Iqbal aveva 150 milioni di fratelli
Il lavoro infantile nel mondo: la realtà, le cause e le proposte di Mani Tese

Dossier a cura di: Marinella Correggia e Silvia Ferrari
La convenzione 138 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro e molteleggi nazionali proibiscono il ricorso alla manodopera di bambini al disotto dei 15 anni, ma quasi ovunque convenzione e leggi sono disattese.Iqbal Masih, dodicenne pakistano ucciso dalla mafia dei tappeti, la cuistoria ha fatto il giro del mondo, aveva decine, centinaia di milioni difratelli. Anche nei paesi "ricchi", dove i bambini non sonosufficientemente tutelati, a causa dell'estendersi della disoccupazione edei lunghi travagli delle società cosiddette "in transizione. Lo sfruttamento infantile è al tempo stesso conseguenza e causa di povertàe riassume tutte le miserie.Fatica di vivere e lavorare, analfabetismo, malattie e malnutrizione,invecchiamento precoce. E` tempo di rompere questa spirale, che molti siostinano invece a considerare una inevitabile "fase di crescita dellesocietà in via di sviluppo".

SOMMARIO

I prodotti dei bambini

1. Chi, come, dove, quanti.

  • 1.1 Anche la fatica infantile attraversa le frontiere e i secoli.
  • 1.2 Ma il lavoro infantile non è tutto uguale.
  • 1.3 Piccoli continenti.
  • 1.4 Paradosso Irak.
  • 1.5 India, gigante del lavoro infantile.
  • 1.6 Il Brasile: terra di sfruttamento e di sfruttati.

2. Povertà e lavoro infantile.

  • 2.1 Bambini minati.
  • 2.2 Minaccia per gli adulti.
  • 2.3 Società impoverite per sempre.
  • 2.4 Quali vantaggi per la famiglia?
  • 2.5.La povertà senza stato sociale.
  • 2.6 La molla del profitto.
  • 2.7.Meccanismi internazionali.
  • 2.8.Multinazionali sulla pelle (anche) dei bambini.

3. Gli interventi possibili.

  • 3.1. Qualche speranza c'è.
  • 3.2 Prevenire.
  • 3.2.1 Modificando la struttura economica del paese.
  • 3.2.2 Applicando la "clausola sociale interna" proposta da sindacati e movimenti.
  • 3.2.3 Rivedendo i rapporti internazionali.
  • 3.2.4 Con la scuola, purché
  • 3.2.5 Progetti congiunti governi-OIL.
  • 3.2.6 Unione Europea e incentivi commerciali.
  • 3.2.7 La carota, il bastone. Campagna dei sindacati.
  • 3.3 Disincentivare.
  • 3.3.1 Usa. La proposta Harkin di blocco delle importazioni.
  • 3.3.2 Quale clausola sociale commerciale contro il lavoro infantile?
  • 3.3.3 Pressioni popolari sulle multinazionali e codici di autoregolamentazione.
  • 3.3.4 Campagne di boicottaggio di prodotti, marchi di garanzia, commercio equo.
  • 3.3.5 Punibilità del turismo sessuale.
  • 3.4 Riabilitare.
  • 3.4.1 Liberatori di bambini.
  • 3.4.2 Liberatori di famiglie.
  • 3.4.3 Un progetto del governo indiano.
  • 3.4.4 II Club dei bambini lavoratori.
  • 3.4.5 Progetti educativi in America Latina.

I PRODOTTI DEI BAMBINI

MINIERE, CAVE, VETRERIE E FORNACI.

Scenari ottocenteschi se ci si affaccia ai bordi di una miniera d'oroperuviana, dove il 20 % dei lavoratori ha fra gli 11 e i l8 anni e lecondizioni sono durissime. O se si accompagna un piccolo carbonaiobrasiliano in mezzo alla fuliggine. O uno spaccapietre, sovente schiavo perdebiti, di dieci anni, nella cava di Faridabad, India, che rischia didiventare cieco per la polvere e il riverbero. O se si osservano le mani davecchio di un piccolo fabbricante di mattoni a Bogotà O se si cerca direspirare nei 50 gradi di una vetreria indonesiana dove i bambini lavoranoai forni senza protezione.

PROSTITUZIONE

Bambini e bambine avviati alla prostituzione per soddisfare gli appetitisessuali di ricchi turisti e uomini d'affari. 500.000 bambini e bambineprostituti in Brasile (secondo il Ministero degli Affari sociali), 300.000in Thailandia, 100 000 nelle Filippine, 300.000 in India, 50.000 inVietnam, 40.000 in Pakistan.

TE` BANANE PER CONSUMATORI MOLTO LONTANI.

Quanti ragazzi muoiono ogni anno manipolando pesticidi nelle piantagioni?E` raro che la notizia di ragazzini morti intossicati tra le banane -ad esempio - del Centro America, arrivi fino a noi.In Bangladesh, Nepal e India invece sono le piantagioni di té a incorporarelavoro infantile in quantità (in Assam il 70 % della manodopera). Orarienormi, paghe mininime. Ciò consente i profitti altissimi dellemultinazionali del té e delle loro associate locali. Se solo fosserodisposte a rinunciare a una piccola parte dei loro profitti, essepotrebbero aumentare le paghe dei lavoratori senza perdere di competitivitàe in un colpo solo si eliminerebbe il lavoro minorile, la denutrizione el'analfabetismo.

CONCIATI PER LE FESTE

Cairo e dintorni. Nelle concerie lavora una parte dell'1,4 milioni dipiccoli egiziani fra i 6 e i 14 anni. Le condizioni di lavoro sono lestesse da sempre: ma si sono aggiunti molti prodotti chimici e i bambinicontinuano a lavorare a mani e piedi nudi. In India, Brasile o nel Sud-Estasiatico lo spettacolo e più o meno lo stesso.

ABITI, SETA E SCARPE PER CONSUMATORI LONTANI

Sono i prodotti di bassa tecnologia e largo consumo quelli con la cuiproduzione per l'esportazione paesi come Thailandia, Cina, Indonesia eIndia stanno tentando la scalata dello sviluppo industriale. Di mezzo cisono le multinazionali che in genere appaltano il lavoro a ditte locali, lequali a loro volta lo subappaltano a ditte locali, le quali a loro volta losubappaltano a ditte più piccole. In questo "giro" si annida il lavoro deibambini, difficilissimo da scovare. In Indonesia il lavoro minorile èlegalizzato (ma solo per 4 ore al giorno) e le piccole tute bludell'industria manifatturiera sono almeno 300.000. Per salari bassissimibambini e bambine lavoratori di 10-l2anni, assunti al posto dei genitori,vivono lontano dalle famiglie. Nel 1991 è stata denunciata la presenza dipiccoli al lavoro anche nelle fabbriche che producono costose scarpe per lafamosa multinazionale Nike, che fa i propri bilanci lesinando la lira ailavoratori e spendendo miliardi in pubblicità Un'altra marca famosa, laAdidas, ha trasferito la produzione in Asia, chiudendo tutti glistabilimenti europei.

L'INCUBO DEI GIOCATTOLI

Sull'etichetta ci sarà pure scritto Mattel o Chicco; ma ormai l'80% deigiocattoli di tutto il mondo è fatto in Cina (dove lo stesso Ministero dellavoro si è detto preoccupato per la situazione dei bambini), Thailandia eIndonesia. Bambini che per 12 ore si trovano a contatto con plasticainfiammabile, in ambienti surriscaldati, con poco cibo e dormendo incapannoni-ghetto.Nel 1993 due fabbriche di giocattoli, in Thailandia e Cina, hanno presofuoco.Centinaia le vittime, tra cui molte ragazzine. Una delle due fabbricheproduceva per la Chicco.Contro i giocattoli indiani e in corso la Toycott Campaign (toy=giocattolo).

TAPPETI PER L'ELEGANZA DI CASE MOLTO LONTANE

Un milione di bambini tessono tappeti su decine di migliaia di telai sparsifra il Pakistan, l'India e il Nepal. Antiche ditte di esportazione sirivolgono a intermediari locali che a loro volta girano l'ordine aiproprietari di telai. Questi poi affidano il compito a tessitori cheproducono con l'aiuto di alcuni salariati. Molti gli intermediari, e tuttivogliono guadagnarci.Rifacendosi sui dipendenti finali, che spesso sono bambini: preferiti nonsolo per via delle piccole dita molto adatte al lavoro, ma anche perché gliadulti non sono disposti a farsi sfruttare proprio fino all'osso.I bambini non hanno scelta. Prelevati da lontani villaggi con l'inganno dibuone prospettive e con la corresponsione di un anticipo agli ignari epoverissimi genitori, vengono imprigionati in stanzette anguste, con pocaluce, a rovinarsi ossa e vista dietro un telaio fabbricando nodi su filiben tesi, dormendo poi nello stesso locale in mezzo alla polvere, nutritimale. Quando si tagliano la ferita viene bruciata con un fiammifero per nonsporcare i tappeti di sangue.

DOMESTICI DELLE FAMIGLIE RICCHE.

