Uomo:-Cosera quel
lampo?
Dio: -La tua vita.
Uomo:-Posso averne un altro?
Dio: -Non credo.
MONTY PYTHON
Postmodernità, o della disperata ricerca di senso La dimensione
postmoderna dellesistenza allinterno delle società
occidentali ed in particolare nei contesti urbani propone immediatamente
alla riflessione la problematica del tempo. Il tempo vissuto, il tempo
lavorato, il tempo conquistato, il tempo scivolato via e molti altri
ancora, sino al forse impossibile esaurimento delle voci contenute nel
catalogo dellesperienza del mutamento e della staticità,
costituiscono le superfici, le arene e i termometri sui qual rilevare
il cambiamento in atto.
Se è vero che lattuale fase storica può caratterizzarsi
come lera dellassenza di spessore, o meglio di una
autoconsapevole superficialità, del rigetto delle
metanarrazioni con il corollario di un senso indebolito della
storia e del destino e infine della frammentazione, cioè
rottura delle connessioni , è anche vero che la sconfessione
di profondità e storia e di qualunque descrizione del proprio
passato e futuro da parte di una formazione sociale così definita
pone in maniera drammatica il problema del senso. Da dove iniziare la
ricerca di un significato da attribuire alla propria esistenza se lunico
orizzonte valido rimasto è quello di un presente tanto frenetico
quanto privo di ambiti di autocoscienza o di socializzazione autentica,
intesa come confronto aperto e svincolato da costrizioni esterne (di
orario, di luogo, di contenuto) tra individualità? Dove guardare
per trovare una ricomposizione genuina e coerente del proprio vissuto
se, come afferma David Gross, il fenomeno culturale caratteristico della
nostra epoca è quello della spazializzazione del tempo,
cioè la perdita di spessore dellesperienza soggettiva
del tempo come conseguenza della supremazia, nella vita sociale, delle
coordinate spaziali su quelle tempoarli, con il conseguente annullamento
di memoria, storicità e capacità di sedimentazione delle
esperienze nel tempo e lelezione del campo spaziale del presente
ad unico referente possibile ? Se la scarsità di tempo si configura
come tratto fondante delle società complesse contemporanee è
perché la vita allinterno di queste società è,
per così dire, piena di vuoti: le attività si susseguono
fenetiche, si entra e si esce dai ruoli con estrema disinvoltura, il
campo di applicazione delle facoltà mentali o manuali (raramente
tutte e due insieme) si allarga a dismisura, ma il quadro complessivo
che emerge è quanto di più lontano da unesistenza
piena e soddisfacente si possa immaginare. Non cè infatti,
nella maggior parte dei casi, comunicazione e confronto tra i diversi
ambiti dellesperienza quotidiana: manca completamente un momento
unificatore, nel quale la vita disarticolata in una miriade di compiti,
mansioni, funzioni e anche attività liberamente scelte possa
ricomporsi ed affermare la sua coerenza ed unicità.
In questo senso si può parlare di una proliferazione di vuoti:
tanti gesti coerenti ognuno nel suo contesto specifico, finalizzati
ad un obiettivo ben preciso e circoscritto, ma che nella migliore delle
ipotesi (che è poi nella reltà la situazione ritenuta
più irritante e dalla quale si cerca di tenersi lontani il più
possibile) si sovrappongono intralciandosi, mai comunicando tra di loro.
La preoccupazione più diffusa pare anzi essere quella di organizzare,
segmentare e parcellizzare il proprio tempo in maniera sempre più
precisa e rigorosa proprio per evitare che i diversi ambiti esistenziali
possano in qualche modo incontrarsi ed intromettersi luno nellaltro.
Vuote allora sono questo tipo di esperienze, perché una volta
concluse (o meglio, sospese per essere riprese in un successivo momento
dal punto esatto in cui le si è lasciate) non lasciano tracce
permanenti nel vissuto personale, e se le lasciano, si fa di tutto per
cancellarle. Emblematiche sono a questo proposito espressioni comuni
quali non portare il lavoro a casa o, viceversa, lasciare
i problemi personali fuori dal lavoro. Daltra parte, è
facile constatare come questi imperativi categorici del senso comune
vengano spesso disattesi, e come ciò provochi sanzioni sociali
tanto in ambito privato quanto in ambito lavorativo. Il fatto che trasgressioni
alle rigide regole che assegnano a determinati tempi determinate priorità
(e spesso anche umori: forti sono, per esempio, le disapprovazioni che
ci si attira addosso se si è tristi o anche solo taciturni ad
una festa) vengano risolutamente rilevate e punite è
indice dellelevato grado di interiorizzazione dellidea che
la vita, per potersi svolgere correttamente ed in armonia con gli altri,
va frammentata, ed i frammenti non vanno mischiati.
