Documento imperdibile, soprattutto per quanto riguarda l'elenco dei "baroni" e delle banche e delle imprese finanziatrici, oggi riciclate nella beneficienza e nei bla bla sulla "finanza etica". Educare all'odio (Fonte) "Difesa della Razza", la rivista più nota del razzismo fascista, uscita con cadenza quindicinale dallagosto 1938 al giugno 1943 sotto gli auspici del Ministero della Cultura Popolare. Nata con lintento di dare una legittimazione scientifica al razzismo e allantisemitismo, "La difesa della razza" rappresenta un caso particolarmente vistoso delle aberrazioni che possono scaturire dallintreccio tra "educazione" e persuasione.
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1. La rivista
Della parabola editoriale di questa rivista si sa piuttosto poco, poiché
a quanto ci risulta "La difesa della razza" non è ancora stata
fatta oggetto di studi storici approfonditi. Non esiste una ricostruzione
complessiva che riveli i meccanismi redazionali della rivista, i suoi rapporti
con il potere, i conflitti tra i vari collaboratori, il ruolo dei finanziatori
(tra cui figurano i nomi di grandi industrie, banche e compagnie assicurative),
leffetto che la rivista ebbe sullopinione pubblica, e così via.
Questa lacuna storiografica è sorprendente, se si pensa che la rivista giocò
un ruolo rilevante nella definizione del "problema razziale" in Italia e
nella diffusione della propaganda razzista negli anni cruciali della persecuzione
antiebraica.
Sul perché non vi siano ricerche specifiche sulla "Difesa della razza" si potrebbe avanzare qualche ipotesi. Una possibile spiegazione è quella indicata da Mauro Raspanti1, secondo il quale gli italiani non hanno ancora fatto veramente i conti con laspetto più scomodo del proprio passato fascista, e cioè con il razzismo e lantisemitismo. Sia che il razzismo fascista venga condannato con formule esorcistiche ("esecrabile", "infame" ecc.), sia che venga neutralizzato con interpretazioni consolatorie (il razzismo "allitaliana", "blando" ecc.), finora la tendenza è stata di sorvolare piuttosto sbrigativamente su questo capitolo ingombrante della storia italiana.
Sfogliando le pagine della "Difesa della razza", si rimane sconcertati di fronte alla parata di stereotipi razzisti (ce n'è veramente per tutti: ebrei, africani, slavi, "bastardi" nel senso di "meticci" -, ma anche donne, malati di mente, handicappati e "asociali"), supportati da spiegazioni pseudo-antropologiche circa la presunta scientificità del concetto di "razza", e dellidea correlata che sia possibile fissare una gerarchia delle "razze" e delle "sottorazze". Chi ha memoria diretta del Ventennio non si stupirà di vedere come, nella "Difesa della razza", gli ebrei venissero sistematicamente dileggiati e definiti come "gli eterni parassiti" ai quali imputare turpitudini di ogni genere, dalluccisione rituale dei bambini alla degenerazione dellarte (v. Chagall) e della scienza (v. Einstein). Ma forse per chi è nato dopo, e non ha molta familiarità con le strategie persuasive tipiche della propaganda di regime, la lettura del dossier potrà risultare abbastanza istruttiva, se non altro per affinare le proprie capacità di riconoscere le radici ideologiche delle forme più attuali (e retoricamente più subdole) del discorso razzista.
2. Cenni sulla storia editoriale della "Difesa della razza"
Le circostanze della nascita della "Difesa della razza" ci sono note grazie
a una lettera che il giovane antropologo Guido Landra, uno dei redattori
della rivista, inviò a Mussolini il 27 settembre 1940 per eccepire al proprio
allontanamento dal Ministero della Cultura Popolare2.
Nella sua missiva, Landra ricorda come, nel febbraio del 1938, dopo avere
letto alcuni suoi appunti sul razzismo, Mussolini lo convocò tramite
il ministro Alfieri e lo incaricò di costituire un comitato per lo
studio e per lorganizzazione della campagna razziale. Il 24 giugno
Mussolini ricevette personalmente Landra, illustrandogli dettagliatamente
la propria posizione circa la questione razziale, e ordinandogli di creare
un Ufficio Studi sulla razza con lobiettivo di mettere a punto entro
pochi mesi "i punti fondamentali per iniziare la campagna razziale in
Italia".
