La zattera
La mia vita è stata segnata dai gruppi.
Non mi soffermo qui sulla mia famiglia di origine, in cui, senza volere,
mi sono ritrovato a nascere e a vivere la mia infanzia. Così
come sorvolo su qualche labile ricordo della vecchia "scuola
dell'obbligo", che, certamente, ha rappresentato una significativa
palestra di socializzazione, oltre che di crescita e formazione.
L'idea del gruppo e l'esperienza di/in gruppo, slegati da contesti
più o meno istituzionali, mi riportano invece all'età
dell'adolescenza. Sarà forse perché è questa
l'età della ri-nascita, della libertà cercata, dell'innamoramento,
quella che vien cantando nella stagione della primavera.
Il gruppo di coetanei si presentava come la bella stagione, con i
suoi colori, i suoi profumi, i suoi suoni, ma anche con la bellezza
dei tormenti per i "temporali" improvvisi.
Così, con il bello o brutto tempo, il gruppo diventava per
me la zattera per allontanarmi in mare aperto. Una zattera sicura
e incerta, fredda e calda, conflittuale ed amica.
Comunque, l'unico mezzo per andare
Era il periodo d'impegno nell'oratorio, nell'azione cattolica: la
chiesa del paese era, del resto, e per fortuna, l'unico luogo per
trovare altro nutrimento, altri oggetti d'amore.
Convinti di poter
Vennero poi i gruppi dell'impegno sociale, i comitati di quartiere,
i circoli culturali.
La periferia, in quel tempo senza soluzione di continuità con
la città, appariva come un proliferare di gruppi che si muovevano
sul territorio come api operose, intente a costruire, o ri-costruire,
il proprio spazio vitale e a sentirne l'appartenenza.
Si preparava così quella che Spaltro descrive come "la
rivolta delle periferie" verso un "centro" che non
avrebbe retto alle sfide della complessità, mentre "locale"
iniziava a far rima con "globale".
Erano gli anni settanta, quando fiorivano gruppi in ogni luogo e contesto:
lavoro, formazione, sensibilizzazione, socializzazione, terapia.
Il gruppo per cambiare la realtà sociale e politica.
Ed era più che una speranza ad animare "quelli del '77",
con i collettivi all'università, i cortei deviati, le assemblee
affollate, le occupazioni occupate.
Si era meravigliosamente convinti di poter
!!
Non c'era dubbio se scegliere "lotta contro o lotta per"
Si era decisamente "contro" ed il nemico non era
ancora una risorsa.
Andar per gruppi a scuola
Seguirono poi gli anni del "riflusso", del singolare, della
coppia.
Erano gli anni '80 e per me venne il lavoro, quello di maestro nella
scuola elementare.
A scuola fu inevitabile l'incontro con i gruppi: il team docente,
il gruppo-classe, l'interclasse, il collegio, il consiglio di circolo
Così, senza tanta consapevolezza, mi ritrovai, di fatto, a
riprendere l'esercizio dell'andar per gruppi. Ed era un po' come riprendere
ad andare in bicicletta
una volta imparato, non si dimentica!
La scuola mi dava di nuovo, e concretamente, la possibilità
di sperimentare la possibilità di "cambiare" e "cambiarmi".
Quando ci riuscivo.
Il rapporto con i bambini, d'altra parte, spingeva alla ricerca, a
trovare ogni volta nuove risposte al come fare, rispetto ai tanti
interrogativi legati al saper fare e al saper essere insegnante.
Nascevano quindi i gruppi di ricerca-azione e di sperimentazione,
gli interventi per la crescita dei gruppi classe con Settimo Catalano
, un passionario gruppettaro, benché psicologo, di Milano.
Ma la pratica quotidiana dell'essere insegnante mi faceva anche sentire
quanto fosse duro stare in gruppo, soprattutto nel gruppo classe:
i momenti di solitudine, le insicurezze, le paure, la rabbia, il risentimento,
le frustrazioni, i sensi di colpa, ma anche l'abbraccio, le soddisfazioni,
la bellezza davanti a due piccoli occhi puliti e ad un disegno con
cuoricino e dedica:
Al maestro Giovanni: ti voglio bene!
