La mappa delle servitù militari in Italia di Marco Trotta

Capo Teulada, Quirra e La Maddalena
I primi interventi sono stati dei rappresentanti sardi. Una scelta quasi obbligata visto che tra i 60.000 ettari di demanio militare, ben 24.000 sono presenti in questa regione ai quali aggiungere altri 12.000 di servitù militari. "A Capo Teulada abbiamo cominciato nel '96 con 4-5 persone - racconta Manica - e ora siamo in 700 che continuiamo a lottare tutti i giorni. Siamo pescatori, io lavoro da quando avevo 6 anni e non sono andato a scuola. Gli americani che sono venuti con il poligono e le esercitazioni non ci facevano lavorare. In Sardegna si sono alternate diverse giunte regionali. Quando c'era il centrosinistra ci davano 60.000 lire al giorno quando sparavano, e quando non sparvano ci facevano lavorare nella zona interdetta. Ma i soldi non erano sufficienti, allora abbiamo organizzato una grossa manifestazione andando di famiglia in famiglia. Quando è arrivata la destra ci avevano promesso un ulteriore indennizzo, ma non è arrivato. Allora abbiamo fatto quattro blocchi navali con le nostre barche e siamo andati anche a Roma per parlare con il sottosegretario Cico, che è sardo. Ci aveva detto che era tutto a posto, ma abbiamo risposto che senza una firma in 10 giorni avremmo fatto un altro blocco. Per due anni abbiamo impedito che sparassero e alla fine è dovuto venire il ministro Martino a parlare con noi, sulle nostre barche. In questa maniera abbiamo ottenuto 15.000 euro l'anno di indennizzo più la bonifica di 30 miglia di costa. Quest'ultima, però, non è stata fatta perché costava troppo. Ci hanno detto che sarebbe costato di meno fare ad ogni pescatore una villetta in Tunisia". Problemi ambientali e sanitari che sono stati ripresi da un altro intervento 'sardo', quello di Mariella Cao del Comitato Gettiamo Le Basi. "Le basi in Sardegna non portano solo alla perdita di lavoro. Ma anche alla perdita di 'vita', in termini di 'vita quotidiana' ma anche di 'vita concreta' con tumori e altre patologie. Dopo cinque anni di lotte siamo riusciti a strappare una indagine epidemiologica per il poligono di Quirra (il più grande d'Europa) dove su 150 abitanti, ben 20 avevano tumori al sistema linfatico. In un altro paese poco distante erano 14, e sono almeno 15 i militari ammalati secondo dati in nostro possesso. Su questo i media hanno taciuto. Nel 2002 è uscita la notizia dell'ampliamento del porto de' 'La Maddalena' dove abbiamo documentato 177 tumori al sistema linfatico e 355 melanomi. Una mobilitazione popolare e diffusa ha presidiato la regione (di destra) obbligandola a bocciare i piani. C'è perfino un consigliere di Forza Italia, ammalato di tumore, che ha denunciato Bush in tutte le sedi internazionali. Nel 2004 il consiglio regionale ha fatto proprio un nostro documento che scredita la giunta filogovernativa favorevole dell'ampliamento". Un successo al quale hanno dato un contributo importante le categorie produttive danneggiate da queste installazioni. "Per esempio - continua Cao - i produttori di vino. Il movimento contro le basi ha due anime: chi non la vuole per motivi etici, perché contro la guerra, e chi è contro perché vede la sua vita danneggiata. Questo secondo movimento può spostare molto". Ma è evidente che è nel rapporto con la politica che si gioca la partita più importante. "Nel 2004 abbiamo fatto firmare un documento a tutti i candidati alle amministrative chiedendo di battersi con ogni mezzo non violento, giuridico e amministrativo contro 'La Maddalena', 'Quirra' e 'Capo teulada' e chiareza sull'uso dell'uranio impoverito. Adesso, si è detto, abbiamo un governo amico, ed è stata annunciata la dismissione de 'La Maddalena' di cui perfino Cossiga si è preso il merito. Intanto però vogliono potenziare Quirra rendendolo anche un polo a fini civili, seconto il sottosegretario Casura, mentre Soru e Parisi si sono accordati per continuare le esercitazioni perché c'è il Libano. E intanto finchè non vedremo gli americani andarsene da 'La Maddalena' continueremo a lottare".

