Questo articolo di Marilina Veca è apparso per la prima volta sul mensile Italicum, gennaio-febbraio 2003, sotto il titolo, Il Parlamento sia messo al corrente di tutta la materia concernente la sovranità nazionale sulle basi! Decisamente un ottimo lavoro di ricerca su un
argomento fondamentale. Il 3 agosto 1995- molti anni-luce
orsono- era Ministro per le Riforme Istituzionali il giurista
Giovanni Motzo. Pochi lo ricorderanno, eppure l'allora Ministro
rilasciò al quotidiano "Avvenire" alcune dichiarazioni, in merito
agli accordi internazionali che legano il nostro Paese al Patto
Atlantico, che meritano di essere ricordate, anche per sottolineare
che gli attuali Ministri del Governo in carica sembrano rappresentare
un'altra nazione ed un'altra Costituzione rispetto a quella
di cui parlava Motzo soltanto 6 anni fa.
Scriveva l'Avvenire:" L'Italia, negli anni passati,
ha firmato accordi internazionali segreti. E questi, proprio
in quanto segreti, potrebbero essere illegittimi.
A fare queste clamorose affermazioni non è qualche
magistrato specializzato in servizi segreti, ma il Governo stesso
per bocca del Ministro per le Riforme Istituzionali Giovanni
Motzo.
Il giornalista Antonio Mira chiedeva allora:
"Ministro, cosa ha voluto dire?"
"Faccio riferimento era la risposta
agli accordi in forma esecutiva che non passano al
vaglio del Parlamento, e che sono firmati solo dal Governo.
Questi sono sottoposti ad un regime di segretazione. Di solito
disciplinano problemi relativi alle basi militari straniere
o della NATO in Italia, al regime dei quartieri generali della
NATO, al transito e alla permanenza di truppe."
" Un segreto, allora, in parte da eliminare?"
"Sì. Decisamente. C'è una misura di segreto
che è necessaria ed autorizzata. Ma allora il Parlamento la
autorizzi a ragion veduta."
"C'è chi ha parlato di sovranità limitata
nel nostro Paese
"
"In parte hanno ragione."
"E' la prima volta che un Governo mette in
dubbio la legittimità di questi segreti."
"Beh, era ora. Pensi che l'accordo bilaterale
USA-Italia del '61 è ancora in vigore."
"Si conosce il contenuto?"
"Ne esisterebbero due versioni
Si conoscono
solo alcune clausole. Si dice che gli stati si impegnano a
prestarsi assistenza reciproca. E prevede l'invio di consiglieri
militari americani in Italia."
"Roba da Vietnam." Così finiva l'intervista al Ministro Motzo, e, da allora, sul fronte del "segreto" non sembra che molto sia cambiato, mentre molto è cambiato sul piano della qualità dei rappresentanti politici e governativi. Segreto di Stato, notizie riservate, documenti secretati Quante volte abbiamo sentito queste parole cadere
come una cortina di piombo, a chiudere l'accesso alle verità
possibili, alle spiegazioni documentate, alle ricostruzioni
reali di fatti, di tragedie, di morti. Il segreto di Stato...
un segreto indefinito che comprende tutto e il contrario di
tutto, impiegato ieri ed oggi per ostacolare ogni processo di
verità, sulle stragi, sul traffico di armi e di scorie tossiche,
sull'uso di uranio impoverito nelle "missioni di pace", sulle deviazioni di istituzioni che agiscono
come corpi separati dello Stato.
A 24 anni dall'emanazione della legge
801/77 - che introduceva il concetto di "segreto di Stato" e
rimandava, con l'art.18, "all'emanazione di una nuova legge
organica relativa alla materia del segreto", abrogando
contemporaneamente norme, prassi, regolamenti contraddittori
e confusi - il controllo del "segreto" continua ad essere
demandato a due figure giuridiche inesistenti: l'A.N.S. ( Autorità
Nazionale di Sicurezza) e all'U.C.SI (Ufficio Centrale di Sicurezza),
che agiscono grazie ad
una serie di circolari segrete emanate da alcuni Presidenti
del Consiglio e rimaste sconosciute al Parlamento.
Così norme e procedure continuano a confondersi
in un gran calderone, in cui si mescolano segreti politici e
militari.
Risultato? La classificazione di segretezza
"riservato", largamente usata, non trova cittadinanza nell'ordinamento
penale italiano, ma compare unicamente nelle norme abusivamente
emanate dall'A.N.S., che opera al di fuori dell'assetto istituzionale
e normativo in materia di segretezza, in contrasto aperto con
l'ordinamento giuridico in termini di sovranità nazionale e
delle prerogative dei paesi membri dell'alleanza in materia
di difesa e sicurezza interna.
