IL DIRIGENTE RICERCATORE/VALUTATORE
Ignazio Drudi e Maria Vittoria Sardella, Dirigenti Scuola n° 4, 1999

L'avvento dei semafori, più o meno intelligenti, ha fatto sparire una delle più familiari figure di dirigente: quella del vigile urbano che sulla pedana, appunto, dirigeva il traffico. E che di dirigente si trattava è fuori di dubbio. L'etimologia della parola dirigere contiene tra componenti distintive: il prefisso di(s) che indica la continuità, il prefisso re- che indica la replicazione, la radice ger- che indica il movimento rettilineo. La nostra lingua ci dice che dirigere significa continuamente far ritornare il movimento in linea retta, si osa troppo a sintetizzare il concetto con "riportare le cose sulla via giusta"? Non credo. D'altra parte, il vigile era colui che ritmava il flusso delle auto in modo che sciasuna potesse andare sulla sua (retta) via. Se non vi piacciono i vigili, possiamo pensare al rittore d'orchestra, anche lui governa e dà il ritmo ad un flusso di suoni elementari in modo che il loro insieme segua una via definita (la melodia scritta sullo spartito).

Vedere e farsi vedere

C'è un'altra analogia suggestiva, tutti e due stanno su un piedistallo rialzato, un podio dal quale osservano lo svolgersi dei processi che devono governare e dal quale inviano i segnali che li regolano. Il dirigente deve vedere e farsi vedere, è al tempo stesso un osservatore e un regolatore dei processi. Egli adempie i suoi ompiti tanto meglio quanto più efficacemente sa integrare le due funzioni. La prima senza la seconda è tipica degli scienziati speculativi, la seconda senza la prima genera tiranni.
Il dirigente non è e non deve essere nè l'uno nè l'altro, il suo ruolo è quello di essere quel tanto di scienziato che serve a capire ciò che deve governare e quel tanto di decisore che è sufficiente a riportare i processi sulla via rettilinea. In questo senso egli è un ricercatore nel senso delal scienza contemporanea. Quest'ultima ha da tempo abbandonato l'idea che soggetto osservatore e oggetto osservato siano cose distinte e dà ormai per acquisiti il fatto che anche la semplice osservazione interagisce e ridefinisce il sistema in cui viene effettuata. Quando l'osservazione è un atto cosciente e intenzionale, essa necessariamente cambia il sistema in cui avviene. Un suggestivo gioco di simmetria ci porta a sostenere che, viceversa, ogni atto intenzionale e cosciente di governo di un sistema complesso è un atto di conoscenza e di osservazione, in una parola, di ricerca.

Ricercare per governare

In questo contesto non si dà funzione di direzione senza ricerca e non ha senso una operazione di ricerca senza atto cosciente di direzione. D'altra parte, sia pure sotto forme diverse, questo concetto sta permeando anche l'organizzazione dell'attività produttiva in senso stretto: basta sfogliare una qualche pubblicazione dedicata al management che i termini come datamining, data-warehousing, data-management sono citati a profussione e sempre come compiti specifici del management moderno. Oltre a ciò anche una particolare accezione di ricerca, quella valutativa, sta facendo il suo ingresso anche nell'assetto legislativo legato alla produzione di servizi pubblici.
Per indole (forse anche per vezzo)siamo portati a diffidare delle mode improvvise e totalizzanti, tuttavia è difficile non riconoscere in esse un nocciolo di fondatezza che sottolinea la centralità del problema della ricerca e della osservazione per governare efficacemente processi. Gli attuali sostenitori di questa moda non ne hanno coscienza e conoscenza, tuttavia, una buona parte dei concetti che vengono oggi proposti come novità assolute sono stati ampiamente trattati e sperimentati più di cianquanta anni fa da Kurt Lewin. Da leviniani di lungo corso, siamo a metà compiaciuti e a metà indispettiti del fatto che alcuni elementi dell'action-research stiano permeando anche la cultura corrente.
Forse però questo sta ad indicare che il momento può essere propizio per riproporre e sistematizzare alcune intuizioni e alcune considerazioni che avevamo già messo per iscritto alcuni anni fa a che oggi possono apparire meno pionieristiche e trovare un terreno più disposto ad accoglierle.
L'obiettivo di queste righe è dare concretezza e contenuto alle affermazioni finora presentate ed è ciò che faremo nelle pagine che seguono, descrivendo quale sia il ruolo della ricerca in una organizzazione complessa e sofisticata come la scuola. In particolare affronteremo due temi legati al rapporto tra dirigente e ricerca: quello che attiene al problema della valutazione del complesso del sistema scuola (conoscere per governare), e quello legato al tema della ricerca come elemento per rendere riconoscibile all'esterno il sistema scuola (conoscere per farsi conoscere).

