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XXI° CONGRESSO DEGLI PSICOLOGI ITALIANI

Il XXI Congresso SIPS celebrato a Venezia segna ufficialmente il passaggio dal regime di parità fra bianchi (accademici) e negri (professionisti e privati) e fra psicologia del disagio e psicologia dell’agio.
“Il Laboratorio e la città” questo il tema del XXI  Congresso degli Psicologi Italiani che si è tenuto a Venezia dal 28 settembre al 3 ottobre.
Sono in treno per raggiungere la sede del Convegno e lascio vagare la mente in fantasie e considerazioni sul “laboratorio”, la “città”, il ruolo dello psicologo in una società complessa come quella attuale. Quanti sono i colleghi che si sentono “tecnici di laboratorio” detentori di un sapere eletto, che pensano di trasmettere dall’alto e che disdegnano di “sporcarsi” le mani con sperimentazioni che definiscono pressapochiste e non scientifiche? E quanti, invece, sono i “praticoni” della psicologia (tra cui mi colloco) che preferiscono rischiare qualche “sbavatura” e qualche critica pur di interagire concretamente con la realtà, convinti che solo con le mani sporche si possa costruire una seria teoria? Si sta assottigliando il divario fra accademici e professionali? Siamo realmente disponibili ad abbandonare gli arroccamenti fra scuole e profeti, per collaborare fattivamente e mettere così a disposizione della “città” le nostre elaborazioni collettive in modo da promuovere il benessere e la salute? Quanti ancora soffrono del complesso del “quasi medico” e si occupano solo di conquistare un posto nella giungla delle psicoterapie trascurando che lo psicologo è prevalentemente un operatore della salute più che della patologia? Non sono quesiti di facile soluzione, né mi aspetto che il XXI Congresso risponda a tutti questi o ad altri sul tema; sarà senz’altro un ottimo campo di osservazione. Ed eccomi alla stazione di Venezia! Un ottimista potrebbe pensare che il viaggio è terminato. Invece … 35’ di vaporetto fino al Lido, più l’attesa per l’autobus, la percorrenza fino al Palazzo del Cinema: se tutto va bene, dalla stazione alla sede definitiva ci vuole più di un’ora di tempo. Mi vengono i primi dubbi sulla scelta del Lido come sede di lavoro: per le sue caratteristiche mi ricorda un po’ troppo il laboratorio e un po’ poco la città. Mi annoto di verificare questi dubbi.
Il programma definitivo è veramente di qualità. Le mattinate sono pensate con nomi famosi ed invitati e gli argomenti che verranno trattati paiono stimolanti. Trovo nei discorsi inaugurali e nella lettura delle prime pagine dei Pre-Atti qualche risposta “confortante” ai miei dubbi  “di viaggio”. Il Presidente Bertini (SIPS) afferma che “il XXI Congresso è stato pensato e costruito con l’obiettivo primario di portare un contributo allo sviluppo e all’affermazione della Psicologia come scienza applicata”. Il Vicepresidente Fumai ribadisce che “il tema del Congresso vuole rappresentare, nel confronto fra ricercatori di base e professionisti, un’occasione privilegiata per la costruzione di una solida psicologia applicata anche nel nostro Paese”. Majer, Segretario del Congresso, sottolinea che “è giunto il momento di chiudere con le sterili polemiche intestine (tra accademici e professionali; tra psicologia pura e non pura) che provocano solo divisione tra gli psicologi e quindi una debolezza complessiva”.
È confortante per la psicologia italiana che il Comitato Promotore si muova sulle linee dichiarate.
Il convegno è durato 5 giorni: qualcuno si lamentava per la lunghezza. Sono pochi quelli che possono allontanarsi  dal lavoro e a proprie spese, per così tanto – soprattutto in una città come Venezia.
Per quello che mi riguarda le aspettitive culturali, mi sento di ribadire chele mattinate non hanno deluso. Molti spunti, comunicazioni suggestive, apporto di non-psicologi, uso di tecniche “nuove” per fare partecipare i convegnisti ai  temi trattati. Mi riferisco in particolare alla giornata dedicata al “Trauma” aperta con un documentario costituito da interviste videoregistrate a “testimoni significativi” di situazioni traumatiche che mi è sembrato un ottimo strumento per entrare immediatamente nel problema.
