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La nuova frontiera della psicologia
(Guido Contessa - 1998)

La psicologia del Tempo Libero

La psicologia del tempo libero è destinata a diventare importante come e più della psicologia del lavoro. Sepensiamo che il lavoro sta sparendo e che il tempo libero sarà (ed in parte è già) il nuovo modo di produrre(come bene spiega X. Echeverrìa in Telepolis), allora è ovvio che questo tempo disponibile sarà sempre più centrale. Non solo come residuo del tempo di lavoro, ma come tempo esaustivo della vita. Già oggi è così per gli anziani ma deve ancora dispiegarsi appieno il mercato della psicologia del tempo libero per la Terza Età ed il prepensionamento. Fra non molto si porrà il problema di capire ed intervenire sulla produzione, la distribuzione ed il consumo del tempo libero. Dal turismo allo sport, dalle arti allo spettacolo, dalla tv alla telematica, dalle feste alle discoteche: tutto il settore sta subendo e subirà una trasformazione di cui si leggono già confusamente i contorni. In Germania da tempo si fa orientamento e consulenza psicologica per il tempo libero, e già ovunque si intravedono centinaia di servizi ed interventi che connettono il tempo libero con la socializzazione e la crescita personale. Già ora stanno dilagando le "vacanze intelligenti" e la crisi evidente delle discoteche (nate più di 30 anni fa) richiede "nuove forme di divertimento", tutte da inventare. Lo sviluppo dell' infoteinment e già protagonista di Wall Strett, ma fra poco avremo programmi televisivi studiati da psicologi su misura per lo sviluppo infantile; servizi di assestment ed orientamento per il tempo libero; nuove teorie e modelli di intervento di psicologia organizzativa per le imprese del settore; interventi psicologici legati alla diffusione della digitalità e degli strumenti di realtà virtuale; servizi psicologici diffusi e fruiti per via telematica; psicologi che condurranno gruppi di interesse planetario via Internet. La stessa UE ha recentemente bandito un appalto per la creazione di strumenti di assestment somministrabili e compilabili tramite la rete.

II tempo libero sarà al centro della dialettica economica e politica del XXI secolo, cosi come il lavoro e stato al centro della cultura industriale. Il che richiede che la psicologia del tempo libero affronti problemi analoghi a quelli già affrontati dalla psicologia del lavoro: selezione, inserimento, clima, motivazione, incentivi, organizzazione, performance, stress, incidenti, conflitto. Diventare il fan di un noto rocker, partecipare a un incontro di calcio, sciare, andare a teatro, assistere ad un concerto, dedicarsi al giardinaggio creerà problemi simili a quelli che il Novecento riconosceva nell'essere addetto alla catena di montaggio o impiegato di banca.Così come molta psicologia del lavoro si è dedicata alla creazione di una cultura del lavoro e dell'organizzazione la psicologia del tempo libero si concentrerà sulla creazione di una cultura del loisir. Le megamacchine di produzione del tempo libero e 1'umanesimo potranno avere lo stesso obiettivo: aiutare milioni di esseri umani a diventare consapevoli ed attivi fruitori del tempo libero. Quando, come ipotizza Echeverrìia, gli spettatori televisivi si organizzeranno per farsi pagare le ore che passano davanti al televisore, o gli intervistati rivendicheranno un onorario dalle multinazionali delle ricerche di mercato, la psicologia si occuperà di formare i negoziatori, facilitare la elaborazione di conflitti non distruttivi, studiare i modelli di prevenzione delle inevitabili lotte fra i fruitori ed i produttori di servizi e prodotti per il tempo libero.II marketing non sarà più solo una strategia di sviluppo aziendale, ma uno strumento della politica sociale degli Stati.