La magia dell'incontro
Poi l'incontro con il C.I.S.D.I.G . di Aladino Tognon e la formazione
sui gruppi, le prime letture con lo storico Ricerche e dinamiche di
gruppo a scuola di Contessa e Complessità di Enzo Spaltro.
Infine l'approdo al mio primo T-group, in Trentino, ai duemila metri
di Lavarone. Una di quelle esperienze che non si possono raccontare
ma che ti lasciano il segno; così, una volta che hai avuto
l'apparizione, non ti fermi e vai in giro a raccontarla.
E giocando a provocare l'incontro, in una furia organizzativa, vennero
in quegli anni i T-group di Vico Equense e i Convegni al Teatro Augusteo
di Napoli. Tra l'euforia della nascita e dell'innamoramento, avevamo
portato la festa del gruppo tra le mura del tempio. Era il trionfo
dell'estetica, del bellessere: era la bella scuola.
Il cammino successivo è stato tutto un procedere sulle tracce
del gruppo, muovendomi nei territori della pluralità e della
soggettività, segnati da quegli "orizzonti del benessere"
che nel cielo di Napoli avevamo disegnato.
Dentro quegli orizzonti coltivai anche il mio sentimento filiale,
che ora riconoscevo chiaro e forte, nei confronti di Aladino ed Enzo.
Erano i padri che mi ero scelto, e sulle cui orme sentivo di percorrere
strade sicure ma, insieme, incerte, come ogni "possibilità"
di frontiera, di passaggio.
Così, dopo i silenzi religiosi, l'ascolto rischiarante e gli
sguardi interessati, mi ritrovai anch'io a condurre gruppi, a far
giocare in cerchio, ma soprattutto a giocarmi nel setting di un'aula
di formazione.
E se come insegnante sentivo sulla mia pelle - o sulle mie mucose
gastriche - il malessere crescente nei gruppi a scuola , come novello
formatore andavo citando Spaltro : benestanti non si nasce ma si diventa.
Per quanto Freud avesse scritto che quella dell'insegnante era una
delle "professioni impossibili", sentivo (ma non avevo scelta!)
che era invece possibile imparare - e dunque insegnare - a star bene.
Era, in un certo modo, il trionfo di eros su thanatos, della luce
sul buio, dell'ottimismo sul pessimismo. Era riconoscere al desiderio
e alla speranza il diritto di cittadinanza anche a scuola. Così
sul lucido scrivevo "Il benessere deriva da una lunga e attenta
formazione dell'intelligenza personale e interpersonale (Jung)".
Il gruppo - anche tra le mura della scuola - era la tecnologia su
cui puntare.
Il sentimento di potere
Non so quanto sia riuscito a dare agli altri nelle mie esperienze
di gruppo, agli alunni in classe e ai colleghi nel team e in formazione.
Certo è che nei gruppi ho trascorso gran parte del mio tempo
e in essi sono cresciuto. Ai miei gruppi - non uno di meno, va la
mia gratitudine, mentre ora scorrono come diapositive in bianco e
nero o colorate sul disply della mia memoria. E l'emozione è
il filo rosso che le unisce.
Strade lontane affiorano oggi alla mente, ma chiare nel ricordo, come
chiara è oggi la consapevolezza di quanto io abbia sentito
e sperimentato, nei miei viaggi, il mio potere e quello del gruppo.
Parlo del potere di contare e di sentirmi parte, con le lotte agite
e le sofferenze patite per appartenere al gruppo, dove ho provato
a cambiare e rischiato di essere cambiato.
Il potere come influenzamento.
Tante volte ho sentito nelle mie mani il potere di cambiare, di scommettere
sui miei sogni e gettare avanti, nel futuro, i miei pensieri.
Tante le volte ho sentito il gruppo farsi motore dei miei desideri,
essere "sorgente di speranza", scenario di possibilità.
