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DRAMMAUTOGENO: LA NON - AZIONE

IL SENTIMENTO DEL TEMPO E L'INTERVALLO P

Il sentimento del tempo che ogni individuo ha a suo modo, viene nel Drammautogeno piano piano portato alla consapevolezza dell'individuo, con delle tecniche paradossali. Nel D/A si cerca di condurre l'individuo a vivere il proprio ritmo esistenziale entrando a contatto con i propri intervalli di tempo. Il sentimento del tempo, a seconda di come viene vissuto, crea ansia, dipendenza e follie. Per lo psicotico, per esempio, il tempo è come se si fosse fermato, quello che rimane è un fruscìo indistinto che potrebbe un domani diventare un ritmo. Quando infatti ricomincia il ritmo del tempo, per lo psicotico comincia la guarigione, cioè il contatto con la realtà. Lo psicotico vive in una situazione di stop continuo. Per il nevrotico il ritmo del tempo è vissuto come inadeguatamente, come se ci fosse sempre qualcosa o qualcuno da inseguire o da farsi inseguire e c'è una grossa confusione che diviene alla fine un rumore assordante, cioè aritmico. Il contatto con l'intervallo P muta piano piano questo sentimento e fa accettare più consapevolmente il proprio ritmo esistenziale; inesistente nello psicotico e confuso nel nevrotico. L'imparare a vivere l'I.P. conduce ad accettare i propri meccanismi d'azione, le proprie dipendenze,  le proprie solitudini. Il sentimento del tempo nasce dalla aspettativa che però può essere in qualche modo frustrata e quindi fa vivere drammaticamente e in modo ansiogeno i ritmi temporali del futuro. Da ciò l'incapacità di fermarsi ad ascoltare il presente e la fretta a riempire di azioni, di comportamenti e di relazioni non rispondenti ai reali bisogni e desideri, la propri esistenza.

LA "NON AZIONE"

L'espressione dell'uomo è sostanzialmente un' "azione" (vita, comunicazione, movimento, relazioni). Il blocco dell'espressione si traduce in un'azione che non viene fuori e genera stasi, blocco, congelamento, anche se in questo blocco espressivo c'è pur sempre comunicazione che è data dall'espressione mimica del corpo che "esprime" impotenza. Ogni azione, ogni espressione si svolge n un tempo e in uno spazio e presuppone un ritmo. Questo ritmo espressivo-comunicativo, negli individui normali, si struttura come un sistema oscillante nel quale gli eventi comunicativi e relazionali, qui chiamate "azioni", si producono a intervalli di tempo sensibilmente regolari. Il ritmo è dunque l'aspetto dinamico che consente di sentire come scorre la propria esistenza. Il nevrotico, ad esempio, è distratto da questo processo e non avverte, non coglie gli intervalli fra l'inizio e la fine di un suo comportamento espressivo poiché si lascia sempre qualcosa di non finito, delle zavorre, delle tracce di qualcosa che è successo e a cui ancorarsi continuamente. Potremmo dire che questo tipo di personalità evolve la sua esistenza, svolgendo continuamente "azioni ripetute", lontane dalle pause e dal ritmo. Lo psicotico, per contro, naviga continuamente nell'intervallo, nel vuoto, in questa specie di distanza che si crea tra la possibilità di esprimersi e quella di non farlo. Così anche in questo caso si è lontani dalla dimensione del ritmo quale elemento fondamentale per dare armonia alla vita. L'intervallo è l'elemento vitale delle persone quando, come nel caso della personalità psicotica, si dilata troppo, affiora alla superficie come trauma. Per recuperare l'elasticità dell'intervallo bisogno quindi rimuovere il trauma. La non azioni esiste dunque e soltanto nelle pausa quasi introvabili delle sequenze espressivo-comunicative. La mente umana ha bisogno di continui adattamenti, a seconda delle diverse sollecitazioni interne ed esterne che riceve: per avere consapevolezza di una corrispondenza tra un'azione e l'altra è come se l'organismo avesse bisogno di pause differite per avere imput di  consapevolezza. Le uniche non azioni che possiamo trovare sono in tutti gli individui normali, questi intervalli dinamici di "attività" che non si possono notare facilmente, perché il susseguirsi delle azioni copre questi tempi dinamicamente "morti" e dà un avanzamento per una spinta d' abbrivio verso le altre azioni. Le non azioni in questi casi possono definirsi come situazioni dinamicamente passive necessarie all'attività e che in certe situazioni possono rompere l'equilibrio e al sequenza delle azioni. La non azione è un frammento di una aspettativa di una possibile azione (blocco, congelamento, apnea, intervallo fra un battito e l'altro). Quello che aiuta gli individui a cambiare non sono certo le azioni con cui e per cui si è distratti e ci si difende pur incamerandole a livello di apprendimento, ma le non azioni cioè gli intervalli del presente che in realtà sono le vere possibilità di trasmissione dei processi che mutano il modo di sentirsi e di sentire. Si può lasciare quindi accadere questa consapevolezza dell'intervallo P che in realtà avviene in ogni caso alla fine e all'inizio di ogni processo emotivo. Nella prassi esistenziale le persone non si curano degli intervalli, anzi paradossalmente hanno fretta di non sentirli, riempiendosi di  tempi morti, hanno paura del silenzio e spesso del contatto con la propria solitudine. L'equilibrio, l'armonia, il ritmo che si crea tra una qualità e una quantità adeguata di "Intervalli P" e di "azioni" è soggettiva e quindi decodificabile caso per caso. Se è vero che ogni persona ha le sue impronte digitali è anche vero che ogni individuo ha il suo Drammautogeno. La sequenza comportamentale di un individuo è dunque una serie di azioni e di non azioni continue, di comportamenti intervallati da attimi di pause di consapevolezza che consentono di vedere dove si è e dove si vuole andare. Solo la non azione consente di vedere l'azione e viceversa, solo lo stop fa capire il bisogno di movimento e, quest'ultimo, il bisogno di fermarsi.

                        Rossella Sonnino