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LABORATORIO
I CONFINI
Usare
la simulazione come modello operativo per permettere di agire nel suo interno
dinamiche psicologiche individuali e di gruppo, ha come funzione primaria
quella di abbattere a priori un certo numero di difese e, attraverso lo
strumento ludico, da un verso sperimentare e dallaltro ricercare e
rendere consce caratteristiche, patologiche e non, del vivere quotidiano,
oltre che imparare ed insegnare nuove ipotesi teoriche e pratiche di intervento
terapeutico.
Questa tecnica usata e sperimentata essenzialmente
nei gruppi, è stata ampiamente usata e descritta nel campo della psicosociologia.
Molto più raramente se escludiamo lo psicodramma, è stata utilizzata in
chiave psicoanalitica. Per questo ho accettato di buon grado linvito
di ARIPS di partecipare al Laboratorio organizzato a Sulzano (Bs) dal 18
al 21 febbraio scorso.
Il Laboratorio era costituito da un insieme di cinque gruppi, con appunto
una dimensione collettiva simulata, con un tema conduttore: i confini. A
ogni conduttore, affiancato da un osservatore, era data libertà di movimento
nella conduzione, ed essendo io psicoanalista ho condotto il gruppo in chiave
psicoanalitica, puntando cioè lattenzione sul linguaggio e principalmente
sul linguaggio degli affetti sottesi e sulle dinamiche di relazione secondo
un modello di tipo kleiniano.
Sono molto contenta di aver partecipato a questa esperienza perché ho sperimentato
qualcosa di diverso e affascinante. Ho permesso a queste righe una serie
di impressioni che non riassumono certo lenorme mole di percezioni,
sensazioni, emozioni provate ed espresse, né la ricchezza delle dinamiche
vissute né tantomeno lintensità dei rapporti che si sono strutturati,
vissuti, sofferti.
Alcune cose mi sono rimaste impresse: il bambino che abita in ciascuno di
noi e, a proposito di confini, la difficoltà di stabilire un confine (per
poi poterlo superare) tra il linguaggio primario degli affetti e il linguaggio
secondario delladulto che parla agli altri. La difficoltà più grande
(non la si sperimenta mai a sufficienza) è quella di far convivere appunto,
ognuno nei propri confini (equilibrati ed elastici) il piccolo bambino bisognoso
damore e luomo grande che vuole possedere il mondo.
Di conseguenza la difficoltà a distinguere il mondo della fantasia dalla
dimensione simbolica per un sano approccio con la realtà.
La chiarificazione progressiva di queste dimensioni, attraverso lagito
individuale e di gruppo, ha permesso un arricchimento per tutti: i partecipanti
e lo staff che ringrazio per entusiasmo instancabile con cui ha sempre messo
in comune, in unatmosfera di amicizia e di allegria, ogni risultato
della ricerca.
Franca Maisetti Mazzei