In principio fu Camp Darby
La volontà di lottare non manca anche ad un altro comitato, quello contro la prima installazione militare USA in Italia: Camp Darby vicino Pisa. "Risale addirittura al '44 - racconta Paolo Barsotti - e i primi conflitti con la popolazione locale cominciarono quando i militari cercarono di impedire la ricostruzione delle banchine del porto per impedire il traffico commerciale a favore dell'uso militare. Non solo, era impedito ai lavoratori della base di aderire alla CGIL e ancora oggi non c'è possbilità di rappresentanza interna. Nel frattempo, però, sappiamo che la base ha ospitato elementi dell'organizzazione segreta neofascista Gladio mentre l'intera area è servita allo stoccaggio di mezzi cingolati e armi convenzionali sulle quali è stato messo il segreto. Nel 2000 ci furono dei danni ai magazzini delle bombe, e riuscimmo a saperlo solo perché la notizia fu pubblicata su un giornale americano nel 2003". Ma il problema più grande rimane il contributo che la base da alla logistica degli interventi miliari all'estero, il più famoso dei quali è l'Iraq. "Nel 2003 ci furono i trainstopping - continua Barsotti - la protesta degli operatori del porto di Livorno fermò le operazioni. Poi furono portate maestranze di fiducia della base che, scortate dalle forze dell'ordine, caricarono armi e munizioni". Per questo nel 2005 nasce un comitato che subito si deve immediatamente attivare per una fuga di notizie. "Dopo pochi mesi si sparge la voce che vorrebbero ampliare la base con l'obiettivo di spedire armi in tutta la zona del Mediterraneo. Questo ha allarmato la popolazione. Il comune di Colle Sabetti ha approvato un ordine del giorno contro il progetto. Benché il comando abbia smentito, però, sono arrivate le ritorsioni: 50 contratti a termine non sono stati rinnovati e altre 87 persone, che lavoravano alla manutezione dei semoventi di ritorno dai teatri di guerra, sono state licenziate e il lavoro portato in Romania. A Novembre si deciderà se applicare a loro le leggi speciali per la cassa integrazione. E' stato importante, però, coinvolgere in questa lotta tutta la popolazione perché spesso l'indotto lavorativo è un arma di ricatto importante e bisogna evitare che chi vive intorno ad una base si abitui alla sua presenza".
D'accordo sul coinvolgimento e sul ruolo dell'informazione anche Patrizia Creati del Comitato Fermiamo la Guerra di Firenze. "Il tema della sensibilizzazione della cittadinanza sta nell'articolo 1 del nostro statuto associativo. Un passo importante è farlo in rete con altre realtà territoriali come stiamo facendo a Firenze tra Donne in Nero, Partito Umanista, gruppi di quartiere, ecc. Il prossimo 4 Novembre andremo in piazza per dichiarare questa una 'festa delle forze disarmate' e usando slogan tipo 'i funghi che vogliamo sono solo porcini e prataioli, non atomici', proiettando film e distribuendo volantini".