Valutazione moderante

La scuola è sempre stata l'istituzione valutativa per eccellenza. Da quando esiste la scuola, gli insegnanti hanno messo in atto procedure valutative del profitto degli allievi.
Negli ultimi anni, soprattutto in seguito alle leggi che promuovo l'autonomia degli istituti, il sistema formativo italiano si sta interrogando sui modi e gli strumenti per valutare non solo il prodotto ma anche il processo di produzione dell'intera azienda-scuola. La nostra impressione è che di questo tema si parli molto, come di un evento "alla moda" ma che, in realtà, la cultura della valutazione, non solo nel mondo della scuola ma in generale nel settore sociale, sia ancora a livello embrionale. Esiste una mole considerevole di dati sull'istruzione, raccolti in modo sistematico i tutti i paesi aderenti all'OCSE (Organizzazione di cooperazione e sviluppo economico); inoltre, dagli anni 1950, si lavora per rendere comparabili i dati sulle scuole dei diversi paesi. Nonosante questi sforzi, come afferma Bottani, "i progressi in questo campo sono stati lentissimi e non sono per nulla comparabili con quelli realizzati in altri settori, come per esempio nell'industria o nell'agricoltura". Questa realtà si configura come indicatore indiretto del fatto che il settore dell'istrruzione è ancora oggi considerato di non primaria importanza nell'economia di una nazione.
L'OCSE ha varato, nel 1988, un progetto per elaborare un insieme di indicatori sul funzionamento e la qualità dei sistemi scolastici, cui ha aderito anche il Ministro della Pubblica Istruzione. Il progetto ha portato all'individuazione di 38 indicatori, ripartiti in tre settori (il contesto dell'insegnamento; i costi e le modalità di insegnamento; i risultati). Non è compito di questo contributo addentrarsi nel commento ai risultati della ricerca che sono, perarltro, molto interesanti anche se poco lusinghieri per il nostro Paese. Citiamo questo progetto, per sottolineare che, se c'è vero interesse nei confronti di un tema, si riescono a superare le difficoltà addirittura a livello internazionale. Ci sono voluti, infatti, oltre 10 anni perchè i Paesi aderenti all'OCSE si accordassero su quegli indicatori che potevano dare una misura della qualità dell'istruzione. Questo risultato è stato raggiunto per tappe intermedie e, probabilmente, gli indicatori subiranno dei cambiamenti nel corso dei prossimi anni, in relazione alle esigenze misurative. D'altronde, in ogni processo di misurazione si è proceduto per accordi intermedi e per prove ed errori.
Lo stesso CENSIS (1993) "accusa" il mondo scolasctico italiano di essere, in qualche modo, impermeabile nei confronti di un'autentica cultura valutativa, sostenendo che è ormai indispensabile definire un processo di valutazione di progetti, sistemi ed istituzioni.
A fronte di tante critiche va segnalato, per riconoscerne i meriti, che alcune Scuole, Provveditorati ed IRRSAE stanno invece percorrendo la strada della sperimentazione. Basta collegarsi ad Internet per trpvare siti in cui sono descritti interessanti progetti facenti capo allo stesso provveditorato, a volte anche in raccordo con associazioni di categoria del mondo produttivo. Nel 1997 è stata fondata in Italia l'AIV (Associazione Italiana Valutatori) che pubblica un'interssante rivista dal titolo Rassegna Italiana di Valutazione; inoltre è di questi giorni la proposta del Ministro della pUbblica Istruzione, Berlinguer, di istituire un nuovo ruolo nel mondo dell'istruzione, quello del valutatore.