La psicologia economica

L'economia e cosa troppo importante per lasciarla agli economisti, possiamo dire parafrasando una famosa frase rivolta i generali. Oltre due secoli di studi economici hanno dimostrato una sola cosa: che 1'economia come scienza e come pratica è fallita. La ragione principale di questo fallimento è che 1'economia non sa tenere conto della psicologia, fedele come è al principio del'homo oeconomicus. II risparmio, 1'investimento, la borsa, 1'imprenditorialità sono funzioni dipendenti dalla psicologia degli individui e dei gruppi sociali prima che dalla moneta, dal fisco, dallo scambio internazionale o dalla produzione. L'economia deve imparare a fare uso della psicologia e questa deve impegnarsi nell'economia. Finora e tutto un dilagare del linguaggio psicologico nell'economia: fiducia, depressione, euforia, ottimismo, credibilita, dipendenza, leadership, energia, sicurezza. Per spiegare i fenomeni economici gli economisti ricorrono al linguaggio della psicologia, senza peraltro averne la strumentazione teorica. II problema non e di linguaggio, o di vassallaggio della psicologia verso 1'economia. II fatto è che 1'uomo non e affatto economico, ne razionale, ne materiale, o almeno non solo, come sa ogni psicologo. I fenomeni monetari e fiscali, 1'accumulazione e la distribuzione della ricchezza, il risparmio e 1'investimento dipendono da fattori materiali come da quelli immateriali. Essi, come la metà almeno dei fenomeni umani, dipendono da stati d'animo, atteggiamenti, stereotipi, credenze, emozioni e sentimenti, climi psicologici, dinamiche psicologiche individuali, gruppali, organizzative o comunitarie. Solo la psicologia sa studiare, interpretare e trattare professionalmente queste dimensioni della realtà. Anche 1'arte ha a che fare con le stesse dimensioni, ma sa solo rappresentarle, non agirle. Dunque si apre un'epoca nella quale gli psicologi saranno chiamati come consulenti di banche e assicurazioni, gruppi di investitori e uffici governativi; consiglieri dei risparmiatori; supervisori degli operatori economici; divulgatori di problemi finanziari; ricercatori per le strategie aziendali. Le SIM (società di intermediazione di Borsa), le Banche centrali, le grandi assicurazioni, i fondi di investimento assumeranno psicologi per i loro centri studi e, perché no, come managers.

La psicologia dei consumi

La società dell'Immateriale si caratterizza fra 1'altro per un crescente livello di complicazione d'uso. I mercatisono mondializzati; le macchine, malgrado gli sforzi di renderle più amichevoli (friendly), sono ostiche ed astratte; i servizi sempre più sofisticati richiedono procedure d'accesso difficilissime. In questa difficoltà di rapporto fra la Megamacchina ed il cittadino si strutturano fenomeni molto dannosi: la possibilità di truffe, adulterazioni, mistificazioni nei prodotti; la scarsa diffusione di certe macchine o il loro uso distorto, che eleva i costi di intervento manutentivo; la scarsa o errata fruizione dei servizi privati e pubblici; la progressiva estraneità di larghe frange di popolazione dalla cultura post-moderna. In merito a quest'ultimo fattore ricordiamo che il 20% della popolazione statunitense è considerata "analfabeta funzionale". In altre parole, il secolo nasce con 1'impellente necessità di avvicinare i cittadini alle macchine, siano materiali o sociali. E' un problema di formazione di base, che è ferma alle discipline o alle "materie", mentre richiede una conversione verso le "competenze" (skills). E' anche un problema di formazione sul lavoro o di cultura organizzativa, per cui produttori, venditori, erogatori di servizi, pubblici dipendenti dovranno presto imparare ad essere comunicativi, trasparenti, disponibili piuttosto che criptici, opachi ed arroganti. La spocchia con cui i venditori di hardware e software cercano di vendere in un inglese tecnico, prodotti di cui è persino difficile comprendere la funzione, è una delle cause principali della crisi attuale della diffusione dei computers.Infine è un problema di mezzi e servizi di collegamento fra i due mondi: consumatori, fruitori, utenti, cittadini e megamacchine di produzione di beni e servizi. Le istruzioni sui medicinali sono incomprensibili. Le modalità di compilazione del 740 sono oscure. Le condizioni di accesso ad un servizio bancario o assicurativo, richiedono una laurea in economia. I manuali di illustrazione di un registratore, una radiosveglia, un programma software, un telefonino, sono talmente ostici che solo il 10% dei compratori fa un uso corretto e completo della tecnologia. La elencazione dei contenuti dei cibi e delle bevande non è alla portata se non di chi abbia una laurea in chimica o biologia. Di questo passo potremo contare in milioni gli "analfabeti funzionali" che magari sanno leggere e scrivere ma non riescono a decifrare una bolletta telefonica, un estratto bancario, un regolamento per 1'abbonamento tramviario, 1'etichetta di un medicinale, le istruzioni per 1'accesso ad un servizio sanitario, i contenuti di una scatola di alimenti (K di Kelloggs?) ed altre migliaia di messaggi che la megamacchina invia ogni giorno ai comuni mortali. Istruzioni scritte o video, uffici informazioni, servizi di assistenza e consulenza, programmi di addestramento all'uso e di autoapprendimento, visite guidate, segnaletica e cartellonistica, promozione e pubblicità: tutti i mezzi di comunicazione fra megamacchina e cittadino vanno drasticamente riprogettati. II che risulterà vano senza 1'aiuto di un professionista in grado di sapere cosa sente e come pensa 1'interlocutore. Chi meglio dello psicologo?

