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IL MIO TIROCINIO PRESSO LA U.S.L.

Appena laureato, tra i vari tentativi fatti per occuparmi di psicologia, ho presentato domanda di tirocinio volontario presso le Unità Sanitarie Locali di Roma e provincia. Ho ricevuto qualche risposta positiva, ma erano incompatibili con la  mia attività lavorativa, perché contemporanee. Finché, a distanza di circa due anni, mi è stata offerta la possibilità di fare un tirocinio presso l’U.T.R. della U.S.L. RM 13 (Ostia e dintorni), di pomeriggio. Dovevo lavorare con una neuropsichiatra infantile più o meno mia coetanea; ho accettato chiedendo anche se era possibile, oltre che farlo con lei, farlo anche con qualche psicologa/o, ma non è stato possibile. Di regola questo tirocinio non poteva essere superiore ai sei mesi, forse in vista della regolamentazione del futuro Ordine degli Psicologi, che stenta a nascere.
Ho cominciato a frequentare l’U.S.L. “dall’altra parte”: ero più un utente che un vero “dottore”. Facevo ambulatorio insieme alla neuropsichiatra e, essendo l’U.T.R. parte del Servizio Materno Infantile, vedevo di solito persone giovani e bambini. Con tutti i limiti della struttura pubblica, sono un  po’ entrato nel vivo della cosa. Capitavano neonati per “la prima visita” e quelli per le visite di controllo; tutti erano sottoposti a visita neurologica  a cui assistevo con la mia ignoranza della scienza medica e la mia attenta osservazione di ciò che c’era intorno a me. Era interessante vedere come “la famiglia” del piccolo paziente si muoveva. Mi sembrava di avere un buon intuito per comprendere le situazioni, anche se non potevo verificare con sicurezza assoluta. Nel mio rapporto con la neuropsichiatra, un buon rapporto, c’era scambio di vedute e di idee. E ciò che appagava il mio orgoglio era il fatto che molte delle mie intuizioni erano le sue, non perché lei non potesse sbagliare, ma perché era una esperta. Le devo molto per la sua disponibilità ad accettarmi con lei, specialmente dopo aver constatato quanto e quali difficoltà., a volte senza ragione, erano create da altri operatori per poter lavorare volontariamente.
C’era quella piccola differenza del “contratto SUMAI” per lei, e per me il volontariato, ma credo che se mi si desse la possibilità di fare lo psicologo lavorando ed imparando, anche gratuitamente, lo farei, in vista di un futuro in cui potrei farlo “sul serio” e come tale guadagnare, non solo per i soli perché quelli li ho anche adesso con il mio lavoro amministrativo, quanto per la possibilità di fare un lavoro più interessante.
Siamo riusciti anche a fare un gruppo di psicomotricità composto da bambini di età compresa fra i cinque e i dieci anni, maschi e femmine; insieme alla neuropsichiatra, alle due logopediste (una volontaria), alla fisioterapista e a me, unico uomo e quindi unico riferimento maschile per i bambini, abbiamo portato avanti l’attività del gruppo, una volta alla settimana; non so se mi illudo, o ci illudavamo, ma a me è parso di vedere un “miglioramento” dei bambini; erano sette/otto, secondo le presenze, con vari disturbi: dallo psicotico all’esente da problemi, dal timido all’aggressiva, ecc.
Mi è stata molto utile la mia capacità d’osservazione dei bambini e dei loro famigliari e poi mi sembrava molto importante l’Amore nel senso più ampio possibile verso di loro. C’erano manifestazioni d’affetto, verso noi operatori e a volte mi pareva di intravedere in quegli occhi spalancatissimi e vivacissimi una richiesta d’amore, di affetto, di contatto fisico, di calore, che forse per troppo tempo era stato loro negato; oppure ciò è solo il frutto della mia ignoranza e bisogna soltanto fare i conti con i limiti umani.
C’erano anche degli adolescenti che mi facevano tornare alla mente i miei problemi di adolescente, forse ora sopiti ma non ancora risolti. Ed era importante vedere come in quei visi giovani e belli si nascondevano i problemi a volte grossi come le psicosi e a volte inesistenti come quelli che appartenevano solo ai genitori dei “giovani pazienti”, e non a loro stessi.
Dopo aver fatto per sei mesi lo psicologo, essersi sentito chiamare in tono reverenziale “dottore”, essermi scontrato ancora una volta con la burocrazia che mi concedeva solo sei mesi di lavorare gratuitamente, anche se gli operatori e soprattutto gli utenti, avevano bisogno di me, sono tornato ad occupare il posto di amministrativo, anche se ambito ed occupabile da tante altre persone.

Schiattone Antonio