Il ruolo del dirigente nel processo di evaluation

Come già altrove sostenuto definiamo l'evaluation "un processo formalizzato di verifica e valutazione dell'efficacia, dell'efficienza e della soddisfazione di un'organizzazione o di un intervento".
L'evaluation, quindi, non si esaurisce nel momento della valutazione ma lo comprende insieme alla verifica. I due termini sono spesso usati erroneamente come sinonimi ma, in realtà, hanno significati molto diversi. La verifica (verum-facere) è quella fase dell'evaluation in cui si misura la distanza tra il progetto iniziale e l'obiettivo raggiunto; la valutazione è invece, quella fase in cui si interpretano (cioè si da valore) i dati raccolti con la verifica. In quanto processo formalizzato deve prevedere una serie di azioni intenzionali e programmate, spiegabili e trasferibili in situazioni analoghe. E' un processo che prevede una raccolta di informazioni, secondo obiettivi e schemi pre-definiti, applicabili a situazioni analoghe, al di là e al di sopra dell'occhio clinico. Una ricerca valutativa pensata con la scuola e per la scuola deve poter essere applicata a tutte le scuole di quel tipo. E' da anni che sosteniamo che la scuola è un sistema complesso ed un'organizzazione particolare; proprio per questo costruire un procedimento valutativo del sistema-scuola è al contempo difficile ed indispensabile.
Anche se crediamo che i motivi per procedere a questa evaluation siano intuibili, pensiamo che valga la pena ricordarli. I principali possono essere riassunti come segue: per conoscere quanto ed in che modo una scuola funziona, per controllare la discrepanza fra obiettivi proposti e risultati ottenuti, per riflettere su ciò che ha ostacolato o facilitato un progetto o una sperimentazione, per sapere se l'istituzione fa fronte alle richieste del territorio, per conoscere ed eventualmente migliorare il grado di soddisfazione dei suoi attori.

Cosa, come, chi votare

Come si vede le variabili da tenere sotto controllo sono molteplici e qui entra in campo, in modo decisivo, il dirigente che deve porsi almeno tre interrogativi fondamentali: cosa valutare, come valutare, con chi valutare.
Proviamo a rispondere ai quesiti. L'evaluation fa parte della famiglia dell'action-research, per cui segue il principio cardine del "conoscere per cambiare attraverso il sapere". Perchè questo processo circolare abbia successo è necessario che il soggetto e l'oggetto della ricerca si identificano. L'applicazione di questi principi teorici al mondo della scuola si traduce in una ricerca partecipata ad opera di tutte le componenti: allievi e famiglie, personale docente e non docente, dirigente, operatori del territorio cha hanno rapporti con la scuola. In questa ricerca-intervento il dirigente deve, inoltre ricoprire il ruolo di promotore e di garante. Secondo questa ottica, quindi, il dirigente non deve essere l'unico valutatore del sistema scuola, ma uno dei protagonisti della valutazione. In altri termini, deve favorire nell'organizzazione la creazione di un sistema di monitoraggio che evidenzi non solo i problemi, ma anche le risorse, le potenzialità, le capacità presenti nella scuola. Questo lavoro dovrebbe far sì che tutte le componenti siano messe in grado di modificare, ognuno per il ruolo che ricopre, ciò che non funziona o potenziare gli aspetti positivi.
Come fare tutto questo?
Ci sono delle indicazioni di carattere psicologico ed altre di carattere tecnico.
Innanzitutto, è necessario ampliare la cultura della valutazione, intesa come condivisione di responsabilità del funzionamento di un sistema. Una scuola (un'organizzazione, una classe, un gruppo) non funziona bene o male solo per merito o per colpa di una sola componenete. Per fare un esempio, il rendimento degli allievi, assimilabile al prodotto di un'azienda, è correlato sicuramente all'impegno, all'intelligenza e alla motivazione degli stessi ma anche a quella degli insegnanti. Questa affermazione, che pare lapalissiana, è il primo grosso rospo da imparare a dirigere. L'evaluation non ha finalità di fare emergere il colpevole, ma quella di aumentare il senso di responsabilità di tutti nei confronti del funzionamento del sistema che si sta valutando. Inoltre essere valutati, cioè essere messi in discussione, non è sempre piacevole, ma acnhe esprimere giudizi in modo codificato su colleghi e superiori è un'operazione che costa psicologicamente.
Superato questo scoglio, il viaggio nell'oceano valutazione si fa più tranquillo.

