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ANALISI FREUDIANA ED ANALISI IMMAGINATIVA

Leggendo Freud troviamo che “i sogni costituiscono la via maestra per lo studio dell’inconscio” (Die Traumdeutung). Sappiamo che il simbolismo è il ricorso a rappresentazioni che hanno valore generale e costante per esprimere conflitti e desideri inconsci. E ancora: per Freud il rapporto simbolico è di ordine genetico, cioè è un residuo di identità antica; la comunità del simbolo va al di là della comunità linguistica (ripensando a Totem e Tabù). Egli lega indissolubilmente l’attività fantastica, cioè l’immaginazione specifica, all’introduzione del principio di realtà. All’origine dello sviluppo psichico tutti i processi mentali sono regolati dal principio piacere-dispiacere; in questa fase ciò che era considerato si trovava subito immaginato (è lo studio della soddisfazione allucinatoria). Questo processo psichico viene però presto abbandonato per le ripetute delusioni; in “Precisazioni su due principi dell’accadere psichico” sta scritto: il soggetto deve “non rappresentare più ciò che è piacevole, ma invece ciò che è reale, anche se questa realtà è spiacevole”. E poi: “con l’introduzione del principio di realtà di pensiero si distaccava una sorta di attività che resterà indipendente dall’esame di realtà  e sottomessa al solo principio di piacere. È l’attività di fantasmizzazione, che comincia già nei giochi infantili e si trasforma ulteriormente nel sogno, in cui cessa di dipendere da oggetti reali”.
In “Introduzione alla psicoanalisi”: “la creazione di questo regno della fantasia trova la sua completa analogia nella istituzione di riserve naturali là dove l’aspetto primitivo della terra si trova minacciato da trasformazioni suscettibili di renderlo irriconoscibile”. Ripensando a Ferenzi che preconizzò l’impegno dei metodi attivi e ricordando con Bion che “la simbolizzazione non è altro che rendere presente ciò che è assente”, ne risulta consequenziale rilevare quanto le immagini create in Analisi Immaginativa abbiano capacità evocativa e quanto l’imagére, analogamente al sogno sia protetta da un codice di  copertura che nel momento secondario della decodificazione viene mascherato. E ancora: se pensiamo che nell’analisi come terapia si dice che se il pensiero operativo è impregnato di fantasmi essa non è disponibile,  per cui devono essere studiate le capacità immaginative del paziente…
Per tutto ciò considero l’Analisi Immaginativa valido metodo di cura da proporsi, secondo i casi, in alternativa alla psicoanalisi. Essendo l’immagine un linguaggio più arcaico e più semplice, trovo che possa essere usato, fra l’altro, laddove barriere culturali, e intellettuali o patologiche non siano affrontabili con il trattamento psicoanalitico ortodosso.

M. R. Bortolotti