Gli
argomenti a favore del "commercio equo" sono stati già
largamente dibattuti. Non è nostra intenzione di ripeterli
qui, ma di sviluppare un contraddittorio rispetto a questa forma di
commercio detta "equa". La capacità di accettare
le critiche, di comprendere le contraddizioni, di affrontare un dibattito,
sono la scommessa per un percorso evolutivo.
1-
Il commercio "equo" è iniquo. In effetti, perché
uno scambio sia veramente equo, le condizioni di protezione sociale
e di remunerazione dei produttori deve essere identica a quella
dei consumatori
Esempio: secondo il sito di Max Havelaar, www.maxhavelaarfrance.org,
ai prezzi attuali, ci vogliono trecento anni perché Manuele,
produttore locale colombiano, guadagni 15.000 euros (circa la nostra
remunerazione netta media annuale). Manuel riceve, da parte del
commercio equo, secondo le cifre fornite da Max Havelaar, il triplo
del prezzo di mercato*, gli basteranno quindi, grazie al mercato
equo, soltantocento anni! Per essere veramente equo, il prezzo
del pacchetto di caffè (da 250 gr. Dell'esempio di Max Havelaar
) dovrebbe essere pagato 100 volte di più &endash; 19
euros - ed essere venduto a Pierre, in Francia 21,8 euros. Piero
oggi lo paga soltanto. . . 2,35 euros. Questa commercio è
dunque semplicemente "meno iniquo".
I
costi di importazione, di torrefazione e di distribuzione restano
quasi gli stessi.
*Secondo
la rivista Silenzio, il guadagno in più rispetto ad un produttore
"classico" è di 4 euros al mese.
2- Il commercio
equo favorisce la concorrenza sleale
Esempio: Maria fabbrica cappelli sull'altipiano del Larzac. Li vende
al mercato di Millau. Sullo stesso mercato, Jacques propone dei
cappelli con il bollino "commercio equo" che costano la
metà di quelli di Maria. L'associazione che importa i cappelli
venduti da Jacques non deve pagare, come tutti gli altri commercianti,
il costo reale del trasporto: il kerosene degli aerei e la nafta
delle navi non è soggetta a tasse. Questa associazione del
commercio equo si avvantaggia anche, certo in misura minore del
commercio classico, dei bassi salari e dell'assenza di protezione
sociale dei paesi produttori, e scommette sulla forza dell'euro.
Infine, Jacques non viene retribuito: stipendiato dal Credito Lionese,
occupa il suo tempo libero facendo volontariato per questa associazione.
Risultato: Jacques mette a repentaglio l'attività di Maria,
con tutta la forza dei buoni propositi, sicuro di dare un contributo
per un mondo migliore.
*Esempio
reale
3- Il commercio
equo non tiene conto dei costi ambientali
Esempio: Patrizia compra una "banana equa*". La paga 1_.
Patrizia pensa di mangiare soltanto un frutto tropicale mentre sta
anche consumando del kerosene, energia necessaria per far giungere
il frutto dalla Costa Rica fino a casa sua**.Non essendo questo
kerosene tassato, nel suo prezzo non si tiene conto dell'impatto
ecologico del trasporto. E la buccia della banana? Questa è
una perdita per la terra della Costa Rica perché non la arricchisce
in compost!***
*Max Havelaar
importa anche, per esempio, il miele ed il riso, che sono prodotti
anche da noi.
** Max Havelaar
importa dalle dittature del Kenia e dello Zimbawe verso la Svizzera,
i fiori del "commercio equo". Questi fiori, per restare
freschi, sono refrigerati e spediti in aereo! La cultura dei fiori
avviene in serre, con prodotti tossici come i pesticidi, che sono
noti per provocare svenimenti tra i lavoratori, allergie, eczemi,
problemi respiratori ed alla vista; per le donne aborti spontanei,
nascite premature ecc. Queste condizioni di lavoro sono state denunciate
dalle ONG. (Fonte: la rivista Silence n° 274, p. 24)
*** Questo
vuol dire enormi quantità di humus perdute per i paesi produttori
4- Il commercio
equo favorisce l'impoverimento della biodiversità
Esempio: Patrizia ha finito di mangiare la sua banana "commercio
equo" . Lei ha anche comperato un pompelmo, un'arancia euna
mela. La varietà del suo cestino della frutta è su
scala mondiale, Patrizia ignora la biodiversità locale. Vent'anni
fa la sua regione vantava cinquanta qualità di mele, adesso
ne sono rimaste cinque.
