Knowledge management e Capitale Intellettuale
di Paola De Piccoli (*)


L’economista Paul Romer ha scritto: “L’innovazione basata sulla conoscenza può fornire potenzialità praticamente illimitate per il successo e la crescita economica”. Il mondo è cambiato, soprattutto rispetto alla velocità con la quale le innovazioni e le informazioni devono essere recepite dalle aziende. E’ ormai universalmente riconosciuto che nella gestione di un’organizzazione devono essere sempre più supportati e sviluppati i cosiddetti “asset intangibili” o “capitale intellettuale d’impresa”. Le imprese non devono solo eccellere, ma essere in grado di innovare più velocemente rispetto ai concorrenti. L’innovazione passa, soprattutto, attraverso la condivisione delle informazioni e la creazione di conoscenza, finalizzate a ideare modalità sempre più avanzate nel fornire servizi e/o prodotti ai clienti. Un’organizzazione che sia in grado di incrementare le abilità dei propri collaboratori, in tempo reale, per trasformarle in soluzioni interne (miglioramento dei processi) riesce ad andare incontro ai reali bisogni dei clienti (uso il termine “cliente” in modo allargato, comprendendo anche i fruitori di servizi in settori quali quello del non profit). Gestione della conoscenza Una delle definizioni che ritengo più appropriate per il “knowledge management” o “gestione della conoscenza” è quella data da Karl Wiig del Knowledge Research Institute: “Il knowledge management può essere definito come la costruzione, il rinnovamento e l’applicazione della conoscenza finalizzata, in modo sistematico ed esplicito, a massimizzare l’efficacia dell’organizzazione derivante dalla conoscenza stessa e dagli altri asset del capitale intellettuale. Include l’analisi, la sintesi, la verifica e l’implementazione dei cambiamenti correlati ai flussi di conoscenza coerentemente con gli obiettivi dell’organizzazione. Comprendetutte quelle attività necessarie per facilitare il lavoro direttamente collegato con la conoscenza e non puòprescindere dall’acquisizione di una mentalità della gestione degli asset legati alla conoscenza, richiesta percreare, mantenere e utilizzare un capitale intangibile appropriato “.
Ho utilizzato questa definizione perché mi sembra la più completa e perché, come rilevato da tutti coloro chelavorano in questo campo da molti anni, il KM è inscindibilmente legato al capitale intellettuale.

Capitale intellettuale

Il Capitale intellettuale può essere definito come la rappresentazione di tutte quelle risorse che costituiscono la fonte della differenza tra il valore di mercato e quello contabile di un’organizzazione e consentono allastessa di generare un vantaggio competitivo nel tempo.
Il Capitale intellettuale d’impresa, quindi, è rappresentato dall’insieme di queste tre risorse:
- Capitale relazionale: prodotto dal rapporto con clienti, fornitori e altri soggetti esterni (Università, Centri di Ricerca, ecc.), rappresentato dall’immagine, reputazione, soddisfazione, fidelizzazione e prodotto anche dalla marca, marchio di fabbrica;
- Capitale organizzativo: prodotto dall’insieme di procedure, istruzioni, modelli organizzativi, strumenti di comunicazione ed elementi che consentono il passaggio del sapere dalla sfera individuale a quella dell’organizzazione;
- Capitale umano: prodotto dalle conoscenze, abilità e comportamenti (competenze) delle persone.

Il legame tra il capitale intellettuale e le performance dell’organizzazione è stato analizzato, per la prima volta, a metà degli anni ’80 dal prof. Karl-Erik Sveiby e dal prof. Leif Edvinsson.

Nel resto d’Europa, l’importanza del knowledge management e del capitale intellettuale sta crescendo, tanto che l’Unione Europea, oltre alle linee guida redatte a seguito del progetto EU MERITUM, ha già predisposto alcuni bandi per finanziare progetti di ricerca nell’ambito della rilevazione, gestione e valorizzazione degli asset intangibili. Inoltre, Paesi quali la Danimarca e la Germania hanno pubblicato proprie linee guida per aiutare le imprese a redigere rapporti sul capitale intellettuale.

Il “Rapporto sul Capitale Intellettuale” è uno strumento (mappa procedurale) che consente la gestione delle risorse del capitale intellettuale, aiuta l’organizzazione a focalizzarsi sui processi di sviluppo attuali del C.I. e a valutare gli effetti che ne derivano. Progettare e redigere tale rapporto facilita la creazione di una cultura di condivisione della conoscenza all’interno dell’organizzazione. E’ uno strumento rilevante per lo sviluppo organizzativo perché, dopo la strutturazione e l’assegnazione di priorità, definisce le attività da compiere e indica dove l’organizzazione deve eccellere. Infine migliora le comunicazioni tra organizzazione e clienti.

