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LE  PSICOTERAPIE
TERAPIA FAMILIARE

l’ottica sistemica

La terapia familiare di tipo sistemico si sviluppa nell’immediato dopoguerra in un ambito di ricerca che si avvale dei contributi forniti dallo studio della comunicazione e della cibernetica. La “Pragmatica della comunicazione umana” di Watzlawick, Beavin e Jackson per quanto datata 1967 ne costituisce ancora la base teorica. Diversamente dagli altri indirizzi terapeutici l’aspetto psicodinamico non viene  preso in considerazione in quanto sottende delle variabili che appartengono alla cosiddetta scatola nera.
Nella terapia sistemica ci si basa principalmente sull’osservazione della comunicazione e dei rapporti tra i membri della famiglia facendo delle ipotesi circa il funzionamento della stessa. I sintomi del paziente designato vengono considerati come funzionali al sistema-famiglia ed è pertanto dello stesso sistema che ci si occupa. Il terapeuta interviene non tanto in base ai contenuti forniti dalla famiglia ma secondo le relazioni che vengono a costruirsi all’interno della relazione terapeutica.
Fondamentale è l’apporto ormai divenuto storico della Scuola di Milano per quanto riguarda i presupposti di ipotizzazione, circolarità, neutralità cui attenersi nella conduzione della seduta terapeutica. Neutralità in quanto riguarda gli schieramenti e le alleanze; circolarità nel porre le domande e nell’utilizzare le informazioni; ipotizzazione nel procedere con delle ipotesi circa i moventi della famiglia. L’introduzione dello specchio unidirezionale consente inoltre al terapeuta di ricevere dei feedback da parte degli osservatori esterni che stanno dietro lo specchio e che non sono direttamente coinvolti con la famiglia.
La formazione del terapeuta mira soprattutto all’acquisizione del pensiero circolare. Si considera che gli eventi e le persone interagiscono tra di loro in modo retroattivo. Occorre capire ed interpretare questi meccanismi che si discostano notevolmente dal pensiero lineare cui siamo avvezzi. Il terapeuta cerca così di rispettare la circolarità dei sistemi evitando interventi unidirezionali.
Importante è la distinzione teorica fra mappa e territorio. L’osservazione permette ai terapeuti di costruire una mappa della famiglia, ossia una rappresentazione del territorio. Il terapeuta pone quindi la famiglia a confronto con diverse letture della realtà; le punteggiature operate nel corso della terapia non sono che i momenti di questo lavoro. Ne consegue che una diagnosi può essere fatta solo all’interno di una relazione tra il terapeuta e la famiglia e non in base a modelli già codificati a priori.
Ulteriori sviluppi nella ricerca sui sistemi permettono di approfondire il ruolo del terapeuta nella famiglia. Sotto il  nome di seconda cibernetica vanno quelle ricerche che lo considerano agente di un nuovo sistema: “il sistema terapeutico” comprende la famiglia e il terapeuta. Il terapeuta non viene  più considerato come un osservatore esterno. Nel momento in cui interagisce con la famiglia elabora il sistema terapeutico ed è questo che si osservare e di capire.
Esiste tra l’altro una naturale tendenza dei sistemi verso la riflessività che tendono ad autoregolarsi in base a delle norme da essi stessi elaborate su di un altro livello logico. Si cerca di rendere manifesta la loro riflessività operando un riaggiustamento che utilizza gli apporti nuovi forniti nel corso del lavoro terapeutico.
L’obiettivo del terapeuta che segue l’approccio sistemico non è tanto quello di mantenere il ruolo di terapeuta della famiglia quanto di valutare il proprio lavoro in termini sistemici.

Fabio Gonzo