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NOTIZIE DAL Mo.P.I.

MOVIMENTO PSICOLOGI INDIPENDENTI

Il MOPI attraverso una lettera aperta a tutte le scuole ed a tutti gli psicoterapeuti, firmata da Patrizia Adami Rook, ripropone il tema degli psicoterapeuti e della loro formazione. Fra l’altro vi si sottolinea: “omissis.. tutti gli psicoterapeuti, siano essi impegnati nella formazione in psicoterapia oppure nel suo esercizio…risultano in quanto alla loro formazione, tutti i quasi tutti provenienti da Scuole private…omissis…Il che implica che:
1)      Tutte le Scuole che non riusciranno ad arrogarsi il diritto di cui sopra dovranno giocoforza eclissarsi, per quanto tempo non si può dire, dalla scena (almeno quella ufficiale) della psicoterapia. Volutamente sorvolando sul problema di ordine economico ed imprenditoriale che dette Scuole  si troveranno ad affrontare, accadrà anche che esse dovranno smettere di essere dei referenti per tutti quegli psicologi che nel frattempo saranno diventati, ai sensi dell’art. 35, psicoterapeuti.
2)      Gli psicoterapeuti che invece avranno avuto la fortuna di vedersi riconoscere la “loro” Scuola (attualmente una dozzina) si troveranno senza alcun merito (ma neanche demerito) in una posizione di netto privilegio rispetto alla grande maggioranza dei loro colleghi andando automaticamente a costituire una sorta di serie A della psicoterapia  (e si possono immaginare le conseguenze sui vari piani: culturale, economico,  professionale, ecc..) rispetto ad una di serie B costituita da tutti gli altri psicoterapeuti ai quali la legge permette di esercitare, ma nel contempo li definisce portatori di una cultura  di …scarto.
(La SIPs ha dichiarato formalmente che la Commissione Ministeriale per i riconoscimenti  era incompetente rispetto alle Scuole di Formazione in Psicoterapia). La legge 56/89 è curiosa legge per ciò che concerne la psicoterapia. Infatti l’art. 1  elenca e definisce le competenze dello psicologo “…l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitizione-riabilitazione e di sostegno…”. Dunque tra le competenze di base dello psicologo vi è l’intervento sanitario (con strumenti psicologici) per la riabilitazione ed il sostegno. Tanto è vero che un altro atto dello Stato definisce lo psicologo come esercente professione sanitaria. La psicoterapia potrebbe essere esercitata dopo un adeguato periodo di formazione (art. 3 legge 56/89). Tutto sarebbe semplice e chiaro se non fosse che l’art. 3 della legge 56, dopo aver illustrato con dovizia di particolari cosa si debba fare per diventare psicoterapeuta, nulla dice di cosa sia effettivamente la psicoterapia …omissis…Dunque lo Stato rinuncia a definire la psicoterapia e demanda tale compito ai singoli professionisti per ciò che riguarda il passato (infatti l’art. 35, norma transitoria,  dice in sostanza “sono psicoterapeuti coloro che si autodefiniscono tali”) ed al MURST per il futuro. Peccato che non si occupi affatto di stabilire un qualche collegamento sensato fra le parti in questione….omissis…
Sintetizzando:
1)      Lo psicologo può fare lo psicoterapeuta ma non definirsi tale; di contro è lo psicoterapeuta  (senza che questo titolo significhi alcunché di determinato) che si sia autolegittimato ad esserlo (art. 35) e lo sarà in futuro (continuando a non significare il titolo alcunché di determinato) chi segua un corso riconosciuto.
2)      Si costituisce una commissione che deve giudicare l’abilità o meno delle Scuole a formare psicoterapeuti  senza affatto preoccuparsi che di quella commissione facciano parte anche psicoterapeuti già collaudati come tali. E ciò in disprezzo al buon senso e alla tradizione che, in base a quest’ultimo, ha sempre ispirato ogni composizione di qualsiasi commissione giudicante alcunché..…..omissis …. Il che fare, in una dimensione tanto complessa, attiene a due diverse dimensioni:
a – sul piano politico professionale è ormai assolutamente necessaria una presa di coscienza del peso e del ruolo che i privati hanno avuto ed hanno nella psicoterapia italiana. Dovremo entrare nell’ottica di investire parte delle nostre energie a vantaggio di un autorevole movimento che ci rappresenti al di là delle differenze di modello  teorico di riferimento. Un  movimento che abbia ben chiare le nostre istanze non solo culturali ma anche specifico-professionali ed imprenditoriali. Propongo che dare forza al Mo.P.I. possa andare in questa direzione
b – Sul piano pragmatico operativo è necessario formulare proposte e suggerimenti precisi che escano dal generico  “mugugno” per fornire, a chi deve assumere decisioni, strumenti che stimolino la riflessione ed il confronto.