5- Il commercio
equo si accompagna alla "deculturizzazione" della produzione
Esempio: Quando Michele va in India, è contento di trovarvi
una cultura differente dalla sua, radicata nel suo ambiente. L'abbigliamento
è una parte integrante di questa diversità culturale,
e questa diversità culturale è la ricchezza della
Terra. Tutta la produzione fa parte della cultura vivente delle
popolazioni*. Azimut, impresa dell'abbigliamento marcato "commercio
equo" , importa in Francia vestiti in stile tropicale. Immaginiamo
l'impressione di un nepalese che, arrivando a Parigi, si trova di
fronte persone vestite. . . come gli abitanti dei tropici. Scommettiamo
che tornerà subito indietro, deluso. L'ideologia dominante
fa rinunciare alla propria cultura.
*Il termine
"accezione culturale" che limita la cultura alle arti
ed al nostro solo paese, costituisce, a questo riguardo, uno scandalo.
6- Il commercio
equo ci allontana dall'essenziale: rilocalizzare l'economia
Esempio: Loba fa il contadino in Costa d'Avorio. Coltivava il suo
campo per nutrirsi e per le esigenze del suo villaggio (cultura
dell'autoproduzione) poi il suo governo l'ha obbligato a produrre
noci di cacao per esportarle in Francia (cultura della scambio).
Loba è diventato allora dipendente dal mercato mondiale del
cacao, mentre, grazie ai profitti realizzati vendendo le noci, la
Costa d'Avorio ha potuto acquistare aerei da caccia francesi. Disgraziatamente
il prezzo del cacao ha avuto un ribasso e adesso Loba si trova ridotto
al limite della fame. Grazie al commercio equo, Loba ha un po' meno
fame (riceve un sussidio appena sufficiente ad acquistare il ciboche
prima si produceva da solo) e la Costa d'Avorio può continuare
ad acquistare carri armati dalla Francia. Ma l'obiettivo dell'autosufficienza
alimentare si è di nuovo allontanato. . . e Loba non conosce
ancora il gusto del cioccolato: un prodotto riservato ai ricchi
occidentali.
7- Max Havelaar
sostiene la grande distribuzione
Esempio: I signori Grandval con la coscienza un po' sporca, il sabato
vanno in automobile da Auchan. Sanno benissimo che, da un lato questo
non favorisce le loro cooperative, i contadini al mercato o le botteghe
di quartiere, dall'altro incrementano la grande distribuzione con
tutte le sue conseguenze: spersonalizzazione, impatto ecologico
(automobile per andarci, trasporti su gomma, scambi intensi, agricoltura
intensiva), cattiva economia, ecc. Sanno anche molto bene che questo
tipo di distribuzione nei paesi ricchi è la causa di molti
dei mali nei paesi del Sud. Ma adesso, grazie al pacchetto di caffè
Max Havelaar* che alla fine del loro giro depositano sul carrello
traboccante, adesso si sentono con la coscienza più pulita.
Infatti Auchan si è servito di questo argomento in molta
della sua pubblicità.
* Inoltre,
Max Havelaar non cessa di vantarsi per essere presente in un numero
sempre maggiore di grandi magazzini. A causa di questi, tra il 1966
eil 1998, secondo l'istituto di statistica INSEE, la Francia ha
perso 17.800 panetterie-pasticcerie (44%), 73.800 drogherie (84%),
3.500 latterie (76%), 1.300 librerie, 4.700 negozi di scarpe (50%),
4.300 chincaglierie (46%), ecc.
