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ARCHIVIO RIFLESSIONI della CORTE di EQUITA'

Stimolo primavera 2008

LA LEGALITA E' UN LEGAME (Guido Contessa, estratto da "CIVES" di L.Bacchetta, G.Contessa, A.Raviola)

La legalità indica uno stato legale, cioè una situazione nella quale la legge viene rispettata. La legge è insieme un diritto ed un dovere che derivano dalla esistenza di un legame fra chi ha fatto la legge, chi la impone e chi la deve rispettare. La qualità e la necessità di una legge si fondano su questo legame, che a sua volta nasce dal consenso. La relazione fra Dio e l'Uomo ha fondato le prime Tavole della Legge, basate non sull'imperio della forza ma sulla forza del consenso. Dio dà a Mosè le Tavole come un premio, un aiuto, in cambio della sua fede. E chi crede in Dio è tenuto a seguire i Dieci Comandamenti. Chi non ha fede, cioè non ha legame con Dio né leggi ultramondane da rispettare, si sottrae alla legalità religiosa.

Il potere statuale si è poggiato per secoli sull'identificazione del sovrano terreno colla sovranità divina, e la legalità terrena era considerata una conseguenza di quella divina. La democrazia greca e le democrazie moderne ad esse ispirate sono sorte dal doppio movimento della laicizzazione della sovranità prima e della attribuzione della stessa al popolo poi. Una volta effettuato il passaggio dalla regalità divina a quella terrena, è stato breve il dominio della legalità come appannaggio di un   singolo e gradualmente si è passati ad una legalità/regalità basata sul popolo. Questo, dal Rinascimento in poi è diventato il titolare della sovranità, e dunque della legalità. Respinta l'ipotesi della democrazia diretta, le strade intraprese dalla sovranità hanno in genere costituito una ragnatela pattizia fra cittadini, rappresentanti del popolo e Stato-Nazione. Il triangolo popolo-rappresentanti-Stato, in gradazioni diverse, ha fondato per circa 4 secoli la legalità. Il popolo accetta di delegare la sua sovranità a rappresentanti che legiferano, a istituti di Governo, a organi della Magistratura e della Polizia, ed accetta di sottomettersi alla legalità che questi enti delegati istaurano. Alla base di tutto c'è un legame di fiducia e di delega.

La Storia ha registrato  molte fasi di aberrazione, accelerate dalle speculazioni hegeliane che hanno trovato nel Novecento le mortali traduzioni del fascismo, del nazismo e dello stalinismo (tutti regimi ispirati appunto all'idea hegeliana di Stato come Spirito realizzato), ma anche molte fasi di patologia della legalità tradotta in dominio violento dalle armi di qualche "imperatore". Malgrado ciò è indiscutibile che la legalità può venire da sole tre fonti: Dio, l'imperio, il consenso.

La legalità di Dio implica la fede, quella dell'imperio richiede violenza e sottomissione, quello del consenso si basa su un patto negoziale. 

Stimolo inverno 2008

Sul diritto d'autore di Eva Zenith

  1. Il diritto d'autore è un furto

L'originalità di un'opera d'ingegno è risiede solo nell'ignoranza di chi ne fruisce. Non esiste un'opera d'ingegno che non sia una riformulazione di un'opera precedente. E il fatto che un'opera ci sembra originale è dovuto alla nostra non conoscenza dei precedenti.

La cosa è evidentissima nelle opere dei lavoratori immateriali contemporanei. Chi è l'autore di un paesaggio ripreso da un fotografo? Il fotografo o la natura? L'autore di un'intervista è l'intervistatore o l'intervistato? Perchè un documentarista deve essere considerato l'autore della materia che documenta ? Perchè consideriamo autore di una ricerca chi fa il questionario e non chi risponde?

L'assurdità del diritto d'autore riguarda anche il web. In rete girano musiche, filmati, immagini, articoli per i quali molti tentano, ingiustamente e irrealisticamente, di applicare i diritti d'autore. Quelle che girano in rete sono copie, mai esattamente uguali all'originale e non sono prodotte dall'autore. Ciascuna copia ha un diverso autore. Ogni copia che gira in rete ha come autore chi l'ha fatta. Se fotografiamo un quadro in un museo o in una mostra, l'autore della foto (chi dovrebbe goderne i diritti) chi è?
Il paradosso è che l'autore di un'inchiesta viene considerato chi la fa e non l'oggetto dell'inchiesta; mentre l'autore della foto di un quadro è considerato il pittore e non il fotografo.