Non li vede nessuno ma sono a milioni i piccoli domestici, dai 6 anni inpoi, molto spesso pagati solo con il cibo - poco e diverso da quello deipadroni - e maltrattati.Ad esempio sono 100.000 i bambini resteaveck (resta con) haitiani, che lefamiglie rurali povere affidano ai cittadini. A volte questi piccoliservitori vengono portati all'estero dai padroni. Questo fenomeno e statorilevato nel 1994 dall'associazione Anti-Slavery International che hadenunciato famiglie di diplomatici di stanza in Svizzera e Francia.

SCHIAVI PER DEBITI.

In India, Pakistan, Brasile, Perù, Haiti una famiglia povera che siindebita rischia forte: prende un prestito da un usuraio e si ritrova alavorare finche non ha ripagato il debito. Ma gli interessi sono troppoalti e la condizione di schiavitù si tramanda di padre in figlio, inagricoltura, nelle cave, nelle fornaci o nelle miniere, sui tappeti, nellevetrerie o nelle fabbriche di fiammiferi. II tutto a dispetto dei divietiprevisti dalla legge. In Pakistan si stima che siano 8 milioni i bambini inschiavitù, su 20 milioni di adulti.

FRA RIFIUTI E TRAFFICO.

80 milioni di bambini lavorano per strada, anche se i più hanno una "casa".Alla periferia Manila sono in l2. 000 a scalare la montagna "fumante" (dirifiuti) per selezionare il minimo residuo utile. Lo stesso avviene nellevie e nelle discariche di tutte /e città del Terzo mondo. Un lavoro adestremo rischio sanitario che attira il disprezzo su chi lo svolge. Altrifanno i giornalai, i lavavetri o i lustrascarpe. Altri ancora, in Asia,fanno gli asini: trasportano esseri umani e merci sul risciò, sfruttati dalproprietario del medesimo.

1. Chi, come, dove, quanti.

1.1 Anche la fatica infantile attraversa le frontiere e i secoli.

Oggi in Colombia Pedro Faustina Rincon, otto anni, la metà di quanti nedovrebbe avere se le leggi fossero rispettate, lavora duramente in unaminiera di Bogotà Ebbene, 110 anni fa tanti Pedro Faustina Rinconvivevano, forse ancora più sfruttati, nelle miniere francesi.Era l'anno in cui Emile Zola, dopo una approfondita indagine sul terreno -anzi nel sottosuolo - pubblicò "Germinal", libro denuncia che descrive illavoro spaventoso di uomini e bambini minatori costretti ad arrampicarsi incunicoli senz'aria. Lydie, dieci anni, lo stupiva per la sua forza di magraformichina in lotta contro un peso troppo grosso. "Un lavoro da galere, cisi lasciava la pelle talvolta, e per che cosa? Si mangiava, ma poco, quantobastava per soffrire senza crepare, schiacciati dai debiti, perseguitaticome se il pane lo si fosse rubato".II 28 marzo 1882 in Francia l'istruzione primaria diventa obbligatoria egratuita e questo, insieme alle conquiste dei lavoratori adulti, si rivelail miglior rimedio contro il lavoro dei bambini.Ma in giro per il mondo, dopo 110 anni, lo sfruttamento dei bambinipersiste.Concentrati in Asia, Africa e America Latina più di cento milioni dibambini fra i 5 e i 15 anni (a seconda dei parametri di calcolo anche 150milioni) si alzano presto, mangiano un po' di zuppa della sera prima epartono ad affrontare una giornata di lavoro che può durare anche 18 ore eche nel 50% dei casi è malsana e pericolosa.All'inizio degli anni '80 l'Organizzazione Internazionale del Lavoro(organo tripartito formato da rappresentanti dei governi, dei sindacati edegli imprenditori) e l'Unicef si tenevano sugli "oltre 50 milioni". Ma nelfrattempo la situazione della maggior parte dei paesi si è deteriorata el'aumento della disoccupazione e sottoccupazione adulta ha contribuito,paradossalmente ma non troppo, a gonfiare il numero di bambini lavoratoriper necessità di famiglia.Lo spartiacque legale è fissato ai 15 anni, et... minima di ammissione allavoro stabilita dalla convenzione dell'OIL n.138 del 1973. firmata dadecine di stati.

1.2 Ma il lavoro infantile non è tutto uguale.

La stessa Unicef (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'infanzia) fa unadistinzione netta fra due categorie di bambini lavoratori:- quelli che aiutano all'interno della famiglia contadina o artigiana chelavora in proprio, e per povertà e mancanza di infrastrutture e garanziesociali ha bisogno di braccia infantili. Il bambino può lavorare qualcheora e andare a scuola o in altri casi lavora tutto il tempo, ma non si puòparlare di sfruttamento, solo di miseria;- quelli che vengono sfruttati da un padrone, magari una multinazionale.Ugualmente occorre distinguere fra i casi meno gravi - il lavoro per alcuneore, in settori che non pregiudicano la salute e la crescita - e quelli piùgravi, cioé il lavoro a tempo pieno e in condizioni di nocività 1.3 Piccoli continenti.E l'Asia il continente dove il lavoro infantile è non solo numericamentemaggiore, ma rappresenta un vero modello produttivo. Senza considerare illavoro agricolo svolto dai bambini nell'ambito di un'economia familiare disussistenza, i bambini asiatici si dedicano a ogni tipo di produzione, ingenere nel settore cosiddetto informale, cioé del lavoro nero e disubappalto: piantagioni, concerie, cave, miniere, laboratori tessili e digiocattoli, fornaci, edilizia, commercio, lavoro domestico e selezione deirifiuti. Contribuisce non poco a questo fenomeno la delocalizzazioneoperata dalle multinazionali occidentali in vari settori produttivi. InAsia si concentra il maggior numero di stati in cui il lavoro infantile,almeno oltre i 12 anni, è permesso.In Africa lavora un bambino su tre, ma prevalentemente nell'agricolturafamiliare e nel piccolissimo commercio. II degrado dell'economia - conl'aumento del debito estero, la caduta dei prezzi dei prodotti di base e lariduzione delle spese sociali - ha favorito il lavoro infantile nel settoreinformale.In America Latina lavora il 15 - 20 % dei bambini al di sotto dei 15 anni enon pochi di loro sono anche ragazzi di strada. In agricoltura - perl'autoconsumo o nelle piantagioni - ma anche nelle miniere e nellefabbriche d'abbigliamento delle zone franche le cosiddette aquilladoras,del Centramerica.Sorpresa Stati Uniti. Un rapporto del Dipartimento del lavoro statunitensesul lavoro infantile nel mondo tace per carità di patria sul solo casostatunitense...ma l'OIL ha calcolato che lavorano il 28% dei ragazzi dimeno di 15 anni.Sorpresa Europa. Gli ultimi anni di crisi, con la riduzionedell'occupazione e quindi del reddito degli adulti, hanno portato a unaripresa del fenomeno anche nella stessa Gran Bretagna, che fu il primopaese a regolare il lavoro infantile nel 1833. In Portogallo lavora il 5 %dei ragazzini fra i 12 e i 14 anni, e nel 1993 una legge ("vergognanazionale" per i sindacati) ha preso atto della realtà permettendo illavoro infantile purché "leggero". In seguito l'Unione Europea ha emanatouna direttiva che permette il lavoro infantile stagionale e nell'ambitodell'attività familiare. In Francia non sono pochi, inoltre, i piccoliturchi o indiani tamil che dormono sui tessuti che taglieranno il giornodopo. L'Italia è sempre più un caso patologico.Novit... Europa dell'Est. "Lo spaventoso degrado economico ha portato moltiragazzi a lavorare nelle strade: lavando i vetri si guadagna quanto untecnico informatico, allora perché andare a scuola?" osserva il mensilefrancese Alternatives Economiques.

1.4 Paradosso Irak.

Ricerche dell'UNICEF e dell'Università di Baghdad rilevano che circa il 30% dei bambini ha abbandonato la scuola e lavora. Una realtà completamente nuova che è conseguenza dell'embargo internazionale che dura del 1990.