Tante volte ho sentito il rischio e, dunque, le resistenze e la paura,
di essere cambiato.
Ma nel gruppo ho perso e ritrovato anche il sentimento di fiducia
e vissuta l'amicizia rivoluzionaria.
Nelle cose dell'amore
Questo è anche quanto è accaduto alla Scuola Conduttori
di Gruppo di Adolescere , un'esperienza importante, umana e professionale,
di amore e di amicizia, di piccolo e grande gruppo.
In quel di Voghera, come allora al Pez de' Prinzep in Trentino, sono
andato a cercare ancora il mio "nutrimento". Di nuovo sulle
tracce del gruppo. Il mio oggetto d'amore.
Ed ora, a conclusione della Scuola Conduttori, un nuovo back home,
il mio ritorno a casa, con la tristezza che accompagna ogni ri-entro,
ma anche con la consapevolezza di un sentimento di pienezza ed effervescenza
che mi agita.
Mi porto a casa il gruppo. Il mio gruppo.
In uno spazio caldo e chiaro, sento che ora alberga in me
.
E' nei miei occhi che cercano la bellezza, nella mia testa che lancia
avanti il pensiero, nella mia pancia che mi afferra, sulla mia pelle
che respira, nel mio dialetto gruppale che risuona in altri luoghi
ed in un altro tempo
Il gruppo sta, ricordando il titolo di libro di Galimberti, nelle
mie "cose dell'amore" .
Non so quanta strada farò con lui, con il mio gruppo
se
fine alla fine o fino all'inizio
ma oggi io sto nel mio qui
ed ora
caro mio T-group!
Ci sto con il desiderio di "essere" e di "fare"
gruppo, di praticare, nei luoghi fisici ed affettivi, la mia passione
per il cerchio. Il piccolo gruppo
La sola aggregazione umana
a sovranità distribuita e partecipata.
Il gruppo, insieme, fine e mezzo della pluralità.
Il gruppo come tecnologia abbondante per inventare il proprio benessere
includente.
Quando funziona.
Il giardino dei cachi
Perché stare nei gruppi non è cosa facile: non son tutte
rose e miele!
I gruppi nascono con la festa. Ci si innamora. Si sta svegli fino
alle tre di notte a chiacchierare, ridere
cantare!
E Villafede è stata la primavera. L'innamoramento. La festa.
La rivoluzione amica.
Ma poi dopo il caldo e l'euforia dell'estate, le giornate iniziano
ad accorciarsi. Si sente nell'aria che è cominciato l'inizio
della fine.
Passano i giorni e le ore di luce continuano a diminuire mentre le
piogge ed il freddo aumentano. E' l'autunno che fa il tappeto al "giardino
dei cachi" mentre le foglie distese nascondono i fili d'erba.
Poi arriverà (o è già arrivato?!) l'inverno.
La neve bianca caduta per tutta la notte assorbe ora i colori del
giardino e copre le campagne di Villafede.
E' duro procedere mentre i piedi affondano
Intanto la paura del buio cresce e serve a poco sapere che siamo orami
vicini al giorno del solstizio d'inverno
. Quando i conti si
pareggeranno...
Siamo però al giro di boa, ma la speranza ha ancora poca luce.
E intanto il freddo aumenta.
Spunta un ricordo lontano
E' l'immagine di mia nonna con la
quale ho trascorso gran parte della mia infanzia. Alla fine di ogni
inverno, quando marzo lasciava presagire (allora sì!) la primavera,
soleva dire, sollevata: "Anche questo inverno ce l'abbiamo fatta!
Ho saltato anche questo fosso!".
Era visibilmente contenta. Sul suo viso tracce di una serena stanchezza
ma nei suoi occhi l'apertura al risveglio, ad una rinnovata primavera.
Aveva guadagnato ancora la luce.
Il gruppo - ogni gruppo - ha il suo inverno da attraversare, e si
vedrà quanto avrà imparato a governarsi, quanta "legna"
avrà accumulato per riscaldare le notti fredde e le gelate
del mattino, quelle che ti spaccano le mani e te le fanno sanguinare.