Landra si mise allopera e, attenendosi pedissequamente alle direttive fornitegli da Mussolini durante il loro colloquio, redasse un decalogo destinato a diventare il famoso "Manifesto della razza" (o Carta della Razza). Il 14 luglio 1938 il testo fu pubblicato anonimo, con qualche minima correzione, sul "Giornale dItalia". Solo successivamente, Landra fu incaricato di mettere insieme un comitato di dieci "studiosi" (scienziati ideologicamente allineati con il regime), i quali accettarono di figurare come firmatari del Manifesto della razza, successivamente ripubblicato nel primo numero della "Difesa della razza" (uscito il 5 agosto 1938).
Il gruppo dei firmatari non era però del tutto compatto, poiché al suo interno circolavano teorie razziste contrastanti. In particolare, Nicola Pende e Sabato Visco sostenevano un "nazional-razzismo" teso a combinare la nozione biologica di razza con quella culturale-spirituale di nazione (o di stirpe), laddove gli altri firmatari aderivano a un razzismo puramente biologico che escludeva limportanza dei fattori storico-culturali. Come vedremo in uno dei prossimi numeri del nostro dossier, dedicato per lappunto alle definizioni fasciste di razza, lestremizzazione del razzismo biologico creava qualche imbarazzo a coloro che tentavano di dimostrare la presunta purezza della razza italiana su basi strettamente genetiche. Nel corso degli anni, la posizione ufficiale del regime oscillò tra i diversi approcci, suscitando lotte intestine tra i teorici del razzismo in competizione per ottenere lapprovazione e i favori di Mussolini.
Ad ogni modo, fu attorno al nucleo degli assertori del razzismo biologico che si costituì il comitato di redazione della "Difesa della razza". A Telesio Interlandi, direttore del quotidiano fascista "Il Tevere", venne affidata la direzione della rivista, e dal quarto numero in poi Interlandi fu affiancato dal giovane segretario di redazione Giorgio Almirante, già suo collaboratore ai tempi del "Tevere". Tutti i redattori (Landra, Cipriani, Franzì, Ricci, Businco), facevano parte del gruppo dei firmatari del Manifesto razzista, ripubblicato a pag. 1 del primo numero.
È difficile stabilire quanto fosse grande leffettiva influenza della "Difesa della razza" sullopinione pubblica. Un fascicolo conservato nellArchivio di Stato di Roma3 (Ministero della Cultura Popolare) ci informa che la tiratura della rivista passò dalle 140-150.000 copie dei primi numeri alle 19-20.000 copie del periodo luglio-novembre 1940 (delle quali circa 9.000 distribuite come omaggi o per abbonamenti); questo dato suggerisce che smaltito lentusiasmo iniziale "La difesa della razza" cadde un po nel dimenticatoio. Si sa, inoltre, che Giuseppe Bottai firmò una circolare ministeriale in cui ne sollecitava lacquisto e la lettura a tutte le scuole del Regno: ma questi pochi dati sono insufficienti per stabilire se le tesi estremistiche della rivista suscitassero lapprovazione, lindifferenza o la diffidenza dei lettori. Né si può fare eccessivo affidamento sullautenticità delle missive dei lettori (raccolte nella sezione "Questionario" allinterno di ciascun numero della rivista), dalle quali emergerebbe che spesso i destinatari della rivista erano ancora più zelanti dei redattori nel denunciare gli effetti del cosiddetto "imbastardimento della razza italiana".
Resta comunque il fatto che "La difesa della razza" fu uno dei principali organi dellantisemitismo e del razzismo fascista, le cui conseguenze sul piano pratico non tardarono a farsi avvertire: già nel novembre del 1939 vennero pubblicate le deliberazioni del Consiglio dei Ministri per escludere gli ebrei dalla vita pubblica e dalla scuola, e per espellere gli ebrei stranieri dal territorio italiano.
2
Mauro Raspanti, op. cit.
3 Catalogo della mostra La menzogna della razza, Bologna:
Grafis, 1994: p. 231
3. Il "Manifesto del razzismo italiano"
Il Manifesto della razza fu stilato da Guido Landra
su indicazioni di Mussolini, e successivamente firmato da un comitato di
dieci "studiosi razzisti".
Ecco l'elenco dei firmatari:
Lino Businco, assistente
di Patologia generale allUniversità di Roma;
Lidio Cipriani, professore di Antropologia alluniversità di
Firenze;
Arturo Donaggio, direttore della clinica neuropsichiatrica dellUniversità
di Bologna, presidente della Società italiana di psichiatria;
Leone Franzì, assistente nella clinica pediatrica dellUniversità
di Milano;
Guido Landra, assistente di Antropologia alluniversità di Roma;
Luigi Pende, direttore dellIstituto di Patologia speciale medica
dellUniversità di Roma;
Marcello Ricci, assistente di Zoologia allUniversità di Roma;
Franco Savorgnan, ordinario di Demografia allUniversità di
Roma, presidente dellIstituto centrale di Statistica;
Sabato Visco, direttore dellIstituto di Fisiologia generale
allUniversità di Roma
Edoardo Zavattari, direttore dellIstituto di Zoologia allUniversità
di Roma
"1) LE RAZZE UMANE ESISTONO. La esistenza delle razze umane
non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a
una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi.
Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti
di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici
che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che
esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze
umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane
differenti |
4. Teorie e pratica
Nel suo editoriale, uscito a pagina 1 del primo numero della "Difesa della
Razza" (5 agosto 1938), Telesio Interlandi enuncia gli intenti ideologici
della nuova rivista: divulgare la dottrina del razzismo biologico, fondato
sul valore del sangue (anche se viene fatta qualche concessione al "nazional-razzismo",
che esalta il "genio" della razza), polemizzare con "le forze
che si oppongono al razzismo italiano" (evidentemente identificate con
lebraismo), e indicare come si possano distruggere tali forze occulte.
"Questa rivista nasce al momento giusto. La prima fase della polemica razzista è chiusa, la scienza si è pronunciata, il Regime ha proclamato lurgenza del problema. Si può fare qualcosa di utile chiarendo agli Italiani non i termini di una dottrina, che ha trovato ormai la sua più semplice ed efficace formulazione, ma la sua irrevocabile necessità e la sua vasta portata. Con la conquista dellImpero, con lassunzione, cioè, di sempre maggiori responsabilità storiche, lItalia deve dare al problema razziale la preminenza che gli spetta sia dal punto di vista strettamente biologico, sia da quello del costume. LItalia di ieri, rimorchiata da forze estranee al suo particolare genio verso compiti estranei alla sua vocazione, poteva ignorare il razzismo e giudicarlo anacronistico; non potrebbe lItalia fascista rifiutarsi di considerare e di affermare se stessa come potente e sicura unità razziale nel momento in cui numerose genti diverse sono passate sotto il suo dominio ed esigono una ferrea sistemazione gerarchica nel quadro dellImpero; mentre un razzismo antichissimo ed aggressivo, il più feroce e delirante razzismo teologico, lebraismo, minaccia apertamente la società umana e tenta di asservirla ai suoi inammissibili fini, con la complicità di popoli e di partiti miseramente corrotti. Lintima logica del Fascismo porta allesaltazione del concetto di razza; e, più che del concetto, dei valori concreti della razza, valori biologici ed etnici, sangue e genio, coi quali si costruisce in concreto lavvenire del popolo italiano, nella immensa impresa che Mussolini conduce: restituire allItalia il suo volto, la sua forza e la sua missione nel mondo. Questa rivista, pur avendo stretta unità di concezione e di ispirazione, si divide in sezioni, quanti sono i settori nei quali il razzismo italiano condurrà la sua opera: scienza, documentazione, polemica. Noi divulgheremo qui, con laiuto di camerati studiosi delle varie discipline attinenti al problema, i concetti fondamentali su cui si fonda la dottrina del razzismo italiano; e dimostreremo che la scienza è con noi; perché noi siamo con la vita, e la scienza non è che la sistemazione di concetti e di nozioni nascenti dal perenne fluire della vita delluomo. Anche la scienza ha la sua morale, ed è una morale umana. Noi faremo della documentazione; la quale ci darà modo di dimostrare quali sono le forze che si oppongono allaffermazione dun razzismo italiano, perché si oppongono, da chi sono mosse, che cosa valgono, come possono esser distrutte e come saranno distrutte. E faremo, infine, della polemica. Vale a dire combatteremo contro le menzogne, le insinuazioni, le deformazioni, le falsità, le stupidità che accompagneranno questa affermazione fascista dellorgoglio razziale, questa liberazione dellItalia dai caratteri remissivi che le furono imposti, questa superba restituzione del suo vero volto per tanto tempo ignorato. La polemica sarà il sale nel pane della scienza, quindicinalmente spezzato. Ci assiste, in questa impresa, la volontà mussoliniana di "tirare diritto"; la solidarietà del Partito, che già sviluppa una risoluta azione attraverso la sua potente e precisa organizzazione centrale e periferica; e lorgoglio di razza, che è "chiara onnipresente coscienza di razza". |
5. L'orrore della mescolanza
Nel suo articolo intitolato Razzismo (Anno I, numero 1: pp. 12-13),
di cui riportiamo solo il primo e lultimo paragrafo, lantropologo
Lidio Cipriani esorta gli italiani ad aderire entusiasticamente al razzismo
biologico per giungere finalmente a "utilizzare a scopi sociali quanto
di meglio sappiamo sulle differenze innate delle razze italiane".