Il politeismo dei valori moderni di cui parla Weber si accompagna
nelle società contemporanee ad un politeismo dei tempi
dedicati alla coltivazione di ognuno di questi valori: diverse sono
le visioni del mondo in circolazione, diversi gli stili di vita
(vero e proprio concetto-totem della postmodernità e coperta
di Linus di cui ognuno sembra essere gelosissimo), diversi gli hobbies
(altro concetto-simbolo). La preoccupazione principale, una volta scelta
unopzione esistenziale, sembra essere la costruzione di templi
inaccessibili ove dedicarsi al culto delle proprie personali divinità,
senza trascurare il problema fondamentale dellincastro
temporale delle varie attività in modo tale da azzerare il rischio
di sconfinamenti da un ambito allaltro (una o due sere a settimana
dedicate alla meditazione con un maestro orientale, il week-end sacro
per andare a sciare). Ma la vita formalmente segmentata in porzioni
di tempo rigidamente separate tra di loro (pubblica/privata; lavoro/svago;
casa/ufficio), che in una concezione ideale non dovrebbero essere reciprocamente
influenti, viene ricomposta in ununità forte
che è quella della funzionalità ad un determinato sistema
socio-economico in ognuno di questi ambiti. E lindustria culturale
(di cui, in ultima analisi, fanno parte anche i recenti fenomeni di
approccio di massa alle filosofie orientali e alla meditazione), stimolando
incessantemente la crescita esponenziale della spirale dei bisogni indotti,
assolve al compito di far sì che nel tempo formalmente liberato
dal lavoro gli individui siano comunque produttivi: il tempo libero
diviene il luogo dove si consumano i nuovi prodotti, che il mercato
mette in circolazione, stimolando continuamente la nascita di nuovi
bisogni, diffondendo consumi di lusso che permettono al capitale di
riappropriarsi del plus-valore redistribuito sotto forma di salario
e tempo libero .
A ciò si aggiunge il fatto che il tempo libero, come ogni altro
oggetto culturale, viene utilizzato per definire le differenze e confermare
le appartenenze di classe o di status: in particolare, questo tempo
viene utilizzato per il consumo vistoso da parte dalle classi
superiori, le quali forniscono il canone di comportamento per tutta
la società: gli strati inferiori, attraverso il meccanismo dellemulazione,
interiorizzano questo tipo di comportamento e cercano di conformarvisi
.
Nel complesso, il senso esistenziale che si ricerca nelle più
svariate occupazioni sganciate dallambito lavorativo (da quelle
più passive come guardare la televisione a quelle più
attive come il volontariato) risulta compromesso dal vizio originario
che determina lesistenza stessa delle fasce temporali entro le
quali queste attività possono essere svolte: il fatto, cioè,
che il cosiddetto tempo libero si costituisce come tempo
complementare a (ed è generato da) un tempo di lavoro che per
la maggior parte delle persone è eterodiretto, vincolato, non
creativo e vissuto come costrizione, e che anche per coloro che si trovano
in una posizione occupazionale con margini di libertà decisionale
è sempre più frequentemente fonte di stress, preoccupazione,
sovraccarico di responsabilità e scadenze da rispettare. Le potenzialità
liberatorie che con sempre maggior frequenza i vari apologeti dellera
postmoderna attribuiscono al tempo libero sono quindi nella migliore
delle ipotesi mere illusioni per due motivi fondamentali: da una parte,
le porzioni di vita liberate dal lavoro sono per la maggioranza delle
persone occupate da svaghi e trattenimenti poveri di significato e che
fanno sì che gli individui siano funzionali alla riproduzione
del sistema economico vigente anche quando credono di essere immersi
esclusivamente nel tempo per sé; dallaltra,
il tempo di lavoro rimane quello che più influisce sul senso
generale dellesistenza: cercare di ignorare questo fatto, accettando
condizioni occupazionali che non permettono lespressione della
creatività individuale o che sono comunque fonte di insoddisfazione
convincendosi che la vita vera sia solo quella vissuta la
sera o il fine settimana, pare essere un atteggiamento autoillusorio,
se non schizofrenico.