Questa "amministrazione parallela del segreto",
infiltrata capillarmente in tutta la pubblica amministrazione,
ha portato alla gestione abituale di una sorta di cortina fumogena
che si stende su tutta la vita di questo Paese, in contrasto
con ogni riforma e legge sulla trasparenza, tutto viene gestito
in maaniera spesso discrezionale, insindacabile, discriminatoria,
e senza uno straccio di fondamento giuridico.
Per questo vale la pena di riflettere oggi su
dichiarazioni rilasciate NON da un pericoloso terrorista
ma da un Ministro della Repubblica, della stessa Repubblica
in cui viviamo oggi. Oggi, quando sembra che il mondo sia nelle
mani di qualche folle Generale "Stranamore"...E parliamo, nel
dettaglio, di qualcuna di queste basi Nato, ad esempio di quella
di Aviano. Forse quello stesso Generale "Stranamore" aveva previsto,
verso la fine degli anni '70, l'utilizzo della base di Aviano
per il bombardamento nucleare a tappeto del Veneto, magari
per fermare una eventuale invasione dall'Est? - è l'interrogativo
che si pone, provocatoriamente, il giornalista e ricercatore
Marco Saba, dell'Istituto Europeo di Ricerca, divulgando alcuni
documenti sul "sistema di missili "Lance MGM-52C" (gittata:
5 - 125 km). La testata nucleare che usano, la W70, ha una potenza
di 1-100 kilotoni ed era prodotta sia in una versione fissile
standard che in versione a radioattività avanzata (enhanced
radiation: ER). Oggi le bombe sono ancora là, belle fresche
e hanno una gittata da 5 a 125 kilometri, si trovano nella base
di Aviano (Friuli Venezia Giulia), pronte a bombardare il Veneto.
Vi rendete conto?"
Ci rendiamo conto che la gittata dei missili,
se le informazioni sono esatte, non era, e non è, tale da contrastare
ipotetici nemici "fuori dai confini" ma è rivolta contro il
nostro territorio nazionale, ad evidenziare il fatto, se ancora
ce ne fosse bisogno, che siamo un Paese occupato, un Paese a
sovranità limitata, quando addirittura non inesistente. Torniamo però ai giorni nostri:
recentemente, nel corso di una ricorrenza, a Palazzo Barberini,
il Ministro Martino incontrò i giornalisti e dichiarò "E' doveroso
un riferimento al nostro prossimo impegno in Afghanistan , in
quel teatro, nell'ambito dell'operazione "Enduring Freedom",
alla quale già partecipano nostre navi, velivoli da trasporto
e mezzi logistici dell'Aeronautica, schiereremo un migliaio
di uomini proprio dove è probabile che si annidino ancora nuclei
di Al Qaeda." Con toni vagamente apocalittici, il Ministro
incalzava poi, con una visione vagamente apocalittica della
vocazione "anti-terroristica" dell'Occidente, proclamando che
questa missione "è una delle più difficili che siamo stati chiamati
ad assolvere. Essa dà pienamente il senso della nostra determinazione
nella lotta al terrorismo, a questa "peste" del nuovo secolo,
che deve essere cancellata in ogni angolo del mondo". Inquietanti
dichiarazioni, che lanciano ombre su "ogni angolo del mondo"
e ci fanno ripensare a quella illuminante dichiarazione fatta,
tempo fa, dal Senatore Manca di Forza Italia sul valore della
partecipazione italiana alle missioni internazionali. Egli disse
testualmente che "per anni abbiamo messo a disposizione degli
Stati Uniti una disponibilità non operativa... ma ora le cose
sono cambiate, se non sapremo o non vorremo competere
sul piano operativo con gli altri Paesi dell'Alleanza finiremo
per essere esclusi da chi, di fatto, guida la politica nel vecchio
Continente"... Per questo ci affanniamo a rendere disponibili
forze operative, per essere quello che abbiamo definito tante
volte "un esercito coloniale per un Italia occupata".
Un esercito che rappresenta interessi diversi
e contrastanti da quelli che l'idea di sovranità nazionale dovrebbe
obbligarci a perseguire, un esercito pronto ad accorrere nelle
"missioni di pace" sotto l'egida delle Nazioni Unite: è questo
il definitivo contributo dell'Italia alla funzione di gendarme
della globalizzazione deciso dall'assetto strategico della Nato.