1.5 India, gigante del lavoro infantile.

Insieme, non a caso, a uno dei più elevati tassi di analfabetismo al mondo, l'India ha il maggior numero assoluto di lavoratori fra i 4 e i l4 anni. Ilgoverno dice l7 milioni, l'0IL 45 ma per Swami Agnivesh del Fronte per laliberazione dal lavoro schiavistico, alla fine del 1994 erano circa 60. Unalegge del 1986 proibisce ai minori di 14 anni le attività più pericolose onocive e regolamenta le altre. Ma la scarsità di mezzi, la polverizzazionedelle unita produttive informali e la corruzione ostacolano i controlli.L'Asian Labour Monitor ha calcolato che i bambini, appartenenti in genere afamiglie di rurali senzaterra, producono circa un quinto del prodottointerno lordo indiano in agricoltura, miniere, cave, fornaci, concerie,fabbriche tessili, seterie, telai per tappeti, laboratori di fiammiferi,sigarette e fuochi d'artificio, vetrerie, e nel gigantesco settore informale urbano, con la raccolta dei rifiuti, il trasporto di pesi e ilpiccolissimo commercio. Almeno 5 milioni sarebbero anche schiavi - forzaticioè a non lasciare il posto di lavoro, e non pagati - per debiti contrattidalle famiglie oppure perché ai genitori e stato pagato un anticipo sulloro lavoro. La Corte Suprema indiana considera ormai schiavistico tutto illavoro dei bambini, non solo perché sono impossibilitati a scegliere, maperché non percepiscono il salario minimo stabilito per legge. L'India è anche accusata, come altri paesi, di praticare nelle sue produzioni perl'esportazione una concorrenza sleale basata sullo sfruttamento. Ma dal1994 il governo indiano, anche su pressioni internazionali, sta mostrando buona volontà

1.6 Il Brasile: terra di sfruttamento e di sfruttati

Come essere l'ottava potenza del mondo, avere un reddito medio pro capitedi 4.951 dollari, un serbatoio immenso di risorse e... 34 milioni dipoveri. Non ci si può stupire: è il paese forse più ingiusto di questomondo, con il 2 % degli abitanti a controllare il 60 % delle terre e ibraccianti a lavorare per dieci ore al giorno per sette giorni lasettimana.Cosi non solo ha 10 milioni di bambini di strada, ma, secondo l'Istitutobrasiliano di geostatistica, nelle dieci principali città vede lavorare il35 % (si tratta di circa due milioni) dei bambini fra 5 e 9 anni membri difamiglie con reddito inferiore al minimo. Nelle zone rurali lavorano invece7 milioni di bambini e ragazzi al di sotto dei 17 anni, occupati fral'altro nelle piantagioni di canna da zucchero. La Confederazione deilavoratori agricoli (CONTAG) ha denunciato inoltre nel 1994 l'esistenza di40.000 bambini schiavi per debiti familiari. Una parte di questi lavora conla famiglia nelle terribili fabbriche di carbonella del Carajas. Chi scappaprima di aver pagato un debito - che peraltro non si estingue mai - vieneucciso.Una ricerca del sindacato CUT ha verificato una presenza pari al 30 % diunder 14 nel settore tessile e calzaturiero da esportazione.

2. Povertà e lavoro infantile.

Non s'è mai visto un bambino benestante lavorare. L'intreccio fra povertàdella famiglia e lavoro dei bambini è evidente. Ma la Coalizionesud-asiatica contro la schiavitù infantile sostiene che il lavorodipendente dei bambini - manodopera a buon mercato, remissiva e vulnerabile- è anche causa, e non solo conseguenza, di povertà sociale e individuale.Un bambino, un futuro adulto, la sua famiglia e il suo paese vengonosvenduti per 10.000 lire al mese.

2.1 Bambini minati.

Analfabetismo a vita. Se gli rimane tempo e non è troppo stanco, mentrelavora il bambino potrà frequentare qualche scuola informale, ma non avrà nemmeno un diploma elementare. Analfabeta, non potrà difendere i propri diritti, anche dilavoratore adulto.Salute minata. Prima di tutto dalla stanchezza. Riassume Narain Singh Rao,attivista indiano per i diritti dei minori: "Se io che ho trent'anni avessiiniziato a lavorare a 8, adesso sarei ridotto come i miei amici d'infanziache l'hanno fatto. Sarei curvo e stanco, magari con la TBC; circa l'80 %dei pazienti tubercolotici degli ospedali indiani sono stati bambinilavoratori. L'esposizione continua a polveri, prodotti chimici, alte temperature e magari scarsa luce (o troppa) danneggia gli organi respiratori, gli occhi, il fegato, i reni".Portare pesi o assumere posture forzate molto a lungo può pregiudicare losviluppo osseo e la crescita. I rumori eccessivi causano sordit... parziali.L'esposizione alle sostanze tossiche può avere gravi conseguenze.Danni psicologici. l'assenza di gioco o riposo, l'eventuale lontananza dalla famiglia non possono che avere ripercussioni negative sulla psicheinfantile. Devastanti e senza ritorno sono poi gli effetti fisico-psicologici della prostituzione infantile.

2.2 Minaccia per gli adulti.

L'OIL ricorda che il ricorso a bambini lavoratori sottopagati va di pari passo con la disoccupazione degli adulti e con una distribuzione ineguale della ricchezza.Senza bambini a disposizione per le piantagioni e le fabbriche, il lavoro dovrebbe essere dato agli adulti i quali, eliminata quella concorrenza imbattibile, avrebbero anche un maggior potere di rivendicazione salariale e sociale. Non a caso il lavoro infantile è diffuso soprattutto presso quella comunità dove gli adulti riescono a lavorare solo saltuariamente ocomunque con salari inferiori al minimo sindacale.

2.3 Società impoverite per sempre.

L'equazione "bambini=braccia da lavoro", abbinata all'alto tasso dimortalità infantile, incentiva le nascite numerose rinnovando la spirale dipovertà.Le nazioni erediteranno un'altra generazione di lavoratori a basso reddito,senza professionalità specifiche, analfabeti, magari debilitati oaddirittura invalidi. Altro che alleviare la povertà.Un bambino produce ricchezza quasi quanto un adulto ma viene remuneratomolto meno, in genere un terzo. Far lavorare adulti sindacalizzatisignificherebbe invece aumentare l'infimo potere d'acquisto delle famigliee dare chance a uno sviluppo endogeno, trainato dal mercato interno.

2.4 Quali vantaggi per la famiglia?

Ben pochi, se una ricerca dell'Unicef in America Latina evidenzia comegrazie al lavoro dei figli piccoli, il potere d'acquisto della famiglia aumenta al massimo del 10-20%: si rimane nella povertà.Anche senza parlare dei casi in cui alla famiglia viene corrisposto solo un anticipo e poi il bambino lavora gratis, è difficile che un baby lavoratoresotto padrone guadagni più dell'equivalente di qualche chilo di riso alla settimana.

2.5 La povertà senza stato sociale

E' vero che solo i bambini di famiglie povere lavorano, in situazioni sociopolitiche prive di meccanismi di salvaguardia sociale. Non c'entratroppo invece il livello di povertà globale di una nazione, come dimostranoil brutto esempio del ricco Brasile e il bell'esempio del modesto statoindiano del Kerala, felice eccezione del subcontinente.A partire dalle prime elezioni del 1957 fino a poco tempo fa, il Kerala haavuto un governo "speciale", sensibile verso i temi sociali e impegnato agarantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali. Realizzandola riforma agraria, aumentando il salario minimo e investendonell'istruzione obbligatoria e nella sanità, ha portato a una situazione incoraggiante, capovolta rispetto al resto dell'India.Anche l'esempio dell'isola di Cuba è indicativo: nonostante ledifficilissime condizioni economiche, sono state mantenute le conquiste sociali e là i bambini non lavorano.Lo sfruttamento infantile è in stretta correlazione con le ingiustizie distributive e aumenta quando la gente è lasciata sola ad affrontare la suapovertà. Senza scuola e sanità gratuite, senza sicurezza sociale, persoddisfare i bisogni di base le famiglie devono chiedere a tutti icomponenti di darsi da fare per sopravvivere. Non per nulla quando unasituazione economica si degrada e aumenta la disoccupazione adulta, vienein soccorso il reddito sia pure limitato derivante dal lavoro dei bambini.Succede anche nei paesi europei e succede in Iraq, dove con l'embargo illavoro infantile è raddoppiato.

2.6 La molla del profitto.

Le imprese preferiscono i bambini perché si possono sfruttare meglio. Laquasi totalità dei conciai del Cairo ammette candidamente che cercherebbedi far lavorare bambini anziché adultianche in presenza di leggi più restrittive.I governi sono spesso complici diretti o indiretti: è loro responsabilitàse i lavoratori adulti percepiscono salari insufficienti a mantenere lafamiglia (lo stesso salario minimo legale, nella maggior parte dei paesigarantisce un potere d'acquisto infimo); se esistono 180 milioni dicontadini capifamiglia senzaterra che al mattino si alzano senza sapere bene come rimediare la minestra del giorno; e se i poveri sono tremiliardi. Alcuni governi del Terzo mondo sostengono che il lavoro dei bambini è appunto una malattia infantile delle società povere e credono chei paesi occidentali siano diventati ricchi grazie a questo sfruttamento. E`invece vero il contrario.

2.7 Meccanismi internazionali.

II debito estero grande colpevole. A tutti i popoli sudditi di governiindebitati del Sud i cosiddetti programmi di aggiustamento strutturale delFondo monetario internazionale e della Banca mondiale chiedono di lavoraremolto, vendere molto e consumare poco, per accumulare un grande avanzonecessario a ripagare il debito.Ci_ significa un aumento dei livelli di sfruttamento dei lavoratori e delterritorio, per produrre a costi minori rincorrendo i mercatiinternazionali. E significa anche dare un taglio a quelle spese sociali -per la scuola, la sanità - che permetterebbero alle famiglie disopravvivere pur con un reddito limitato.