La vita al lavoro
Nellattuale fase storica il ciclo produttivo ha ampiamente scavalcato
le mura della fabbrica o dellufficio e si è esteso alla
società tutta. La forza lavoro non è più confinata
entro rigidi confini spaziali e temporali bensì si è fluidificata
fino a comprendere attività comunicative, relazionali, assistenziali,
aggregative, ludiche ed estetiche che prima erano svolte allinterno
di contesti familiari, amicali o in gruppi la cui costituzione non prevedeva
fini di lucro, o che addirittura non esistevano. Quando oggi si parla
di produzione immateriale si fa riferimento ad una grande
varietà di servizi, che vanno dalla gestione di sistemi informatici
e dalla progettazione di pagine web al lavoro degli operatori di strada
e delle collaboratrici domestiche, alla fornitura di consulenze finanziarie
o di immagine. Il lavoro si configura sempre di più come manipolazione
di dispositivi in primo luogo cognitivi: è la conoscenza il bene
oggi più richiesto sul mercato, unita alla capacità di
trasformarla in abilità pratiche e linguistico-relazionali adatte
ai diversi contesti empirici per i quali viene ricercata. Se il linguaggio
e la capacità di comunicare in genere sembrano essere le risorse
primarie cui attingere per garantirsi una posizione allinterno
dellattuale contesto economico-produttivo, queste facoltà
non sono da intendersi in senso puramente tecnocratico,
ovvero come capacità di padroneggiare gli odierni strumenti della
comunicazione (le reti telematiche in primis), bensì anche nella
loro dimensione affettiva ed intersoggettiva, ovvero come espressioni
di una competenza socialmente acquisita che consiste nel modulare la
propria attività lavorativa, e quindi anche, ed in modo forse
preponderante, i propri tempi ed i propri ritmi, sui bisogni altrui,
siano essi quelli del superiore o dellassistito. Ci troviamo quindi
di fronte ad una trasformazione della società, dove la
giornata lavorativa sociale si allunga perché sussume il tempo
di vita, la quale, insieme allerosione del Welfare State, ha reso
necessario appaltare il lavoro di riproduzione e di cura . La
vita al lavoro, dunque, non solo perché, come si è già
detto, anche in ambiti extra-lavorativi si è produttivi (comprando
merci e servizi o praticando attività inserite in logiche di
mercato), ma anche perché la disponibilità temporale che
bisogna offrire per riuscire a procurarsi un reddito nella società
contemporanea si è allungata fino a comprendere lintera
vita, o meglio, bisogna essere consapevoli di doversi tenere sempre
pronti a rispondere alle esigenze della produzione. I nuovi tipi di
contratti di lavoro (individuali, a termine, di consulenza, di collaborazione,
in apprendistato, in affitto, a chiamata) hanno profili temporali in
netto contrasto con le garanzie e le tutele del lavoro a tempo indeterminato
tipico della produzione fordista. Paradigmatico il caso del lavoro
a chiamata (job on call), la cui introduzione in Italia fu bocciata
nel giugno del 2001 dal referendum tenutosi tra i lavoratori della Zanussi
di Pordenone e viene oggi imposta dalla riforma del mercato del lavoro
dellattuale governo. Questa tipologia contrattuale prevede la
possibilità per lazienda di gestire in toto il tempo di
vita di un lavoratore, in quanto è essa che decide quando e per
quanto far lavorare un suo dipendente a seconda delle varie fasi della
produzione: è possibile cioè che un lavoratore resti inattivo
per mesi, durante i quali gli è vietato cercarsi un altro impiego,
pena il licenziamento, e poi venga chiamato a lavorare per un periodo
ad assoluta discrezione dellazienda, a seconda del tempo di lavoro
richiesto dalla fase produttiva contingente.