Ad Aviano si sperimenta via giudiziaria al disarmo a Vicenza vogliono ampliare
Un'altra base storica è quella di Aviano, vicino Pordenone. "Vivo a 8 Kilometri da lì - racconta Tiziano Tissino - e dal '96 esiste un gruppo dei Beati Costruttori di Pace che l'8 Agosto commemora Hiroshima e Nagasaki per parlare del rischio nucleare che corriamo ogni giorno". Un rischio al quale segue il rifiuto morale dei pacifisti ma anche un problema di legalità. "Per questo insieme agli avvocati di Ialana abbiamo intentato un processo. La presenza, non confermata ufficialmente, di atomiche ad Aviano ci rende obiettivi militari. In più è illegale secondo le norme del codice civile. E' un tentativo di spostare la lotta anche sul piano giudiziario e poter dare un segnale perché fin quando avremo noi le atomiche è naturale che anche paesi come la Corea del Nord cercheranno di dotarsene a loro volta. Intanto la prima udienza è fissata per il 23 marzo e attraverso il comitato 'Via Le Basi' cercheremo di dare voce a tanti cittadini contrari. Infatti c'è un rischio: l'assuefazione. Un recente sondaggio ha fatto vedere che 2/3 della popolazione in Italia non sa che ci sono bombe atomiche e la stessa percentuale non le vuole. Nel Nord-Est, però, questa percentuale cala. Anche per questo abbiamo prodotto un video di 50 minuti, molto utile nelle scuole, che ripercorre la storia delle atomiche dal progetto Manhattan ai nostri giorni (info qui: http://www.beati.org/no_nuke/sadako [http://www.beati.org/no_nuke/sadako]).
Poco più sotto c'è Vicenza. Un recente scoop de 'L'Espresso' ha fatto conoscere i piani di espansione della base Ederle. Una notizia che, però, ai settori più attenti della città era arrivata già nel 2004. "Le conferme però - spiega il rappresentante dell'Osservatorio contro le servitù militari di Vicenza - sono arrivate solo ultimamente. C'è stata anche una presentazione in Comune all'insaputa della cittadinanza, ma non hanno mai voluto parlare di nuova caserma. Eppure come la chiamereste una installazione per 2000 soldati che andrà ad occupare uno spazio di 1,4 kilometri di lunghezza e 400 metri di laghezza dove prima non c'era nulla? L'obiettivo è riunificare la 173 brigada e farla diventare una testa di ponte per il Medio Oriente. Contro questa ipotesi abbiamo già raccolto 12.000 firme tra 15.000 abitanti. Secondo un soondaggio di Ilvo Diamanti il 61% è contrario a questa installazione e qualche settimana fa 2000 studenti hanno fatto un corteo per 5 kilometri andando a bloccare una strada principale. Del resto molti di noi hanno praticato la disobbedienza civile con il trainstopping. C'è una politica che deve assumersi le sue responsabilità visto che questo governo è stato eletto anche con i voti del movimento della pace. In ballo c'è il destino anche di 700 lavoratori nel ripensare la legge sulle riconversioni da militare al civile (898/76). C'è da spingere per un progetto europeo in questo senso e soprattutto bisogna pretendere dalla classe politica più chiarezza. Nel '99 D'Alema promise di togliere il segreto militare e nulla fu fatto"

Proiezione militare verso il Mediterraneo: Sigonella
Per i movimenti pacifisti degli anni '80 è stata meta di molte mobilitazioni all'epoca degli euromissili. Più di recente due pacifisti come Turi Vaccaro e Alfondo Navarra solo per averne disegnato il contorno su un pezzo di carta, hanno subito il carcere. "E invece le foto della sorvegliatissima Sigonella, l'unica base aereonavale USA nel Mediterraneo, si possono scaricare da Google Hearth" annuncia Francesco Locascio mostrando le foto durante la sua presentazione. "Si tratta di una installazione che dimostra come l'Italia ospiti bombe nucleari violando l'articolo 2 del Trattato di Non Proliferazione. Infatti gli stessi vertici statunitensi definiscono la base come "deposito di munizioni speciali" in quanto lì vengono stoccate le bombe nucleari del tipo B57 utilizzate per la guerrra antisottomarino. Nella base opera il "Weapons Department" con 101 militari che movimentano 80 milioni di libbre ogni anno (una libra corrisponde a 450 