I primi test relativi alla gestione delle conoscenze e alla rilevazione e monitoraggio del capitale intellettuale nel suo complesso vengono condotti, già da parecchi anni, da grandi aziende o, comunque, da aziende che prevalentemente operanti nell’ambito dei servizi.
Oggi, però, anche le PMI si trovano a dover competere spesso in un mercato globale e sono soggette a regole molto differenti da quelle seguite in passato. Anche le imprese con dimensioni più contenute devono cominciare a pensare a se stesse come a veri e propri “sistemi sociali”, il cui comportamento complessivo è ben più ampio della somma dei comportamenti di ogni singola parte, del singolo addetto, del singolomanager. Questo sistema sociale ha un comportamento tanto più efficace quanto più le azioni che compie sono coerenti con gli obiettivi e le strategie dell’organizzazione. A loro volta, le strategie devono riflettere la filosofia dell’impresa stessa e maggiore è l’identificazione dei collaboratori con la filosofia d’impresa, tanto maggiore sarà il risultato delle performance dell’organizzazione.
Anche per questo motivo sono un po’ spaventata dal fatto che gli organismi di normazione si stiano interessando al KM. Mi spaventa pensare che vengano create norme o, peggio ancora, specifiche tecniche in tale ambito, perché sono fermamente convinta che il massimo che si possa fare è seguire l’esempio di altri Paesi e, quindi, creare semplici linee guida per aiutare le imprese (ricordando sempre che ogni impresa è un mondo a se stante).
ICC è nata con l’intento di aiutare le organizzazioni a sviluppare al proprio interno attività di KM, anche attraverso la conduzione di audit sulla conoscenza per verificare quale tipo di conoscenza è necessaria, se essa è disponibile e se è applicata.
Inoltre, i nostri servizi comprendono quello di rilevazione e monitoraggio degli aspetti che concorrono a formare il capitale intellettuale. Tali aspetti, già da qualche anno, sono descritti nei rapporti sul capitale intellettuale relativi ad alcune organizzazioni, pubblicati per fornire informazioni trasparenti a stakeholders, azionisti e dipendenti relativamente alle modalità adottate dal management nella gestione e monitoraggio del capitale intellettuale e, quindi, di tutte quelle risorse intangibili che fanno sì che l’organizzazione sia in grado di svilupparsi in modo sostenibile nel tempo.
ICC, infine, attesta la veridicità dei dati contenuti nei rapporti sul capitale intellettuale con riferimento alla strategia, agli obiettivi, alla visione d’impresa e alle analisi di risk management.
La verifica del C.I. può aiutare il management ad analizzare la coerenza del sistema di indicatori rispetto alla strategia competitiva dell’organizzazione e a comunicare, all’interno e all’esterno, gli sforzi che la stessa dedica allo sviluppo delle risorse di conoscenza che alimentano il C.I.

Per raggiungere questi obiettivi siamo partner di una rete di organizzazioni, quali SKA (Sveiby Knowledge Associated), Eurofocus Ltd, Entovation, E-office, Verna Allee, Know-Inc, che operano in tutto il mondo per la ricerca e sviluppo nell’ambito del KM e del Capitale Intellettuale.
Noi portiamo l’esperienza dell’Italia e, in particolare, quella delle nostre realtà imprenditoriali: a tal fine, abbiamo sviluppato un metodo per l’analisi dei flussi di intangibili correlati ai processi produttivi e/o di erogazione dei servizi.
Il primo progetto è stato sviluppato presso OMLAT spa, azienda di medie dimensioni che progetta e produce mandrini ed elettromandrini per macchine utensili e il cui rapporto è disponibile sul sito dell’azienda (www.omlat.com). In questo caso, l’analisi della “competitive knowledge” ha fornito informazioni relativamente ad aspetti del capitale intellettuale dei concorrenti che ne favoriscono il successo; l’applicazione di uno strumento, quale la Critical Knowledge Function Analysis, è stata utilizzata per identificare il tipo di conoscenza necessaria a determinati collaboratori e individuarne l’utilizzo ottimale nell’ambito del business aziendale.
Informazioni di questo tipo sono state utili, ad esempio, nel settore R&S dell’azienda, per stimolare un incremento della conoscenza in tale area e, ovviamente, ottenere riflessi positivi sull’area commerciale e sull’area produzione. La misurazione dei risultati è, poi,strettamente legata alla misurazione delle performance dei singoli processi, da un lato, e delle performance complessive dell’azienda, intesa come sistema complesso, dall’altro.
Altri due progetti hanno interessato realtà che operano nel non profit, quali ANPAS Regione Piemonte e 118 Centrale Operativa di Asti. In questi casi, l’obiettivo è stato quello di puntare l’attenzione sugli aspetti legati al capitale umano e, in particolar modo, sulle attività di condivisione delle conoscenze tra le diverse categorie di operatori: volontari, infermieri, medici, Ospedale e centrale operativa. Il risultato di una corretta analisi e monitoraggio di questo e di altri aspetti del capitale intellettuale nel settore non profit ha una ricaduta positiva in molte direzioni:

• sull’utente, fruitore del servizio del 118;
• sul miglioramento dell’efficienza nell’utilizzo dei fondi pubblici;
• sull’attrattiva delle organizzazioni nei confronti dei volontari del soccorso;
• sul coinvolgimento degli operatori e sulla loro motivazione;
• sull’incremento di informazioni che vengono date a tutti gli stakeholder;
• sulla fiducia e reputazione delle organizzazioni.

In conclusione, ritengo che, in un mondo quale quello attuale, governato da un elevato grado di complessità e di interrelazioni e soprattutto in un momento in cui la nostra economia non attraversa una fase particolarmente favorevole, i manager debbano adottare una visione differente dell’organizzazione per adattare le proprie strategie ai repentini cambiamenti di mercato.

(*) Direttore ICC - Intellectual Capital Certification S.r.l., Torino - Certified Intangibile Assets Controller