La conferma di voler rafforzare questa "disponibilità
operativa" era venuta più volte dallo stesso Ministro
della Difesa, che, tempo fa, in una intervista a "Il Corriere
della Sera", dopo aver dichiarato la sua condivisione "delle
ragioni che spingono l'amministrazione Bush a portare avanti
la scelta di guerra all'Iraq", ha ribadito che "non ci sono
dubbi circa la necessità che l'Italia si mantenga fedele alle
scelte militari degli Stati Uniti, anche continuando a partecipare
all'operazione denominata Enduring Freedom". Ora il contingente
di mille alpini è partito per l'Afghanistan " in ottemperanza
ad una richiesta di rimpiazzare i britannici Royal Marines",
e , in tale impiego "saranno possibili vere e proprie azioni
di combattimento."
L'ultimo residuo di sovranità nazionale del
nostro Paese viene spazzato via dalla "necessità" di dimostrare
la nostra "disponibilità operativa" al padrone atlantico. Senza
che il Parlamento abbia speso una sola parola al riguardo. Una
interrogazione di Rifondazione Comunista aveva chiesto - non
sappiamo ancora con quale risposta -al Ministro della Difesa
" se non ritenga lesiva della sovranità del nostro Paese la
sua dichiarazione di disponibilità ad accettare ordini militari
così impegnativi che vengono dagli Stati Uniti, senza che ci
sia stata nessuna discussione né decisione in sede parlamentare".
Tutto questo mentre il nostro Paese si prepara ad inginocchiarsi
di fronte alla volontà americana di aggredire l'Iraq: perchè
come dice un "illustre" commentatore di fatti militari come
Carlo Mercuri su "Il Messaggero": "La prospettiva di una imminente
campagna di guerra in Iraq NON potrebbe NON vedere coinvolti
i nostri militari a fianco degli alleati"...questo tanto per
capire quanto valga la nostra sovranità nazionale. Meno di zero.
Ecco dunque i nostri soldati partiti per l'Afghanistan
-dopo aver salutato di fronte a tutti i telegiornali, talk-shows,
"fatti vostri", "fatti loro", "porte a porte", ecc., le
mamme commosse che, come già è accaduto,
commentano così: "Siamo molto orgogliose dei nostri figli che
partono per aiutare la gente...." Strano modo di aiutare la
gente...
Ma sentiamo ancora le parole del Ministro:"
All'indomani degli assassini di massa perpetrati contro l'America
l'11 settembre, la NATO ha avviato un complesso processo di
adeguamento della sua dottrina militare alle mutate esigenze".
Questo lo abbiamo visto tradotto nel "delirio punitivo" di Bush
contro gli stati-canaglia e nella teoria della "guerra preventiva"...
"Insieme al salto di qualità nei rapporti tra NATO e Russia,
effettuato con il vertice di Pratica di Mare, si è consolidata
la volontà di proseguire nel rafforzamento della sicurezza e
della stabilità nell'intera area euro-atlantica, fino alla sua
periferia strategicamente importante, compreso il Mediterraneo.
In particolare, resta valido il principio della "porta aperta"
alle democrazie europee che vogliano diventarne membri e la
prosecuzione delle inziative di incoraggiamento all'integrazione
per i Paesi non ancora invitati. Mi riferisco, in particolare
ma non solo, ad Albania e Macedonia, dove continuano ad operare
contingenti militari italiani". ( Certo, che ad annoverare l'Albania
fra le democrazie europee ci vuole un certo senso dell'umorismo...).
Dopo aver indicato "il ruolo dell'OCCAR - quale agenzia di gestione
dei programmi comuni quadripartiti tra Francia, Regno Unito,
Germania ed Italia - e dell'Accordo Quadro della Letter of Intent,
per collegarsi con altri cinque maggiori partners europei",
il Ministro è stato parco di osservazioni sul futuro del nostro
modello di Difesa e sulla cosiddetta "professionalizzazione"
delle Forze Armate. D'altronde, nel Libro Bianco della Difesa,
Martino aveva già ben delineato l'esercito che verrà: un vertice
unico interforze, Comandi ed Enti intermedi "snelliti" e "depurati",
revisione delle strutture di comando e supporto, più risorse
alle forze operative. Ricordiamo che questi erano gli argomenti
del "libro bianco", nel quale il Ministro della Difesa
Martino ha compendiato la visione del "suo" Esercito.
Un "nuovo" Esercito, ovviamente.
Perchè l'aggettivo "nuovo", da qualche tempo,viene
dispensato a piene mani ogni volta che si parla di modello di
Difesa... per l'appunto, il "nuovo" modello di Difesa, il "nuovo"
Esercito sempre più impegnato nelle cosiddette missioni
"umanitarie". Quelle missioni in cui "i militari di pace" si
trovano sempre più pericolosamente in bilico fra un ruolo fortemente
subalterno di fronte agli interessi atlantici e un'ultima parvenza
di sovranità nazionale.