grammi circa). Sigonella ospita la VI flotta e i reparti dell'aviazione USA e NATO, e il numero delle testate può variare in funzione delle esercitazioni o delle crisi internazionali. Il loro potenziale può andare da 1 Kiloton a 1,45 megaton per armi del tipo B43, B61 e B83 in dotazione ai caccia dell'US Air Force operative in germania e inghilterra, o presso Aviano, e che periodicamente vengono trasferiti nel mediterraneo". Una situazione che ha portato diverse ispezioni parlamentari. "Vige, infatti, il segreto militare - continua Locascio - e un generale il 30 marzo del 2003 ha dichiarato a Paolo Cento (Verdi), in visita con la commissione Difesa - che le testate erano presenti fino al 1991 e dopo era stato posto il segreto. Russo Spena di Rifondazione ha lamentato, invece, che alcune aree prima sono state precluse all'ispezioni e poi sono state concesse solo dopo pressioni da Roma. Non è stato possibile, comunque, ispezionare i bunkers". Un bel problema di democrazia sul quale l'Italia può far poco essendo la base frutto di un concordato diretto con gli USA, in pratica territorio nazionale espropriato. "Eppure è molto attiva anche in situazioni internazionale che ci riguardano. Normalmente a Sigonella stazionano una cinquantina di aerei che nei momenti di crisi raggiungono le 85-100 unità. Di norma ci sono circa 125 voli la settimana e due commerciali che collegano Sigonella con gli USA (la dimostrazione che le basi non portano indotto, viene tutto importato e consumato all'interno). Durante 'Iraqi Freedom' sono atterrati 12.000 aerei portanto circa 29.000 passeggeri provenienti dalle basi del Kuwait e Bahrein. Sempre in quei giorni la locale divisione carburanti ha fornito 200.000 galloni di carburante contro i 60-90.000 nei periodi 'normali' e nel febbraio 2003 il 'Weapons Department' ha movimentanto 1.905.000 tonnellate di munizioni ed esplosivi verso l'Iraq. E ancora: dal 1984 Sigonella ospita 9 elicotteri pensati MH-53E 'Sea Dragon' della forza marina Four HC-4 'Black Stallions' che conta 35 ufficiali e 240 effettivi dal quale sono enuti due distaccamenti, il secondo dei quali è stato attivato nel novembre 2001 ad Al Fujayrah, Emirati Arabi Uniti, per contribuire alle operazioni della flotta USA in previsione dell'attacco all'Iraq". Anche per questo le mobilitazioni contro Sigonella non si sono mai fermate. "Durante la guerra nel Golfo eravamo in 15.000. Bisogna chiedere ad governo, che ha detto di volersi impegnare sui temi della pace, di far chiarezza sullo statuto delle basi militari straniere presenti nel nostro paese e sulla presenza di armi nucleari. In queto possono far molto le reti di associazioni" (maggiori informazioni su http://www.terrelibere.org/terrediconfine [http://www.terrelibere.org/terrediconfine])

Lombardia Nucleare: Ghedi
Dall'altra parte dell'Italia c'è Ghedi, vicino Brescia. "Una base particolare, perché completamente italiana - racconta Walter Saresini, del Brescia Social Forum - Prima era Nato, poi è stata declassata. Ora ci sono 1.600 soldati italiani, 200 civili e 180 militari USA di un battaglione che si occupa di armamenti biologici e atomici. I due comandi sono divisi. Abbiamo cominciato a lavorarci qualche anno fa, poi il movimento si è diviso, e siamo rimasti noi a far pressione sul problema della sicurezza militare, ambientale e sanitaria. Ci sono state diverse ispazioni parlamentari senza esito, sappiamo però che ci sono bunkers per 400-500 militari e il comando non spiega a cosa servono. Il sindaco di Ghedi ha chiesto più di una volta il piano di evacuazione che non danno perché non ammettono l'atomica. Per questo l'amministrazione ha anche chiesto l'eliminazione del segreto militare". D'altra parte in quella zona della Lombardia il problema armi parte dalla presenza di un cospicuo numero di industrie che le producono. "C'è una fabbrica a Ghedi - continua Saresini - A Brescia la Sei, già collaboratrice della più famosa Valsella che continua a produrre mine ma a Singapore, progetta bombe che produce in Sardegna. La Bernardelli ha 150 operai che producono ufficialmente