Qualità nel servizio e competenze degli attori*
Il concetto di Qualità è dilagato dal contesto aziendale come tante rivoluzioni "semantiche" degli ultimi tempi. Le organizzazioni produttive e sociali sono come prima o peggio di prima, ma si beano della parola Qualità e dunque si considerano postmoderne. Chiamare una cosa in modo nuovo sembra dare l'impressione di cambiare la cosa stessa, ed offre nuovi spazi di mercato per esperti, operatori, scrittori.

Qualità e valore

In verità il concetto è il vecchio "fare al meglio ciò che si deve fare", che negli Anni Settanta si chiamava "achievement" e negli Anni Ottanta veniva definito "eccellenza". I famosi Circoli di Qualità sono stati inventati da un americano, negli Anni Cinquanta, poi esportati in Giappone, e da lì tornati in Europa negli Anni Ottanta, come un ritrovato miracoloso. Essi si basavano su una ricerca della Qualità partecipata dai lavoratori: il che la Psicologia del Lavoro in Italia aveva iniziato a fare quasi venti anni prima, sotto altro nome (intervento psicosociale, sviluppo organizzativo, gruppi omogenei, ecc.).
Possiamo dire che ogni organizzazione, dal momento della nascita, cerca di realizzare al meglio i suoi fini. Ciò che i neofiti della Qualità trascurano è che essa è collegata al concetto di valore e questo è in crisi, in tutto l'Occidente, da più di trent'anni. Ogni organizzazione si fonda su una pluralità di fini, ciascuno attinente ad un valore, che convivono conflittualmente e si sistemano su una scala definita in base ai rapporti di potere fra i soggetti che li sostengono. Ciò che si è perduto in Occidente non è la Qualità, ma il consenso sui fini e sui valori. La stessa cosa può essere detta in altro modo. La quasi raggiunta parità di potere fra Soggetti portatori di fini diversi, rende impossibile la definizione di una scala consensuale. O in un altro modo ancora. La frantumazione della compattezza culturale della società industriale moderna rende impossibile una gerarchia dei valori, e dunque un consenso sulla Qualità.
Il fatto è che i valori sono per loro natura conflittuali, ed una loro convivenza o gerarchizzazione, presuppone un consenso forte reso possibile solo o da una diffusissima omologazione o da un vistoso disequilibrio delle forze che li sostengono.
Gli esempi della incomponibilità dei valori sono infiniti, anche nel mondo scolastico. Il valore economico è, per esempio, in conflitto con quasi tutti gli altri. Benessere dei lavoratori, sicurezza ambientale, innovazione strutturale, ricchezza delle opzioni sono tutti valori in conflitto con quello economico. Ma altri conflitti si possono segnalare, meno vistosi. Quello fra diritti sindacali degli operatori e bisogni degli studenti. Quello fra Stato e comunità educativa. Quello fra esigenze dell'impresa e potere della burocrazia. E così via all'infinito. La Scuola, come tutti gli altri sistemi organizzativi di servizio, vive oggi dentro lo scenario della frantumazione culturale, della differenziazione dei valori, dell'equilibrio dei poteri.
In cima alla loro scala dei valori, i Provveditori mettono la precisione burocratica; i dirigenti la pace aziendale. Molti docenti mettono al primo posto i loro diritti sindacali, altri privilegiano il nozionismo, altri ancora l'educazione, alcuni si logorano in mediazioni e sintesi impossibili. Gli allievi sono combattuti fra la voglia di godersi la giovinezza e quella di prepararsi un futuro; il bisogno di educatori è quello dei "pari". I genitori cosa intendono per Qualità della Scuola? Quella che seleziona oppure quella che comprende? Mettono al primo posto la cooperazione educativa, la delega o il conflitto corporativo? E non entriamo nei potenziali conflitti "ideologici" fra visione cattolica e concezione laica; romantici e strutturalisti; meritocrari e meritofobi; sostenitori delle bocciature e comprensivi promotori dell'ingresso nella vita; amanti dei testi d'autore e fans dei testi critici.
Basta questo breve e superficiale elenco per convenire che le Qualità del servizio scolastico sono tante quanti sono i valori di riferimento degli attori che in esso operano e convivono. Il gran parlare di Qualità è un tecnicismo semantico, che cerca ancorarsi ad un paradigma quando i tempi e la società di fine secolo sono caratterizzati dalla molteplicità e coesistenza equivalente di decine di paradigmi. Questo secolo fu anticipato da F. Nietzsche che annunciò la "morte di Dio". Si è aperto con S.Freud che ha indicato il motore della vita nell'oscurità dell'Inconscio e nella istintualità. E seguito A. Einstein che ci ha aperto gli occhi sulla Relatività, come regola dell'Universo. Più tardi A. Mitscherlich ci ha annunciato l'avvento di una "società senza padre". Ed il secolo si chiude con la constatazione del predominio del "pensiero debole".
Il XX secolo è un percorso continuo dalla secolarizzazione alla frantumazione, dall'Impero all'Arcipelago, dall'Egitto all'Egeo'. E noi, uomini al di qua della Soglia,
sperduti sul bordo e messi in crisi dalla transizione, ci aggrappiamo alla zattera della Qualità?