2.8 Multinazionali sulla pelle (anche) dei bambini.

"La corsa alla competitività chiederà un giorno alla stessa Europa di fartornare a lavorare i bambini in massa: bella vittoria!" ironizza il mensileLe Monde diplomatique.La bibbia della competitività internazionale si basa sulladelocalizzazione, nuovo fenomeno nella lotta del capitale contro il lavoro.Se per risparmiare sui costi le imprese di alcuni settori sostituiscono ilavoratori con le macchine, in altre produzioni è più conveniente spostarela produzione laddove i lavoratori sono meno esigenti e i governi piùaccondiscendenti.Le società multinazionali (qui di seguito abbreviate in TNC) preferisconochi accetta di lavorare per 80 ore la settimana e un pugno di centesimi didollaro all'ora. E poi spendono cifre enormi in pubblicità per contendersiun mercato limitato di consumatori - non più di un miliardo e mezzo - datoche per certi prodotti l'immagine fa vendere più del prezzo basso.Oltre alle tradizionali produzioni tropicali, i comparti industriali piùsemplici - tessili, cuoio, giocattoli ed elettronica soprattutto - prendonoil volo lasciando vuote le fabbriche europee pertrasferirsi verso paesi asiatici, latinoamericani e nordafricani. Glistrumenti sono vari: le zone franche che offrono alle TNC condizioni moltovantaggiose e piena libertà di manovra, gli appalti ad aziende locali, isubappalti e i subappalti dei subappalti, per i quali aziende sempre piùpiccole e alla fine lavoratori a domicilio producono per la grandecommittente. E’ in questa catena che si annida il lavoro infantile.

3. Gli interventi possibili.

3.1 Qualche speranza c'è.

Fino a dieci anni fa per i governi era un "no problem". Ora il dibattito èacceso.Lottare contro il lavoro infantile, a cominciare dalle sue forme piùaberranti (lavori pericolosi, a tempo pieno e sotto padrone), significacostruire uno zoccolo minimo di difesa dei diritti sociali per bambini eadulti di oggi e di domani. Non è facile convogliare in una stessadirezione l'impegno necessario di soggetti disparati: stati, organizzazioniinternazionali, sindacati, consumatori o perfino imprenditori omultinazionali.Le opinioni sono diverse, a partire dalla alternativa: divieto totalesubito o regolamentazione? I sostenitori della prima ipotesi accusano glialtri di eccessivo pragmatismo (perché "lo sfruttamento dei bambini vaabolito e basta, cosi riducendo lo stesso sfruttamento degli adulti"); isecondi accusano i primi di utopismo (perché "la questione vera è porrefine allo sfruttamento da parte di nazioni e classi sociali; nel frattempomeglio un bambino che lavora e mangia che uno affamato").C'è logica in entrambe le posizioni; l'ipotesi "divieto totale",accompagnata però da interventi che migliorino il reddito dei genitori, bensi attaglia ai casi di lavoro sotto padrone in condizioni di rischio enocività La seconda (abolizione come risultato di un cammino di sviluppo)si adatta alla grande percentuale di bambini che lavorano aiutando igenitori in un'economia povera agricola o artigianale. Dove in effetti nonservono leggi e ingiuste punizioni, ma interventi di riforma agraria,piccola meccanizzazione collettiva, garanzia dei prezzi al produttore,pensioni e sanità di base, infrastrutture, acqua potabile ed energia vicinoai villaggi, e naturalmente istruzione di base gratuita e disponibile.Ci_ premesso, gli interventi sul fronte del lavoro infantile si possonoraggruppare in tre tipologie.

3.2 Prevenire

Modificando la struttura economica del paese.Gli investimenti sociali sembrano passati di moda... Ma spendendo in diecianni 25 miliardi di dollari (meno di quanto gli americani spendono in birrae gli europei in vino in 2 anni), secondo i calcoli del rapporto Unicef1993 si potrebbero dotare tutte le comunità di acqua potabile, sanità eistruzione di base: un "pacchetto" che ridurrebbe la fatica dei bambini chesi occupano dell'acqua e della legna, o procurano quel piccolo redditoindispensabile a coprire ad esempio le spese sanitarie.è? a interventi di giustizia, chiedono le campagne contro il lavoroinfantile: garantire adeguate condizioni di vita e potere d'acquisto allefamiglie fornendo sicurezza sociale, attuando la riforma agraria,aumentando le possibilità di occupazione per gli adulti, garantendo ildiritto alla casa.Anche nel caso dei paesi del Nord afflitti dalla piaga del baby-lavoro èindispensabile ripartire più equamente le risorse e il lavoro disponibile,e non smantellare lo stato sociale.Applicando la "clausola sociale interna" proposta da sindacati e movimenti."Per evitare al tempo stesso la fame e il lavoro dei bambini bisognaaumentare le paghe dei genitori" sostiene fra gli altri Rosaline Costadella Commissione giustizia e pace del Bangladesh. Questa posizione accomuna sindacati e movimenti del Sud e del Nord del mondo, divisi invecesull'opportunità di promuovere azioni di pressione, "ricatti" commerciali oiniziative di boicottaggio nei confronti dei paesi colpevoli. C'è lanecessita di garantire diritti elementari nell'ambito del lavorodipendente, che nel Sud del mondo è "nero" al 70-80 % e basato sullosfruttamento degli stessi adulti, costretti quindi a far integrare aibambini il reddito familiare. II divieto di lavorare al di sotto di unacerta età non può diventare operativo se agli adulti viene corrisposto unsalario al di sotto di quello minimo legale, se quest'ultimo non vienerivisto verso l'alto - per esempio il sindacato indiano CITU ne chiede unaumento del 50 % - e se l'assistenza malattia e vecchiaia non vengonogeneralizzate. E dunque indispensabile applicare standard minimi dirispetto dei lavoratori.La maggior parte dei paesi ne sono ben lontani e in molti casi isindacalisti che la sostengono vengono incarcerati, ostacolati in ognimodo, uccisi.Rivedendo i rapporti internazionali.Ma i governi del Sud, spesso restii a modificare lo status quo, avranno buon gioco nel sostenere di non poter fare nulla sul piano sociale perchéstretti fra l'incudine del debito e il martello della competitività internazionale. Potranno dire che con l'aggiustamento strutturale li hannoobbligati a tagliare le spese sociali e a permettere la corrosione dei già magri salari di operai e braccianti.L'opinione pubblica e le organizzazioni sociali e politiche del Nord del mondo hanno quindi il compito di influenzare le politiche internazionali -commerciali e di cooperazione - dei rispettivi governi:
  • per una cooperazione Nord-Sud fondata sugli investimenti sociali anziché sugli affari delle imprese occidentali e sulle connivenze con le Slites delTerzo Mondo. Al Vertice Sociale di Copenaghen (marzo 1995) è stata adottatala proposta cosiddetta 20:20, per la quale il 20 % dei fondi spesi dal Nordper la cooperazione dovrebbe essere destinato a progetti sociali. Da parteloro, i governi del Sud dovrebbero investire il 20% del proprio bilancionello stesso tipo di investimenti umani.
  • per cambiare la politica commerciale. Richiederà tempi lunghi la stipula di accordi internazionali che prodotto per prodotto regolamentino lequantità e il livello dei prezzi, cosi da garantireun reddito adeguato anche ai produttori del Terzo Mondo.- per costringere le multinazionali a rispettare i lavoratori e nonutilizzare bambini nella produzione.
Con la scuola, purchè...La scolarità obbligatoria fino ai 14-16 anni è condizione necessaria etappa obbligata per l'abolizione o la riduzione del lavoro infantile.Ma non si pu_ pretendere che genitori poveri paghino libri, matite evestiti per mandare i figli in una scuola lontana chilometri. Le scuoledovrebbero essere del tutto gratuite, facilmente raggiungibili (mentresoprattutto in Africa, con la crescita demografica e la carenza diinvestimenti sociali, il tragitto scuola-casa si allunga ogni anno), utili(preparare a una professione) e - elemento importantissimo - garantire unpasto a tutti gli alunni.In Sri Lanka, dove la scuola è del tutto gratuita e comprende un pasto, illivello di alfabetizzazione è molto più alto rispetto alla mediasud-asiatica.Una soluzione intermedia potrebbe essere quella di permettere, con oraridifferenziati, che bambini al lavoro per quattro ore al giorno possanofrequentare la scuola normale. Se non sono troppo stanchi.Progetti congiunti governi-OILNel 1992 l'Organizzazione Internazionale del Lavoro ha lanciato ilprogramma IPEC, con l'obiettivo di eliminare il lavoro dei bambini al disotto dei dodici anni e quello in condizioni di schiavit- e dipericolosità, migliorando le condizioni degli altri ragazzi lavoratori aldi sotto dei 15 anni, ma cercando di costruire l'uscita dalla produzioneanche per questi ultimi.II progetto IPEC chiede la collaborazione di governi, sindacati,associazioni non governative, famiglie e imprenditori ed è già partito neiprincipali stati a "rischio": India, Brasile, Filippine, Thailandia,Egitto, Bangladesh, Filippine, Indonesia, Kenya, Turchia. In sintesi IPECprevede: pressione sugli stati affinch' adottino strumenti legislativiefficaci nel campo del divieto del lavoro infantile e parallelamentedell'applicazione dell'obbligo scolastico;sensibilizzazione delle famiglie sui danni del lavoro infantile;interventi di riabilitazione sanitaria ed educativa di ex bambinilavoratori, miglioramento delle condizioni di coloro che tuttora producono.Ma, ammette l'OIL, IPEC non ha le risorse per fornire istruzione a lungotermine misure di assistenza sociale, creazione di reddito per le famiglie,eccetera. Le risorse scarseggiano per lo stesso progetto IPEC: i governioccidentali non si sono dimostrati molto generosi. Fanno eccezione ilgoverno tedesco e quello spagnolo.

