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MUSICOTERAPIA
Seminario del prof. R. Benenzon
XII USL – Genova 10-02-87

Il seminario è stato rivolto ad operatori della sanità interessati ed in particolare al personale con funzioni di riabilitazione.
La relazione del prof. Benenzon ha chiarito in maniera esemplare i principi teorici, peculiarità e metodologia della musicoterapia.
Il relatore ha iniziato facendo una analisi critica del termine musicoterapia in  quanto fuorviante il concetto. Invece di musicoterapia si dovrebbe dire “suono-terapia”. Comunque come tanti termini impropri, l’espressione essendo entrata nell’uso viene mantenuta. La definizione proposta suona più o meno così: “musicoterapia: studio del complesso suono-essere umano a partire da tutti gli elementi che producono suoni fino alla percezione degli stessi”. Molta rilevanza viene data ai suoi prodotti dal corpo: cuore, respiro, movimenti articolati, ecc.
Il silenzio considerato aspetto imprescindibile del suono. Anche il movimento è connesso indissolubilmente al suono.

I principi teorici basilari

Il concetto chiave della musicoterapia è quello definito con il termine di ISO. Termine di origine greca che vuol dire uguale. Per poter comunicare con gli altri occorre parlare la stessa lingua. Perché il Musicoterapeuta possa comunicare con il paziente è indispensabile che conosca la identità sonora del paziente stesso.
Due esempi tratti dalla pratica clinica sembrano a questo riguardo illuminanti: il soggetto maniacale ha una identità sonora che si esprime in tempi rapidi, mentre il soggetto depresso si esprime in tempi lenti. L’identità sonora si forma in base all’eredità genetica, famiglia di origine, suoni legati alle vicissitudini del periodo fetale (per es. battito cardiaco, rumori intestinali, movimenti della parete uterina, voce della madre). In presenza di una extrasistole questa viene vissuta dal bambino in utero come angoscia di morte. Il feto percepisce e risponde ai suoni ma non attraverso il canale uditivo ma bensì con la vibrazione corporea globale.
A questi fattori che concorrono a formare l’identità sonora si aggiunge l’esperienza della nascita e le vicissitudini del primo periodo di  vita. Il canale di comunicazione tra madre (conscio) e bambino (inconscio) è peculiare della gravidanza. Dopo la nascita comincia già ad affievolirsi. Può essere riattivato con apposite tecniche musicoterapeutiche.
Essendo questo il periodo di insorgenza del disturbo autistico questo canale di comunicazione è estremamente importante per il trattamento di questo disturbo. In questo scambio tra madre e bambino appare l’OGGETTO INTERMEDIO. È questo il secondo concetto chiave che caratterizza la Musicoterapia.
Il concetto di Oggetto Intermedio viene ad acquisire una fondamentale valenza pratica. Esemplificando, il bambino psicotico entra in ansia (direi più appropiatamente in tensione tonico-muscolare) se una persona gli si accosta. Ma se si accosta una marionetta questo non avviene: in quanto oggetto inanimato il bambino psicotico sente di poterlo controllare totalmente. Con lo strumento musicale le cose vanno ancora meglio. Così come il primo oggetto, il sonaglio è la prosecuzione della voce e del braccio della madre e quindi oggetto intermedio rassicurante. L’oggetto intermedio favorisce la comunicazione senza provocare lo stato di allarme nel paziente.

Metodologia

La fase diagnostica mira ad individuare l’ISO e l’OGGETTO INTERMEDIO del paziente. A tale scopo si prevede il seguente iter:
1)      Domande sul folclore etnico, se in famiglia si suonano strumenti musicali, tipo di ricordi sull’ambiente sonoro in gravidanza, se la madre cantava, es. ninna nanne, ecc;
2)     
Uso di schede di musicoterapia;
3)     
Uso di strumenti messi a disposizione del soggetto: es. membrane, strumenti a percussione, melodici, ecc.;
4)     
Osservazione del comportamento durante l’uso degli strumenti; es. il paziente maniacale si avvicina e tocca tutto passando rapidamente da uno strumento all’altro senza fermarsi, mentre il paziente  ossessivo comincia a chiedere come si chiama questo o quello strumento, a che cosa serve, ecc.;
5)      Si chiede qual è lo strumento preferito.
Sulla base dell’esperienza del prof. Benenzon si può dire che per essere un “Buon Musicoterapeuta” non si deve essere né medico né psicologo né musicista, occorre invece una figura professione specifica che abbia conoscenza di medicina, di psicologia e di musica e personalmente aggiungo anche di pedagogia.

Luigi Fasce