La stranezza è che il diritto d'autore si applica ad alcuni campi e non ad altri. Si applica alle arti visive, alla musica e alla letteratura, ma non si applica alla scultura, all'architettura, alla pubblicità, alla cucina, ai cocktails, ai vestiti, ai mobili, alle ceramiche o ai lampadari. In questi settori e tanti altri, l'autore viene retribuito solo per il prodotto e non per le copie, che ognuno può fare.

2. Il diritto d'autore è un danno per l'autore

Lo scopo principale di ogni autore è diffondere il proprio messaggio al maggior numero di persone e per il tempo più lungo possibile. Il diritto d'autore uccide questo scopo. Il diritto d'autore limita la diffusione dell'opera nello spazio e nel tempo. Il fatto che la fruizione di un'opera d'ingegno debba essere pagata ogni volta, riduce tale fruizione ai casi eccezionali.

Un libro viene esposto in libreria per non oltre un mese, e tenuto in catalogo fino all'esaurimento della prima edizione. Solo in casi eccezionali un'opera letteraria o scientifica resta nelle librerie per un anno o più, e viene ristampata più di una volta. Il risultato è che la circolazione delle idee contenute nell'opera è limitatissima e l'autore sparisce in tempi brevissimi.

Un quadro viene esposto in una galleria e presto acquistato, ciò sottratto alla pubblica fruizione. Nei casi migliori viene riprodotto su un libro d'arte -a circolazione limitatissima- o su un sito web. Se il libro e il sito web si richiamano al diritto d'autore, l'opera finirà per essere vista da pochissimi e per breve tempo.

Il diritto d'autore garantisce la ricchezza ad un autore, e l'oblìo ad altri 99.

3. Come possono vivere gli autori?

Uno degli argomenti a difesa del diritto d'autore è che senza di esso non esisterebbero pittori, musicisti, scrittori.Questa affermazione è palesemente falsa dal momento che gli artisti sono nati ben prima che fosse inventato il diritto d'autore. E poi, se esistono creatori di opere d'ingegno, come gli scultori o i grandi chef, che vivono benissimo, perchè dovrebbero estinguersi i pittori e gli scrittori?

Autunno 2007

SIAMO PROPRIO TUTTI UGUALI ? M.Sberna

Luciano Pavarotti riposa ormai nella tomba di famiglia, e finalmente c’è silenzio.

Non si usa parlar male di un morto. E non lo farò neppure io. Ma dal suo caso partirò per parlare dei vivi e del loro comportamento senza pudore, per alcuni di loro, e senza dignità, per altri.

Il Vescovo di Modena fa parte della stessa Chiesa che ha negato i funerali religiosi a Welby?

Un divorzio, che per i cattolici non annulla un matrimonio religioso, ed una nuova unione civile forse non sono gravi come un presunto suicidio; o forse è a discrezione del prelato decidere se un funerale può o no essere religioso; o magari dipende dall’importanza del "fedele"; perché parlare di vita cristiana in senso stretto pare difficile in entrambi i casi. Ma era proprio il caso di fare del Duomo di Modena la camera ardente? Cosa è più grave o semplicemente più incoerente: eccedere in pietas (nel senso latino) o non averne per niente? Anche il Papa ha perso un’occasione per stare in silenzio, il che non gli impediva di esprimere le sue condoglianze alla famiglia.

La morte del grande tenore sembra aver scatenato una gara senza esclusione di colpi per mettersi in evidenza.