armi da caccia, ma ha venduto progetti a una società turca tra i quali anche la costruzione di parti di mine antiuomo. In queste fabbriche nessuno può entrare e i lavoratori mediamente prendono 300 euro in più rispetto agli altri. E' un problema quando si parla di riconversione. Ma ci sono anche i rischi lavorativi. L'anno scorso tre operai sono stati uccisi alla SEI per lo scoppio di materiale che stavano trasportando. Tutto il paese ha tremato e c'è stato perfino chi ha detto che sono impianti sicuri perché non sono scoppiate tutte. Da Ghedi, però, sono partiti anche gli aerei che hanno bombardato il Kossovo nel '99"

Le proposte del pacifismo: Turi Vaccaro e padre Zanotelli
Tra gli interventi della mattina, a sorpresa, è arrivato anche Turi Vaccaro. Barba lunga e piedi scalzi, il 10 agosto del 2005 - "il giorno dopo l'anniversario di Nagasaki" è entrato in una base olandese ed ha spaccato i comandi nucleari di due F16 con una mazza di cinque chili portata da Assisi e sulla quale aveva messo una firma anche la figlia. Dopo ha aspettato l'arrivo della polizia e subendo 6 mesi di carcere più un processo che il 13 Ottobre lo ha condannato a 6 mesi più altri 12 se non paga 750 milioni di euro. "Una storia completamente censurata dai media - ha ricordato Zanotelli - ma che è nel solco della nonviolenza come quella delle tre suore domenicane del movimento dei 'Plougshares'. Il 27 ci sarà l'appello e dovremo fare di tutto perché la stampa nazionale ne parli, magari con l'ausilio dei deputati europei. E' inutile che continuiamo a dire di voler imitare Gesù nel porgere l'altra guancia. Gesù non ha mai detto di imitare quella cosa, ha detto di inventarcela e oggi dobbiamo inventare i gesti di nonviolenza attiva". E le scadenze e problematiche internazionali per farlo non mancano. "Abbiamo vissuto momenti difficili - continua Zanotelli - cercando di mettere insieme tutte le realtà di base e quello che è successo in Iraq dimostra che se non lavoriamo uniti non incidiamo. Da qui è nato il documento di giugno fatto in coincidenza con l'ultimatum di 30 giorni degli Stati Uniti all'Iran. Stiamo rischiando una guerra nucleare. Chiedevamo a chi ha le competenze, ai nostri saggi, di mettersi insieme e di darci un documento sul quale le associazioni di base devono mettersi insieme per fare partire una forte e seria campagna di disarmo atomico nazionale (vedi appello "fermiamo chi scherza col fuoco atomico", ndr). Ma prima di parlare di bomba atomica bisogna parlare del suo legame con la povertà nel mondo. Il terrore atomico serve a noi, del Nord del Mondo, per mantenere i nostri privilegi (11% della popolazione che sfrutta l'88% delle risorse, secondo Susan George). Secondo la banca mondiale 3 militardi di persone vivono con due euro al giorno, trattiamo molto meglio le nostre vacche! L'anno scorso abbiamo speso 1000 miliardi di dollari in armi, la guerra in Iraq costa tra i 1000 e 2000 miliardi di dollari l'anno, abbiamo tante armi atomiche da far saltare 4 volte il mondo per aria e tante armi chimiche che se anche ridotte per metà farebber morire 5000 volte la popolazione mondiale. Del resto Rumsfeld ha detto che per lui la vittoria della nuova guerra contro il terrorismo sarà la consapevolezza nel mondo che gli USA possono continuare con il loro stile di vita. Rischiamo un attacco all'Iran dopo le elezioni USA". Una eventualità contro la quale ogni gruppo deve fare la sua parte "Per quello che mi riguarda io lo chiedo alle Chiese, che dichiano la guerra atomica un Tabù e Peccato. E voglio usare le parole di Arundathi Roy: 'La bomba nucleare è la cosa più antidemocratica, anti-razionale, antiumana e apertamente malvagia che l'uomo abbia mai creato. Se siete religiosi ricordate che, questa bomba è la sfida dell'Uomo a Dio. La sfida è formulata in modo molto semplice: Noi uomini abbiamo il potere di distruggere tutto ciò che Tu Dio hai creato. Se non siete religiosi, considerate le cose in questo modo: il nostro mondo è vecchio di 4600 milioni di anni. E potrebbe finire nel giro di un pomeriggio'. Il problema è tutto qui."

