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Avevo conosciuto Michaeleen
Kimmey ad aprile ad una conferenza che aveva tenuto per gli allievi del
corso di Psicologia Clinica che tengo per laureati in psicologia e in medicina.
Una mia allieva le ha regalato il mio libro di poesie terapeutiche Navigando
e lei ne è rimasta così entusiasta che ha voluto tradurre una mia poesia,
facendolo con una sensibilità degna di un grande poeta. Ho intervistato
la Kimmey nel mio studio quando a giugno, di passaggio a Roma dagli U.S.A.,
è voluta venire a trovarmi per conoscermi meglio. Quando le ho detto che
mi era venuta lidea di intervistarla per un giornale di psicologia
ha sorriso divertita e un po perplessa. Lintervista si è svolta
tutta in inglese.
Antonio Lo Iacono (A.L.) : Michaeleen, a me talvolta piace cominciare
dalla fine: in questo caso dalla morte. Come vivi tu la morte?
Michaeleen Kimmey (M.K.): E difficile pensare alla morte
senza pensare al respiro. Da bambina pensavo che quando si dormiva in qualche
modo, e quando ci si sveglia è come essere stati in unaltra città,
quasi in unaltra vita. La morte che conosco io è la paura di essa.
La paura della perdita. Molte volte sento questo e mi congelo nel tempo
e mi chiedo perché devo essere intrappolata in un momento di paura. Per
molti la morte è la paura di perdere qualcosa, la perdita di quello che
non ci siamo mai dati e sappiamo nel frattempo che il tempo sfugge via
La
morte è per me il demonio che invito a prendere il tè
Quasi un vecchio
amico. Così essa si affaccia alla mia finestra con molta frequenza, mi sfiora,
dipinge i colori di unamica, mi fa perdere un rapporto quando la persona
colpita mortalmente passa attraverso il tempo. E una perdita senza
fine, devastante. La morte diventa lombra: lombra della vita.
Il suo viso per me è un interludio: linterludio della vita.
A.L. Adesso ti farò una domanda stupidissima ma che credo tu possa
sopportare. Perché fai quel che fai?
M.K. Sai, io penso che ci sono delle poesie che devi scrivere.
Non hai scelta! Come ci sono dei quadri che devi dipingere. Non hai scelta.
Ci sono dei visi che devi avvicinare perché non hai scelta. Questo è un
lavoro che io debbo fare e non ho scelta. E come trovare un segreto.
Un segreto che i bambini conoscono e poi gradualmente dimenticano per poi
ritrovare di nuovo aprendo una scatola
Qualcosa che precede il tempo:
questo per me è il mio lavoro. Come richiamare la memoria più antica e segreta
che abbiamo. Io magari penso di fare questo, e poi questo, e poi
mi
ritrovo naturalmente al mio lavoro che mi chiama e che mi tira quasi sempre.
Io insomma lo faccio perché non ho altra scelta. E tu Antonio, perché fai
quello che fai?
A.L. Perché lo faccio? Lo faccio perché ho tante altre scelte infinite.
Posso navigare, scrivere, viaggiare nel deserto, donare cavalli selvaggi,
fare il carceriere, il carcerato, lequilibrista, sul filo teso, posso
insegnare agli uccelli a volare e ai pesci a nuotare; tutte cose inutili
ma ti fanno vivere in un mondo segreto e pur trasparente
come il vento.
