...e lo chiamano ancora Welfare State ?!?!
Troppo impegnati a difendere la democrazia all'estero per avere soldi e tempo per i giovani a disagio in Italia

Un sistema a rischio di collasso

La Ministro alla Salute Livia Turco si è, molto recentemente, chiesta in che stato versano i SerT, dopo anni di abbandono.
Il Cartello “Non incarcerate il nostro crescere” denuncia il fatto che l’intero sistema è vicino al collasso; lo mantengono ancora in piedi solo tenui fili, la dedizione degli operatori, lo sforzo dei responsabili.
L’intero sistema vuole dire i servizi pubblici ( 535 SerT o Dipartimenti per le Dipendenze), le organizzazioni di Privato Sociale (766 Comunità Terapeutiche, 217 Comunità semiresidenziali, 229 Centri ambulatoriali ), gli interventi “a progetto” di Riduzione del danno, gli interventi su soggetti dipendenti nelle carceri italiane, l’insieme delle azioni di prevenzione e di riduzione del danno dedicato ai nuovi stili di consumo e collocato all’interno del mondo del divertimento giovanile, degli eventi estivi, dei locali notturni. Ed il sistema che tenta di mantenere e rinforzare le azioni di prevenzione nelle scuole, nelle città, nei quartieri, verso i gruppi a rischio.
L’ultima Relazione al Parlamento (con i dati del 2005) mostra con grande evidenza che i problemi droga-correlati non sono sotto controllo: aumentano i consumi problematici di cocaina, si stabilizzano i consumi di oppiacei ed, al tempo stesso, si rendono evidenti altri aspetti delle patologie: quelle infettive e la comorbilità psichiatrica. Aumentano anche nel 2005 le persone in cura presso i servizi pubblici di trattamento delle tossicodipendenze, attestandosi a quota 180.117, contro i circa 159.000 al dicembre 2004. Ma i soggetti che fanno un utilizzo delle sostanze tale da richiedere un intervento terapeutico sono stimati in circa 200.000 per gli oppiacei e 150.000 per la
cocaina.
Stabili sono, invece, i soggetti in carico al canale dei trattamenti convenzionati con i Sistemi Sanitari Regionali (Enti Accreditati), giungendo alla somma di 46.554. Di essi, si può dire che si presentano con situazioni molto più compromesse che nel passato e richiedono approcci ed interventi molto più complessi e delicati.
A fronte di questo panorama, i Servizi Pubblici sono in situazione di drammatica sofferenza, soprattutto per quanto riguarda il personale: una inchiesta dell’Agenzia Comunale delle Tossicodipendenze di Roma rileva una grave carenze di personale nei Ser.T romani, che in alcuni casi sono deficitari di più del del 38%: mancano soprattutto psicologi e assistenti sociali. Quindi diventano strutture sempre più a rischio di medicalizzazione, anche se tra le figure mediche un numero elevato di professionisti ha un contratto non rinnovabile e breve, dai 3 ai 6 mesi, per poche ore settimanali.
Una tendenza alla “precarizzazione” diffusa e preoccupante che, allo stesso tempo, produce una netta diminuzione dei trattamenti integrati e l’impossibilità di poter contare su équipe stabili. Per far fronte all’inevitabile diminuzione delle risorse umane legate al periodo delle ferie, alcuni Dipartimenti delle Dipendenze si organizzano chiedendo “in prestito” personale dai servizi vicini.
Maggiore, se possibile, è la crisi degli interventi in carcere. Non si può andare avanti con qualche operatore SerT che opera in carcere, con qualche esperto ex art. 80 incaricato per 6 ore la settimana nella media nazionale, quando in grosse carceri gli interventi sono (poco) garantiti da equipe rinnovate ogni sei mesi attraverso lotte aspre con le Regioni competenti per territorio. E attendiamo da tempo il decreto di transizione della sanità carceraria alla sanità pubblica, per garantire uguali diritti ai cittadini detenuti”. E’ così in tutta Italia, con uno scadimento drammatico degli interventi sulla popolazione carceraria ed una diffusa impossibilità a garantire qualsivoglia continuità tra il
