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CARL ROGERS E’ MORTO MA
NON LA SUA
“TERAPIA CENTRATA SULLA PERSONA”

La morte di Carl Rogers avvenuta il 5 febb. Del 1987 non ci ha lasciato tanto sorpresi. Quando la dott.ssa Rosalia Picone ed io siano stati nell’estate scorsa da lui e ci ha ricevuti nella sua stupenda villa sull’Oceano Pacifico, ci rendemmo conto che pur avendo uno spirito forte egli non sarebbe durato a lungo. Da persona veramente grande e generosa non aveva bisogno di onori e titoli: era Carl per tutti. Ora Carl è morto. Aveva 85 anni e fino a pochi mesi fa era un uomo vigoroso ed amabile, sempre disponibile con chiunque avesse il piacere di avvicinarlo. Vorremmo ricordare di lui la serenità che riusciva a trasmettere , la forza che aveva in sé, il carisma della sua immensa umiltà. Su uno dei suoi lavori del 1977 “Potere personale” è possibile leggere: “Qualche mese fa mi è capitata una cosa strana. Stavo lavorando alla mia scrivania, quando, all’improvviso, mi balenò in mente un’intera frase: ‘Attraverso sommessamente la vita’. Quell’intrusione mi sconcertò, ma, dato che non aveva niente a che fare con il mio lavoro del momento, non le prestai più attenzione. Un po’ più tardi, però, la bizzarra natura di quel lampo mi colpì e cominciai a pensarci sopra. Da ragazzo avevo letto centinaia di libri sugli indiani, capaci di attraversare la foresta silenziosamente, senza calpestare un rametto o muovere una foglia. Nessuno sapeva dove fossero finché non erano arrivati a destinazione. Mi resi conto che la mia vita professionale aveva avuto la stessa caratteristica. Non avevo mai voluto far sapere dove stessi andando prima di esserci arrivato, e, ogni volta che mi era stato possibile, avevo sempre evitato confronti clamorosi. Anche quando all’inizio della mia carriera mi dissero che per uno psicologo era assolutamente impossibile fare psicoterapia, poiché questo era il campo dell’attività dello psichiatra non feci alcun tentativo di affrontare direttamente il problema. Anzi, nei primi tempi usai il termine interviste di trattamento per descrivere ciò che stavamo facendo. In seguito la definizione di counseling sembrò più accettabile. Soltanto dopo anni di esperienza, parlai apertamente del fatto – ormai ovvio – che noi facevamo psicoterapia. Ho attraversato sommessamente la vita, facendo il minimo rumore possibile, finché non sono giunto alla mia destinazione, ed era troppo tardi per fermarmi. Ora ho una vita obbligata”.
Queste parole sono abbastanza rappresentative dello stile di Carl come uomo e come Caposcuola. La sua opera rivoluzionaria nel campo psicologico si ispira infatti alla semplicità e alla essenzialità che riuscì a far assurgere a metodica di intervento preventivo e terapico nonché ad efficace strategia in qualsiasi rapporto interpersonale. Il successo della psicoterapia dipende dalla presenza nel terapeuta della trasparenza, di considerazioni positive del cliente di empatia intesa come capacità di entrare e conoscere il mondo interno dell’altro partendo dal punto di vista dell’altro; vedere il mondo con gli occhi del cliente per tentare di capire il suo schema di riferimento interno ed aiutarlo a ripristinare tutte le capacità che ha in sé per risolvere i conflitti che lo turbano e lo incatenano ad una vita sgradevole ed insulsa. Carl è il teorico della fiducia nelle  potenzialità positive di ogni individuo e del potere che ognuno ha in sé di scegliere una vita ricca e soddisfacente riscoprendo e rivalutando l’energia dei sentimenti ed il valore dell’esperienza. Per Rogers la psicoterapia non deve essere centrata sulla risoluzione del problema, ma sulla persona: aiutando la persona nella sua complessa globalità la metteremo in grado di orientarsi e di agire in maniera positiva e costruttiva. Pensando all’opera di Carl è difficile accettare la realtà che lo colloca in una posizione di secondaria importanza nella nostra cultura accademica; è molto doloroso constatare che il suo impegno clinico e di ricerca non venga sufficientemente apprezzato proprio laddove si formano gli operatori del settore, ma, ancora di più, è offensivo che la professionalità degli psicologi italiani possa essere deprivata di un apporto valido ed efficace come quello della sua “Terapia centrata sulla persona”. Negli ultimi anni l’impegno di Carl è stato costantemente orientato alla pace nel mondo. Anche questa volta si è trattato di un impegno reale, non soltanto teorico, che lo  ha portato in numerosi Paesi nei quali si è cimentato direttamente divulgando messaggi di amore di empatia tra i popoli. Carl era capace di trasmettere amore perché credeva nell’amore, quello non possessivo ed incondizionato, che è sentimento tanto grande quanto terapeutico. Penso che il modo migliore per onorarlo e ricordarlo sia quello di continuare un lavoro che era sempre presente nei suoi programmi e per il quale nutriva speranza e rispetto: la ricerca scientifica sulla validità della “terapia centrata sulla persona”.
Il Centro Italiano di Psicologia Clinica di Roma (tel. 732992) è l’espressione in Italia del suo continuare a vivere.
Alfonso Conte
Rosalia Picone