Qualità oggettiva e qualità soggettiva
Coloro che si sono a vario titolo occupati di Qualità suggeriscono tre aree di indagine o controllo: la struttura, il processo, i risultati.
La situazione sarebbe già abbastanza complessa, se non che la natura di servizio immateriale della scuola, ci obbliga a complicare il modello. La semplicità del ricorso alla Qualità di struttura, processo e risultati è stata giudicata insufficiente fin dagli Anni Trenta, anche nel settore industriale. Già allora si scoprì che una "buona fabbrica" (attrezzata, innovativa, sicura), con un "processo scientifico" di direzione e lavoro, e con un "risultato in nero" (profìtto) poteva non essere affatto di Qualità. Allora si disse: perché occorre tenere ben presente il "fattore umano". Oggi potremmo aggiungere: non è di Qualità perché mette in pericolo l'ambiente o danneggia il paesaggio. O perché è poco "labour intensive". O non è un onesto contribuente fiscale. O ancora:perchè produce materiali screditati socialmente (armi, sigarette, pornografia, farmaci pericolosi, ecc.). Insomma, anche nella produzione di "Cose" entrano in gioco fattori umani, culturali, psicologici che possono elevare o abbassare la valutazione della Qualità dell'organizzazione. Tutto ciò è ancora più evidente nelle organizzazioni dell'immateriale, dei servizi alla persona, delle imprese culturali. I fini della Scuola, ancorché diversi e contraddittori, hanno in comune il carattere dell'immaterialità, dell'intangibilità e dell'invisibilità. Possiamo mettere al centro della Scuola l'integrazione sodale; l'istruzione; la crescita umana; la socializzazione; l'espressività; la preparazione alla vita o al lavoro: si tratta sempre di fini e valori immateriali. Questa non materialità del Servizio scolastico costringe il concetto di Qualità possibile a fare i conti coi risvolti immateriali della struttura, del processo e dei risultati.
Solo le anime semplici possono definire di Qualità una Scuola ben attrezzata, con un Collegio di affidabili professionisti come docenti, e con buoni risultati di apprendimento. Una simile Scuola non esiste per il semplice fatto che non esistono concezioni condivise sulla "bontà" della struttura e dei risultati, ne sulla "professionalità" dei docenti. Ma anche se esistesse, la sua Qualità potrebbe essere ridotta da fenomeni come:

