Il caso Carrel è cominciato quando il Front National
ha deciso di scatenare, all'inizio degli anni 90, una campagna che
mirava a far apparire il medico francese collaborazionista Alexis
Carrel, premio Nobel nel 1912 per i suoi lavori di tecnica chirurgica
e autore nel 1935 di un manifesto in favore della soluzione eugenetica
dei problemi sociali (L'homme, cet inconnu), come un pensatore degno
di figurare nel pantheon degli scienziati umanisti, in quanto "padre
dell'ecologia".
Dietro questa rivendicazione dell'estrema destra francese, si nasconde
la volontà politica di farsi scudo con un "figura nobilizzata" dell'intelligentsia
di Vichy: quella di un uomo le cui convinzioni, discorsi pubblici
e sforzi istituzionali si iscrivono in una linea indubbiamente antidemocratica,
apertamente "biocratica" e palesemente impegnata nella realizzazione
di una convergenza con il fascismo mussoliniano e il nazismo.
Questa offensiva lanciata dal Fn a favore di Carrel ha trovato le
sue prime espressioni visibili nel 1991, in editoriali e dichiarazioni
pubbliche. E' in quest'epoca che, viste le circostanze, abbiamo deciso
di pubblicare, insieme al dottor Lucien Bonnafé, psichiatra noto sia
come fondatore della psichiatria di settore in Francia che come capo
della resistenza nella zona Sud (1), un piccolo libro sul tema (2). Tale libricino, pubblicato nell'autunno del 1992, ha avuto
un successo enorme, e ha portato alla mobilitazione di alcune associazioni
locali, che hanno convinto le autorità municipali a rinominare tutte
le strade e gli edifici pubblici che portavano il nome del medico
di Lione emigrato negli Stati uniti e rientrato in patria per dar
man forte al maresciallo Pétain.
Biologicamente sgraditi L'appartenenza di Alexis Carrel al Parti Populaire
Français, filo-nazista, durante il periodo di Vichy, recentemente
rimessa in luce dai ricercatori lionesi, era stata completamente passata
sotto silenzio da alcune opere (3), o per semplice ignoranza, o perché essa contrastava con la
loro tendenza surrettizia alla riabilitazione. Ma è sufficiente leggere
L'Homme, cet inconnu, per capire la logica a cui risponde il discorso
di Carrel.
Parlare di eugenetica "positiva", "volontaria", "favorevole alla natalità",
a proposito di questo personaggio, che nel 1941, dopo la sua carriera
americana, sarebbe diventato il responsabile della "Fondation française
pour l'étude des problèmes humains", sotto il patrocinio di Pétain,
è un'assurdità, oltre che una pesante offesa nei confronti delle vittime
del nazismo.
Alexis Carrel, a capo di questa Fondazione, mandava la sua équipe,
"Biologia della stirpe", ad indagare sulla "qualità genetica" delle
famiglie immigrate a Parigi e in periferia, nella stessa epoca in
cui veniva organizzata la deportazione a Drancy. Ecco un estratto
del rapporto di attività di quest'équipe, pubblicato nei Cahiers de
la Fondation nel 1943: "Come è noto, molti immigranti sono stati ammessi
in Francia.
Fra questi, alcuni sono ospiti graditi, altri no. La presenza di gruppi
di stranieri indesiderabili dal punto di vista biologico rappresenta
un pericolo certo per la popolazione francese. La fondazione si propone
di precisare le modalità d'assimilazione degli immigrati, in modo
che sia possibile trovare una collocazione appropriata alle loro caratteristiche
etniche. Al momento si sta procedendo al censimento e alla localizzazione
di alcune categorie di immigrati, soprattutto nordafricani, armeni,
polacchi. Si sta studiando, in particolare, la popolazione armena
di Issy-les-Moulineaux".
Le retate di Vichy avrebbero provveduto a trovare per gli indesiderabili
"la collocazione appropriata alle loro caratteristiche etniche".
La distinzione tra un'eugenetica "positiva" e una "negativa" è particolarmente
apprezzata dai paladini dell'eugenetica in generale, perché permette
di salvaguardare la rispettabilità di un certo tipo di eugenetica
(che né a livello concettuale né pratico potrebbe essere "distinto"),
anche a costo di accettare la condanna di una forma "dura".
Cerchiamo di analizzare meglio. Come è noto, l'eugenetica è stata
inventata dallo statistico inglese Francis Galton alla metà degli
anni 60 del secolo scorso. Fortemente colpito dalla lettura, nel 1859,
de L'origine delle specie scritto da suo cugino Charles Darwin (il
quale respingerà sempre ogni considerazione di carattere eugenetico),
Galton formula il seguente ragionamento: poiché, nel mondo degli esseri
viventi, la selezione naturale assicura la diversità delle specie
e la sopravvivenza degli individui più adatti a partire dalla selezione
di variazioni vantaggiose, e parallelamente l'eliminzione dei meno
adatti, la stessa cosa dovrebbe prodursi a livello sociale, nei riguardi
dei caratteri intellettuali. Ma il progresso della civiltà ha ostacolato
il libero corso della selezione naturale, permettendo la protezione
e una riproduzione indefinita a esistenze "mediocri", inducendo così
un forte rischio di degenerazione. Bisogna quindi intraprendere un'azione
di selezione artificiale istituzionalizzata, in modo da compensare
questo deficit, alleggerire questo fardello e evitare questo rischio.
