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TERZA PAGINA
SERA
La
sera era limpida e rischiarata dalla luna. Nel cielo non cera una
nube, e le stelle brillavano, lontane. Io camminavo per la mia strada, come
mi capita a volte di fare. Nelle notti come quelle riscoprivo in me i lati
più insospettati. Mi sento un po un poeta, un po filosofo ed
un po avventuriero. Nelle notti come quella nulla mi pareva impossibile.
Ecco perché forse non mi spaventai, perché sapevo, e forse anche speravo,
che sarebbe successo qualcosa di simile. Ero molto rilassato quando la vidi.
Era per terra. Un ammasso di gelatina quasi, ed assomigliava ad una medusa.
Ma una medusa normale, oltre a non girare di sera fuori dacqua, non
ha una faccia. E quella cosa invece ce laveva. Più che una faccia
era un teschio. La cosa era larga mezzo metro ed alta circa
uno. Quando fui a distanza di circa tre metri da lei, ella si rizzò. Ora
era alta come un uomo medio e ne aveva anche laspetto. Mi guardò,
se si poteva chiamare sguardo quello che mi rivolsero le sue occhiaie senza
pupille. Io ero appena teso. Piuttosto ero eccitato. Poi la cosa
parlò. Io ti conosco disse, con una voce che era terrificante,
nonostante non avesse alcuna intonazione di minaccia. Io ti conosco
ripeté ma tu non ti ricordi di me. Io sono unombra.
Io sono venuto perché voglio vivere.
Lo guardai; adesso ero leggermente spaventato. La creatura continuò a guardarmi.
Io sono venuto qui con una ragione precisa. Una volta io ero come
te. Una sera come questa. Mi chiamavo Lou. Avevo quattordici anni. Una sera
di luna. Stavo passando di qui. Ora voglio tornare a vivere. Il suo
corpo fu scosso da una specie di singhiozzo. In quella creatura vi era qualcosa
di spaventosamente umano, nonostante il suo aspetto disgustoso. Una disperazione
difficile a definirsi. Il suo labbro superiore era imperlato di sudore.
Spesso mi ero chiesto che cosa avrei fatto in una situazione simile e mi
ero detto che sarebbe interessante dire qualcosa di illogico e senza significato,
per vedere la reazione dellaltro. Ma ora era diverso. Ero molto spaventato
e non riuscivo a spiccicar parola. Lui continuò: - Stavo camminando come
camminavi tu poco fa. E vidi come tu
questo. Questombra. Cercai
di fuggire. Ma essa mi prese. Voleva vivere. Si prese il mio corpo, senza
pensare chi ero, cosa facevo. Prese il mio corpo e lasciò che la mia anima
prendesse il possesso del suo. Di questinvolucro gelatinoso. Mia madre
mia madre non lho più vista. Qui è tutto buio. Ma io qui ho
imparato tanto. Ora so molto di più di quanto sappiate voi. I geni della
terra siamo noi ombre. Ma io non sono soddisfatto. Voglio un corpo. Ma tu
saprai perché te lo prendo.
Io tentati di fuggire ma già, fu inutile. Ci fu il cambio. Poi lo vidi allontanarsi
con il mio corpo.
Ora sono qui. Vedo la mia vittima che si avvicina. È destino di noi fantasmi,
cercarci un corpo.
LUNICORNOIncontrerò la fenice |
MANI
Qui nel deserto urbano Massimo Maisetti |