a - una immagine sociale non poco apprezzata o criticata; b - una diffusa sindrome del burn-out fra i docenti; e - un insufficiente livello di partecipazione; d - l'isolamento dalla comunità o dal mondo del lavoro; e - un basso livello di sperimentalismo; f - l'esistenza di barriere architettoniche, g- rapporti non gratificanti col personale, h- una modesta sensibilità verso l'inserimento deo disabili; i- il ricorso all'esclusione nei casi di disadattamento o scarso apprendimento; 1 - ripetuti segnali di malessere fra gli allievi; m - una eccessiva omogeneità culturale o di classe economica; n - lo scarso ricorso alle opportunità ambientali (visite, scambi, ma anche progetti speciali); o - un infrequente o dequalificato piano di aggiornamento; p - una
bassa connessione con altri gradi o altri servizi. II problema sia nella scala di valori che viene usata per una valutazione della Qualità. Buona struttura, professionalità ed elevate performances degli allievi negli esami finali sono solo alcuni dei caratteri distintivi della Qualità.
Come si vede dalla fig. 1, ciascuna variabile comprende insieme elementi oggettivi e soggettivi. La struttura in senso oggettivo riguarda gli spazi (quantità e qualità, disposizione, resistenza al clima, ecc.); le attrezzature (sportive, didattiche e scientifiche, infermieristiche, ecc.); i servizi integrativi e di supporto (mensa, bar, sala di consultazione, biblioteca e videoteca, ecc.).
Ma tutto ciò non basta a fare la Qualità, se il clima e l'immagine non sono ad alto
livello, cioè se gli attori interni e la comunità circostante non sentono in positivo la Qualità. Tale sensazione è fondata su fattori estetici, etici e culturali. Ci sono ottime scuole in cui architettura, colori, gestione rimandano a cliniche, fabbriche o carceri più che a "campus". Altre scuole hanno una fama di insensibilità erica o di arretratezza culturale o di snobismo o di ghetto. La dequalificazione del clima o dell'immagine non è necessariamente collegata a fatti oggettivi, ma può essere fondata solo su "reali" percezioni e vissuti meramente soggettivi.
Il fattore "processo" concerne il modo con cui si insegna (contenuti e metodi didattici
) e con cui si organizza una scuola (turn over, supplenze, tempi, segreteria, ricevimento, assemblee. Consigli, Collegi, rapporto fra attività scolastiche e para o extra-scolastiche, ecc.). Ma esso, in senso soggettivo, riguarda le relazioni fra gli attori: direzione e insegnanti, insegnanti e insegnanti, personale docente e non docente, insegnanti e allievi, allievi ed allievi, operatori scolastici e famiglie, scuola e territorio. I rapporti non sono una questione oggettiva, ma soggettiva e la loro Qualità riguarda elementi intangibili come apertura, ascolto, comunicazione, cooperazione.
Le relazioni sono centrali persino nella produzione di oggetti materiali, come le automobili, i frigoriferi, i computer (citiamo tre tipi di imprese nelle quali storicamente le multinazionali hanno fatto molti investimenti per la Qualità delle relazioni). Ma esse sono ancora più importanti in un sistema che fornisce servizi immateriali come la Scuola. Laddove le relazioni (tutte o alcune) sono di bassa Qualità, o ne risente il livello di performance organizzativa, o viene colpito il "morale" (motivazione, appartenenza, soddisfazione) degli attori. O, più facilmente, accadono entrambe le cose. La Qualità delle relazioni influenza l'Organizzazione ed i singoli.

Infine, il risultato. La scuola dichiara di voler perseguire uno o più risultati riguardanti gli allievi: istruzione, educazione, integrazione, inserimento al lavoro. Ammesso che si riesca a misurare oggettivamente la Qualità del risultato raggiunto, esso non può essere isolato dal risultato auspicato dalla totalità degli allievi, che è il benessere,lo stare bene, la serenità. Anche qui siamo di fronte a variabili soggettive che non si possono oggettivare. Non ha senso affermare che un allievo sta oggettivamente bene (o meglio dei suoi genitori) se egli si sente a disagio, portatore di malessere. II risultato cui punta la Scuola è intrecciato con la percezione del risultato auspicato dagli allievi. Un fattore influenza l'altro, e una buona Qualità non può cercarsi nella riduzione ad una scala di priorità del tipo "prima l'apprendimento poi il benessere".

Per concludere, la Qualità è costituita da tre elementi (struttura, processo, risulta
ti), ciascuno dei quali è definito da indicatori oggettivi e soggettivi, gli uni e gli altri circolarmente interattivi.
Struttura
Qualità oggettiva
Qualità soggettiva
spazi, attrezzature, servizi
clima/ immagine
Processo
didattica e organizzazione
relazioni
Risultato
apprendimento
benessere

