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CINEMA
E PSICONALISI:
DUE CENTENARI A CONFRONTO
Cento
anni fa Freud, in seguito al famoso "sogno di Irma", fissa le
basi della psicoanalisi. Allontanandosi dalle teorie organistiche, cerca
di percorrere i meandri delle strutture profonde della psiche umana teorizzando
nella "Interpretazione dei sogni" la tecnica psiconalitica.
Cento anni fa i fratelli Lumiére sperimentavano un apparecchio che permetteva
l'esperienza di un linguaggio per immagini. Né Freud né i Lumiére credo
avessero idea di come e quanto avrebbero influito sulla vita e sulla cultura
del XX secolo. Anche se apparentemente diversi (Freud considerava il cinema
un passatempo senza storia), cinema e psicoanalisi sono destinati a frequentarsi
più di quanto non si pensi. La ricchezza del mondo interiore ha fornito
e fornisce agli sceneggiatori materia per divertire, commuovere, spaventare;
le immagini del film, a loro volta, evocano spesso le immagini dei sogni.
Tra la realtà psichica e la realtà materiale si attua una sorta di
connubio che dà, come risultato, la capacità immaginante, anche se nel film
è la percezione preventiva delle immagini che determina il successo immaginativo,
mentre nel sogno l'attività proiettiva pone l'immagine prima della percezione.
Il film è cioè frutto di una fantasia creatrice razionale che dà voce e
struttura ad una immagine riproduttiva; il processo psicoanalitico, in un
processo a ritroso, a recuperare nel processo secondario un panorama di
immagini in cui figure e personaggi sono rappresentazioni spesso confuse
e caotiche nel mondo interno, organico, istintuale, affettivo. Si è spesso
tentati di interpretare un film come se fosse un sogno, ma ogni interpretazione
non può che essere soggettiva e, consciamente o inconsciamente, determinata
dal mondo interno di ciascun spettatore, dai fantasmi che popolano la sua
psiche, dalla necessità di proiettare o introiettare situazioni e problematiche
che agitano la sua mente o emozioni, paure e fantasie che abitano nel suo
interno. Il cinema si è impossessato della psicoanalisi molto prima che
la psicoanalisi si interessasse del cinema. Il cinema ha spesso banalizzato
la psicoanalisi; la psicoanalisi ha, per lungo tempo, snobbato il cinema.
Ma a cento anni di distanza da Freud, non si può ignorare che viviamo nell'era
dell'immagine e che ogni immagine o famiglia di immagini esprime una caratteristica,
vuoi dell'uomo, vuoi del popolo, vuoi della cultura dell'epoca. In un visione
panoramica della filmografia contemporanea, possiamo notare come frequentemente
il film è una rappresentazione di sensazioni senza emozioni. L'espressione
istintiva della realtà non mediata dalla capacità di simbolizzare equivale
a regredire ad uno stadio di minore capacità espressiva e comunicativa.
È raro che un film oltrepassi il singolare e il quotidiano superando la
realtà e riscattando le pulsioni istintuali. È raro cioè imbattersi in un'opera
d'arte, in una forma di poesia tale per cui l'immagine di una realtà conduca,
attraverso l'emozione alle immagine del mondo interiore unico e diverso
per ogni individuo. Ma il cinema ha una sua autonomia, così come la psicoanalisi
ha un suo campo d'azione: la psiche.
Il film è frutto di un lavoro multiplo, di équipe e, una volta nato,
ha una sua autonomia e una sua identità. Come ogni creatura può essere una
mediocrità, una oscenità o un'opera d'arte, ma esiste e dice qualcosa. Qualcosa
che lo spettatore vede, vuole vedere, chiede di vedere, critica quando riesce,
sceglie e crede di scegliere. In tale operazione è evidente una implicita
relazione fra chi produce e chi fruisce, con maggiore o minore potere dall'una
o dall'altra parte ma sempre in una situazione di scambio. Compito possibile
della psicoanalisi è quello di far sì che nello scambio ci siano sempre
due soggetti attivi e consapevoli in una sfera di libertà. Qualunque forma
di linguaggio venga usata per prevaricare, condizionare, sottomettere, sfruttare,
è uno strumento di potere che, abolendo la comunicazione, toglie all'individuo
la libertà e la dignità di Persona.
Franca Maisetti Mazzei