Unione Europea e incentivi commerciali

Sollecitata anche dal Parlamento europeo - in particolare dalla risoluzionedel 9 febbraio 1994 che chiede la messa a punto di meccanismi di controllonella fabbricazione dei prodotti e nella loro commercializzazioneinternazionale, di accordi fra imprese produttrici per creare marchi digaranzia sociale e di un aiuto allo sviluppo economico e sociale che frenii fenomeni di sfruttamento anche dei bambini nei paesi terzi - l'Unioneeuropea ha introdotto nel 1994 uno sprone ai suoi partner commerciali invia di sviluppo, associati all'Unione nel cosiddetto "Sistema delleprefernze generalizzate". A partire dal 1988 speciali incentivi,cioé ulteriori riduzioni tariffarie rispetto a quelle già in vigore, saranno applicati a quei paesi che ne faranno richiesta documentando - attraversoun sistema di certificazioni seguite da controlli - il rispetto nel paese di una clausola sociale implicante il non ricorso al lavoro infantile, lalibertà sindacale e alcune altre garanzie previste da convenzioni dell'OIL.Accanto alla clausola sociale e stato introdotto un abbozzo di clausolaambientale.Non è chiaro dal testo se il paese postulante debba dimostrare il rispettodella clausola sociale anche nelle produzioni per il solo mercato interno.Probabilmente la scelta si farà cammin facendo, con l'apporto delle partisociali.

La carota, il bastone. Campagna dei sindacati.

II sindacato internazionale ICFTU (Confederazione dei sindacati liberi),che ormai riunisce la maggior parte dei rappresentanti dei lavoratoridipendenti di tutto il mondo, fra cui le italiane CGIL-CISL-UIL, halanciato nel 1994 una campagna contro il lavoro infantile che propone treassi di intervento: prevenire, scoraggiare, recuperare. Chiedendo quindi aipaesi sviluppati di assistere anche economicamente le azioni dimiglioramento delle condizioni di vita e lavoro dei cittadini dei paesi invia di sviluppo. Proponendo programmi di aiuto alle famiglie per rimuoveresubito gli under 12 dai luoghi di lavoro ed evitare altri "reclutamenti".Ma anche chiedendo alla comunità internazionale di far pressione sugliimprenditori e sui governi con denunce, minacce di sanzioni e di perdita dei privilegi commerciali, boicottaggi - a cominciare dai prodottirealizzati dai bambini in condizioni di schiavit-.

3.3 Disincentivare.

La campagna dell'ICFTU "Stop al lavoro infantile" rientra in quella perl'applicazione generalizzata della "clausola sociale", al fine di garantireil rispetto mondiale di alcune convenzioni dell'OIL (fra cui la 138, la 87e la 98 sulla libertà sindacale) legandolo agli stessi rapporti commercialiinternazionali. Questi ultimi sono ora cos? intessuti di competitivitàspinta (abbattimento dei costi sociali e ambientali, il cosiddetto dumpingsociale ed ecologico) da seguire un indegno cammino a ritroso nel rispettodei lavoratori e dell'ambiente.Secondo l'APRO, sindacato degli affiliati asiatici dell'ICFTU, "non ènecessaria una clausola protezionista, ma un vincolo per evitare cheimprenditori locali e multinazionali persistano con una forma di commerciomondiale basato sulla violazione dei diritti dei lavoratori e sul loroimpoverimento, con una conseguente contrazione del potere d'acquistointerno, causa di povertà e di altra disoccupazione e sottoccupazione".Il meccanismo della clausola sociale collegata agli scambi internazionaliprevederebbe che l'OIL e la nuova Organizzazione Mondiale del Commercio(OMC) controllino le violazioni da parte dei governi e delle imprese,comminando inizialmente la sospensione di benefici non tariffari attribuitiai paesi in oggetto, e imponendo poi, in caso di violazione reiterata, unatariffa doganale maggiorata come disincentivo. Con questo meccanismo non sigiustificherebbero più sanzioni unilaterali (quali gli embarghi selettivipraticati abitualmente dagli Stati Uniti per ragioni essenzialmentepolitiche).La campagna sindacale Stop ai baby lavoratori allinea alle posizioni dimolti movimenti del Nord e del Sud la quasi totalità dei sindacati di tuttoil mondo, esclusi i sindacati indiani, nelle seguenti proposte:- a livello nazionale: istruzione obbligatoria (gratuita, utile e integratada pasti); sostituzione dei bambini con i genitori laddove possibile;rafforzamento delle leggi che proibiscono il lavoro infantile e deicontrolli relativi, nonch' introduzione di leggi che vietino l'importazionedi prodotti fabbricati con il lavoro dei minori; sensibilizzazionedell'opinione pubblica; campagne pubbliche che citino le imprese chesfruttano i bambini;- a livello internazionale: ratifica della convenzione 138 dell'OIL;inserimento di una clausola sociale positiva nel commercio internazionale;marchi sociali di garanzia per i prodotti, a cominciare dai tappeti,pressioni sulle multinazionali.Cosi come quella tedesca sui tappeti fatti da bambini schiavi, la campagnamondiale sindacale ha già avuto effetti: il governo indiano ha lanciato unprogramma che prevede fra l'altro di pagare i genitori più poveri purch'ritirino i bambini dal lavoro dipendente; il governo del Bangladesh hadichiarato di voler vietare il ricorso al lavoro infantile per evitareboicottaggi occidentali; il governo filippino ha aperto delle inchieste.

Usa. La proposta Harkin di blocco delle importazioni.

Ma i timori dei governi sono legati anche (forse soprattutto) alla propostadi legge avanzata nel 1993 dal deputato statunitense Harkin. Sensibilizzatoda una campagna di denuncia popolare sull'allucinante settore dei tappeti,il congressman ha proposto di vietare l'ingresso negli Stati Uniti diqualunque merce che incorpori lavoro di bambini. La legge non è ancorapassata, ma il meccanismo prevede che:il Ministero Usa del lavoro si impegni a effettuare controlli periodici peridentificare qualunque industria straniera (comprese le TNC statunitensi)sospetta, e il paese ospitante;chiunque possa chiedere che si proceda a indagine su un'impresa o su unpaese; durante il periodo di controllo venga vietata l'importazione;inoltre, in relazione all'entrata di un prodotto manifatturiero, che gliimportatori debbano produrre un certificato che attesti la naturachild-free dell'articolo.Fra i produttori di tappeti il panico e stato tale da muoverli ad accettarel'adozione di un marchio "tappeti senza bambini", il Rug-Mark.L'Harkin Bill ha tuttavia un limite intrinseco: pu_ attaccare solo losfruttamento effettuato nelle fabbriche che esportano, non in quelle cheproducono per il mercato interno, salvo fare un blocco-paese generalizzatoche per_ metterebbe tutti nel mucchio, penalizzando anche gli esportatorionesti. Inoltre esso è visto come un provvedimento che passa sulla testadei governi del Sud, i quali quindi non sarebbero molto disposti acollaborare anche in considerazione del fatto che negli Usa stessi ibambini lavoratori sono molto numerosi.Quale clausola sociale commerciale contro il lavoro infantile?Sono contro il collegamento del divieto del lavoro infantile agli scambicommerciali sia la maggior parte dei PVS che alcuni sindacati eorganizzazioni non governative, con motivazioni diverse. Nella DelhiDeclaration (1994) i ministri del lavoro del Sud hanno definitol'iniziativa un modo subdolo di chiudere le frontiere per proteggere leimprese e i lavoratori del Nord dalla concorrenza internazionale.Anche i sindacati dell'India e alcuni movimenti sociali del Sud e del Nordsono contrari al collegamento commercio-diritti dei bambini, per varieragioni:
  • esso si iscrive nel protezionismo generalizzato dei paesi industrializzati;
  • non si incide sull'utilizzo dei bambini nelle produzioni locali;
  • le sanzioni tariffarie colpiscono indiscriminatamente tutti i produttori anche quelli che non utilizzano lavoro infantile;
  • l'Organizzazione Mondiale del Commercio, chiamata ad applicare la sanzione, è una struttura poco democratica che si pu_ prestare A condizionamenti di tipo politico;
  • i controlli sarebbero difficilissimi, soprattutto perché i governi locali non collaborerebbero;
  • anche i paesi del Nord conoscono il fenomeno dello sfruttamento dei bambini;
  • il lavoro infantile e un prodotto della povertà, del debito estero e di meccanismi ingiusti creati in buona misura dallo stesso Nord.
Sono rilievi giusti. In realtà tutto dipende dalle caratteristiche diquesta clausola socio-commerciale, ancora non del tutto chiare. Il dialogofra sindacati, associazioni e tutti coloro che sono davvero interessati aun innalzamento del livello di protezione dei lavoratori dovrebbe tuttaviapoter condurre all'identificazione di una formula che superi i dubbi e sipossa applicare parimenti nei confronti di tutti gli stati (anche quellidel Nord, case-madri di quasi tutte le multinazionali), di tutti i settorie di tutte le imprese, con misure di accompagnamento capaci di evitaresconquassi.Pressioni popolari sulle multinazionali e codici di autoregolamentazioneLa denuncia è un'arma formidabile nei confronti delle imprese, soprattuttodi quelle ben conosciute e facilmente identificabili attraverso il loromarchio, le quali devono abbattere i costi di produzione ma anche teneralta la loro immagine - e per questo spendono tanto in pubblicità. Ledenunce attraverso i mezzi di informazione e lettere di protesta control'impiego del lavoro infantile, collegate ad annunci o minacce diboicottaggio, sono piuttosto efficaci se fatte bene. Ad esempiol'impressione suscitata sui consumatori americani da rivelazioni delsindacato e dello stesso Ministero del lavoro Usa sulle violazioni compiuteda una ditta cinese a cui appaltava la famosa Levi's, hanno indottoquest'ultima a dotarsi di un "codice di autoregolamentazione' che prevedefra l'altro il non ricorso a lavoratori di meno di 14 anni o ancora in etàdi obbligo scolastico, e il rispetto del salario minimo vigente nel paeseda parte delle aziende a cui appalta il lavoro.Non e un grande sforzo, dati i prezzi di vendita dei jeans, ma e meglio dinulla. Talvolta per_ le TNC si danno un codice che poi, per quanto blando,non rispettano, come ha fatto la Nike.Fra le aziende italiane, solo una finora ha concordato con i sindacati uncodice di autodisciplina.I codici, per quanto imperfetti, dimostrano che si pu_ premere sulle TNC eche occorre che i consumatori e i sindacati le controllino da vicino perottenere sempre di più.Campagne di boicottaggio di prodotti, marchi di garanzia, commercio equo.In Italia le campagne di boicottaggio non hanno mai avuto un grandesviluppo: la stessa campagna contro l'acquisto di giocattoli thailandesi equella di pressione sulla Chicco dopo i tremendi incendi del 1993 non hannosortito grandi effetti. Ma si pu_ sempre ritentare! All'esteroun'esperienza che mostra quanto siano determinanti i consumatori riguarda itappeti indiani. A partire dal 1991 alcune associazioni della Germania edegli Stati Uniti (i due principali importatori di tappeti da quell'area)recepirono l'appello della Coalizione sud-asiatica contro la schiavit-infantile e chiesero ai consumatori di comunicare agli importatori che nonavrebbero più comprato tappeti indiani finche non avessero ottenuto lagaranzia che erano stati tessuti senza lavoro di bambini. Le esportazionidi tappeti dall'India calarono, i produttori si allarmarono e un buonnumero di loro accett_ di unirsi nell'associazione Produttori di tappetisenza lavoro infantile e a dotarsi di un marchio - il Rug-Mark - con irelativi rigorosi controlli, attuali da una società di certificazione conla collaborazione di organizzazioni locali e l'aiuto dell'Unicef edell'OIL.I consumatori italiani potrebbero fare un'analoga opera di pressione sugliimportatori, e intanto acquistare i tappeti dhori del commercio equo esolidale, fabbricati da cooperative di adulti che ricevono unaremunerazione più adeguata al costo della vita. Anche per altri prodotti"importanti" già esiste l'alternativa del commercio equo: caffS, te,artigianato, giocattoli...Ma occorre battersi perché anche i produttori privati e le grandimultinazionali cambino un po' rotta.

