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STRESS, riflessione critica

(seconda parte)

Sembra necessario fare una riflessione psicoanalitica prendendo a pretesto comportamenti animali più arcaici, che consentono di cogliere stress più "netti" di quello del babbuino, filogeneticamente già fin troppo umano.
Leone e Gazzella sembrano gli animali simbolo giusti per differenziare i vari tipi di stress positivi e negativi.

Predatore - aggressività / narcisismo e stress

Istintivamente il leone deve avere una visione chiarissima della gazzella sua preda naturale. In chiave psicoanalitica la gazzella per il leone è un chiarissimo "oggetto del desiderio" orale. Il che in definitiva vuol dire che, seppure sadicamente, la ama. Possiamo dire, in linguaggio psicoanalitico, pensando da leone, che la gazzella è "buona" se si lascia mangiare. Azzannare la gazzella per il leone è certamente una buona azione vissuta con inteso piacere appagante il notevole "sforzo" compiuto. Anche il bambino deve compiere un certo "sforzo" muscolare per nutrirsi. Possiamo immaginare dal comportamento del leone un che di baldanza, potremmo dire di  narcisistica totale determinazione e sicurezza di sé, mentre "decide" di mettersi a caccia. Ma nonostante la sua estrema sicurezza, deve  muoversi in modo circospetto, porsi sottovento, appostarsi, attendere pazientemente e stare magari spasmodicamente immobile, teso come un corda di violino, prima di scattare al momento propizio. Tutto ciò anche nella sua forma istintivamente  più pura, comporta uno stress che potremmo definire "d'ansia d'attesa". Per quanto riguarda il leone, della gazzella vedremo poi, stiamo parlando di "sforzo" fisico a componente aggressiva motivato dal più primitivo dei bisogni: la fame. L'esperienza ripetuta della cattura deve aver sicuramente confermato la convinzione del leone di essere lui "il più forte". Sul fronte umano, questo sentimento, può essere la più forte motivazione ad imporsi, ma può anche "offuscare" la capacità di valutare i propri limiti. Certe immagini a cui ci ha abituato la televisione di maratoneti giunti mezzi morti alla meta mi pare renda bene l'idea dello strenuo stress fisico sostenuto dall'irriducibile determinazione a "tener duro" costi quel che costi.
Anche l'oramai proverbiale stakanovista era affetto da questa "euforica ossessione".
Abbiamo qui due aspetti complementari dello stress, l'uno fisico a cui è sottoposto il leone durante un inseguimento, che però molto prevedibilmente viene interrotto prima di superare il limite di rottura, l'altro stress sorretto da un irriducibile accanimento sorretto dall'istinto di sopravvivenza, in presenza di incombente pericolo di vita, (ma questo vale anche per la gazzella), come può essere nel caso di un incendio nella savana. In casi del genere per non farsi ghermire dalle fiamme qualunque animale potrebbe essere costretto a farsi scoppiare il cuore prima di morire tra le fiamme.
Anche questo è un caso limite, ma naturale, di stress.
È solo l'uomo che con motivazioni psicologiche del tipo onnipotenza-narcisistica può, al di là del pericolo reale, arrivare a questo tipo di stress oltre il limite fisico.
Trattasi di stress psicologico di tipo "maligno" esclusivamente umano da "tollerabile frustrazione narcisistica".
Stesso tipo di stress ma "benigno" si verifica quando il leone, sia per lo sforzo estremo, sia per sbaglio dei tempi, desiste dall'inseguire la preda. Frustrazione che somiglia assai all'umanissima frustrazione dello studente troppo sicuro di sé che subisce una solenne bocciatura, che si spera gli serva come lezione di vita.
È più probabile che il naturale senso del limite del leone, prima di farsi scoppiare il cuore, desista e accetti temporaneamente la frustrazione. Questo in termini umani comporta due cose, l'una vista in negativo, che sperimentare un limite corporeo implica sempre una ferita narcisistica, l'altra, vista in positivo, che sperimentare un limite corporeo è la condizione necessaria per stabilire concretamente l'identità. Ma che dire delle possibilità mentali dell'uomo e dei suoi limiti? Siamo ben lontani dal poterli stabilire sulla base della misurazione dello "sforzo" fisiologico.
Tuttavia un leone affamatissimo, dopo ripetuti insuccessi, è pensabile che "sforzi" il suo organismo al massimo e attacchi anche un animale più potente di lui. È lo "stress" estremo che si paga per la sopravvivenza.
È un bene o un male?
Abbiamo su questo filone compendiato:
-         
lo stress d'ansia d'attesa (impulso inibito);
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lo stress fisico, da massimo sforzo (crollo dell'organismo);
-         
lo stress d'onnipotenza grandioso-narcisistica
-         
lo stress d'insuccesso (impulso-desiderio frustrato)
-         
lo stress estremo per la sopravvivenza.