La psicologia dei mass media

La comunicazione del mondo moderno era di massa: giornali generalisti, pochi canali radiofonici e televisivi, films fruiti in grandi sale. La comunicazione della post-modernità sarà di gruppo: giornali di settore, migliaia di emittenti radio e tv per targets sempre più piccoli, pay-tv e video on demand, home films, teleconferenze, reti specializzate e gruppi di interesse via Internet. La comunicazione di massa era "ad una via", passivante, sostanzialmente autoritaria; quella del nuovo secolo sarà "a due o più vie", interattiva, tendenzialmente democratica (o aristocratica, se continuerà 1'analfabetismo tecnologico attuale). Questa trasformazione nei mezzi di comunicazione richiede, come abbiamo già detto, un intervento della psicologia nell'acquisizione di capacità e disponibilità all'uso da parte degli individui, ed un contributo nella relazione fra produttori e consumatori o fruitori. Ma in grande misura richiede un apporto della psicologia la produzione/gestione dei programmi e delle reti, cioè dei contenuti dei group media. Questi avranno sempre più elementi e conseguenze importanti legati alla psiche dei fruitori. Programmi radio e tv interattivi, istruzione a distanza, gruppi d'interesse su rete, videoconferenze, richiederanno il contributo della psicologia sia nella fase della progettazione che della gestione. Così come sarà richiesta alla psicologia una valutazione dell'impatto psicologico che i nuovi programmi ed i nuovi media avranno sui fruitori. Fin d'ora il dibattito è aperto sugli effetti verso i minori ed i giovani dei programmi a base di violenza e pornografia Nel prossimo futuro si porrà 1'esigenza di curriculi individualizzati di fruizione a scopi informativi, sensibilizzativi, istruzionali, formativi o terapeutici. E si aprirà la strada per 1'uso dei group media nelle campagne di educazione popolare, di prevenzione primaria, di sostegno alle diverse categorie a disagio. I telefoni di servizio (amico, azzurro, viola, ecc.) sono 1'anticipazione moderna dei futuri group media di servizio. E quando il processo di digitalizzazione (concreto fra pochissimi anni, secondo Negroponte) arriverà a livelli individuali e portatili, la psicologia sarà chiamata a lavorare sui problemi ed i processi degli "individual media". Ogni individuo sarà rintracciabile e potrà comunicare o interagire con ogni altro di ogni parte del pianeta, ricorrendo al proprio orologio o al proprio vestito, e la comunicazione produrrà un salto di qualità identitario, di cui la psicologia sarà chiamata ad occuparsi. Già ora il fenomeno Luther Blisset chiama in causa i problemi dell'identità del singolo Soggetto, che per via telematica può mutare, nascondersi, rendersi anonimo o proteico o plurale. I dispositivi di realtà virtuale, alterando il contesto a piacere, influenzeranno 1'identità, producendo nuove fisiologie e nuove patologie dell'identità, nuovi percorsi di socializzazione e acculturazione, nuove definizioni di personalità.

La psicologia politica

La psicologia politica, dopo il primo basilare testo di L. De Marchi al lavoro del famoso gruppo-H, ha avuto due decenni di apnea, ma è ripresa negli Anni Novanta con la fondazione della SIPPOL, seguita al Congresso SIPS di Milano del 1994. La politica e la sintesi di tutti i campi sopra descritti, più molti altri. La politica e 1'arte di gestire la convivenza fra gli uomini e questa è determinata da fattori materiali come da fattori immateriali. Ciò è stato evidente in tutti i secoli precedenti. Platone, Machiavelli, Hobbes, Rousseau, e poi ancora Fourier, Weber, Tocqueville, Stirner, Russel, Schmidt, Marcuse e Adorno ed i più vicini a noi Arendt e Dahrendorf hanno scritto di politica a partire da riflessioni sociologiche e psicologiche, non economiche. La prevalenza dell'economia come determinante della politica riguarda solo 1'ultimo terzo del XX secolo, ed è destinata a sparire nel secolo dell'Immateriale. Economia, finanza, industria sono una parte della politica, ma nei prossimi 30 anni i problemi centrali saranno altri. Primo fra tutti la questione interetnica: nel 2025 il Mediterraneo avrà lo stesso peso demografico dell'Europa e 1'Italia avrà la metà dei suoi abitanti costituita da immigrati. Non possiamo pensare di ridurre questo problema a questioni monetarie o pensionistiche. In secondo luogo si porrà il problema delle unità nazionali, cioè dei concetti di Stato e di Patria. Una invenzione storica, nata solo nel XVII secolo, e destinata a trovare nuove formulazioni di fronte alla globalizzazione dei mercati e delle comunicazioni. Anche qui, la psicologia dovrà impegnarsi su temi quali il concetto di comunità, di appartenenza e di cittadinanza. I leaders politici attuali scompariranno all'alba del terzo millennio, e i nuovi leaders dovranno basarsi, per ottenere il consenso, sulla psicologia oltre che sull'economia. Già le recenti elezioni italiane sono state combattute a colpi di sondaggi e di gruppi focused, dai quali solo la insipienza dell'Ordine ha (per ora) lasciato esclusi gli psicologi. Le aggregazioni storiche, le stesse forme istituzionali e le procedure delle democrazie occidentali dovranno rinnovarsi, trovando nuove strade coerenti con lo scenario dell'Immateriale. Il rapporto fra Stato e cittadini sarà sottoposto a nuovi processi negoziali, le cui regole potranno essere chiarite anche dalla psicologia. La famiglia, le istituzioni scolastiche e del tempo libero troveranno nuove forme, per costruire le quali il contributo della psicologia sarà determinante. L'ambiente naturale, artistico ed umano potrà essere governato solo ricorrendo al contributo della psicologia. E la salute troverà un equilibrio fra predominio medico-fisicalista e apporto psicologico.