Punibilità del turismo sessuale

Se tutti gli stati devono dotarsi di un sistema di leggi e sanzioni sullavoro infantile, sono soprattutto gli stati "esportatori di turisti" adoversi dotare di leggi dure contro il fenomeno della prostituzioneinfantile. Oltre a un'azione di sensibilizzazione e al controllodell'operato delle agenzie di viaggio nostrane, occorre introdurre unalegge che permetta di punire per crimine di pedofilia il "turista" ancheuna volta rientrato in patria.

3.4 Riabilitare.

Liberatori di bambini

Primo, liberare i bambini schiavi. Lo fa Kailash Satyarti indiano, con ibambini tenuti come schiavi a tessere tappeti. Kailash ha lavorato per annicon il Fronte di liberazione dal lavoro forzato per debiti e ora si èspecializzato nel recupero dei bambini con la Coalizione sud-asiaticacontro la servit- infantile. Nella cosiddetta "cintura del tappeto", aMirzapur, i bambini costretti al lavoro forzato per l'anticipo versato daldatore di lavoro alla famiglia, vengono identificati e poi liberati conl'aiuto della polizia in avventurosi blitz (ormai molto temuti perchéaccompagnati da una notevole eco sulla stampa). Successivamente vengonoospitati in un centro di riabilitazione o restituiti alla famiglia.Anche nelle Filippine esiste un'organizzazione (KDC) che libera bambinischiavi. Il lavoro inizi_ nel 1992 con bambini tenuti in condizionispaventose all'interno di una fabbrica di sardine. II KDC aiuta anche ibambini liberati a ottenere un risarcimento e a ritornare in famiglia e ascuola.

Liberatori di famiglie

Progetti generatori di reddito, acquisizione di terre per i senzaterra,infrastrutture igienico-sanitarie, scuole, sviluppo dell'economia rurale.Sono tante le organizzazioni sociali che nei tre continenti attaccano lecause del lavoro infantile per prevenirlo, liberando le loro famiglie dallapovertà.

Un progetto del governo indiano

Nel 1994 il governo indiano ha messo a punto una strategia di interruzionedel lavoro in settori pericolosi per due milioni di bambini.Il recupero di ogni bambino costerà circa 100 dollari all'anno (damoltiplicare per il numero di anni necessari a raggiungere l'età minimalavorativa) che serviranno per assicurare un reddito sostitutivo allafamiglia, un aiuto alimentare, sussidi per l'istruzione professionale,oltre alla sensibilizzazione delle famiglie sui danni prodotti dal lavoroinfantile. In cambio le famiglie dovranno impegnarsi a mandare i figli ascuola. Squadre apposite controlleranno le imprese e la frequenzascolastica. Progetti analoghi hanno un piccolo costo unitario ma devonooccuparsi di grandi numeri. Un sostegno da parte della cooperazioneinternazionale sarà quindi necessario.

II Club dei bambini lavoratori

Ci sono anche iniziative di associazioni che non pretendono di eliminare dasubito il lavoro infantile. II Club opera a Bangkok e cerca di aiutare lefamiglie a riprendere a casa i figli lavoratori under 12. Per i piùgrandicelli e i senza famiglia l'orientamento è mantenerli al lavoro,offrendo loro una serie di servizi: formazione professionale, cooperativadi risparmio, biblioteca e cure sanitarie.

Progetti educativi in America Latina

Da anni il progetto peruviano Manthoc organizza e tutela bambinilavoratori, con leader giovanissimi che svolgono un'opera disensibilizzazione anche in altri paesi dell'area, istituendo numerosicentri per l'ospitalità e la formazione di bambini lavoratori e di strada.

3. Gli interventi possibili.

3.1 Qualche speranza c'è.

Fino a dieci anni fa per i governi era un "no problem". Ora il dibattito èacceso.Lottare contro il lavoro infantile, a cominciare dalle sue forme piùaberranti (lavori pericolosi, a tempo pieno e sotto padrone), significacostruire uno zoccolo minimo di difesa dei diritti sociali per bambini eadulti di oggi e di domani. Non e facile convogliare in una stessadirezione l'impegno necessario di soggetti disparati: stati, organizzazioniinternazionali, sindacati, consumatori o perfino imprenditori omultinazionali.Le opinioni sono diverse, a partire dalla alternativa: divieto totalesubito o regolamentazione? I sostenitori della prima ipotesi accusano glialtri di eccessivo pragmatismo (perché "lo sfruttamento dei bambini vaabolito e basta, cosi riducendo lo stesso sfruttamento degli adulti"); isecondi accusano i primi di utopismo (perché' "la questione vera è porrefine allo sfruttamento da parte di nazioni e classi sociali; nel frattempomeglio un bambino che lavora e mangia che uno affamato").C'è logica in entrambe le posizioni; l'ipotesi "divieto totale",accompagnata per_ da interventi che migliorino il reddito dei genitori, bensi attaglia ai casi di lavoro sotto padrone in condizioni di rischio enocività. La seconda (abolizione come risultato di un cammino di sviluppo)si adatta alla grande percentuale di bambini che lavorano aiutando igenitori in un'economia povera agricola o artigianale. Dove in effetti nonservono leggi e ingiuste punizioni, ma interventi di riforma agraria,piccola meccanizzazione collettiva, garanzia dei prezzi al produttore,pensioni e sanità di base, infrastrutture, acqua potabile ed energia vicinoai villaggi, e naturalmente istruzione di base gratuita e disponibile.Ci_ premesso, gli interventi sul fronte del lavoro infantile si possonoraggruppare in tre tipologie.

3.2 Prevenire

Modificando la struttura economica del paese.