Parametri di valutazione

La seconda operazione consiste nella scelta degli indicatori. Nel linguaggio comune un indicatore è un rilevatore di un fenomeno. Non esiste nè l'indicatore per antonomasia, nè un numero ottimale di indicatori. E' importante, invece, che l'organo di governo della scuola scelga consensualmente quali fenomeni si vogliono tenere sotto controllo e convenzionalmente i parametri di misura.
Questa operazione si può tradurre operatuvamente nel seguente modo. Il dirigente mette in calendario, per la fine di un anno scolastico, alcune riunioni di collegio dei docenti o di consiglio di circolo che abbiamo come unico ordine del giorno la scelta delle aree da monitorare almeno nell'anno successivo (ma sarebbe meglio parlare di triennio o quinquennio). La misurazione di queste aree drovrà fornire lo stato di salute dell'organismo scuola. Ma, come si sa, la misura in sè non ha valore se non si stabilisce un termine di paragone; ad esempio 10 è il massimo dei voti in una scala che va da 1 a 10 ma è "insufficiente" in una scala da 1 a 30. L'operazione che viene richiesta ad un gruppo che si appresta a progettare una evaluation è, quindi, quella di scegliere per convenzione la soglia di successo, cioè il termine di paragone con cui confrontare i risultati raggiunti.
ecco alcuni esempi di possibili contenuti dell'evaluation di una scuola: organizzazione interna, rapporti interni e con l'esterno, clima, tipo di comunicazione, costi economici e psicologici, fiducia reciproca, turn-over, soddisfazione, prodotto didattico-educativo (gli allievi).
Una volta decisi i contenuti, indicatori e "pietre di paragone" è necessario procedere alla scelta degli strumenti e dei tempi in cui utilizzarli.
Gli strumenti possono essere "presi in prestito" dalla ricerca sociale: intervista, questionario, griglia di osservazione. Non è sempre indispensabile reinventare tutto, si può anche copiare (col concenso!) o riadattare strumenti prodotti da altri. E' invece essenziale, ancora una volta, l'accordo preventivo sugli strumenti; questo ulteriore patto serve per prevenire alibi del tipo "lo strumento non funziona", nel caso in cui le informazioni con esso raccolte non soddisfano qualcuno. Altra operazione delicata e, nuovamente, convenzionale è la scelta dei tempi di applicazione degli strumenti. Le cadenze vanno decise in base alle informazioni che si vogliono raccogliere, unica regola aurea è che, visto che la ricerca valutativa misura la distanza tra un prima ed un dopo, è importante che si effettuano almeno due rivelazioni.
Come in ogni progetto è necessario individuare dei ruoli operativi. Come detto in precedenza, il dirigente dovrebbe coordinare tutto il processo, verificare che siano rispettati i tempi ed i modi; ma non può anche distribuire i questionari o applicare griglie di osservazione, magari in situazioni in cui non è di solito presente (ad esempio in classe). Vanno quindi scelte collegialmente quelle persone che si occuperanno, in modo operativo, della realizzazione della ricerca valutativa.