8- Il commercio
equo sostiene la mondializzazione
Esempio: Renata è una vecchia militante ecologista. Si batte
da cinquant'anni per la cultura delll'autoproduzione e contro la
cultura dello scambio. Si batte contro l'appiattimento del mondo,
contro la volontà dell'Occidente di estendere la sua anticultura
del mercato al resto del pianeta, contro il "commercio"
dei paesi ricchi. Per lei il commercio equo è una vera catastrofe.
Infatti, come combattere ancora la mondializzazione se vengono proposti
bollini verdi, "contrassegni etici", se si sostiene questo
sistema così distruttivo dalle fondamenta, che uccide la
natura e opprime una moltitudine di esseri umani sul pianeta*? Come
portare avanti allora una critica costruttiva che rimetta in discussione
i problemi fin dalle loro radici, e non una contestazione fasulla
che ha la sola conseguenza di rafforzare questo sistema?
Nell'opuscolo
di Max Havelaar La de Max, l'organizzazione si vanta della sua presenza
e di poter essere ascoltata al. . . forum economico di Davos, "E
per quanto riguarda Porto Alegre, non si predica più contro
la mondializzazione, ma per una mondializzazione diversa" La
Tasse de Max,n° 12, marzo 2003.
9- Il commercio
equo è una forma di neocolonialismo
Esempio: Patrick va in pensione. Dopo aver passato la vita ad inquinare
il pianeta in una industria chimica, si propone di occupare il suo
tempo libero facendo qualcosa "per gli altri", quindi
per quei poveri negri. In più, il commercio equo gli permetterà
di unire l'utile al dilettevole viaggiando in tutto il mondo..
Nathalie ha
29 anni. Non vuole lavorare in una classica multinazionale. Ha quindi
scelto di lavorare per Max Havelaar. Così ha tutti i vantaggi
di una grande impresa, in più è etica. E, come Patrick,
adora gli aeroporti.
Patrick e Nathalie
sono, senza volerlo ammettere, la versione attuale dei missionari
di una volta. Questi avevano apportato un sostegno di moralità
all'esproprio delle risorse naturali e alla schiavitù nei
paesi del Sud. Prima di decidere di "fare del bene", Patrick
e Nathalie non si sono chiesti come "non nuocere" prima
di tutto. Così, tutti e due continuano, assieme all'1% dei
più ricchi del pianeta, a prendere l'aeroplano o meglio ancora
ad andare a sciare, senza porsi seriamente la domanda sulle conseguenze
implicite del loro stile di vita. Nelle loro stazioni sciistiche,
molto orgogliosi, Patrick e Nathalie parlano ai loro amici di quei
contadini delle ande che sono "così gentili". E
non disdegnano ogni tanto di "fare la morale" spezzare
una lancia contro questo mondo "che va così male".
*"Chi
dice commercio equo dice sviluppo" La tasse de Max, n°12,
marzo 2003.
10- Il commercio
equo collabora con l'ideologia della sottomissione
Esempio: Thierry milita in una associazione del commercio equo da
diciassette anni (il suo stipendio è 10 volte più
alto di quello di Loba in Costa d'Avorio). Conosce bene le obiezioni
al commercio equo dei militanti ecologisti radicali, come Renato.
Ma Thierry lavora e non vuole mettere in discussione tutti questi
anni di grande lavoro. Invece di tener conto delle obiezioni di
quelli che sono contrari, ha scelto di attaccarli: "Voi volete
che ciascuno resti a casa sua?", ecc. Thierry non smette di
parlare di "realismo", di "strategia" e di "pedagogia".
Thierry è finito col diventare il miglior alleato della sottomissione
alla "realtà dell'economia" Senza rendersene conto,
Thierry ha fatto passare nella sua scala di valori le leggi dell'economia
prima dei principi morali ed il sistema si nutre innanzitutto delle
false contestazioni che legittimano il primato dell'economia. E
si torna al punto di partenza.
|