Gli investimenti sociali sembrano passati di moda... Ma spendendo in diecianni 25 miliardi di dollari (meno di quanto gli americani spendono in birrae gli europei in vino in 2 anni), secondo i calcoli del rapporto Unicef1993 si potrebbero dotare tutte le comunità di acqua potabile, sanità eistruzione di base: un "pacchetto" che ridurrebbe la fatica dei bambini chesi occupano dell'acqua e della legna, o procurano quel piccolo redditoindispensabile a coprire ad esempio le spese sanitarie.è? a interventi di giustizia, chiedono le campagne contro il lavoroinfantile: garantire adeguate condizioni di vita e potere d'acquisto allefamiglie fornendo sicurezza sociale, attuando la riforma agraria,aumentando le possibilità di occupazione per gli adulti, garantendo ildiritto alla casa.Anche nel caso dei paesi del Nord afflitti dalla piaga del baby-lavoro èindispensabile ripartire più equamente le risorse e il lavoro disponibile,e non smantellare lo stato sociale.

Applicando la "clausola sociale interna" proposta da sindacati e movimenti.

"Per evitare al tempo stesso la fame e il lavoro dei bambini bisognaaumentare le paghe dei genitori" sostiene fra gli altri Rosaline Costadella Commissione giustizia e pace del Bangladesh. Questa posizioneaccomuna sindacati e movimenti del Sud e del Nord del mondo, divisi invecesull'opportunità di promuovere azioni di pressione, "ricatti" commerciali oiniziative di boicottaggio nei confronti dei paesi colpevoli. C'è lanecessita di garantire diritti elementari nell'ambito del lavorodipendente, che nel Sud del mondo è "nero" al 70-80 % e basato sullosfruttamento degli stessi adulti, costretti quindi a far integrare aibambini il reddito familiare. II divieto di lavorare al di sotto di unacerta età non può diventare operativo se agli adulti viene corrisposto unsalario al di sotto di quello minimo legale, se quest'ultimo non vienerivisto verso l'alto - per esempio il sindacato indiano CITU ne chiede unaumento del 50 % - e se l'assistenza malattia e vecchiaia non vengonogeneralizzate. E dunque indispensabile applicare standard minimi dirispetto dei lavoratori.La maggior parte dei paesi ne sono ben lontani e in molti casi isindacalisti che la sostengono vengono incarcerati, ostacolati in ognimodo, uccisi.

Rivedendo i rapporti internazionali.

Ma i governi del Sud, spesso restii a modificare lo status quo, avrannobuon gioco nel sostenere di non poter fare nulla sul piano sociale perchéstretti fra l'incudine del debito e il martello della competitivitàinternazionale. Potranno dire che con l'aggiustamento strutturale li hannoobbligati a tagliare le spese sociali e a permettere la corrosione dei giàmagri salari di operai e braccianti.L'opinione pubblica e le organizzazioni sociali e politiche del Nord delmondo hanno quindi il compito di influenzare le politiche internazionali -commerciali e di cooperazione - dei rispettivigoverni:
  • per una cooperazione Nord-Sud fondata sugli investimenti sociali anziché sugli affari delle imprese occidentali e sulle connivenze con le Slites delTerzo Mondo. Al Vertice Sociale di Copenaghen (marzo 1995) è stata adottatala proposta cosiddetta 20:20, per la quale il 20 % dei fondi spesi dal Nordper la cooperazione dovrebbe essere destinato a progetti sociali. Da parte loro, i governi del Sud dovrebbero investire il 20% del proprio bilancionello stesso tipo di investimenti umani.
  • per cambiare la politica commerciale. Richiederà tempi lunghi la stipula di accordi internazionali che prodotto per prodotto regolamentino lequantità e il livello dei prezzi, cosi da garantireun reddito adeguato anche ai produttori del Terzo Mondo.
  • per costringere le multinazionali a rispettare i lavoratori e non utilizzare bambini nella produzione.

Con la scuola, purché...

La scolarità obbligatoria fino ai 14-16 anni è condizione necessaria etappa obbligata per l'abolizione o la riduzione del lavoro infantile.Ma non si può pretendere che genitori poveri paghino libri, matite evestiti per mandare i figli in una scuola lontana chilometri. Le scuoledovrebbero essere del tutto gratuite, facilmente raggiungibili (mentresoprattutto in Africa, con la crescita demografica e la carenza diinvestimenti sociali, il tragitto scuola-casa si allunga ogni anno), utili(preparare a una professione) e - elemento importantissimo - garantire unpasto a tutti gli alunni. In Sri Lanka, dove la scuola è del tutto gratuita e comprende un pasto, illivello di alfabetizzazione è molto più alto rispetto alla mediasud-asiatica.Una soluzione intermedia potrebbe essere quella di permettere, con oraridifferenziati, che bambini al lavoro per quattro ore al giorno possanofrequentare la scuola normale. Se non sono troppo stanchi.

Progetti congiunti governi-OIL

Nel 1992 l'Organizzazione Internazionale del Lavoro ha lanciato ilprogramma IPEC, con l'obiettivo di eliminare il lavoro dei bambini al disotto dei dodici anni e quello in condizioni di schiavitù e dipericolosità, migliorando le condizioni degli altri ragazzi lavoratori aldi sotto dei 15 anni, ma cercando di costruire l'uscita dalla produzioneanche per questi ultimi.II progetto IPEC chiede la collaborazione di governi, sindacati,associazioni non governative, famiglie e imprenditori ed è già partito neiprincipali stati a "rischio": India, Brasile, Filippine, Thailandia,Egitto, Bangladesh, Filippine, Indonesia, Kenya, Turchia. In sintesi IPECprevede: pressione sugli stati affinché adottino strumenti legislativiefficaci nel campo del divieto del lavoro infantile e parallelamentedell'applicazione dell'obbligo scolastico;sensibilizzazione delle famiglie sui danni del lavoro infantile;interventi di riabilitazione sanitaria ed educativa di ex bambinilavoratori, miglioramento delle condizioni di coloro che tuttora producono.Ma, ammette l'OIL, IPEC non ha le risorse per fornire istruzione a lungotermine misure di assistenza sociale, creazione di reddito per le famiglie,eccetera. Le risorse scarseggiano per lo stesso progetto IPEC: i governioccidentali non si sono dimostrati molto generosi. Fanno eccezione ilgoverno tedesco e quello spagnolo.

Unione Europea e incentivi commerciali

Sollecitata anche dal Parlamento europeo - in particolare dalla risoluzionedel 9 febbraio 1994 che chiede la messa a punto di meccanismi di controllonella fabbricazione dei prodotti e nella loro commercializzazioneinternazionale, di accordi fra imprese produttrici per creare marchi digaranzia sociale e di un aiuto allo sviluppo economico e sociale che frenii fenomeni di sfruttamento anche dei bambini nei paesi terzi - l'Unioneeuropea ha introdotto nel 1994 uno sprone ai suoi partner commerciali invia di sviluppo, associati all'Unione nel cosiddetto "Sistema dellepreferenze generalizzate". A partire dal 1988 speciali incentivi, cioéulteriori riduzioni tariffarie rispetto a quelle già in vigore, sarannoapplicati a quei paesi che ne faranno richiesta documentando - attraversoun sistema di certificazioni seguite da controlli - il rispetto nel paesedi una clausola sociale implicante il non ricorso al lavoro infantile, lalibertà sindacale e alcune altre garanzie previste da convenzioni dell'OIL.Accanto alla clausola sociale e stato introdotto un abbozzo di clausolaambientale.Non è chiaro dal testo se il paese postulante debba dimostrare il rispettodella clausola sociale anche nelle produzioni per il solo mercato interno.Probabilmente la scelta si farà cammin facendo, con l'apporto delle partisociali.

La carota, il bastone. Campagna dei sindacati.

II sindacato internazionale ICFTU (Confederazione dei sindacati liberi),che ormai riunisce la maggior parte dei rappresentanti dei lavoratoridipendenti di tutto il mondo, fra cui le italiane CGIL-CISL-UIL, halanciato nel 1994 una campagna contro il lavoro infantile che propone treassi di intervento: prevenire, scoraggiare, recuperare. Chiedendo quindi aipaesi sviluppati di assistere anche economicamente le azioni dimiglioramento delle condizioni di vita e lavoro dei cittadini dei paesi invia di sviluppo. Proponendo programmi di aiuto alle famiglie per rimuoveresubito gli under 12 dai luoghi di lavoro ed evitare altri "reclutamenti".Ma anche chiedendo alla comunità internazionale di far pressione sugliimprenditori e sui governi con denunce, minacce di sanzioni e di perditadei privilegi commerciali, boicottaggi - a cominciare dai prodottirealizzati dai bambini in condizioni di schiavitù.