Nord Corea e sfida nucleare
Angelo Baracca, fisico ed esperto di disarmo nucleare è partito dalle notizie di questi giorni. "Il commento più interessante a proposito del test nucleare Nord Coreano l'ha fatto il quotidiano israeliano Haaretz che ha scritto che serviva a dimostrare questo: 'chi ha l'arma nucleare non può essere attaccato'. Ma il punto, ammesso che Iran e Corea del Nord volessero armarsi con testate nucleari, e non ci sono prove e comunque ci vorrebbero molti anni, potrebbro usarle nei confronti di altri paesi? No perché attuerebbero una ritorsione facendo scomparire questi stati dalla carta geografica. Hanno uno scopo difensivo dai sopprusi di stati più grandi come gli Stati Uniti che la bomba ce l'hanno e sono colpevoli di non aver attuato il disarmo sottoscritto nei trattati. Questo autorizza altri stati ad armarsi. Le tecnologie sono disponibili in giro ma a paesi come gli USA non dispiace perché così possono teorizzare l'utilizzo delle atomiche a scopo preventivo. E l'Iran potrebbe essere il primo stato a subire, ma non per i programmi nucleari ma perché è in una regione geostrategica nel mondo. Per questo non c'è altra strada al disarmo nucleare". Come? "Bisogna informare la gente che pensa che dopo la fine dell'Unione sovietica il pericolo non esista più. Ma occorre farlo dando i giusti messaggi. La legislazione internazionale deve essere applicata perché quella più completa per andare ad un definitivo smantellamento, non esistono equivalenti per altre armi. Inoltre esistono gli organismi per controllare questo processo e la stessa EIA dice che continuando di questo passo non potrà adempiere a questo dovere. Bisogna riprendere quegli slogan che dicevano: meglio attivi oggi, che radioattivi domani".

Le proposte
"Il problema delle armi di distruzione di massa nel nostro paese - secondo massimo Aliprandini, della Lega Obiettori di Coscienza - è nel modello di difesa. Ne serve uno nuovo, costruttivo e non offensivo, ma occorre la volontà politica e la discussione nel paese. Per far questo ci vuole una istituzione dedicata alla pace". Lidia Menapace, deputata del PRC e componente della Convenzione Permanente delle Donne contro la Guerra, invece si è pronunciata a favore di un "Totale disarmo atomico che è la condizione essenziale per un'altra forma della ricerca fisica. Abbiamo un'umanità che crese e ci sono diritti ai quali tutti devo aspirare e che potrebbero essere assicurati anche da questa possibilità". Nella cartellina del convegno era disponibile una mozione presentata dai Senatori Russo Spena e Francesco Martone depositata al Senato e sottoscritta da molti altri parlamentari per chiedere il disarmo nucleare del nostro paese (che ospita bombe nucleari in base al trattato segreto e mai sottoscritto dal parlamento "Stone Ax") nell'ambito della revisione del concetto strategico della Nato. "Bisogna insistere sugli aspetti positivi del movimenti pacifisti - secondo Alberto L'Abate, storica figura del movimento nonviolento e docente presso l'Università di Firenze - E' stato grazie a questo movimento che c'è stato il disarmo tra est ed ovest. E per essere semper più efficaci io penso ad una campagna in tre fasi che non sono sequenziali. C'è un primo problema di diffusione delle informazioni, ogni cittadino può fare la sua parte. Ma deve essere positiva altrimenti rischiamo il 'terrorismo pacifista' che spinge la gente nell'altra direzione. Per esempio: c'è uno studio che dimostra che con il 30% delle spese militari attuali in 30 anni si risolvrebbero tutti i problemi di povertà, malattia, inquinamento nel mondo. Ancora: abbiamo 120 Eurofighters che non servono per la difesa, con 10 di meno avremo 70.000 ricercatori da impiegare sulle alternative alle industrie militari, oppure se l'1% delle spese militari fosse impiegato nel civile avremo un rapporto di occupazione di uno a 10. Germania, Giappone e Italia sono stati i paesi che si sono sviluppati più di altri nel dopoguerra proprio perché hanno favorito le spese civili. Quelle militari non creano sviluppo economico. L'altro punto è il consolidamento dell'organizzazione, paese per paese, per informare e preparaci per la terza fase: le azioni dirette nonviolente. Non si può vincere questa battaglia senza, devono essere preparate bene (per reagire di fronte ai provocatori infiltrati) e saper accettare i processi".