In realtà anche io non ho scelta perché posso scegliere tante storie che
a loro volta mi scelgono e tutto quello che sembra uguale effettivamente
cambia sempre. Ogni volta, nel mio lavoro, posso scegliere un modo diverso
di comunicare, di guardare, di aver contatto, di dire addio, di sognare
il mio sogno che prima o poi si realizzerà, dovesse succedere alletà
di centanni e dovessi morire mille volte
.di attraversare Capo
Horn. Là, dove due oceani si incontrano, anzi si scontrano. Passare attraverso
questa tempesta come passare oltre la disperazione, oltre la sfida della
vita, oltre la paura della perdita o la paura dimpazzire, dicendo
addio a tutto. Capo Horn diventa ancora una speranza, una Buona Speranza
per il futuro. Quello che faccio è questo: avere sempre la barca pronta
per partire ed insegnare agli altri a navigare per le tempeste della vita;
trovare cioè il modo di essere consapevoli delle proprie azioni spontanee,
del proprio Drammautogeno. Certe volte, devo dire, mi sento separato. E
come se i miei piedi fossero ben piantati in terra e la parte superiore
di me sfiorasse il cielo
Succede però che mi sento cielo e terra insieme,
mi sento insieme talvolta
Ma sei diabolica! Sto parlando di me. Ti
volevo fare unaltra domanda.
M.K. Si, aspetta
.stavo pensando alla tua parte inferiore che
appartiene alla terra e a quella superiore che appartiene al cielo. E
molto bello. Mi viene in mente limmagine della terra che esplode dentro
il cielo
Vorrei chiederti quando ti senti insieme. Dimmi almeno un momento
di quando ti sei sentito ad afferrare una stella con le mani.
A.L. Quando mi sento insieme? Ma,
quando minnamoro,
quando ho un dolore, un dolore profondo, quando se ne è andato via zio Tommaso,
per esempio. Mi è venuta una grande rabbia che è durata giorni, mesi, anni.
Che dura tuttora quando penso di raggiungerlo in cielo e naturalmente non
ci riesco. E un senso dimpotenza insopportabile. Ho pensato
anche di attraversare la muraglia ma ho troppe scuse per non farlo: i miei
affetti, i miei libri che devo finire, i miei allievi, il Capo di Buona
Speranza che mi aspetta, la mia solitudine che vorrei prima o poi esplorare
da solo, isolarmi al buio per un certo tempo, senza altre voci, senza telefono,
senza animali, senza leggere e senza scrivere, senza ricordare e senza pensare
al futuro
E questo è un tempo che consiglio a tutti quelli che devono
crescere velocemente alla ricerca del tempo perduto. Altrimenti si rischia
di essere nella posizione di un imperatore con un regno enorme dove
non tramonta mai il sole, che però non conosce il suo impero ed è
costretto a vivere in una piccola cella
La scelta della vera solitudine
è un grande impero dove si possono incontrare tutte le regioni di se. E
là che Antonio può incontrare finalmente Antonio. E Michaeleen finalmente
Michaeleen..
M.K. Si, una volta mi hai detto che sarebbe importante riuscire a
non scrivere poesie ma solo sentirle. Come una foto che non cè bisogno
di scattare perché limmagine è profonda nel cuore. Io avevo un amico
che faceva opere darte e poi le lasciava lungo la strada. E
da molto tempo che la gente mi dice di scrivere ancora poesie e io come
sempre dico che non ho tempo
Talvolta una poesia mi cade in mano come
una goccia di rugiada: io la prendo e la scrivo. Credo che anche tu faccia
così. Quando dici di voler partire per il Capo di Buona Speranza io sento
il tuo desiderio di trasformarti nel vento e questo tuo amore passionale
per questo elemento sento che è per te come una scala tra la terra e il
cielo
il tuo desiderio
A.L. Michaeleen, io ero partito per unintervista a
te ma sento che la vera intervista lhai fatta a me. Ora però ti farò
unultima domanda. Che cosa potresti consigliare agli Psicoterapeuti?
M.K. Agli Psicoterapeuti? Si, direi di ritrovare la Scuola Materna
del Corpo. Di ricordarsi comunque che non si può dare ciò che non si ha.
Per usare più pienamente il corpo bisognerebbe ritornare alla propria infanzia,
cioè nel periodo in cui ancora prima di vedere si sentiva. Sentire la verità
primitiva che è rimasta in te è condizione indispensabile per aiutare la
persona; cioè per aiutarli ad aiutarsi fino alla spiaggia della verità
..