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LA GESTALT CENTRATA SULLA PERSONA/SISTEMA
Di Edoardo Giusti

Nel pensiero olistico, la crescita e l’evoluzione organismica  sono viste come una tendenza verso l’organizzazione della vita in tonalità sempre più complesse ed inclusive. Una visione olistica della crescita ed evoluzione psicologica dimostra, in maniera analoga, la tendenza della coscienza ad espandersi nell’integrazione di sottoentità in entità  complete sempre più complesse ed inclusive. Il rapporto è il processo che permette la trascendenza dei precedenti  confini di coscienza, sia al livello di sottoentità intrapsichica dell’esperienza che a livelli più inclusivi. Finché le entità sono tenute separate ed i loro confini intatti, esse resistono all’integrazione in un sistema più ampio. Questo vale ad esempio per le cellule confinate, le lingue, le culture e i geni. L’integrazione diventa possibile solo se il contatto supera i confini. Nella teoria Gestaltica si è prestata grande attenzione al processo di contatto ed alla sua rilevanza ai fini del mutamento sia nella crescita umana che nella psicoterapia. Possono essere identificati molti e possibili diversi ostacoli al contatto. Essi comprendono tra gli altri: confine corporeo, problemi di familiarizzazione, e limiti dell’Io. Il concetto di confine e consapevolezza come qui elaborato può comprendere alcuni o tutti  questi costrutti della teoria Gestalt. La forma in cui viene sperimentato, così come pure la necessità  del suo livello di esclusività o inclusività. La coscienza può espandersi e spostarsi verso l’integrazione, per mezzo della quale avviene la crescita quando si ha il contatto  tra elementi precedentemente tenuti separati. A livello concettuale, il contatto può verificarsi  quando si presta attenzione a fatti  precedentemente trascurati, permettendo in tal modo lo sviluppo  di una teoria più comprensiva.
A livelli emozionali il contatto può avvenire quando sentimenti  contrastanti vengono sperimentati simultaneamente in correlazione, permettendo ricchezza e sensibilità maggiore nella vita emozionale. La relazione diventa il mezzo principale di cambiamento. In psicoterapia, gran parte dell’impegno, a livello dell’individuo, è mirato all’identificazione di tali parti dell’esperienza che non sono integrate. Una volta identificate, esse possono essere concepite dal punto di vista della loro partecipazione nella globalità più ampia – la persona. Gli “esperimenti” Gestalt (quali i dialoghi)  servono a delineare o identificare  “introiezioni” conflittuali. Il dialogo è un mezzo per mettere in contatto aspetti dell’esperienza precedentemente estranei, permettendo uno spostamento verso l’integrazione creativa. A livello interpersonale, la trascendenza dall’autonomia all’apparenza. Si perde il senso di identità separata e si guadagna il senso di partecipazione. Questo no va inteso come una perdita di identità nel gruppo, ma come un’integrazione dell’identità con il gruppo nel quale si è impegnati e coinvolti, non contro sé stessi,  ma al di là di sé stessi. Le finalità del paziente sono la guida migliore per un’adeguata focalizzazione del problema e ne consegue che il terapista deve essere in grado di discernere, in ogni momento e completamente, a che cosa aspira il paziente nel suo processo. Nella psicoterapia centrata sulla persona, il terapista riesce a penetrare in queste dimensioni intrinseche dell’esperienza del paziente attraverso il processo dell’immedesimazione rogersiana. In termini della Gestalt centrata sulla persona, diremmo che il terapista si trova  in uno stato di coscienza auto-trascendente ed il paziente in uno stato inclusivo. Ascoltare, osservare e voler capire il punto di vista di un altro sono tutte attività autotrascendenti. Gran parte della documentazione sull’immedesimazione  