Accanto al Vescovo, il Sindaco con i maxischermi per far seguire il funerale come una partita di calcio, con il corteo per le vie del centro e con l’Informagiovani che distribuisce i "santini" –li chiamano proprio così- di Pavarotti a chi non avesse potuto entrarne in possesso durante la veglia funebre. E poi lo Stato, con la visita del Presidente della Repubblica, l’orazione funebre del nostro capo di Governo, le Frecce Tricolori del ministro della difesa, l’elenco dei notabili presenti alle esequie letto dal Vescovo …. Anche gli ex-ministri non si tirano indietro: Del Turco parla della buona fede del nostro tenore che pur avendo la residenza a Monaco e un patrimonio di qualche centinaio di miliardi, non sapeva di dover pagare circa 40 miliardi di lire di tasse. E così il fisco si era mostrato comprensivo ed elastico –sempre secondo il nostro ex- patteggiando il pagamento di 24 miliardi in rate di 500 milioni di lire! E, della serie "la fortuna aiuta gli audaci", Pavarotti non è stato neppure condannato nei successivi due processi perché l’evasione fiscale non era più considerata reato (2001) e perché i reati erano estinti per prescrizione (2004), evitando così anche i pochi giorni di carcere che invece aveva dovuto subire (!) Sophia Loren, colta in una simile situazione.

Pavarotti faceva molta beneficenza e questo è certo un merito: molti ricchi come lui o anche di più non ne fanno. Sicuramente in questo si può considerare encomiabile. Oggi anche altri artisti si mostrano generosi e impegnati nel sociale. Pavarotti lo ha fatto in grande stile, raccogliendo molto denaro in questo modo e usandolo per realizzare grandi progetti soprattutto in aiuto dei bambini, ma ha anche aumentato così la sua visibilità e la sua notorietà. Ha esplorato vie nuove e praticato la filosofia delle connessioni "mescolando" la sua arte e la sua bravura con generi musicali considerati inferiori, sottolineando nei fatti l’importanza degli scambi e dei collegamenti, ma ha anche seguito i principi del marketing più moderno. Una sintesi illuminata ed efficace, un buon manager, o una forma di condivisione di un dono di Dio (la sua voce)? In fondo non ha importanza stabilire di chi o cosa sia il merito. E’ importante il risultato che ha raggiunto per il quale sono stati fondamentali anche gli altri: i suoi fans, semplici individui o uomini di potere che hanno grandemente contribuito al suo destino. Anzi, senza di loro non sarebbe esistito.

Quegli stessi semplici individui e uomini di potere che in questi giorni mettono in galera i lavavetri extracomunitari; che manifestano contro i Rom che "invadono" i loro quartieri; che mettono in croce un parroco innamorato ma nascondono i preti pedofili; che fanno una campagna contro gli evasori fiscali pensando in particolare ai commercianti ed ai liberi professionisti (noti come categorie di ladri e di disonesti); che vogliono essere liberi di esprimere sempre il loro parere (= ossequio per chiunque comandi) ma con tutte le garanzie di un dipendente inamovibile; che liberalizzano i taxi ma si dimenticano delle banche e dei monopoli dell’energia elettrica, dell’acqua, ecc.; che raccomandano di pagare le tasse ma sono esonerati dall’ICI su immobili del valore di miliardi; che segnalano gli imbrogli delle nuove "sette" religiose che promettono fortuna e felicità in cambio di donazioni e che creano una flotta aerea per trasportare i fedeli nei santuari "cosi i pellegrinaggi diventano accessibili a tutti"; che vogliono portare la legalità dando la caccia ai posteggiatori abusivi………

In questo mondo alla rovescia sembra che le parole abbiano più importanza dei fatti. Ma sono questi ultimi che danno valore alle prime.

Come si fa a pensare che il cosiddetto uomo comune sia un virtuoso se i modelli di riferimento possibili sono effimeri o addirittura negativi?! Pensare che non capiamo, che ci sfuggono le informazioni, che siamo indifferenti, è una soluzione tranquillizzante e comoda per chi dovrebbe cambiare abitudini e stili di vita se solo confrontasse le sue parole con le sue azioni.

Forse l’uomo comune non ha un grande coraggio, o forse non si ribella per cercare di proteggere i propri modesti interessi o per non subire nuove angherie da chi comanda….. ma sono certa che molti guardando le Frecce Tricolori a Modena si sono chiesti come mai i bambini di vanno a scuola nei garages.

8 settembre 2007, sera.

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