3.3 Disincentivare.

La campagna dell'ICFTU "Stop al lavoro infantile" rientra in quella perl'applicazione generalizzata della "clausola sociale", al fine di garantireil rispetto mondiale di alcune convenzioni dell'OIL (fra cui la 138, la 87e la 98 sulla libertà sindacale) legandolo agli stessi rapporti commercialiinternazionali. Questi ultimi sono ora così intessuti di competitivitàspinta (abbattimento dei costi sociali e ambientali, il cosiddetto dumpingsociale ed ecologico) da seguire un indegno cammino a ritroso nel rispettodei lavoratori e dell'ambiente.Secondo l'APRO, sindacato degli affiliati asiatici dell'ICFTU, "non ènecessaria una clausola protezionista, ma un vincolo per evitare cheimprenditori locali e multinazionali persistano con una forma di commerciomondiale basato sulla violazione dei diritti dei lavoratori e sul loroimpoverimento, con una conseguente contrazione del potere d'acquistointerno, causa di povertà e di altra disoccupazione e sottoccupazione".Il meccanismo della clausola sociale collegata agli scambi internazionaliprevederebbe che l'OIL e la nuova Organizzazione Mondiale del Commercio(OMC) controllino le violazioni da parte dei governi e delle imprese,comminando inizialmente la sospensione di benefici non tariffari attribuitiai paesi in oggetto, e imponendo poi, in caso di violazione reiterata, unatariffa doganale maggiorata come disincentivo. Con questo meccanismo non sigiustificherebbero più sanzioni unilaterali (quali gli embarghi selettivipraticati abitualmente dagli Stati Uniti per ragioni essenzialmentepolitiche).La campagna sindacale Stop ai baby lavoratori allinea alle posizioni dimolti movimenti del Nord e del Sud la quasi totalità dei sindacati di tuttoil mondo, esclusi i sindacati indiani, nelle seguenti proposte:
  • a livello nazionale: istruzione obbligatoria (gratuita, utile e integrata da pasti); sostituzione dei bambini con i genitori laddove possibile;rafforzamento delle leggi che proibiscono il lavoro infantile e deicontrolli relativi, nonché introduzione di leggi che vietino l'importazionedi prodotti fabbricati con il lavoro dei minori; sensibilizzazionedell'opinione pubblica; campagne pubbliche che citino le imprese chesfruttano i bambini;
  • a livello internazionale: ratifica della convenzione 138 dell'OIL; inserimento di una clausola sociale positiva nel commercio internazionale;marchi sociali di garanzia per i prodotti, a cominciare dai tappeti,pressioni sulle multinazionali.
Cosi come quella tedesca sui tappeti fatti da bambini schiavi, la campagnamondiale sindacale ha già avuto effetti: il governo indiano ha lanciato unprogramma che prevede fra l'altro di pagare i genitori più poveri purch'ritirino i bambini dal lavoro dipendente; il governo del Bangladesh hadichiarato di voler vietare il ricorso al lavoro infantile per evitareboicottaggi occidentali; il governo filippino ha aperto delle inchieste.

Usa. La proposta Harkin di blocco delle importazioni.

Ma i timori dei governi sono legati anche (forse soprattutto) alla propostadi legge avanzata nel 1993 dal deputato statunitense Harkin. Sensibilizzatoda una campagna di denuncia popolare sull'allucinante settore dei tappeti,il congressman ha proposto di vietare l'ingresso negli Stati Uniti diqualunque merce che incorpori lavoro di bambini. La legge non è ancorapassata, ma il meccanismo prevede che: il Ministero Usa del lavoro si impegni a effettuare controlli periodici peridentificare qualunque industria straniera (comprese le TNC statunitensi)sospetta, e il paese ospitante;chiunque possa chiedere che si proceda a indagine su un'impresa o su unpaese; durante il periodo di controllo venga vietata l'importazione;inoltre, in relazione all'entrata di un prodotto manifatturiero, che gliimportatori debbano produrre un certificato che attesti la naturachild-free dell'articolo. Fra i produttori di tappeti il panico e stato tale da muoverli ad accettarel'adozione di un marchio "tappeti senza bambini", il Rug-Mark.L'Harkin Bill ha tuttavia un limite intrinseco: può attaccare solo losfruttamento effettuato nelle fabbriche che esportano, non in quelle cheproducono per il mercato interno, salvo fare un blocco-paese generalizzatoche per_ metterebbe tutti nel mucchio, penalizzando anche gli esportatorionesti. Inoltre esso è visto come un provvedimento che passa sulla testadei governi del Sud, i quali quindi non sarebbero molto disposti acollaborare anche in considerazione del fatto che negli Usa stessi ibambini lavoratori sono molto numerosi.

Quale clausola sociale commerciale contro il lavoro infantile?

Sono contro il collegamento del divieto del lavoro infantile agli scambicommerciali sia la maggior parte dei PVS che alcuni sindacati eorganizzazioni non governative, con motivazioni diverse. Nella DelhiDeclaration (1994) i ministri del lavoro del Sud hanno definitol'iniziativa un modo subdolo di chiudere le frontiere per proteggere leimprese e i lavoratori del Nord dalla concorrenza internazionale.Anche i sindacati dell'India e alcuni movimenti sociali del Sud e del Nordsono contrari al collegamento commercio-diritti dei bambini, per varieragioni:
  • esso si iscrive nel protezionismo generalizzato dei paesi industrializzati;
  • non si incide sull'utilizzo dei bambini nelle produzioni locali;
  • le sanzioni tariffarie colpiscono indiscriminatamente tutti i produttori anche quelli che non utilizzano lavoro infantile;
  • l'Organizzazione Mondiale del Commercio, chiamata ad applicare lasanzione, è una struttura poco democratica che si può prestare a condizionamenti di tipo politico;
  • i controlli sarebbero difficilissimi, soprattutto perché i governi locali non collaborerebbero;
  • anche i paesi del Nord conoscono il fenomeno dello sfruttamento dei bambini;
  • il lavoro infantile e un prodotto della povertà, del debito estero e di meccanismi ingiusti creati in buona misura dallo stesso Nord.
Sono rilievi giusti. In realtà tutto dipende dalle caratteristiche diquesta clausola socio-commerciale, ancora non del tutto chiare. Il dialogofra sindacati, associazioni e tutti coloro che sono davvero interessati aun innalzamento del livello di protezione dei lavoratori dovrebbe tuttaviapoter condurre all'identificazione di una formula che superi i dubbi e sipossa applicare parimenti nei confronti di tutti gli stati (anche quellidel Nord, case-madri di quasi tutte le multinazionali), di tutti i settorie di tutte le imprese, con misure di accompagnamento capaci di evitaresconquassi.Pressioni popolari sulle multinazionali e codici di autoregolamentazioneLa denuncia è un'arma formidabile nei confronti delle imprese, soprattuttodi quelle ben conosciute e facilmente identificabili attraverso il loromarchio, le quali devono abbattere i costi di produzione ma anche teneralta la loro immagine - e per questo spendono tanto in pubblicità Ledenunce attraverso i mezzi di informazione e lettere di protesta control'impiego del lavoro infantile, collegate ad annunci o minacce diboicottaggio, sono piuttosto efficaci se fatte bene. Ad esempiol'impressione suscitata sui consumatori americani da rivelazioni delsindacato e dello stesso Ministero del lavoro Usa sulle violazioni compiuteda una ditta cinese a cui appaltava la famosa Levi's, hanno indottoquest'ultima a dotarsi di un "codice di autoregolamentazione' che prevedefra l'altro il non ricorso a lavoratori di meno di 14 anni o ancora in et...di obbligo scolastico, e il rispetto del salario minimo vigente nel paeseda parte delle aziende a cui appalta il lavoro.Non e un grande sforzo, dati i prezzi di vendita dei jeans, ma e meglio dinulla. Talvolta per_ le TNC si danno un codice che poi, per quanto blando,non rispettano, come ha fatto la Nike.Fra le aziende italiane, solo una finora ha concordato con i sindacati uncodice di autodisciplina.I codici, per quanto imperfetti, dimostrano che si può premere sulle TNC eche occorre che i consumatori e i sindacati le controllino da vicino perottenere sempre di più.Campagne di boicottaggio di prodotti, marchi di garanzia, commercio equo.In Italia le campagne di boicottaggio non hanno mai avuto un grandesviluppo: la stessa campagna contro l'acquisto di giocattoli thailandesi equella di pressione sulla Chicco dopo i tremendi incendi del 1993 non hannosortito grandi effetti. Ma si può sempre ritentare! All'esteroun'esperienza che mostra quanto siano determinanti i consumatori riguarda itappeti indiani. A partire dal 1991 alcune associazioni della Germania edegli Stati Uniti (i due principali importatori di tappeti da quell'area)recepirono l'appello della Coalizione sud-asiatica contro la schiavit-infantile e chiesero ai consumatori di comunicare agli importatori che nonavrebbero più comprato tappeti indiani finche non avessero ottenuto lagaranzia che erano stati tessuti senza lavoro di bambini. Le esportazionidi tappeti dall'India calarono, i produttori si allarmarono e un buonnumero di loro accettò di unirsi nell'associazione Produttori di tappetisenza lavoro infantile e a dotarsi di un marchio - il Rug-Mark - con irelativi rigorosi controlli, attuali da una società di certificazione conla collaborazione di organizzazioni locali e l'aiuto dell'Unicef edell'OIL.I consumatori italiani potrebbero fare un'analoga opera di pressione sugliimportatori, e intanto acquistare i tappeti dhori del commercio equo esolidale, fabbricati da cooperative di adulti che ricevono unaremunerazione più adeguata al costo della vita. Anche per altri prodotti"importanti" già esiste l'alternativa del commercio equo: caffè, te,artigianato, giocattoli...

 

 

 

 

 

 

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