Akkademia di Psicopolis
Sulle tracce del gruppo di Giovanni Testa

La zattera
La mia vita è stata segnata dai gruppi.
Non mi soffermo qui sulla mia famiglia di origine, in cui, senza volere, mi sono ritrovato a nascere e a vivere la mia infanzia. Così come sorvolo su qualche labile ricordo della vecchia "scuola dell'obbligo", che, certamente, ha rappresentato una significativa palestra di socializzazione, oltre che di crescita e formazione.
L'idea del gruppo e l'esperienza di/in gruppo, slegati da contesti più o meno istituzionali, mi riportano invece all'età dell'adolescenza. Sarà forse perché è questa l'età della ri-nascita, della libertà cercata, dell'innamoramento, quella che vien cantando nella stagione della primavera.
Il gruppo di coetanei si presentava come la bella stagione, con i suoi colori, i suoi profumi, i suoi suoni, ma anche con la bellezza dei tormenti per i "temporali" improvvisi.
Così, con il bello o brutto tempo, il gruppo diventava per me la zattera per allontanarmi in mare aperto. Una zattera sicura e incerta, fredda e calda, conflittuale ed amica.
Comunque, l'unico mezzo per andare…
Era il periodo d'impegno nell'oratorio, nell'azione cattolica: la chiesa del paese era, del resto, e per fortuna, l'unico luogo per trovare altro nutrimento, altri oggetti d'amore.

Convinti di poter
Vennero poi i gruppi dell'impegno sociale, i comitati di quartiere, i circoli culturali.
La periferia, in quel tempo senza soluzione di continuità con la città, appariva come un proliferare di gruppi che si muovevano sul territorio come api operose, intente a costruire, o ri-costruire, il proprio spazio vitale e a sentirne l'appartenenza.
Si preparava così quella che Spaltro descrive come "la rivolta delle periferie" verso un "centro" che non avrebbe retto alle sfide della complessità, mentre "locale" iniziava a far rima con "globale".
Erano gli anni settanta, quando fiorivano gruppi in ogni luogo e contesto: lavoro, formazione, sensibilizzazione, socializzazione, terapia.
Il gruppo per cambiare la realtà sociale e politica.
Ed era più che una speranza ad animare "quelli del '77", con i collettivi all'università, i cortei deviati, le assemblee affollate, le occupazioni occupate.
Si era meravigliosamente convinti di poter…!!
Non c'era dubbio se scegliere "lotta contro o lotta per" … Si era decisamente "contro" ed il nemico non era ancora una risorsa.

Andar per gruppi a scuola
Seguirono poi gli anni del "riflusso", del singolare, della coppia.
Erano gli anni '80 e per me venne il lavoro, quello di maestro nella scuola elementare.
A scuola fu inevitabile l'incontro con i gruppi: il team docente, il gruppo-classe, l'interclasse, il collegio, il consiglio di circolo…
Così, senza tanta consapevolezza, mi ritrovai, di fatto, a riprendere l'esercizio dell'andar per gruppi. Ed era un po' come riprendere ad andare in bicicletta…una volta imparato, non si dimentica!
La scuola mi dava di nuovo, e concretamente, la possibilità di sperimentare la possibilità di "cambiare" e "cambiarmi". Quando ci riuscivo.
Il rapporto con i bambini, d'altra parte, spingeva alla ricerca, a trovare ogni volta nuove risposte al come fare, rispetto ai tanti interrogativi legati al saper fare e al saper essere insegnante.
Nascevano quindi i gruppi di ricerca-azione e di sperimentazione, gli interventi per la crescita dei gruppi classe con Settimo Catalano , un passionario gruppettaro, benché psicologo, di Milano.
Ma la pratica quotidiana dell'essere insegnante mi faceva anche sentire quanto fosse duro stare in gruppo, soprattutto nel gruppo classe: i momenti di solitudine, le insicurezze, le paure, la rabbia, il risentimento, le frustrazioni, i sensi di colpa, ma anche l'abbraccio, le soddisfazioni, la bellezza davanti a due piccoli occhi puliti e ad un disegno con cuoricino e dedica:
Al maestro Giovanni: ti voglio bene!

