scandaloso. Quest'iniquità intrinseca
del sistema fiscale italiano sta nel fatto che esso applica aliquote fiscali
identiche ad attività qualitativamente del tutto diverse e non comparabili:
quelle super-garantite e tanto spesso improduttive della burocrazia statale
e quelle super-precarie ed obbligatoriamente produttive (altrimenti devono
cessare) dei lavoratori autonomi e dei professionisti in particolare.
Sono soprattutto onesti piccoli produttori di bene e servizi, infatti,
a vivere sulla loro pelle la prepotenza e lo sfruttamento di uno Stato che
a loro non dà assolutamente nulla (non l'intero stipendio né la precoce
e solida pensione che assicura ai suoi burocrati; né la tutela legale del
contratto di lavoro, che assicura ai dipendenti del privato; né il credito
agevolato che assicura agli imprenditori ammanigliati con i partiti), ma,
viceversa, manda regolarmente i suoi sbirri a frugare nelle loro case e
nei loro luoghi di lavoro per rapinare circa la metà (quando ci riesce)
dei loro redditi incerti e faticati e per consegnarla alle sue legioni di
burocrati fannulloni ed arroganti (tra cui prosperano anche i baroni e i
baroncini delle Università oggi impegnati a confiscare la formazione e la
professione degli psicologi) e politici faccendieri e tangentisti (tra cui
brillano i legislatori che hanno tentato la legge 56/89 di lottizzare persino
la psicologia e la psicoterapia). Se guardiano queste cose in quest'ottica
di conflitto tra produttori e parassiti, ci rendiamo conto che la minimum
tax è solo la punta emergente d'un iceberg di sfruttamento politico-burocratico
che ha speronato vigorosamente la "nave Italia" e minaccia ormai
di affondarla. Per noi psicologi il nuovo balzello presenta una nota addizionale
di assurdità e arbitrio. Come professionisti, infatti noi psicologi non
siamo mai esistiti per lo Stato: se tutto va bene, esisteremo a partire
dal 1994
Potremmo quindi essere, a prima vista, paragonati alle puttane: e
non solo perché, come qualcuno ha detto argutamente "diamo amore per
denaro", ma anche perché siamo entità giuridicamente e professionalmente
inesistenti. Ma, a ben guardare, la nostra situazione è anche peggio di
quella delle "lucciole" perché queste, almeno, non sono riconosciute
ma non hanno neppure doveri professionali e fiscali. Noi invece siamo chiamati
a rispondere delle nostre attività professionali davanti alla legge e, da
molti anni, siamo nel mirino delle sanguisughe dello Stato. Ora poi con
la minimun tax saremo tassati come se guadagnassimo molto di più dei commercianti
e degli artigiani: ma chi di noi non cambierebbe il suo reddito con quello
di un salumiere o di un idraulico? E sapete perché abbiamo "certamente"
un alto reddito? (tenetevi forte: questa è la trovata più comica delle sanguisughe
dello Stato) Perché siamo laureati! In un paese strapieno di lavoratori
disoccupati (in un paese dove già vent'anni fa, al tempo del "medico
della mutua" Alberto Sordi diceva "Semo tutti dottò") il
patrio governo ha la faccia di bronzo di scoprire nella laurea la garanzia
di un alto reddito!
"Se no i xe mati, no li volemo" diceva Goldoni. Ma forse
è tempo di dire che "i xe mati, e no li volemo più".
Luigi De Marchi