Esiste però una ulteriore complicazione. Gli indicatori oggettivi non sono dati a priori, come porrebbe pensare un positivista ingenuo. Anch'essi sono immateriali, e la loro valutazione richiede un consenso intersoggettivo. Affermare se 100 mq di verde per 500 allievi rispondono ad uno standard di elevata Qualità o meno, richiede la costruzione di un valore comune ai valutatori. E tale costruzione si fonda su una elevata Qualità del clima, delle relazioni e del benessere del sistema che valuta. La Qualità non è dunque un oggetto con cui comparare la realtà del Servizio scolastico. Essa è semmai un concetto da costruire, un prodotto delle soggettività per valutare. Il livello massimo di superamento della soggettività individuale è l'intersoggettività, cioè la negoziazione permanente fra gli attori. Gli attori devono negoziare in permanenza una scala di valori, con cui sia possibile valutare lo scostamento dalla Qualità circa i parametri (cosiddetti) oggettivi e soggettivi. La Salute e la Qualità di una organizzazione di servizi immateriali come la Scuola, sono la ricerca e l'interpretazione

Quali skills per quale qualità?
Frantumazione, costruzione, intersoggettività sono le parole chiave dei primi due capitoli. Possiamo chiederci ora quali competenze sono necessarie per attori che vogliano impegnarsi nella Qualità della Scuola. Le conoscenze, capacità e abilità degli attori sono l'unica vera base per la ricerca della Qualità. Le conoscenze e le abilità possono differire fra un attore ed un altro, mentre le competenze personali, soggettive, psicologiche sono le stesse per tutti. Costruire insieme è una operazione complessa che richiede anch'essa livelli di Qualità, sulla base di una struttura, dei processi e dei risultati.

Dirigenti, docenti, non docenti, studenti e genitori, oltre che esperti che entrano
nella Scuola a vario titolo, se vogliono impegnarsi nella Qualità, devono possedere o ricercare competenze psicologiche comuni che consentano loro di pervenire ad una Qualità negoziata ed intersoggettiva. Le molecole di tali competenze sono: 1 - riflessività; 2 - ascolto e osservazione; 3 - comunicazione; 4 - creatività; 5 - cooperazione.
La riflessività concerne la disponibilità a processi continui di revisione, individuale e collettiva, circa il comportamento di ciascun attore. Guardarsi allo specchio, da soli ed insieme, senza negazioni e illusioni, è la competenza base della Qualità. Essa implica un rapporto sereno con la critica e l'autocritica, intese come strumenti di crescita qualitativa della performance, e non come punizione o svalutazione della personalità. Importante è sottolineare che la riflessione va concentrata sul comportamento, cioè su cosa realmente ognuno fa, non su quello che dice, teorizza, pensa. Il comportamento è l'unico linguaggio intersoggettivo, perché è visibile e comporta conseguenze. L'ascolto e l'osservazione sono essenziali per la raccolta di dati sui comportamenti, ma sono anche la base di ogni relazione, che è uno scambio fondato sulla reciproca penetrazione.
Ascolto e osservazione presuppongono un apertura al mondo ed agli altri che e la premessa di ogni scambio. Entrambe le azioni non sono tuttavia passive e neutrali, ma richiedono ipotesi consapevoli da verificare e un atteggiamento empatico Non si tratta di un ascolto giudiziale o una osservazione poliziesca, ma di un'attenzione benevola verso l'altro.

La comunicazione è una messa in comune di idee e sentimenti autentici, alci e bas
si, piacevoli e scomodi, solidali ed ostili. La comunicazione non è parlare, ma creare un cerchio attorno al quale gli attori accettano di sedersi. Il cerchio è fatto di parole dal significato condiviso, di attenzione e di attribuzione di valore date a priori, come disponibilità. La sua esistenza è una prova di un livello di Qualità raggiunta, perché essa è già una costruzione intersoggettiva. Una comunicazione che preveda feed-backs positivi e negativi, carezze e critiche, è la causa ed insieme la conseguenza prima detta Qualità.
La creatività è una competenza molecolare, che comprende originalità, divergenza,
concretezza e immaginazione. Una Scuola del XXI secolo non può andare avanti accontentandosi di piccoli ritocchi rispetto a quella dell'inizio del XX secolo. Alle soglie del 2000 il servizio scolastico deve essere ripensato alla radice con originalità e immaginazione, con disponibilità a prendere strade nuove e divergenti, ma anche con la concretezza della quotidianità. Non è solo un problema normativo, ma anche una questione di comportamenti quotidiani di tutti gli attori. La crisi del Novecento comincerà a rasserenarsi a partire dalla formazione, e dunque la Scuola non può sottrarsi al suo ruolo di organizzazione intellettuale d'avanguardia.
L'ultima molecola delle competenze psicologiche necessario alla Qualità è la coope
razione. Che non è andare per forza d'accordo, ma è soprattutto convenire sui dispositivi di regolazione delle diversità e del conflitto. Cooperare implica confrontarsi e negoziare, ricercando insieme soluzioni possibili per i valori condivisi netta Società dell'Arcipelago e della Qualità intersoggettiva Dirigenti, docenti e non docenti, studenti, famiglie ed esperti devono sviluppare la capacità di cooperare se vogliono restare al centro del processo di crescita degli individui e delle comunità. L'alternativa sarà una Scuola per pochi, agita sul filo di Internet e controllata dalle buro-corporazioni di dimensione planetaria.

