Lapolidato
nel diritto costituzionale italiano
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Ai fini della nostra ricerca è opportuno soffermarsi sul secondo degli elementi costitutivi sopra elencati. Con il nomen iuris popolo, si indica la comunità di tutti coloro ai quali lordinamento giuridico statale assegna il lo status di cittadino. Da detto status derivano una serie di situazioni giuridiche attive e passive che valgono a porre, in maniera esclusiva, i cittadini in relazione con lapparato autoritario; laddove, invece, i non cittadini (stranieri, apolidi) sono di regola esclusi dal godimento di alcuni diritti (aventi solitamente natura politica) e non sono sottoposti allosservanza di alcuni doveri (aventi anchessi natura latamente politica). Quanto esposto pone il problema dellappartenenza allo Stato. La maggior parte degli ordinamenti stabiliscono una regola che contiene una presunzione basata sul vincolo di sangue (ius snguinis). Si presume cioè che che la discendenza naturale valga a trasmettere, di generazione in generazione, il carattere intrinseco che fa di un uomo un cittadino ("E cittadino italiano il figlio, anche adottivo, di padre cittadino o di madre cittadina" ex Art.5 Legge 21 Aprile 1983, n.123). Altri modi di acquisto della cittadinanza rispondono, invece, a criteri diversi:
Premesso che, a norma dellart. 22 della Costituzione, nessuno può essere privato, per motivi politici oltre che della capacità giuridica e del nome, anche della cittadinanza, la legge italiana sulla cittadinanza del 13 Giugno 1912, n. 555, dispone che può rinunciare alla cittadinanza il cittadino nato e residente in uno Stato estero, dal quale sia ritenuto proprio cittadino per nascita, una volta divenuto maggiorenne o emancipato. Perde invece la cittadinanza:
Lapolidato nel diritto internazionale La questione dellapolidato viene prese in considerazione dalle norme di Diritto Internazionale Privato per soddisfare lesigenza di "individuare il diritto applicabile" al caso concreto. In particolare, ai fini sia della delimitazione della giurisdizione che della individuazione del diritto applicabile, vengono assunti come rilevanti, dal legislatore nazionale ovvero dagli autori di convenzioni di diritto internazionale privato, alcuni aspetti della fattispecie idonei a dimostrare lesistenza di una connessione significativa tra la fattispecie in questione e lordinamento del foro oppure un altro ordinamento (a riguardo, si parla di titoli di giurisdizione e criteri di collegamento). Per esempio, le norme sulla competenza giurisdizionale della Convenzione di Bruxelles del 1968 si applicano alle persone domiciliate nel territorio di uno degli Stati contraenti (assumono quindi il domicilio come titolo principale di giurisdizione ex art.2 e 3) ma il domicilio è altresì assunto come titolo generale di giurisdizione dalla legge italiana che lo impiega come criterio di collegamento sussidiario rispetto alla cittadinanza in relazione agli apolidi e ai rifugiati. Si ricorda che le connessioni principalmente usate sono tre: il domicilio, la cittadinanza e la volontà delle parti. Per lungo tempo uno di temi cruciali del diritto internazionale ha riguardato la preferenza da accordare alla cittadinanza o al domicilio, soprattutto come criterio di collegamento in vista della disciplina dello statuto personale degli individui. Il criterio della cittadinanza riflette lappartenenza dellindividuo a uno Stato e si ricava da intensi significati politici ed ideologici, tanto in relazione al modo in cui gli Stati europei regolavano nel secolo scorso lattribuzione della propria cittadinanza, quanto in relazione al fatto che solo ai cittadini era (ed è) concessa piena partecipazione alla vita socio politica della comunità statale. Il criterio del domicilio e della residenza riflettono invece un legame meno politico ed ideologico con una data comunità sociale e dipendono dalla localizzazione del centro degli interessi di una persona e dalla sua permanenza fisica in un dato luogo (cfr. art.43 Cod. Civ.). E da notare che gli interessi che vengono in rilievo sono sia quelli economici e professionali, sia e soprattutto quelli rappresentati dai legami familiari. La preferenza per il criterio della cittadinanza è accolta nelle Disposizioni Preliminari del Codice Civile del 1942. La ragione di tale scelta sembrava generalmente rispondere a indirizzi di politica legislativa che vedevano schierati sul fronte del criterio della cittadinanza gli Stati a forte emigrazione (interessati a tenere vivo il legame coi propri cittadini allestero e a permettere ai propri giudici di esercitare la giurisdizione nei loro confronti e di applicare la loro legge nazionale). Sul fronte dei criteri del domicilio e della residenza si schieravano invece gli Stati verso i quali si dirigevano importanti correnti di immigrazione, interessati alla integrazione degli immigrati anche attraverso la possibilità di applicare la loro legislazione locale. Si tratta tuttavia di una schematizzazione esplicativa valida più che altro per il passato che per il presente: non pochi legislatori, infatti, pur in presenza di leggi che regolano lattribuzione della cittadinanza in maniera assai diversa rispetto al passato in modo da favorire, tra laltro, il sorgere di situazioni di doppia o plurima cittadinanza che le precedenti leggi miravano, al contrario, ad evitare hanno mostrato la tendenza a confermare la scelta tradizionale. La volontà delle parti è sia criterio di collegamento titolo di giurisdizione. Il principio della volontà trova espressione sul piano processuale nelle norme che riconoscono alle parti il potere di prorogare ma anche di derogare la giurisdizione (laccordo non può produrre effetti se non nei casi previsti dalla legge!). Fatte queste considerazioni preliminari, una difficoltà emerge qualora si considera che la legge sulla cittadinanza (L.5 Febbraio 1992, n. 91 Nuove norme sulla cittadinanza) permette soltanto di stabilire se una persona possiede o no la cittadinanza italiana ma non può funzionare verso altri Stati: non è possibile, sulla base della legislazione italiana, stabilire di quale Stato, diverso dal nostro, un individuo sia cittadino. In altre parole, - poiché gli Stati, possono soltanto conferire o negare la propria cittadinanza questo criterio di collegamento non è suscettibile di essere qualificato come lex fori (legge applicabile). A riguardo è esplicita la previsione dellart.22 della legge svizzera del 1978: "La cittadinanza di una persona rispetto ad uno Stato è determinata secondo il diritto del medesimo. Ne consegue che il giudice italiano può trovarsi di fronte individui che nessuno Stato considera propri cittadini gli apolidi come pure individui che possiedono più di una cittadinanza.
Apolide Termine che indica una persona priva di cittadinanza e che, di conseguenza, non può rivendicare la tutela da parte di alcuno stato. Si è apolidi per nascita, se apolidi sono i genitori; oppure lo si diventa quando si perde la propria cittadinanza originaria senza acquisirne una nuova: è quanto accade, ad esempio, ai rifugiati (Vedi Rifugiato politico; Diritto d'asilo; Asilo politico). Sul piano internazionale la protezione degli apolidi è prevista nella Convenzione di New York del 1954. In Italia la condizione dell'apolide è equiparata a quella dei cittadini in tema di diritti civili ma a quella degli stranieri per quanto riguarda i diritti politici. Non è ammessa l'estradizione dell'apolide per reati politici. |
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