empatica porta a pensare che si tratti di un’abilità  del tutto speciale e che sia il terapista a possederla. Io ritengo che ciò derivi da un tentativo di spiegare la coscienza integrativa, inclusiva del linguaggio assertivo, individualistico. Anche se il paziente si sente legato ma non c’è modo di esprimere questa sensazione attraverso le voci dell’inventario. Le parole noi e rapporto possono comprendere meglio l’attività dell’immedesimazione in termini di coscienza adeguata  e di relazione fra il tutto e la parte dell’interno dello spazio mentale del rapporto terapeutico. L’immedesimazione perde il suo status come l’attività di un individuo autonomo rispetto  ad un altro e diviene comprensibile come un ampliamento della coscienza di una persona al fine di comprendervi il rapporto con un’altra di cui fa parte. Una volta che una persona ha ampliato le consapevolezze in questo  modo, le capacità richieste per conoscere l’altra persona sono normali abilità relazionali  comuni a tutti coloro che sono compartecipi di una vita umana. C’è una singolarità nei momenti di contatto simbiotico, ma ritengo che la singolarità risieda  nella volontà di cedere ad una visione individualistica del mondo al fine di “appartenere” ad un rapporto con qualcuno che è confuso, impaurito e contraddittorio, come è il caso della maggior parte delle persone in cura da psicoterapeuti. All’inizio della terapia può essere il solo terapeuta a voler sviluppare la consapevolezza in questo modo, mentre il paziente rimane sulle difensive, estraneo e, a volte, persino sovvertitore delle proprie finalità globali. Mentre la psicoterapia progredisce, il paziente può anche arrivare a schierarsi come individuo con gli obiettivi della coppia  terapeuta-paziente, aprendosi così a possibilità di cambiamento  derivanti dalla partecipazione  in un’entità di grado più alto. E’ quasi un luogo comune dire che il tutto è maggiore della somma delle parti. Nei gruppi umani, persino in quelli composti da due persone, il sapere e la sapienza potenziale dell’intero gruppo può superare quella di ognuno degli individui  presi singolarmente. Un gruppo è a volte capace di azioni complesse e sottili che, pur essendo basate sulle capacità dei suoi componenti, possono superare quelle di ogni singolo individuo.  I singoli partecipanti possono accedere al livello di gruppo se sono capaci di ampliare la loro coscienza  individuale nella dimensione più ampia. Nella coscienza autotrascendente possiamo individuare il gruppo come entità, percepire le sue regole, i suoi obiettivi e le sue modalità allo stesso modo in cui percepiamo noi stessi nella coscienza egocentristica. In un rapporto o in un gruppo possiamo  essere coscienti di noi stessi  come individui autonomi e autoassertivi. Possiamo inoltre essere consapevoli della nostra parzialità in termini autotrascendenti. In maniera analoga possiamo conoscere altri partecipanti in termini autonomi e integrativi. Quando ascoltiamo ciò che gli altri esprimono, li osserviamo, seguiamo ciò che dicono e li percepiamo come individui, allora li conosciamo in termini della loro completezza. Ma, al di la di questo, possiamo anche conoscerli tramite la loro partecipazione al gruppo a cui noi stessi apparteniamo. Nella coppia terapauta-paziente il rapporto stesso può essere conosciuto. Divenendo consapevole del processo in atto nella coppia,  lo psicoterapeuta può conoscere il paziente e i suoi obiettivi attraverso il lieve e tuttavia riconoscibile  effetto che egli ha sull’insieme. Questa argomentazione può essere applicata  ad alcuni degli eventi apparentemente magici in terapia, come quando il terapeuta e il paziente  condividono simultaneamente la stessa visione, intravedendo il futuro (sapendo cosa succederà) o quando il terapeuta fa un’affermazione  apparentemente inaspettata  