Lungi dallessere una dottrina astrattamente teorica, il razzismo
postulato da Cipriani aveva dei risvolti pratici immediati. A questo proposito,
riportiamo le immagini tratte dal numero II, 2 pp. 24-25
in cui vengono raffigurate, con stile caricaturale, le deliberazioni
prese dal consiglio dei ministri per escludere gli ebrei dalla vita pubblica
e dalla scuola, e per espellere gli ebrei stranieri dal territorio italiano.
"Razzismo" |
Larticolo di Guido Landra, di cui riportiamo lultimo paragrafo, attribuisce le differenze dei "caratteri razziali" alla composizione dei gruppi sanguigni. Per i razzisti biologici la (presunta) purezza del sangue delle "razze ariane" va protetta dalle contaminazioni di un "immondo ibridismo" (come si evince dalle immagini e dalle didascalie tratte da un altro articolo di Landra pp. 16-17 del primo numero).
Da: "La razza e le differenze razziali"
"Il sangue"
"Il concetto che il sangue di una razza umana sia diverso
da quello di unaltra è molto diffuso anche tra le persone
poco colte: questa opinione è basata su dati di fatto strettamente
scientifici, che furono intuiti dai popoli prima ancora di essere
noti agli scienziati. Lo studio dei gruppi sanguigni ha mostrato
come le diverse razze siano differenti luna dalle altre
per una diversa percentuale di gruppi sanguigni. La distribuzione
geografica dei gruppi sanguigni in unarea determinata
si accompagna ad una simile distribuzione degli altri caratteri
razziali. I gruppi sanguigni degli Italiani di una regione è
molto simile ai gruppi sanguigni dei tedeschi, degli Svedesi
e dei Norvegesi, segno evidente del comune sangue nordico. Viceversa
i gruppi sanguigni degli ebrei in tutti i paesi dEuropasi
staccano nettamente da quelli delle diverse popolazioni nazionali. |
6. L'italianità
La celebrazione dellitalianità (o della "romanità") è un motivo
ricorrente in tutti i numeri della Difesa della razza. In questo articolo,
lo zoologo Edoardo Zavattari elenca quelle che per lui sono le caratteristiche
psicologiche della "razza italiana".
Da: "Ambiente naturale e caratteri biopsichici della razza italiana"
"La razza italiana ha perciò queste caratteristiche biopsichiche, che sono sue ed esclusivamente sue; caratteristiche che gli sono state impresse dai fattori naturali ambientali. Lambiente ha modellato la psiche dellitaliano, e poiché questo ambiente è unico e nessun altro paese al mondo ne possiede di eguali, così anche la razza che vive in questa nostra terra ha una sua impronta psicologica che le è esclusiva; più ancora dei tratti somatici, più ancora delle strutture morfologiche, la razza italiana ha una sua assoluta individualità psichica e spirituale: quella che lambiente le ha offerto, quella che la natura, così varia, così profonda, così stupenda, le ha impresso, dandole così il dono della serenità, della giocondità, della laboriosità, dandole quella cerebralità spirituale che è il culto del bello, della scienza, della filosofia, il culto della forma e il culto del pensiero, il culto soprattutto della sua unicità, della sua grandezza e del suo destino, che fanno perciò del popolo italiano ununità razziale compatta, omogenea e completa." |
Il primo numero della Difesa della razza termina con un articolo (anonimo) in cui lautore si dichiara sbalordito del fatto che a Berlino circolino ancora degli ebrei. Siamo nel 1938.
Da: "Controllo del movimento culturale ebraico in Germania"
"Lelenco telefonico può essere un interessante riferimento
per rilevare i peculiari sviluppi di determinate città. Chi
a Berlino fosse attirato da questa specie di esame ed aprisse
a caso lelenco ove inizia la serie dei recapiti preceduti
dallaggettivo "Judische" (ebraico) sarebbe certo stupito
direi quasi sbalordito nel constatare la quantità
di spazio assorbito da queste denominazioni; 6 o 7 colonne certamente
circoli ebrei, biblioteche, cinema, ristoranti, birrerie,
teatri, stabilimenti di produzioe cinematografica, ospedali,
etc. |
7. Consigli per gli acquisti
(Inserzioni pubblicitarie tratte dalla "Difesa della razza")
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