Preda e stress d'angoscia

È nell'ordine naturale delle cose che la realizzazione (felicità) della preda (la veloce gazzella) sia quella di sfuggire al leone per non soccombere. La gazzella non deve avere alcun senso di superiorità né quindi alcun senso di frustrazione narcisistica nei confronti del leone, benché rispetto a qualche suo simile ipotizzo che anch'essa possa peccare d'orgoglio.
D'altra parte l'erbivora mite gazzella non ha alcuna difficoltà a nutrirsi.
Basta solo piegare il collo.
L'umile gazzella potrebbe essere presa come esempio di personalità "serena", che si accontenta di quello che ha e che non chiede altro alla vita oltre a quello di mangiare in santa pace. Che bella vita se non ci fosse il "cattivo" leone! Ma il leone, ahimè, esiste e per la    gazzella costituisce uno stress continuo, quello che possiamo definire "stress d'allerta". L'aspettativa istintiva nella gazzella, completamente rovesciata rispetto a quella del leone, è quella dell'incombente dilaniamento. Sensazione angosciante certamente condivisa dall'uomo primitivo, le cui latenti tracce restano fortemente radicate anche nell'uomo moderno. Angosciante sensazione che nei bambini psicotici è espressa continuamente in tutta immediatezza col linguaggio del corpo.
Ancestrale sensazione da cui origina insicurezza, sentimenti di inferiorità e fragilità dell'essere umano di cui l'ansia è il segnale comportamentale più pernicioso di questo tipo di stress.
Sulla basi di questo presupposto non sarà poi così strano se tutti coloro che si vivono preda si sentono al sicuro solo dentro a profonde e anguste tane. È probabile che per la gazzella la gabbia sia luogo di sicurezza piuttosto che, come il leone, di penosa costrizione. Costrizione che, è da presumere dal comportamento, viene assunta dal leone con ira profonda, successivamente placata forse, dalla constatazione che questa impotenza non si traduce in morte immediata. Ma pur sempre di cocente sconfitta deve trattarsi.
Il tipo di stress qui immaginato, che possiamo chiamare "misto", è composto dal miscuglio di:
-         
aspettative frustrate (in un primo momento la gabbia è pur sempre un ostacolo a cui non si riesce ad imporsi);
-         
d'ansia da pericolo incombente con shock supplementare per lo sbigottimento dovuto al capovolgimento di prospettiva, quello di passare subitaneamente dal ruolo trionfante di predatore a quello di preda impotente.