I pomeriggi invece non sono stati altrettanto soddisfacenti. Dalla scorsa dei pre-atti e dalla partecipazione a “volo d’uccello” a qualcuna delle selezioni pomeridiane, ho ricevuto un’immagine di affastellamento e di disorganizzazione. I coordinatori, forse non per scontentare nessuno e incoraggiare la presenza di tutti quelli che hanno inviato comunicazioni, hanno messo in elenco tutti i contributi ricevuti, pur sapendo che non c’era tempo sufficiente non solo per approfondirli, ma nemmeno per raccontarli. L’esempio più eclatante mi è parsa la sezione “La ricerca-azione in  psicologia” dove – tra relatori alla tavola rotonda, interventi coordinati e comunicazioni – si contavano 30 interventi in uno spazio di 3 ore. Cioè, sapendo illusoriamente ad un inizio puntuale e non tenendo conto di saluti, presentazioni, spostamenti, si poteva considerare un tempo massimo di 6’ a relazione. Non sarebbe più utile, per approfondimento culturale ed applicativo, la selezione a priori delle relazioni da raccontare e su cui confrontarsi, lasciando le altre alla pubblicazione degli Atti?
Oltre alle voci di corridoio e alle mie opinioni riferisco il parere di alcuni personaggi noti che si sono gentilmente prestati a lasciare interviste: il già ricordato Majer, l’ing. Vacca - futurologo – che ha partecipato come relatore alla mattinata dedicata al “Trauma” e il prof. Paolicchi – docente di psicologia sociale all’università di Pisa. Le domande sono state sempre le stesse: una prima impressione sul Convegno e sulla scelta della sede in rapporto al tema. Majer, soddisfatto dal punto di visto organizzativo per la risposta degli iscritti 950 registrati a metà Convegno, con previsioni di presenze massime intorno a 1200; ritiene di dover sottoporre alla riflessione del Comitato Promotore le critiche sulla durata eccessiva del Congresso. Essendo costantemente impegnato in problemi organizzativi, non ha partecipato direttamente a nessuna sessione di lavoro: dai partecipanti ha avuto valutazioni positive sulle mattinate; sui pomeriggi la responsabilità è invece dei singoli coordinatori liberi di gestirsi autonomamente.
Paolicchi, invece, si è mostrato più critico: i mega-convegni sono  per natura dispersivi; da un punto di vista scientifico sono senz’altro più produttivi quelli divisionali o tematici. Non è riuscito a farsi un quadro d’insieme culturale che ritiene possibile solo dopo la lettura degli atti. Ha comunque sottolineato l’interesse dei temi mattutini e la dispersione dei  pomeriggi.
Vacca non ha espresso valutazioni sul Convegno, perché, quando ha rilasciato l’intervista – era arrivato solo da un paio d’ore: il tempo per partecipare ad una tavola rotonda. Ha però espresso da non psicologo delle considerazioni sulla psicologia, in particolare su quella dinamica: ha dichiarato che non si lascia “impressionare” dalle teorie della psicoanalisi che in parte gli paiono inadeguate alla situazione attuale. Lo lascia inoltre perplesso che in psicologia, a differenza che in altre discipline, la bontà dei risultati dipenda quasi del tutto dall’operatore.
Sollecitato sul fatto che non esiste solo la psicologia del profondo, ha risposto con molto franchezza di  non conoscerla tanto da poterne parlare. Ha concluso dicendo che il cervello umano è l’oggetto più complesso che esista per cui non si può continuare a definire il comportamento con “quiz per  bambini di 5 anni”. Questo vuol essere un invito agli psicologi a confrontarsi e ad integrarsi con gli “scienziati” di altre discipline così da aggredire in modo più completo un problema complesso.
Ultimo punto: la scelta del Lido. Le valutazioni dell’organizzatore e dell’utente sono nuovamente discordanti. Majer sottolinea l’importanza di aver scelto il Veneto – una delle regioni che ospita un corso di laurea in psicologia – come sede per la prima volta dal 1911 del Congresso SIPS. Sul perché la scelta sia caduta sul Lido e non, per esempio, su Padova- sede della Facoltà – ha avuto un attimo di incertezza, ma poi ha risposto che il Lido è isolato e dunque sufficientemente laboratorio, e poi il Palazzo del Cinema è di prestigio.
Paolicchi, invece, considera Venezia dispersiva e il Lido troppo neutro. Il clima fu più vivo e partecipato a Bergamo e ad Urbino. E così ha dichiarato: “Il laboratorio non sembra ancora molto propenso, come forma mentis, ad aprirsi alla città”. Questa considerazione, fatta da un accademico, dovrebbe far riflettere!

M.V. Sardella