che dimostra essere profondamente pertinente. In tali momenti sembra che lo psicoterapeuta conosca più intimamente gli scopi più reconditi del paziente di quanto egli stesso non sia consapevole al momento. Lo psicoterapeuta non è nei panni del paziente ma nei panni della coppia di cui egli fa parte. E’ questa capacità di conoscere l’altro, definita corrispondenza  tramite immedesimazione, che ci consente di percepire in maniera profonda ciò che il paziente sta cercando di realizzare, individuando così il livello di consapevolezza relativo ai possibili obiettivi. Naturalmente questo è valido anche per il paziente. Il potenziale maggiore in assoluto per la crescita individuale  in psicoterapia si ha quando il paziente riesce ad ampliare la coscienza per includervi l’intera coppia o gruppo in terapia. Il processo di immedesimazione del paziente è rilevante come quella del terapeuta, se non di più. benché sia possibile parlare di autonomia e integrazione come aspetti distinti di coscienza, essi sono, in effetti, inscindibili. L’interezza e la parzialità vengono viste solamente come aspetti diversi di un sistema. Quando un aspetto diventa eccessivo, interviene un limite oltre il quale  l’ulteriore esagerazione antepone necessariamente l’altro aspetto. Un esperimento Gestalt comunemente usato è l’esagerazione di un aspetto di una POLARITA’ per avvicinarsi all’altro più difficile aspetto. L’avvicinamento può essere raggiunto attraverso l’amplificazione della stoltezza. Tali esempi di questo processo sono delle “scoperte del mondo “. Nella psicoterapia individuale e di gruppo accadono fatti simili. Spesso è proprio nei momenti in cui il paziente, il terapeuta – o entrambi – esprimono loro stessi in maniera più personale e sentita, che viene percepito più intensamente il senso di integrazione, unità e comunione. Devo comunque sottolineare che, ad un livello interpersonale, questo avviene solo quando sono obiettivi comuni a muovere i partecipanti. In una situazione interpersonale, se le parti hanno fini opposti, una tale autoasserzione può soltanto peggiorare il conflitti, con il risultato di una disintegrazione in livelli di organizzazione più ristretti.

VIDEOMODELING COMPARATO: L’EVOCAZIONE E L’INTEGRLITA’ COME UNITA’ 

Quando guardiamo all’A.S.P.I.C. le videoriprese di Rogers e le paragoniamo a quelle di Perls notiamo una lampante diversità. Ciò che è palese in Rogers nelle riprese di Gloria, ad esempio, è che egli ascolta: cerca davvero di capire Gloria ed accettarla  incondizionatamente. Ciò che è più evidente in Rogers è la qualità autotrascendente del suo atteggiamento di immedesimazione. Sembra quasi che egli scompaia. Egli stesso ha ammesso di trovare difficoltà nel descrivere a posteriori cosa è successo in seduta con Gloria: è la qualità autonoma, autoassertiva della sua partecipazione. L’approccio di Rogers è descritto come non direttivo, mentre lo stile di Perls è visto come attivamente direttivo. Ma tali descrizioni si basano su un modo di pensare che astrattizza  persone e comportamenti dai loro contesti relazionali. Quando osserviamo i rapporti come totalità, vediamo che il comportamento di Rogers ha notevole influenza su Gloria e ciò avviene in modo piuttosto volontario, come nel caso di Persl. Una visione olistica ci permette di esaminare queste sedute non solo in termini di due modi di intervenire (dei due terapeuti) ma anche in termini di natura dei due rapporti. Un esame dettagliato di queste due sedute non rientra nel piano di questo articolo, ma può essere utile segnalare alcune palesi caratteristiche. Entrambi i rapporti sono centrati sugli obiettivi di Gloria. Inequivocabilmente è lo scopo che Gloria si è imposta  ad indirizzare le due sedute. Entrambi i terapeuti seguono scrupolosamente questo  orientamento, anche nei momenti in cui la stessa Gloria non lo fa. Gloria vuole essere più “leale” con se stessa e con gli altri, cosa che trova difficile. Ambedue i rapporti sono notevolmente schietti e la sincerità è sia apprezzata che sostenuta. In entrambe le sedute le intuizioni dei terapeuti sono mirate a restaurare l’autenticità dell’esperienza  e dell’espressione di Gloria.  