Lintermittenza e linsicurezza, di tempo e quindi di reddito,
sono i caratteri dominanti di questo tipo di esperienze lavorative:
non esiste più un ambito temporale definito e stabile nel quale
e al di fuori del quale poter proiettare abilità, capacità
intellettuali o manuali, stati danimo, desideri, bisogni e progettualità
differenti. Questo sentimento di precarietà, di impossibilità
di gestire autonomamente o quantomeno di riuscire a circoscrivere entro
cornici sufficientemente stabili i tempi della propria esistenza, unito
spesso alla bassa qualifica dei lavori associati alle tipologie contrattuali
sopra menzionate, facilmente sfocia in un senso di impotenza, di paralisi
e frustrazione. Viene infatti a mancare qualsiasi base materiale a partire
dalla quale esprimere progetti per il futuro, dato che è impossibile
sapere a priori se e quanto tempo si avrà a disposizione per
svilupparli. Il concetto di presente esteso elaborato da
Helga Nowotny, ovvero il cambiamento dellorizzonte temporale dei
progetti che ha portato al prevalere di quelli che nascono e muoiono
sul presente, cioè su unazione che è già
radicata ed in corso di svolgimento (per esempio, laurearsi per uno
studente universitario, termine di unazione già intrapresa
che si concretizza in atti quali lo studio e la frequenza alle lezioni)
ha probabilmente molto a che fare con la ristrutturazione (o meglio,
destrutturazione) in corso nei tempi di lavoro e conseguentemente di
vita. Anche la spazializzazione del tempo illustrata da
David Gross, cui si è fatto cenno in precedenza, può essere
collegata a questo processo: immersi ed immerse nelle preoccupazioni
di un presente che non ammette la minima distrazione, pena la perdita
di un momentaneo stato di equilibrio o di unoccasione da cogliere
al volo, uomini e donne della postmodernità non hanno tempo da
dedicare neanche alla memoria, alla riflessione e rielaborazione delle
proprie esperienze passate. Secondo Zygmunt Bauman linsicurezza
e lincertezza, elementi fondanti dellesperienza della contemporaneità,
producono individui condannati a fluttuare rapidissimi e senza sosta,
sempre più ancorati allidea di una modernità
liquida e sempre più lontani dalla solida sicurezza pubblica
del passato, cosicché lopacità di fondo della
nostra insicurezza che in ogni caso è reale - crea i presupposti
dello scapegoating: trovare un pretesto contro cui combattere per ricomporre
e dare senso al nostro agire. [
] le risorse psicologiche sono
le stesse, che si tratti di unossessione proiettata sulle diete,
sullalimentazione o contro gli immigrati: unipersensibilità,
uno stato paranoico, riflessi di superficie di unincertezza di
fondo .
Percorsi di liberazione
Forse dobbiamo cominciare a dire che il diritto al lavoro oggi
non basta più, che vincolando il reddito al lavoro nessuno è
più padrone del suo tempo, della sua vita . Se, come si
è visto, tempo di vita e tempo di lavoro (inteso come produttività)
tendono a coincidere, se gli intervalli temporali di non-lavoro sono
sempre più subiti piuttosto che scelti, se qualitativamente queste
pause non possono essere riempite di significati autonomamente
scelti dagli individui perché già colme di sentimenti
quali lincertezza, lansia e la tensione, allora pare necessaria
una riflessione sulle forme di retribuzione di questa colonizzazione
del tempo che si estende a tutte le fasce teoricamente occupabili,
nel quadro di una società permanentemente attiva
. Se è lintera società ad essere una macchina di
produzione di profitto, attraverso la comunicazione, il linguaggio,
la socialità, fuori e al di là dellorario di lavoro,
i lavoratori che prendono coscienza della loro condizione di lavoratori
sociali possono rivendicare un reddito di cittadinanza,
universale ed incondizionato, indipendente dalla prestazione lavorativa
per tutti e per tutte (sotto forma di erogazione monetaria diretta
e come reddito indiretto attraverso laccesso gratuito ai servizi
sociali) come retribuzione del tempo di produzione che esorbita
dal tempo di lavoro nella sua concezione classica .
E però questo non potrebbe che essere il primo passo, nel quale
è anche possibile scorgere nuove forme di ricattabilità
e funzionalità a quel sistema produttivo da cui si cerca di divincolarsi,
di un percorso di riappropriazione di tempi, ritmi e significati della
propria vita, cui bisogna far seguire, se non si vuole inaridire la
propria prospettiva a forme di contrattazione parasindacali puramente
economicistiche, proposte e progettualità che affrontino il vero
nodo alla base dellalienazione dellesistenza sociale: la
non creatività del lavoro, limpossibilità per la
maggior parte delle persone di agire una trasformazione vera (sulla
natura come sugli oggetti culturali e sui fatti sociali, nonché
allinterno delle dinamiche relazionali) attraverso le proprie
attività manuali e intellettuali, nonché la rigida separazione
e gerarchizzazione tra queste ultime.
In questo senso si è sviluppata la riflessione allinterno
della comunità-centro sociale Eterotopia di S. Giuliano Milanese:
fin dallinizio nellaffrontare la sopravvivenza e lo
sviluppo di Eterotopia abbiamo dovuto affrontare la problematica del
tempo necessario allo svolgimento dei vari progetti di utilità
sociale che abbiamo tentato di realizzare e del tempo disponibile per
la realizzazione degli stessi. Il problema della disponiblità
di ciascuno ha da sempre dovuto fare i conti con la condizione di subordinazione
e solitudine a cui ci obbliga il mercato del lavoro . Lobiettivo
del Fondo per lEsodo è, attraverso lo strumento della Banca
del Tempo (nome indicato come provvisorio perché non rispecchia
adeguatamente il percorso intrapreso), la costruzione di un progetto
collettivo a partire da una diversa organizzazione della partecipazione,
tramite la quale offrire a ciascun livello di coinvolgimento pari dignità.