La magia dell'incontro
Poi l'incontro con il C.I.S.D.I.G . di Aladino Tognon e la formazione sui gruppi, le prime letture con lo storico Ricerche e dinamiche di gruppo a scuola di Contessa e Complessità di Enzo Spaltro.
Infine l'approdo al mio primo T-group, in Trentino, ai duemila metri di Lavarone. Una di quelle esperienze che non si possono raccontare ma che ti lasciano il segno; così, una volta che hai avuto l'apparizione, non ti fermi e vai in giro a raccontarla.
E giocando a provocare l'incontro, in una furia organizzativa, vennero in quegli anni i T-group di Vico Equense e i Convegni al Teatro Augusteo di Napoli. Tra l'euforia della nascita e dell'innamoramento, avevamo portato la festa del gruppo tra le mura del tempio. Era il trionfo dell'estetica, del bellessere: era la bella scuola.

Il cammino successivo è stato tutto un procedere sulle tracce del gruppo, muovendomi nei territori della pluralità e della soggettività, segnati da quegli "orizzonti del benessere" che nel cielo di Napoli avevamo disegnato.
Dentro quegli orizzonti coltivai anche il mio sentimento filiale, che ora riconoscevo chiaro e forte, nei confronti di Aladino ed Enzo. Erano i padri che mi ero scelto, e sulle cui orme sentivo di percorrere strade sicure ma, insieme, incerte, come ogni "possibilità" di frontiera, di passaggio.
Così, dopo i silenzi religiosi, l'ascolto rischiarante e gli sguardi interessati, mi ritrovai anch'io a condurre gruppi, a far giocare in cerchio, ma soprattutto a giocarmi nel setting di un'aula di formazione.
E se come insegnante sentivo sulla mia pelle - o sulle mie mucose gastriche - il malessere crescente nei gruppi a scuola , come novello formatore andavo citando Spaltro : benestanti non si nasce ma si diventa.
Per quanto Freud avesse scritto che quella dell'insegnante era una delle "professioni impossibili", sentivo (ma non avevo scelta!) che era invece possibile imparare - e dunque insegnare - a star bene. Era, in un certo modo, il trionfo di eros su thanatos, della luce sul buio, dell'ottimismo sul pessimismo. Era riconoscere al desiderio e alla speranza il diritto di cittadinanza anche a scuola. Così sul lucido scrivevo "Il benessere deriva da una lunga e attenta formazione dell'intelligenza personale e interpersonale (Jung)".
Il gruppo - anche tra le mura della scuola - era la tecnologia su cui puntare.

Il sentimento di potere
Non so quanto sia riuscito a dare agli altri nelle mie esperienze di gruppo, agli alunni in classe e ai colleghi nel team e in formazione. Certo è che nei gruppi ho trascorso gran parte del mio tempo e in essi sono cresciuto. Ai miei gruppi - non uno di meno, va la mia gratitudine, mentre ora scorrono come diapositive in bianco e nero o colorate sul disply della mia memoria. E l'emozione è il filo rosso che le unisce.
Strade lontane affiorano oggi alla mente, ma chiare nel ricordo, come chiara è oggi la consapevolezza di quanto io abbia sentito e sperimentato, nei miei viaggi, il mio potere e quello del gruppo.
Parlo del potere di contare e di sentirmi parte, con le lotte agite e le sofferenze patite per appartenere al gruppo, dove ho provato a cambiare e rischiato di essere cambiato.
Il potere come influenzamento.
Tante volte ho sentito nelle mie mani il potere di cambiare, di scommettere sui miei sogni e gettare avanti, nel futuro, i miei pensieri.
Tante le volte ho sentito il gruppo farsi motore dei miei desideri, essere "sorgente di speranza", scenario di possibilità.
Tante volte ho sentito il rischio e, dunque, le resistenze e la paura, di essere cambiato.
Ma nel gruppo ho perso e ritrovato anche il sentimento di fiducia e vissuta l'amicizia rivoluzionaria.

