ARMI ITALIANE: NUOVI AFFARI IN MEDIO ORIENTE

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In crescita e sempre più verso il Medio Oriente. Sono questi i dati salienti che emergono dall'ultima Relazione sulle esportazioni autorizzate di armi italiane. Eccone un'analisi.

Unicredit ci ripensa. E si rimette in pista acquisendo nuove autorizzazioni per quasi 50 milioni. Al diavolo le promesse: solo due anni fa, aveva dichiarato di voler chiudere con le operazioni di appoggio al commercio delle armi.

Proprio mentre gli Stati Uniti accusavano la Siria di traffici di armi con Saddam Hussein, l'Italia autorizzava una nuova commessa per Damasco di sofisticati sistemi di visori notturni di puntamento e di controllo del tiro per carri armati T72 di fabbricazione sovietica. La notizia, riportata da L'Avvenire all'indomani della pubblicazione della "Relazione sull'esportazione autorizzata di armamenti 2003", ha suscitato un certo scalpore: in quei giorni, infatti, il segretario Usa alla Difesa Donald Rumsfeld includeva la Siria tra i "paesi canaglia" che sostengono il terrorismo internazionale e lo stesso Rumsfeld menzionava tra gli altri i "visori notturni per carroarmati" arrivati a Baghdad via Damasco. Visori, quelli venduti dall'Italia alla Siria, prodotti oltretutto da un'azienda controllata dallo Stato, le Officine Galileo della Finmeccanica.
   Nel 2002, si legge nella Relazione, sono partiti dall'Italia, destinazione Damasco, armamenti per un totale di 18.806.050 euro (più di 36 miliardi di lire). Si tratta di 17 esportazioni che fanno parte di una mega commessa da 266.379.656 euro (515 miliardi di lire) firmata nel 1998 e che non si è mai interrotta, malgrado le continue accuse di violazioni al governo siriano. Insomma, tutto fa pensare ad un affare di nuove triangolazioni, di cui l'Italia si era distinta negli anni '80 prima dell'entrata in vigore della legge 185 del 1990 che dovrebbe regolare con criteri rigorosi "l'esportazione di sistemi di armamento e di prodotti di alta tecnologia". Un affare, quello con la Siria, che ha suscitato qualche domanda anche in Parlamento, ma, passato il clamore della notizia, la questione pare ormai già archiviata.


DESTINAZIONE PAESI NATO?
   Eppure, quella alla Siria, non è la sola autorizzazione a suscitare perplessità: con qualche oscillazione, le commesse verso i paesi del Sud del mondo rappresentano da anni la metà dell'export italiano. Degli oltre 920 milioni di euro di nuove autorizzazioni, un incremento del 6,6% rispetto all'anno precedente (erano 862 milioni nel 2001), il 55% riguarderebbe paesi Nato, che ricoprivano solo il 26% l'anno precedente. Ma se analizziamo i dati, ci accorgiamo che dei 506 milioni di euro di export verso paesi Nato, 85 milioni sono destinati ai paesi dell'area orientale dell'Alleanza: Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Turchia. Paesi che hanno normative sul commercio delle armi alquanto permissive e che sono stati oggetto anche di recente di "triangolazioni", come ha documentato Chiara Bonaiuti nell'ultimo numero di Oscar, la rivista dell'Osservatorio sul commercio delle armi di Ires Toscana.
   È vero: la maxi-commessa di quest'anno riguarda la Spagna (240 milioni di euro di autorizzazioni tra cui 218 milioni per 62 autoblindo Centauro del Consorzio Fiat Iveco-Oto Melara). I "venti di guerra", poi, hanno portato un incremento notevole delle esportazioni verso la Nato: autorizzazioni per 30 milioni verso la Germania (erano poco più di 22 milioni quelle del 2001), 66 milioni di euro quelle verso la Francia (a fronte degli 8 milioni nel 2001) e sono più che raddoppiate le autorizzazioni all'export verso gli Usa (dai 16 milioni del 2001 agli oltre 36 milioni dello scoro anno). Ma i veri affari si fanno con i paesi del Medio Oriente che si conferma, come esplicita la stessa Relazione 2003, come "un'area che per molti anni ha rappresentato uno dei mercati strategici per le imprese italiane del settore".