Conoscersi per farsi conoscere

Una scuola è un elemento di un sistema di relazioni più vasto che comprende diverse aggregazioni di persone, enti, istituzioni, ecc., ciò che viene denominato "il territorio". In questo ambiente la scuola è origine e destinazione di relazioni significative che qualificano come un soggetto attivo della comunità in cui opera. utilizzando a volte, strumentalmente, la specificità della sua finalità educativa, la scuola ha spesso preferito estraniarsi dal contesto in cui era collocata, rivendicando uno spazio ed una autonomia che, molte volte, sono coincise con l'isolamento e il disinteresse. In questa operazione ha sovente incontrato la compiacenza delle famiglie e delle istituzioni, ben contente di delegare buona parte dei loro compiti educativi.
Questo patto scellerato si sta, per fortuna, spezzando e la scuola viene chiamata ad interagire con il resto della comunità, così come si richiamano gli altri soggetti a non abdicare alla loro funzione educativa e formativa.
Questo stato di cose implica, però, che la scuola sia capace di rendersi visibile e riconoscibile non solo come luogo fisico di didattica, ma come elemento attivo del "territorio".
Su questo piano la scuola ha sicuramente una miniera di risorse da impiegare, un filone che sta al dirigente scoprire, valorizzare e offrire agli altri soggetti. Ci riferiamo alla consuetudine che identifica nelle cosiddette "ricerche" una metodologia didattica ormai tradizionale. Tutti noi ci siamo incontrati (o scontrati) con il termine "ricerca" nel corso del nostro iter scolastico e abbiamo spesso imparato a frequentare biblioteche e a sfogliare volumi per trovare notizie sugli argomenti più disparati.
Questa lodevole pratica contiene in sè un potenziale esplosivo, se finalizzata non solo all'apprendimento, ma anche alla interazione a alla conoscenza dell'ambiente in cui opera la scuola. Molto spesso questo potenziale rimane inutilizzato perchè non esiste nessuna figura delegata a questo scopo. Come gli insegnanti sono i responsabili e i garanti della valenza didattica delle "ricerche" in classe, così il dirigente dovrebbe essere il garante della finalizzazione pubblica delle stesse. E' ancora una volta la scoperta dell'acqua calda, in molti casi lo si fa già sicuramente, ma il dirigente ha il compito di orchestrare e organizzare le iniziative singole.
Ricordo ancora un tema di ricerca che mi fu affidato, riguardava un particolare tipo di volatile, un passeraceo, mi pare che si chiamasse "cannareccione". Trovai qualche riga su di esso solo sulla proverbiale Treccani. Me la cavai copiando 10 righe e facendomi fare da mio padre (io sono negato) un magnifico e grande disegno di un uccello che forse poteva essere un cannareccione. Non so se quella ricerca sia servita a me (forse sì, me ne ricorso ancora), ma sicuramente il suo potenziale di interesse all'esterno del rapporto tra me e la mia insegnante fu nullo. Che differenza avrebbe fatto, per la didattica, se mi avessero detto di ricercare il numero di occupati nel mio paese, oppure quanti turisti arrivano l'estate, o come funziona una barca da pesca (vivevo allora in un paese di mare)? Nessuna penso, ma il tema avrebbe trovato qualche orecchio interessato anche al di fuori della scuola.
E' questo che va studiato, organizzato e coordinato, ed è ovvio che solo un dirigente può farlo. E' probabilmente difficile, ma ci sono molte cose che aiutano. Si pensi, innanzitutto, al potenziale di energie racchiuse in una task-force di scolari ben motivati, alle prospettive che si aprono con l'introduzione di corsi di informatica e statistica, alle potenzialità offerte dalla autonomia e dai progetti finalizzati.
E' una frontiera in gran parte inesplorata e forse difficile da conquistare, ma sicuramente qualificherebbe la scuola coma una sorta di osservatorio permanente della realtà territoriale e come centro di produzione della conoscenza al servizio della comunità.