carcere ed il dopo-carcere, nel territorio.
Non meno drammatica è la situazione degli Enti Accreditati; in carenza di risorse a disposizione dei Dipartimenti delle Dipendenze, disuniscono gli utenti inviati. È noto che, nonostante l’approvazione nel 1999 di un accordo specifico Stato-Regioni (Determinazione dei requisiti minimi standard per l’autorizzazione al funzionamento e per l’accreditamento dei servizi privati di assistenza alle persone dipendenti da sostanze di abuso), non tutte le Amministrazioni Regionali hanno provveduto alla sua approvazione. Conseguenza inevitabile è che, se da un lato sono aumentate le richieste (rigorose e legittime) di standard di qualità e per quanto riguarda il personale, dall’altro le rette restano differentemente stabilite ed, in media, scandalosamente basse. Molto, molto più basse
di quelle previste per trattamenti residenziali nella psichiatria ed in altri settori simili. Non solo, ma le prestazioni sono pagate a distanza di molti mesi e addirittura di anni.
Le comunità ricorrono ai prestiti bancari sovvenzionando di fatto il mercato profit dal momento che non vi è nessun tipo di agevolazione rispetto a mutui o alle cessioni di credito quando queste vengono fatte da realtà non profit. Il volontariato si fa quindi “ costrettariato “ dal momento che anche il diritto minimo degli operatori ( pagamento degli stipendi ) diventa una variabile in mano ai burocrati e ai ragionieri delle ASL. Le prestazioni terapeutiche degli Enti Accreditati sono apparentate ai fornitori di lampadine o di carta igienica e pagate con ritardi drammatici.
Gli operatori diventano essi stessi a rischio di assistenza alla luce degli stipendi bassi, del precariato imperante, della non assoluta certezza di vedersi retribuiti con regolarità. Il mondo, questo mondo, va avanti alla rovescia e più si aggrava la situazione economica delle associazioni più la politica invoca l’associazionismo ed il volontariato quali protagonisti del sistema, più le sacrosante norme di qualità richiedono investimenti, contratti più onerosi, spese. Un altro pezzo del sistema in profonda crisi di risorse è quello delle azioni di riduzione del danno. Nate più di dieci anni fa, sotto la forma dei progetti e finanziate, in linea di massima, con il Fondo Nazionale di Lotta alla Droga, ne hanno seguito il destino e non ci sono più fondi per garantirne la continuità. Interventi di “bassa soglia”, camper, scambi di siringhe, interventi di prossimità e su strada non possono più sopravvivere. I camper giacciono inutilizzati in qualche cortile, gli operatori costretti a cambiare attività.
Meglio non va per le azioni di prevenzione, legate alla stessa dinamica “a progetto” delle riduzioni
del danno e fortemente penalizzate dai tagli mostruosi al Fondo Sociale Nazionale. Gli ultimi cinque anni di Governo hanno determinato la devastazione che è sotto gli occhi di tutti. Oltre alle note vicende del Fondo Sociale Nazionale, abbiamo assistito alla sparizione del Fondo Nazionale di Lotta alla Droga ed i nuovi provvedimenti legislativi si sono caratterizzati, tra l’altro, per non avere previsto alcuna risorsa aggiuntiva, nemmeno a fronte di un prevedibile aumento di interventi e di trattamenti derivati dall’applicazione delle sanzioni.
Siamo, quindi, vicini al collasso generale. Il Cartello “Non incarcerate il nostro crescere” lancia un allarme preoccupato a tutte le Istituzioni competenti. Stato e Regioni devono iniziare a dare risposte in contro tendenza.
Pur sapendo che le condizioni delle finanze non permettono attualmente grandi sforzi, riteniamo indispensabile l’avvio di azioni, di segnali e di programmazioni che ridiano un minimo di fiducia all’intero settore.......

Per ulteriori informazioni:
Riccardo De Facci: 3482878393 / Maurizio Coletti: 3884444388 / Federico Carrer: 3488017180

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