Esistono altri aspetti simili nei due rapporti. Entrambi mostrano qualità di buona fede, rispetto, interesse, curiosità, sostegno e sperimentazione. Entrambi i rapporti sono tra uomo e donna, con un chiaro riferimento al rapporto tra padre e figlia. Ambedue i rapporti hanno luogo nell’ambito della psicoterapia, ed i ruoli sono rispettivamente ben definiti. Lo stesso può dirsi della componente tempo e del fatto che queste sedute sono parte di serie filmate. Inoltre esse si svolgono all’interno dello stesso ambito culturale, con linguaggio, norme ed ideologie comuni. Come ci spostiamo dalla visione egocentristica, trattando Gloria, Perls e Rogers solo come singoli individui e cominciamo a considerarli tali come entità di ordine superiore, come rapporti e persino ambiti  contestuali  più vasti, notiamo somiglianze sempre maggiori fra le due sedute. E’ mia convinzione che un tale ampliamento di prospettive non è solo importante ma indispensabile ai fini di una comprensione più profonda degli elementi rilevanti delle varie psicoterapie. Palesi differenze tra la terapia centrata sulla persona e la Gestalt, quali l’atteggiamento semi-direttivo  contro quello non direttivo, l’accettare incondizionatamente contro il confronto, ed il conformismo contro il libero arbitrio, che possono apparire contraddizioni se viste da un livello di comportamento individuale, possono essere riconciliate da un tale “ampliamento della struttura” d’analisi. Lo scopo di questo articolo è stato quello di procedere verso una riconciliazione delle apparenti contraddizioni fra la terapia centrata sul paziente e la Gestalt, nella speranza di giungere ad un’unica teoria Gestalt centrata sulla persona. Le conquiste potenziali che deriverebbero dall’uso dello strumento concettuale dell’olismo possono tuttavia andare molto oltre, permettendo un esame dell’intera impresa di psicoterapia, in cerca di una scienza delle persone nel processo di cambiamento. Il programma di formazione A.S.P.I.C. è centrato sul “saper fare” integrato preventivo e curativo con formule cliniche moderne d'integrazione. Le competenze psicoterapeutiche  d’indirizzo fenomenologico  esistenziale consentono anche un maggiore adattamento  ad una clinica di comunità e delle organizzazioni. L’operatore formato padroneggia strumenti operativi e tecniche polivalenti per una visione olistica globale individuo/sistema. La formazione avviene mediante il moderno sistema di insegnamento e di motivazione  dell’apprendimento  partecipativo “Learn by seeing and doing” che contente ad allievi e tirocinanti di accedere alla più importante VIDIOTECA europea nel campo della psicoterapia per lo studio e le ricerche comparate sulla psicoterapia dei fattori comuni, con il vantaggio di poter osservare all’opera i più grandi  maestri mondiali: M.Andolfi, R. Bandler, B. Bettelheim, I. BoszormenyiNagy, M. Bowen, J. Bugental,  A. Beck,  F. Capra, P. Clarkson, J. &  C. Cochè, Boscolo/Cecchin, E.Dass, W.Dyer, A. Ellis, M.H. Erickson,  M. Ferguson, V. Frankl,  S.Ginger, B. & M.  Goulding, S. Grof,  J. Hillman,  C. Al  Huang,  F. Kallow, Krishnamutri, R. Laing,  Dalai Lama, S. & C. Lankton,  A. Lazarus, G. Leonard,  C.. Loriedo, A. Lowen,  J. Marmor, J. Masterson, C. Madanes, R. May, S. Minuchin,  C. Naranjo, S. Nevis,  V. Oklander, F. & L. Pearls, E. & M. Polser,  C. Rogers, E. Rossi, V.Satir, J.Lee Schiff, H. Searles, M. Selvini Palazzoli, B.F. Skinner, E. Shostrom, H. Strup. C. Sluzki, P. Watzlawick, C. Whitaker, J. Wope, J. Zeig.