Che ne è, allora, della celebre distinzione tra due eugenetiche, delle
quali l'una sarebbe rispettabile e l'altra no? In genere si definisce
"eugenetica positiva" ogni prescrizione mirante a favorire gli individui
"superiori" che non metta in discussione l'esistenza e la sopravvivenza
degli "inferiori". All'inverso, viene ascritto a un'"eugenetica negativa"
ogni discorso che si propone di ottenere un miglioramento della qualità
biologica portando un attacco all'integrità di individui o gruppi
considerati disgenici. Si può andare dal divieto di riproduzione alla
pura e semplice eliminazione fisica, passando per la sterilizzazione
forzata.
L'eugenetica "negativa" consiste quindi nell'estromissione autoritaria
di alcuni individui dai meccanismi riproduttivi, per mezzo di mutilazioni
fisiche o giuridiche, o di qualsiasi altro procedimento. Se consideriamo
la proposta di base dell'eugenetica nel suo atto di fondazione galtoniano,
questa distinzione non ha ragione di esistere, visto che la selezione
artificiale che essa propone implica necessariamente l'eliminazione
o l'esclusione dalla riproduzione di alcuni individui. La qualcosa,
tra l'altro, trova conferma nelle parole del collaboratore e continuatore
di Galton, Karl Pearson, che, immettendosi nel filone dell'elitarismo
galtoniano, auspica una "modifica della fertilità relativa delle buone
e delle cattive stirpi" all'interno dei gruppi sociali. Per chi sa
leggere, questo enunciato, fatto da uno dei padri fondatori dell'eugenetica
moderna, svuota di ogni significato la famosa "distinzione" su cui
poggia il retorico castello di carte degli attuali difensori dell'eugenetica.
Un altro dei loro argomenti preferiti consiste nell'assimilare l'eugenetica,
la cui storia è costellata di vicende decisamente equivoche, sia alle
raccomandazioni di sanità pubblica sia a pratiche mediche, come l'aborto
terapeutico. Essi non si rendono conto che l'attuale orientamento
delle politiche di sanità pubblica mira, almeno in principio, a favorire
un miglioramento delle condizioni fisiche degli strati meno protetti
della popolazione, e che la tendenza è di promuovere una progressiva
parità di situazioni di fronte alle malattie.
Per quanto riguarda l'aborto terapeutico, esso mira ad evitare patologie
gravi, e presuppone una discussione a livello individuale tra il medico
e il paziente all'interno di un quadro giuridico dai contorni vaghi
ove, in ultima istanza, la decisione è lasciata all'etica personale
dell'ostetrico.
Assimilarlo all'eugenetica, alla sua definizione e ai risvolti storici
che essa ha avuto, vuol dire semplicemente promuovere un'opera di
banalizzazione di pratiche di tutt'altro genere.
Alcuni, poi, amano sostenere che l'eugenetica di Alexis Carrel sarebbe
più americana che tedesca.
Darwin innocente Le sterilizzazioni di esseri umani praticate negli
Stati uniti fin dall'inizio del secolo sarebbero quindi, secondo loro,
più umane di quelle praticate successivamente in Europa. Ci spingeremo
forse fino a sostenere l'opportunità di distinguere sterilizzazioni
"positive" e sterilizzazioni "negative"? La peggiore ignoranza e malafede
in questo ambito non possono cancellare l'esistenza di legami istituzionali
e finanziari tra la Fondazione Rockefeller (Carrel era membro direttore
dell'istituto omonimo) e, ad esempio, l'Istituto di genealogia e demografia
di Ernst Rfdin (che sarà presidente della Società di igiene razziale
nel 1933, eugenista "duro" e uno dei teorici più attivi del nazismo)
in Germania.
Quanto allo sconcertante tentativo di addossare a Charles Darwin la
paternità dell'eugenetica, da lui rifiutata a chiare lettere nel 1871
perché contraria all'evoluzione istintuale e etica dell'umanità civilizzata
(4), esso è stato ampiamente confutato, tanto da togliere la minima
credibilità intellettuale a chi si impegna a ribadirlo.
Per tutto ciò, i difensori di Alexis Carrel almeno quelli che non
militano apertamente nel Front National appaiono in difficoltà. Comunque,
se è importante "liberare la Francia da Carrel", è altrettanto importante
spiegare perché si debba farlo.
note: (brano
tratto dal sito http://www.ilmanifesto.it/)
* Filosofo, epistemologo, autore, insieme ad altri,
del Dictionnaire du darwinisme et de l'évolution, Presses universitaires
de France, Parigi, 1996.
(1) Si legga Lucien Bonnafé, "Abroger l'internement psychiatrique",
le Monde diplomatique, maggio 1990.
(2) Lucien Bonnafé, Patrick Tort, L'Homme, cet inconnu? Alexis
Carrel, Jean-Marie Le Pen et les chambres à gaz, Parigi, Syllepse,
1992.
(3) Cfr. Alain Drouard, Une inconnue des sciences sociales: la
Fondation Alexis Carrel, 1941-1945, Maison des Sciences de l'Homme
/ Ined, Parigi,1992.
(4) In La discendenza dell'uomo. Si veda, a questo proposito,
Patrick Tort, Darwin et le darwinisme, Puf, Parigi, 1997 e Patrick
Tort (diretto da), Pour Darwin, Puf, 1997.
(Traduzione di S.L.)
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