La speranza nel tempo di Kairòs
Il racconto pieno di speranza di Enzo Spaltro, sulle stagioni del
gruppo , lascia intravedere la bellezza del sabato, la magia dell'imminenza,
il risveglio, il bagno di luce.
E' il tempo della speranza.
E' Kairòs, il tempo del gruppo, della comunità e non
dell'individuo. E' il desiderio che si fa progetto. E' il tempo dell'incontro
con l'altro, il momento opportuno per agire, tempo della storia e
della coscienza, diverso da Chronos, cronologico e misurabile, del
mondo fisico, spaziale.
Kairòs è il tempo propizio, perchè una "costellazione"
di circostanze ed eventi favorevoli possono determinare l'avvento,
la nascita, la svolta, il cambiamento. Una "costellazione"
che non si presenterà mai più uguale. Come non si ripeteranno,
mai più uguali, quegli attimi dirompenti del "qui ed ora"
di un T-group.
Riconosciuto nel pensiero e sperimentato nel sentimento, Kairòs
non rinuncia alla sua azione, perchè è il tempo delle
scelte, della libertà, del sentimento di potere, dell'allegria
Ed in questo tempo - nel tempo di Kairòs - a noi - viaggiatori
o conduttori - piace pensare che i gruppi attraversarono la festa
della luce e, senza sottrarsi al ciclo della vita e della morte, impararono
ad essere felici
Ma mai completamente.
Erano quelli del movimento dei piccoli gruppi.
- Settimo Catalano, psicologo, trainer di T-Group,
ha condotto una sperimentazione sulla crescita dei gruppi classe
con il gruppo C.I.S.D.I.G. della Campania. All'esperienza si fa
riferimento nel suo libro "Le porte dell'attenzione" Kailash
Editore, 1997, Milano.
- Il C.I.S.D.I.G. - Centro Italiano Studi Dinamiche
Interpersonali e di Gruppo - Associazione di Bassano del Grappa
(VI) Ha operato per la formazione dei docenti e dirigenti scolastici
promuovendo il gruppo e il benessere nell'organizzazione scuola,
sullo sfondo della teorie di Enzo Spaltro
- Aladino Tognon, già Presidente del C.I.S.D.I.G.,
Formatore e trainer di T-Group, ha operato ed opera per la formazione
dei docenti e dei dirigenti scolastici. Già dirigente del
CSA di Rimini, è D.S. presso il 3° Circolo Didattico
di Bassano del Grappa.
- Guido Contessa, Dinamiche di gruppo e ricerca,
Editrice La Scuola, 1977, Brescia.
- Enzo Spaltro, Complessità, Patron editore,
1990, Bologna.
- Enzo Spaltro, La buona scuola, La penna d'oca,
Napoli, 1997.
- Giovanni Testa, (a cura di), Gli orizzonti del
benessere, La penna d'oca, Napoli, 1995 ( Il titolo del libro richiama
il 1° Convegno Campano del CISDIG svoltosi al Teatro Augusteo
di Napoli nel Settembre 1995).
- Giovanni Testa, Il chek-up della scuola, Edizioni
Scientifiche Magi, Roma, 2002
Enzo Spaltro, op. cit., 1990.
- La Fondazione Adolescere di Voghera - Pavia - è,
tra l'altro sede della Scuola Conduttori di Gruppo, promossa dalla
Fondazione in collaborazione con l'Associazione TTG (Teorie e Tecniche
di Gruppo) di Bologna, presieduta da Enzo Spaltro.
- Umberto Galimberti, Le cose dell'amore, Feltrinelli,
2004, Milano.
- Villafede è una delle strutture gestite
dalla Fondazione Adolescere, sede di attività di formazione
e animazione. Situata nella zona di Rivanazzano, Villafede è
una villa risalente al 1800 che ha ospitato gli allievi della Scuola
Conduttori di Gruppo nell'anno 2004-2005.
- Enzo Spaltro, Conduttori, Franco Angeli, Milano,
2005
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