Conclusione: la psicologia come pratica privata in cooperazione con altre discipline

Lo scenario delineato per il prossimo secolo, attraverso l'interpretazione dei segnali deboli già oggi visibili nell'onda sommersa del cambiamento, implica anche un vistoso cambiamento della cultura e della professionalità psicologica. La psicologia potrà diventare la disciplina e la pratica del 50% della vita, se accetterà la sfida della privatezza e della interdisciplinarietà. Gli psicologi hanno ancora una immagine di se legata al "lettino" dello studio privato, o al Servizio pubblico. La progressiva riduzione dello spazio nel settore pubblico, che abbiamo descritto nel primo paragrafo, porta con sè 1'inevitabile conseguenza dello sbocco privato. Una professione privata che non può ridursi allo studiolo personale con lettino e bio-feedback. Ma che deve trasformarsi in impresa di servizi psicologici. Cosi come esistono le cliniche private che forniscono servizi sanitari ed assistenziali, gli psicologi devono pensare alla creazione imprenditoriale di "luoghi per la mente ed il cuore". Organizzazioni professionali capaci di fornire un servizio completo per la soddisfazione di tutto lo spettro dei bisogni/desideri immateriali. Imprese impersonali che possano garantire il futuro degli psicologi titolari, attraverso la costruzione di una "marca", vendibile e capace di utilizzare soci e dipendenti per un onesto profitto. Gli psicologi devono creare imprese devono inventare nuovi prodotti/servizi, e imparare a "venderli" alle organizzazioni, come ai singoli privati. Esattamente come già fanno i medici, gli architetti, gli ingegneri ed i pubblicitari. La creazione di imprese private per la fornitura di servizi psicologici implica però un altro grande salto culturale: il passaggio da una cultura di coppia ad una cultura di gruppo. Lo psicologo e abituato a lavorare "in coppia": terapeuta-paziente; formatore-formando; facilitatore- gruppo. La nuova logica sarà quella di impresa-cliente: due Soggetti plurali. Una impresa psicologica non si puo fare senza la cooperazione con altre professioni limitrofe: medici, infermieri, riabilitatori per entrare nei mercato sanitario; sociologi, educatori, animatori per accedere al mercato della formazione; pubblicitari, statistici, artisti per invadere il mercato dei media. Una impresa di servizi psicologici non si definirà mai cosi, ma si caratterizzerà per le sue finalità globali come la Salute, la Politica, il Consumo, il Tempo Libero. Ed al suo interno lavoreranno, con gli psicologi, tutte le professioni necessarie alla mission aziendale. Analoga strada dovranno seguire gli psicologi che entreranno nei mercati descritti nei precedenti paragrafi. Abituandosi a lavorare coi medici e gli infermieri, gli allenatori sportivi e gli insegnanti per 1'obiettivo salute. Imparando a cooperare coi cuochi e gli albergatori, gli attori ed i musicisti, i tour operator e gli -hobbisti per 1'obiettivo tempo libero. Facendo parte di équipes composte anche da industriali, venditori, tecnici, burocrati per l'obiettivo consumi e fruizioni. E cosi via. Fuori dallo studio e fuori dalla psicologia, per diventare una professione leader della società Immateriale.