Stress che grosso modo dovrebbe corrispondere sul piano umano alla frustrazione narcisistica vissuta dal bambino di fronte all'imposizione del "potente" adulto e in senso più generale, dall'ambiente circostante. Sono note le reazioni di violenza fisica del bambino piccolo, specie nei confronti della mamma, di fronte al divieto imposto. Imposizione che inevitabilmente fa parte dell'educazione e che, negli animali è certamente più severa di quella dell'uomo. Scopo fondamentale dell'educazione è quello di inibire l'impulso, ma anche quello di tutelare la vittima.
Poi c'è ancora lo stress fisico dell'inseguitore che, per la gazzella, è uno "sforzo" a bassissimo rischio.
Lo stress può essere controproducente soltanto quando acquista il significato di TRAUMA, PUNTO di ROTTURA dell'organismo. Prima di ciò, bisogna forse, a questo punto, temere maggiormente la sindrome d'ASSUEFAZIONE piuttosto che quella di STRESS. Per l'uomo sta fermo è già andare indietro. In altri termini è più a rischio di malattia l'uomo pigro che l'uomo attivo. È come quando si va in palestre dopo una lunga assenza. Il giorno dopo si è tutti rotti, ma allenandosi con gradualità passa tutto ed anzi si ottengono prestazioni prima impensabili. Nell'uomo il solo "stress" (ma ha ancora il significato di sforzo?) da ansia persecutoria è a volte più grave dell'esperienza reale di un inseguimento pericoloso, che, solo questo sentimento spaventevole può causare la morte. La paura per l'uomo è certamente uno stress pericoloso, ma pur sempre necessario. L'incubo notturno del bambino, ma anche nell'adulto, contiene in sé questa ambivalenza, da un lato scombussola il corpo ma dall'altro è una "vaccinazione" contro  la paura. Abbiamo così elencato una ampia gamma (che non vuol essere esaustiva) di stress, ai vari livelli e di segno positivo, negativo e misto a cui sembra andare incontro l'uomo che racchiude in sé entrambe le "anime" biforcute, del leone e della gazzella.
Lo stress esclusivamente umano è quello che possiamo definire "esistenziale" o da "complesso d'Amleto". A conclusione di questa riflessione critica, che spero di qualche utilità, si può dire che con stress oramai si può intendere una svariatissima gamma di comportamenti, piacevoli e spiacevoli, che vanno dal piano fisiologico a quello psicologico. Il concetto di stress ha sicuramente consentito di pensare in termini olistici. Di per sé tuttavia questo concetto, preso come "legge universale" per spiegare il funzionamento del corpo in senso olistico-sistemico, non ha raggiunto appieno lo scopo. Abbiamo certamente arricchito la nostra conoscenza sui vari tipi di sforzi che compiamo per vivere, dalle situazioni eccezionali a quelle quotidiane, ma la riflessione di fondo che a questo punto si impone è che l'assunto di partenza di Selye "che qualunque sia la causa prima di uno 'stress biologico' che viene a turbare l'organismo, questo suole reagire 'con lo stesso modello di risposta' per restaurare la propria omeostasi interna", è esatto.
Illuminante a questo riguardo sembra la seguente considerazione tratta da risultati sperimentali di S. F. Maier e M. Laudenslger: "La ricerca sia con animali che sull'uomo indica che particolarmente importante ai fini degli effetti psicologici e fisiologici di un evento qualunque è la possibilità per un soggetto di esercitare un qualche tipo di controllo sull'agente stressante. Con il termine STRESS ci si dovrebbe riferire, in  termini scientifici, soltanto in termini di utile indicatore comportamentale interno dell'organismo da correlare ai diversi fattori stressori. L'ANSIA è sicuramente il primo ponte di congiunzione tra lo stress biologico e i fattori psicosociali esterni su cui puntare l'attenzione del ricercatore. Mentre l'ABILITA' va considerata come cardine su cui ruota lo "sforzo" dell'organismo per evolvere. Parafrasando Selye si potrebbe dire che gli organismi viventi più evoluti, mammiferi, primati ed in special modo l'uomo, sottoposti ad uno "sforzo" reagiscono con ansia a cui conseguono comportamenti abilitanti e disabilitanti. Abilità/disabilità sono il guadagno/perdita che l'uomo realizza per ottenere ciò che egli ritiene importante. L'uomo moderno è un animale assai "abile" che per diventarlo ha dovuto sforzarsi assai.
Lo stress possiamo solo gestirlo al meglio.
Una semplice ricetta a questo fine: movimento, massaggio, psicodistensione (che secondo Fromm è già il primo livello della meditazione) e, per le persone più evolute, erotismo (in senso tantrico possibilmente) e, ultimo consiglio, quello più importante di tutti, fin da piccoli allenarsi a filosofeggiare sul senso della vita e della morte.

Luigi Fasce
Psicologo-psicoterapeuta analitico

BIBLIOGRAFIA per chi vuole approfondire l'argomento

1)      K. BREDE - Socioanalisi dei disturbi psicosomatici - BORINGHIERI 1980 - Torino
2)      M. FARNE'- Lo stress: che cos'è- Riv. Psicologia contemporanea - Nov.dic. 87 n. 84 - GIUNTI - Firenze
3)      L. FASCE - La psicodistensione analitica - Riv. Il Crogiolo di Groddeck - n. 3-4-5/91 AIPAC - Genova
4)      J. FISHMAN - Processo al tipo A- Mar. Apr.1990 n.98- GIUNTI - Firenze
5)      B. JUSTICE - Il controllo della crisi - Psicologia contemporanea - Mag. Giug. 1992 n.11 - GIUNTI - Firenze
6)      S. L. LACHMAN - I disturbi psicosomatici FRANCO ANGELI 1977 - Milano
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8)      E. L. ROSSI - La  Psicologia della Guarigione psicofisica - ASTROLABIO-UBALDINI 1987 - Roma
9)      R.M.SALPOSKY - Stress e successo fra i babbuini - Psicologia contemporanea Mag. Giu. 1990 n.99- GIUNTI - Firenze
10)  H. SELYE - Stress senza paura - RIZZOLI 1976 - Milano