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C’E’ UNA POLIZZA NEL TUO INCONSCIO

“UNIPOLIS”, trimestrale della Compagnia Assicuratrice Unipol, ha pubblicato nel numero 16 di quest’anno un interessante saggio sui rapporti tra assicurazione e psicologia: “da sempre esiste la necessità di assicurarsi contro il futuro incerto ed altrettanto quella di capire il senso della vita, i sentimenti personali ed i grandi fenomeni collettivi”. I due autori, Rosalba Capozzi e Riccardo Mancini, hanno chiesto agli esponenti di quattro tra le principali “scuole” psicoterapeutiche italiane, di descrivere la natura dei rapporti  tra l’uomo e l’assicurazione. Hanno risposto Luigi De Marchi, presidente dell’Istituto di Psicologia Umanistica Essenziale, Marcello Pignatelli, membro didatta dell’Aipa – Associazione Italiana per lo studio della Psicologia Analitica – , Paolo Perotti, docente della cattedra di Psicologia dinamica dell’università di Roma e membro didatta dell’Istituto di Psicoanalisi, infine Maria Teresa Romanini, membro didatta dell’Itaa – International Transactional Analysis Associatio – fondatore e direttore della Scuola Superiore di Analisi Transizionale. Ognuna delle quattro scuole ha trovato simbologie diverse del concetto di assicurazione: rispettivamente l’ancora, il padre, la madre, il papà buono. Riportiamo qui le conclusioni e le ipotesi alle quali sono pervenuti Rosalba Capozzi e Riccardo Mancini.
Innanzi tutto abbiamo fatto una scoperta curiosa: la psicoanalisi e l’assicurazione sono sorelle, in quanto entrambe figlie di uno stesso padre, il Contratto, cioè un accordo vincolante che lega due persone. Inoltre l’assicurazione, intesa come concetto è senza dubbio entrata nell’inconscio collettivo. Più complesso è in questo caso il discorso che riguarda le compagnie assicurative la cui presenza è legata indissolubilmente allo sviluppo della società capitalistica. Il concetto di assicurazione risponde fondamentalmente ai bisogni di sicurezza e garanzia; rispetto al futuro incerto e imprevedibile un’assicurazione si rivela rassicurante. Emerge quindi un giudizio sostanzialmente positivo sull’assicurazione, sia nella sua accezione più generale, che nella concretezza di un contratto fra le parti. È questa una conclusione che può apparire scontata, ma che invece noi proponiamo come implicita. La differenza è di poco conto. La correttezza di una risposta è infatti vincolata all’esplicatazione chiara e consapevole della domanda. La domanda posta alle società di assicurazioni appare concreta e definita da un punto di vista logico e razionale, ma non altrettanto sul piano emotivo e psicologico, perché mira ad ottenere sicurezze e rassicurazioni rispetto a problematiche esistenziali proprie della natura umana e che hanno accompagnato l’uomo fino ai giorni d’oggi. Con variazioni notevoli lungo tutto il percorso di “civilizzazione”, variazioni che necessitano di un interessamento costante se si vogliono offrire risposte originali ed adeguate. Una domanda implicita va quindi esplicitata quanto più possibile. E di conseguenza la risposta, in questo caso quella che le assicurazioni forniscono, va sottoposta a verifiche e controlli. Non bastano le indagini di mercato, e comunque parliamo di un’altra cosa: delle indagini psicologiche. Degno di nota è il lavoro che le assicurazioni svolgono per migliorare i questionari da sottoporre agli assicurati e la trasparenza sempre maggiore dei contratti. È però opinione comune dei nostri intervistati  la necessità di una buona preparazione psicologica per chi opera in campo assicurativo. Come è stato chiaramente detto, non rientra assolutamente nei compiti di una assicurazione la terapia dell'angoscia esistenziale. È vero, però, che si può tenere sotto controllo se e quanto sia proprio questo, in sostanza, il messaggio vissuto, magari in maniera inconscia, dall’utenza: in parte perché veicolato dai media, in parte perché pratico e utile per lo stesso utente. Il rischio di un tale messaggio implicito è quasi inevitabile da  un punto di vista psicologico, perché la psiche, abbiamo visto, è per natura ambivalente e quindi quello che può essere un modo di rispondere consapevolmente all’imprevedibilità del destino può anche dimostrarsi un vincolo alla progressiva presa di coscienza delle problematiche esistenziali.
Se è dunque vero che le assicurazioni sono sostanzialmente una risposta utile, è però anche vero che necessitano di una fluidità e agilità non indifferenti, per non intrappolare l’uomo a livelli di crescita inferiori a quelli cui può aspirare. E questo non soltanto, come può sembrare, per quanto riguarda le polizze di vita. Quella che qui abbiamo illustrato è una analisi più generale delle esigenze psicologiche di fondo e dei mezzi pratici utilizzati per soddisfarle. C’è la necessità di un interessamento reciproco e puntuale tra i due campi che questo lavoro ha messo in rapporto: la psicologia e il meccanismo assicurativo, superando l’iniziale stupore che la domanda formulata “Gli elementi psicologici che spingono ad assicurarsi”, ha diffusamente suscitato.

A cura di M. Maisetti