Nelle cose dell'amore
Questo è anche quanto è accaduto alla Scuola Conduttori di Gruppo di Adolescere , un'esperienza importante, umana e professionale, di amore e di amicizia, di piccolo e grande gruppo.
In quel di Voghera, come allora al Pez de' Prinzep in Trentino, sono andato a cercare ancora il mio "nutrimento". Di nuovo sulle tracce del gruppo. Il mio oggetto d'amore.
Ed ora, a conclusione della Scuola Conduttori, un nuovo back home, il mio ritorno a casa, con la tristezza che accompagna ogni ri-entro, ma anche con la consapevolezza di un sentimento di pienezza ed effervescenza che mi agita.
Mi porto a casa il gruppo. Il mio gruppo.
In uno spazio caldo e chiaro, sento che ora alberga in me….
E' nei miei occhi che cercano la bellezza, nella mia testa che lancia avanti il pensiero, nella mia pancia che mi afferra, sulla mia pelle che respira, nel mio dialetto gruppale che risuona in altri luoghi ed in un altro tempo…
Il gruppo sta, ricordando il titolo di libro di Galimberti, nelle mie "cose dell'amore" .
Non so quanta strada farò con lui, con il mio gruppo…se fine alla fine o fino all'inizio… ma oggi io sto nel mio qui ed ora…caro mio T-group!
Ci sto con il desiderio di "essere" e di "fare" gruppo, di praticare, nei luoghi fisici ed affettivi, la mia passione per il cerchio. Il piccolo gruppo… La sola aggregazione umana a sovranità distribuita e partecipata.
Il gruppo, insieme, fine e mezzo della pluralità.
Il gruppo come tecnologia abbondante per inventare il proprio benessere includente.
Quando funziona.

Il giardino dei cachi
Perché stare nei gruppi non è cosa facile: non son tutte rose e miele!
I gruppi nascono con la festa. Ci si innamora. Si sta svegli fino alle tre di notte a chiacchierare, ridere…cantare!
E Villafede è stata la primavera. L'innamoramento. La festa. La rivoluzione amica.
Ma poi dopo il caldo e l'euforia dell'estate, le giornate iniziano ad accorciarsi. Si sente nell'aria che è cominciato l'inizio della fine.
Passano i giorni e le ore di luce continuano a diminuire mentre le piogge ed il freddo aumentano. E' l'autunno che fa il tappeto al "giardino dei cachi" mentre le foglie distese nascondono i fili d'erba.
Poi arriverà (o è già arrivato?!) l'inverno.
La neve bianca caduta per tutta la notte assorbe ora i colori del giardino e copre le campagne di Villafede.
E' duro procedere mentre i piedi affondano…
Intanto la paura del buio cresce e serve a poco sapere che siamo orami vicini al giorno del solstizio d'inverno …. Quando i conti si pareggeranno...
Siamo però al giro di boa, ma la speranza ha ancora poca luce.
E intanto il freddo aumenta.

Spunta un ricordo lontano … E' l'immagine di mia nonna con la quale ho trascorso gran parte della mia infanzia. Alla fine di ogni inverno, quando marzo lasciava presagire (allora sì!) la primavera, soleva dire, sollevata: "Anche questo inverno ce l'abbiamo fatta! Ho saltato anche questo fosso!".
Era visibilmente contenta. Sul suo viso tracce di una serena stanchezza ma nei suoi occhi l'apertura al risveglio, ad una rinnovata primavera. Aveva guadagnato ancora la luce.

Il gruppo - ogni gruppo - ha il suo inverno da attraversare, e si vedrà quanto avrà imparato a governarsi, quanta "legna" avrà accumulato per riscaldare le notti fredde e le gelate del mattino, quelle che ti spaccano le mani e te le fanno sanguinare.