La formazione delle skills
Come è possibile formare alle skills che abbiamo elencato? Occorre un grande sforzo di aggiornamento e formazione a livello nazionale, ma occorrono anche nuove esperienze a livello locale. La vera formazione professionale non avviene all'Università ne in molti degradati corsi di sedicente aggiornamento, indegni di professionisti intellettuali come sono gli operatori della Scuola e dell'Educazione (dirigenti, docenti e genitori)3. Cinque principi vanno esplicitari:
a - la formazione e l'aggiornamento di una Scuola di Qualità non possono che essere di Qualità (perché raffinati operatori che si impegnano nei problemi della didattica con gli allievi, sono di solito tanto trascurati circa la didattica della loro formazione, fino al punto di accettare di tutto?);
b- la formazione e l'aggiornamento per contenuti riguardano il secolo che tramonta; il XXI secolo non può che essere centrato sulla formazione delle competenze (4);
c- la formazione e l'aggiornamento a livello interscolastico devono essere una eccezione
(l'attività formativa di Qualità si fa dentro ciascuna organizzazione, con tutti gli attori che ne fanno parte);
d- la formazione e l'aggiornamento non possono che essere una costruzione concreta (l'idea che dei formatori insegnino agli insegnanti è infondata);
e - la formazione e l'aggiornamento alle competenze rivolte ai docenti devono essere (prima o insieme) rivolti anche ai dirigenti locali (singole scuole) e sovra-locali (Provveditorati, Re
gioni e Ministero). Sulla base di questi principi, due proposte concrete possono essere avanzate. Anzitutto la formazione nella scuola dovrebbe essere una funzione di processo e non una occasione volante. Imparare dall'esperienza e costruire sperimentando è la base di ogni apprendimento. I cosiddetti Corsi dovrebbero essere ridotti al minimo e sostituiti con esperienze guidate di riflessione collettiva sul processo di fornitura del servizio scolastico.
In secondo luogo va segnalato che esistono già almeno due occasioni per iniziare un processo di formazione sul processo: il Piano Educativo d'Istituto e la Carta dei Servizi. Se questi due impegni non vengono vissuti come mere esecuzioni burocratiche, è possibile farle diventare l'inizio di un processo di riflessione, possibilmente facilitato da consulenti competenti, che sia insieme di costruzione e formazione per tutti gli attori del servizio scolastico.

NOTE

1.Per chiarimenti circa il paradigma dell'Arcipelago cfr. G. CONTESSA, "Tra arcipelago e impero", su "Rocca", nn. 18-19, sett-ott.1985; ma anche G. CONTESSA "Fra l'Egitto e l'Egeo", su "Scuola Italiana Moderna", n. 8, genn. 1993.
2 Mi riferisco alla celeberrima ricerca di E. Mayo e la sua équipe presso la Wester Electric (Usa) dal 1928 al 1935, la cui sintesi è riportata su tutti i testi di psicologia sociale o del lavoro.
3 Per i temi della formazione in generale cfr. G. CONTESSA, La formazione, Città Studi, Milano 1993; per la formazione dei dirigenti in specifico cfr. la parte di M. SBERNA (a cura di). Modello Arips di formazione in servizio, in Modelli di formazione per dirigenti scolastici. Quaderni IRRSAE Lombardia 1984.
4
Cfr. AA.W, La formazione psicologica. Città Studi Edizioni, Milano 1995.

Tratto da "Dirigenti Scuola", n.4, aprile 1997, Editrice La Scuola, Brescia, pag. 6-12