Nella consapevolezza della difficoltà di realizzare lobiettivo
della convivenza paritaria tra i diversi gradi di partecipazione, gli
uomini e le donne coinvolti/e nel progetto hanno concentrato e continuano
a concentrare i loro sforzi verso ledificazione di un soggetto
politico collettivo, ove per politica si intende la promozione
di attività finalizzate alla diffusione del potere di disporre
liberamente della propria vita . Il tempo è stato individuato
come unità di misura per mettere in relazione i diversi percorsi
di autorealizzazione individuale, e la BdT si è venuta strutturando
con il fine esplicito di sottrarre tempo di vita al tempo di lavoro
(inteso questultimo nellaccezione totalizzante analizzata
in precedenza). Diverse modalità di partecipazione sono previste,
da un tipo di disponibilità non continuativa ma specifica per
determinate attività (comunicazione, segreteria, mensa, manutenzione,
la stessa gestione del tempo) ad una generica e continuativa che permetta
di dare una progettualità alla propria partecipazione, fino alla
possibilità di garantire insieme continuità ed intensità
rendendosi responsabili nellideazione, progettazione e realizzazione
delle iniziative e delle attività (sino ad ora, una mensa autogestita,
uno spazio per i bambini ed uno per gli anziani, corsi di computer e
teatro, un esperimento di coltivazione biologica) e cercando di essere
un punto di riferimento per chi vuole prendere parte al progetto, in
modo da vivere la propria esperienza come autentica modalità
di partecipazione ad un progetto collettivo di liberazione e autovalorizzazione.
Oltre il tempo
Il tempo è uninvenzione degli uomini che non sanno amare
(Jacques Camatte)
E possibile pensare unesistenza collettiva ed individuale
senza tempo? O meglio, è possibile allo stadio attuale della
civiltà occidentale, per gli uomini e le donne del presente,
immaginare una vita non scandita da un divenire eterodiretto, vincolante,
coercitivo? Si tratterebbe di compiere un salto qualitativo di dimensioni
realmente epocali, che dovrebbe inevitabilmente iniziare, visto il livello
di interiorizzazione della concezione dominante del tempo, con un percorso
di decostruzione e successiva ricomposizione, su basi inedite e forse,
alla stato attuale, nemmeno concepibili, della quotidianità di
ognuno ed ognuna. Si tratterebbe di pronunciare limmenso
rifiuto della separazione necessaria (al buon funzionamento
del sistema sociale ed economico vigente) dei propri ambiti di vita,
e per fare ciò occorre una riflessione che deve riguardare
i possibili che furono negati, non per realizzarli, ma per cogliere
tutta limportanza della tendenza invariante della specie a unaffermazione
diversa da quella effettuata; il che implica appunto limmenso
rifiuto di ciò che è stato ed è . Successivamente,
si dovrebbero mettere in relazione i vari percorsi individuali, le varie
ricerche di senso e le differenti elaborazioni secondo modalità
che segnino una radicale discontinuità con lattuale organizzazione
della vita collettiva, dove le rappresentazioni sociali (e quindi anche
il tempo) sono più spesso imposte e subìte, concepite
e diffuse per servire interessi di parte e accettate acriticamente o
per fuggire la disapprovazione, pittosto che liberamente prodotte, proposte
e discusse. Le insidie in un percorso di questo tipo, che è una
vera e propria rivoluzione, sono innumerevoli, e passano tutte dalla
mediazione con le forme esistenti della temporalità, la quale
può portare a credere di essere arrivati e arrivate alla mèta
(per esempio, aver ottenuto la concessione di maggior tempo libero
dai propri datori di lavoro) quando in realtà non si è
che allinizio o, peggio ancora, si è tornati indietro accontentandosi
di compromessi prima ritenuti inaccettabili. Nelle parole di John Zerzan,
teorico del primitivismo, si tratta sempre di risolvere le contraddizioni
del presente, di non fermarsi a metà strada, di non lasciarsi
distrarre, di andare verso il superamento. Opera collettiva,
opera di passione, opera di poesia, opera di gioco (leternità
è il mondo del gioco, dice Boehme). Per quanto povero possa essere,
il presente contiene sempre la vera ricchezza, quella della costruzione
possibile .
Michele Lembo
BIBLIOGRAFIA
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