La speranza nel tempo di Kairòs
Il racconto pieno di speranza di Enzo Spaltro, sulle stagioni del gruppo , lascia intravedere la bellezza del sabato, la magia dell'imminenza, il risveglio, il bagno di luce.
E' il tempo della speranza.
E' Kairòs, il tempo del gruppo, della comunità e non dell'individuo. E' il desiderio che si fa progetto. E' il tempo dell'incontro con l'altro, il momento opportuno per agire, tempo della storia e della coscienza, diverso da Chronos, cronologico e misurabile, del mondo fisico, spaziale.
Kairòs è il tempo propizio, perchè una "costellazione" di circostanze ed eventi favorevoli possono determinare l'avvento, la nascita, la svolta, il cambiamento. Una "costellazione" che non si presenterà mai più uguale. Come non si ripeteranno, mai più uguali, quegli attimi dirompenti del "qui ed ora" di un T-group.
Riconosciuto nel pensiero e sperimentato nel sentimento, Kairòs non rinuncia alla sua azione, perchè è il tempo delle scelte, della libertà, del sentimento di potere, dell'allegria…

Ed in questo tempo - nel tempo di Kairòs - a noi - viaggiatori o conduttori - piace pensare che i gruppi attraversarono la festa della luce e, senza sottrarsi al ciclo della vita e della morte, impararono ad essere felici… Ma mai completamente.

Erano quelli del movimento dei piccoli gruppi.

  1. Settimo Catalano, psicologo, trainer di T-Group, ha condotto una sperimentazione sulla crescita dei gruppi classe con il gruppo C.I.S.D.I.G. della Campania. All'esperienza si fa riferimento nel suo libro "Le porte dell'attenzione" Kailash Editore, 1997, Milano.
  2. Il C.I.S.D.I.G. - Centro Italiano Studi Dinamiche Interpersonali e di Gruppo - Associazione di Bassano del Grappa (VI) Ha operato per la formazione dei docenti e dirigenti scolastici promuovendo il gruppo e il benessere nell'organizzazione scuola, sullo sfondo della teorie di Enzo Spaltro
  3. Aladino Tognon, già Presidente del C.I.S.D.I.G., Formatore e trainer di T-Group, ha operato ed opera per la formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici. Già dirigente del CSA di Rimini, è D.S. presso il 3° Circolo Didattico di Bassano del Grappa.
  4. Guido Contessa, Dinamiche di gruppo e ricerca, Editrice La Scuola, 1977, Brescia.
  5. Enzo Spaltro, Complessità, Patron editore, 1990, Bologna.
  6. Enzo Spaltro, La buona scuola, La penna d'oca, Napoli, 1997.
  7. Giovanni Testa, (a cura di), Gli orizzonti del benessere, La penna d'oca, Napoli, 1995 ( Il titolo del libro richiama il 1° Convegno Campano del CISDIG svoltosi al Teatro Augusteo di Napoli nel Settembre 1995).
  8. Giovanni Testa, Il chek-up della scuola, Edizioni Scientifiche Magi, Roma, 2002
    Enzo Spaltro, op. cit., 1990.
  9. La Fondazione Adolescere di Voghera - Pavia - è, tra l'altro sede della Scuola Conduttori di Gruppo, promossa dalla Fondazione in collaborazione con l'Associazione TTG (Teorie e Tecniche di Gruppo) di Bologna, presieduta da Enzo Spaltro.
  10. Umberto Galimberti, Le cose dell'amore, Feltrinelli, 2004, Milano.
  11. Villafede è una delle strutture gestite dalla Fondazione Adolescere, sede di attività di formazione e animazione. Situata nella zona di Rivanazzano, Villafede è una villa risalente al 1800 che ha ospitato gli allievi della Scuola Conduttori di Gruppo nell'anno 2004-2005.
  12. Enzo Spaltro, Conduttori, Franco Angeli, Milano, 2005