"C'è un fronte interno e un fronte esterno - secondo Andrea Licata - Nella base di Vicenza prevedono la costituzione di una brigada che utilizzerà nuove armi a energie diretta anche nei confronti di contesti cittadini, non solo in Iraq. Le basi militari servono per l'attacco ma anche per il controllo sociale. Sono processi dall'alto, come l'Alta Velocità e non c'è controllo democratico a causa dell'enorme delega politica che rende le manifestazioni più deboli. Tutte queste cose le paghiamo noi: il 40% delle basi USA in Italia le pagano i contribuenti, senza questo non potrebbero mantenersi".
A parlare della chiesa cattolica e cristiana che si schiera contro la guerra ci ha pensato Padre Angelo Cavagna del GAVCI . "Nella enciclica 'Pacem in terris' c'è scritto che pensare di risolvere le controversie internazionali nell'era atomica è 'quasi impossibile', ma in latino era 'alienum a ratione' cioè fuori dalla razionalità. Bisogna valorizzare queste prese di posizione chiare forti, come cittadini credenti o meno. La novità più netta è nel nuovo catechismo della CEI fatto dopo il concilio vaticano secondo. Si parla di abolizione della guerra, definita 'il mezzo più barbaro e inefficace per risolvere i conflitti, bisogna togliere ai singoli stati il diritto di farsi giustizia da soli con la forza ' e della pena di morte (p. 491). Continua dicendo 'bisogna promuovere nell'opinione pubblica il ricorso a forme di difesa nonviolenta e meritano sostegno le proposte che vogliono cambiare l'esercito per assimilarlo ad un corpo di polizia internazionale'. Per questo tutta la Chiesa dovrebbe bandire tutte le atomiche grandi o piccole che siano. Molte di queste cose le ho raccontate in un libro chiamato 'Pace per tutti tutti per la pace - 12 vie praticabili alla pace'.
A riportare tutti alle notizie del giorno ci ha pensato Alfonso Navarra. "In questi giorni abbiamo letto delle 8 testate nucleari nord coreane. Per fortuna i giornali hanno pubblicato anche gli altri dati: gli USA ne hanno 12.000, Russia 18.000 per il Corriere e 16.000 per Repubblica. A tutto questo apparato bisogna oppore la difesa popolare nonviolenza, la forza dell'organizzazione e della solidarietà, quella che si è vista con i 700 pescatori in Sardegna. Ora dobbiamo agirare perché rischiamo di cancellare tutto: le future generazioni, tutti i sacrifici forti. Dobbiamo poter rischiare qualcosa del nostro con azioni radicali forti. Come nel Vietnam con i giovani che precettati bruciavano la cartolina in migliaia. La difesa alternativa è un modo anche per applicare la costituzione che dice che la difesa della patria dipende da noi e non si può delegare agli eserciti".

Nessuno può uccidere nessuno. Mai. Nemmeno per difendersi.