Nel "libro bianco" di Martino, che si presenta
tuttora come la "summa" del pensiero del Ministro della Difesa:
vi si chiedevano maggiori risorse per "l'ammodernamento" delle
Forze Armate, detto in parole povere, si chiedono più soldi
per l'esercito professionale che dovrà disporre - dice il Ministro
- di forze sempre più ampie "per presenza e sorveglianza
del territorio e per la proiezione all'esterno in un quadro
di polizia internazionale contro il terrorismo".
Ma dove andranno a finire queste "maggiori risorse"?
Saranno spese nel "quadro di polizia internazionale
contro il terrorismo" rientreranno forse le missioni punitive
contro gli "Stati canaglia"? Rientreranno nelle "maggiori risorse"
le operazioni di polizia "non ortodosse", quelle di "low intensity",
come recitano i manuali anti-guerriglia statunitensi (vedi ordine
di sparare al G8...)? Vi rientreranno le missioni, umoristicamente
chiamate "di pace", come l'aggressione NATO contro la Serbia,
tutta funzionale ad un quadro di controllo dei Balcani e alla
creazione della "Grande Albania"? E, a proposito di Albania,
è una fortuna che nel suo libro bianco il Ministro Martino non
abbia anche voluto esporre la sua famosa teoria della creazione
di una "brigata albanese" per far fronte alla carenza di volontari
italiani nell'Esercito...fa bene che l'Albania è stata citata
fra le "democrazie europee"...
Occorrerà anche "rivedere le modalità di funzionamento
degli Stati Maggiori perchè "non siano più centri di pensiero
ma centri di comando"...ma che vorrà dire? forse che oggi negli
Stati Maggiori si pensa troppo e si comanda poco? Noi, finora,
nei nostri contatti con i vertici delle istituzioni militari
ci siamo imbattuti in tanti generali che dicono di non leggere
i giornali (e di non essere tenuti a farlo...), di non sapere,
di non ricordare, di non poter parlare...non ci sembra che ci
sia un uso smodato del pensiero, tantomeno di quello critico.
Quindi la dicitura "centri di comando anzichè di pensiero" ci
lascia un po' perplessi.
"Gli
impegni internazionali, troppo dispersivi, devono essere ricondotti
in ambito ONU, NATO e UE": non una parola è dedicata a quel
fantasma chiamato "esercito europeo", divenuto sempre più fantasma
dopo una recente intervista di Antonio Martino sulla necessità
di ridurre i compiti della Forza di Reazione Rapida dell'UE,
quella forza che dovrebbe essere composta di sessantamila uomini
in grado di schierarsi in tempi brevi e di sostenere un impegno
in teatro di operazioni per una durata di dodici mesi, definitivamente
spazzata via dal vertice di Praga.
Una certa enfasi veniva posta nel libro bianco
sui problemi economici connessi alla condizione militare, soprattutto
adesso che occorre incentivare l'ingresso dei volontari. Ma,
a fronte della retribuzione, ci si dimentica di dire per cosa
si dovrebbe essere pagati di più: forse per essere professionali
e operativi come i "Top Gun" del Cermis, o forse per compiere
missioni internazionali altamente operative complete di "bombardamenti
umanitari", in totale spregio della vita di civili innocenti:
Martino diceva nel corso degli auguri "abbiamo accelerato la
professionalizzazione delle Forze Armate, stanziando le risorse
necessarie per anticipare il programma al gennaio 2005, venendo
incontro al diffuso desiderio degli italiani".
Noi pensiamo che sia "diffuso desiderio degli
italiani" che sia ristabilita e difesa la dignità morale e materiale
del personale militare, in virtù di valori etici e tradizionali,
in virtù del significato della sovranità nazionale.
Ma di quale dignità morale e materiale si può
parlare, quando per ogni militare morto in servizio per cause
più o meno oscure non si riesce mai ad abbattere il muro del
silenzio e dell'omertà? Di quale dignità si parla, quando
continuano
ad essere perpetrati, da parte dell'istituzione, i reati di
abuso di potere e, soprattutto, di violazione dell'art.21 della
Costituzione che sancisce il diritto di espressione? Quando
sull'uso di munizionamenti all'uranio impoverito si continuano
a dire mezze verità e troppe menzogne? Quando si continuano
ad usare come strumento di valutazione le "note caratteristiche",
che, troppo spesso, anzichè neutrale mezzo di misurazione delle
risorse umane impiegate, diventano arma di ricatto e di minaccia
nei confronti di quegli ufficiali e sottufficiali che assumano
posizioni divergenti o critiche verso i vertici militari.