IL GRAN BAZAR DEL MEDIO ORIENTE
   È il Medio Oriente, il "mercato di eccellenza" delle armi italiane. Due anni fa, con oltre 119 milioni di euro di autorizzazioni all'export, l'Arabia Saudita aveva rappresentato il secondo maggior cliente italiano: un cliente che lo scorso anno ha commissionato nuove armi per altri 29 milioni di euro. Segue a ruota il Kuwait che, nel 2002, ha firmato commesse per quasi 83 milioni di euro da aggiungersi ai 12 milioni dell'anno precedente; e poi la Turchia che, tra i paesi Nato dell'area, rappresenta da anni uno dei maggiori clienti (45 mlioni di euro di autorizzazioni nel 2000 e nel 2001 e 20 milioni lo scorso anno), la Siria (12,5 milioni) e l'Oman (7,7 milioni) per citare solo i principali. Stavolta invece non appaiono gli Emirati Arabi Uniti, che con un megacontratto di oltre 600 milioni di euro si erano assicurati nel 1999 "apparecchi elettronici per l'aeronautica" dell'Elettronica spa di Roma.
   I paesi orientali si contraddistinguono soprattutto nelle esportazioni definitive. La lista delle consegne effettuate nel 2002 vede in testa, infatti, due paesi dell'Estremo Oriente: la Malaysia con 42 milioni di euro e la Corea del Sud (40 milioni), segnale evidente della crescente tensione nell'aera. Seguono vari paesi dell'area mediorientale: Dubai che ha acquistato armi per oltre 37 milioni di euro, la Turchia che ha ricevuto consegne per 19 milioni di euro, la Siria (18,8 milioni), l'Algeria (15 milioni), il Kuwait (2 milioni), l'Egitto (1,7 milioni), Bahrain (1,5 milioni) per menzionare solo i principali. Non va dimenticato, poi, Israele, verso il quale non sono state rilasciate nel 2002 "nuove autorizzazioni", ma al quale lo scorso anno sono state consegnate armi per quasi un milione dei 1,7 milioni di euro di precedenti autorizzazioni.

   E, un po' più ad Est, vanno ricordati altri "clienti tradizionali" come India e Pakistan: New Delhi si è aggiudicata nuove autorizzazioni per 37,5 milioni di euro, mentre ad Islamabad sono giunte consegne per 17,5 milioni. Sempre in Oriente, è singolare il caso della Repubblica Popolare Cinese, un paese dichiaratamente comunista, al quale il governo Berlusconi concede nuove autorizzazioni per ben 22,8 milioni di euro ed effettua consegne per oltre 9,5 milioni. Tra le maggiori commesse dell'area orientale, spicca quest'anno l'autorizzazione a Singapore per 46 milioni di euro (di cui quasi 10 milione già consegnate), le nuove autorizzazioni alla Malaysia (27 milioni di euro), all'Oman (7,7 milioni), a Taiwan (al quale sono assegnate autorizzazioni per oltre 4,5 milioni e recapitate armi per 7,1 milioni di euro), alla Thailandia (3,9 milioni) fino ai Brunei, al Bangladesh e alle Filippine. Insomma, Medio Oriente (17%) e Asia Orientale (16%) si assicurano insieme un terzo delle nuove autorizzazioni, segno di un mercato non solo consolidato, ma in evidente crescita.

E LE BANCHE?
   Nell'anno della maxicommessa alla Spagna, la regina della "banche armate"  è una banca con sede principale in Spagna, appunto: il Banco Bilbao Vizcaya (216 milioni di euro di importi autorizzati). Ma gli istituti bancari italiani continuano nelle loro performance di appoggio alla vendita di armi: la Bnl (138 milioni) si aggiudica il 18% delle nuove autorizzazioni mantenendo lo share dell'anno precedente; la Banca di Roma, adesso Capitalia, (98,4 milioni) col 13% permane ai primi posti; il Gruppo bancario S. Paolo-Imi con 80 milioni di nuove autorizzazioni raddoppia la sua prestazione che raggiunge così il 10% del totale; Banca Intesa-Bci (54,5 milioni) migliora e supera il 7%. Chi invece riappare in classifica è UniCredit, che se da un lato smaltisce col Credito Italiano autorizzazioni precedenti per quasi 50 milioni, dall'altro ne acquisisce altrettante di nuove, nonostante le dichiarazioni di due anni fa di voler chiudere con le operazioni di appoggio al commercio delle armi.

GIORGIO BERETTA

vai al sito: http://www.banchearmate.org
Armi: così l'Italia dà armi agli "stati canaglia"di Redazione (redazione@vita.it) 04/04/2003

Dalla relazione al Parlamento 2002. Ecco la lista dei Paesi che comprano armi dall'Italia. In testa la Malaysia con 42 milioni di euro; segue la Corea del Sud con 40 milioni; poi la Turchia con 19; la Siria con 18,8; quindi il Pakistan con 17,5; l'Algeria con 15; la Cina con 9,6; l'India con 7,6. Con cifre molto piu' basse (ma si tratta di paesi poverissimi) troviamo Ghana, Zambia e Mauritania. Altrettanto lungo l'elenco delle nuove esportazioni autorizzate lo scorso anno (armi che saranno consegnate nel 2003 o negli anni successivi). Troviamo l'India con 37,4 milioni di euro, la Malaysia con 27,3 milioni, la Cina con 22,8, la Turchia con 20,4, l'Algeria con 17,7, la Siria con 12,5, la Thailandia con 3,9, il Pakistan con 3,5, il Sudafrica con 1,1, la Corea del Sud con 1,2, il Bangladesh con poco meno di un milione di euro e perfino l'Argentina che, malgrado la gravissima crisi economica, ha firmato una commessa per poco piu' di 800mila euro e ha ricevuto armi per 753mila euro. Il Kuwait ha firmato commesse per 82,9 milioni di euro ed ha ricevuto armi per 2 milioni, l'Arabia Saudita ha firmato per 29, l'Oman per 7,7, il Bahrein ha ricevuto armi per 1,5 milioni, Dubai per 37,3.

  

Nessuno può uccidere nessuno. Mai. Nemmeno per difendersi.