Continuano ad essere negati i diritti
dei militari, compreso quello di arrivare ad una reale forma
di rappresentanza, dato che è ormai assodato che gli attuali
COBAR e COCER sono strutture gerarchizzate e inquadrate nello
stesso ordinamento dell'istituzione militare.
E si parla di un "nuovo" esercito...il ministro
plaude alla conclusione anticipata della professionalizzazione
al gennaio 2005. Già nel "libro bianco" annunciava una legge
speciale decennale per l'ammodernamento delle strutture, ipotizzava
un comparto unico difesa/sicurezza. E' il famoso esercito di
professionisti, l'esercito di volontari, sul modello americano.
Con più soldi, forse per diventare sempre più pronto ad intervenire
alla chiamata della Nato, ai comandi anglo-statunitensi
, un esercito efficiente, sempre rispondente ai superiori interessi
atlantici, in quelle operazioni pomposamente chiamate "peace
keeping", "peace making", "peace enforcing", ecc...
Saranno queste le "nuove" Forze Armate sempre
più "proiettate all'esterno" nel quadro di polizia internazionale
contro il terrorismo, più presenti come gendarmi della
globalizzazione, più funzionali al progetto strategico della
Nato?
Questo esercito che si affaccia al futuro, che
comprenderà, fra Esercito, Marina e Aeronautica, circa 190.000
unità, che avrà nuove strutture di comando, che si organizzerà
come comparto difesa/sicurezza, avrà Stati Maggiori che "saranno
centri di comando anzichè centri di pensiero".
E allora lo chiediamo a questi "centri di comando":
ribadiamo l'esigenza di conoscere i patti firmati dal Governo
e non sottoposti al Parlamento. "Si tratta - dice Falco Accame,
ex presidente della Commissione Difesa - in primo luogo di intese
che riguardano anche l'uso di armi vietate dal Governo italiano,
come le mine anti-uomo di prevedibile largo impiego in Iraq.
Tali armi vengono conservate nelle base extraterritoriali in
Italia (ad esempio Camp Derby) dalle quali possono essere inviate
ovunque. Si pone poi il problema delle norme che regolano l'uso
di basi come quella della Maddalena, base di transito per sommergibili
nucleari (che possono essere ospitati anche in altre 11 basi
italiane) e capaci di impiegare missili a lunga gettata che
coprano il teatro del vicino Oriente. Circa l'accordo per la
base di Maddalena (16 settembre 1972, Governo Andreotti, Ministro
degli Esteri Medici) non si sa chi abbia firmato l'accordo bilaterale
preparato dai Capi di Stato Maggiore della Marina americana
e italiana, e ancora, circa gli accordi italo-USA è ancora in
vigore l'accordo bilaterale del 1961, ma non se ne conosce il
contenuto, si disse che ne esistevano due versioni.
Per alcune basi non è chiara la catena di comando,
per esempio per la base di Aviano, formalmente dipendente dalla
V ATAF di Vicenza. Si sa che in pratica è una base USA, ma il
comando è affidato ad un Colonnello dell'Aeronautica italiana.
All'epoca del Cermis gli ordini di operazione partiti dalla
base "italiana" erano però compilati da una comandante di squadriglia
USA. Da Aviano partivano gli aerei che usarono le armi all'uranio
in Bosnia, ma il Governo italiano disse di non essere al corrente
dell'uso di queste armi in Bosnia. Problemi di sovranità sulle
basi emersero, come tutti ricordano, a Sigonella, all'epoca
dell'Achille Lauro. Alcune basi italiane come i poligoni interforze
di Capo Teulada e Salto di Quirra sono utilizzate da forze aeree
e navali straniere e non si può quindi conoscere il tipo di
armi che vengono usate nei poligoni. Basi anti-guerriglia come
quella di Poglian (Capo Marrargiu) sono usate da forze italiane
e straniere. Prima di prendere decisioni circa l'uso di basi
è bene chiarire finalmente anche quali sono i famosi protocolli
aggiuntivi della Nato, di cui non si conosce il contenuto: probabilmente
riguardano gli stati di emergenza e l'impiego delle chiavi di
accesso dei missili.
In una situazione così delicata come quella
che si presenta per via delle possibili reazioni del mondo arabo
sui paesi coinvolti nella guerra all'Iraq, è necessario che
il Parlamento sia messo al corrente di tutta la materia concernente
la sovranità nazionale sulle basi. |
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