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La finta eguaglianza di Guglielmo Colombi
I valori del XX secolo sono disvalori nel XXI secolo

Non c'è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali
(Lettera a una professoressa)

Tutta la modernità è caratterizzata da una concezione di eguaglianza che appare molto progressista ma che, nel tempo, è diventata la radice di inaccettabili privilegi.

Uguale qualifica, uguale compenso e uguali garanzie

Il sindacato ha fatto un'opera gloriosa quando è riuscito a difendere i diritti dei metalmeccanici, dei minatori, degli operai delle grandi manifatture. Poi ha voluto rappresentare in modo uniforme tutti i lavoratori, e ha spinto i governi a un sistema di vistosa ingiustizia, iniziato con lo Statuto dei Lavoratori e culminato con l'istituzione della Cassa integrazione. Il principio di fondo che ha ispirato la generalizzazione dei diritti dei lavoratori è stato "uguale qualifica uguale compenso e uguali garanzie".
Questo principio, in astratto condivisibile, non tiene conto in nessun modo delle differenze fra le tipologie di organizazione e produzione. Non fa alcuna distinzione fra piccole, medie e grandi imprese; fra imprese familiari e di capitali; fra imprese dedite a produzioni "sporche" e imprese del lusso; fra organizzazioni private e pubbliche.
La segretaria di un'azienda artigiana con due addetti guadagna come quella della multinazionale, ma se l'impresa è in crisi la prima va in strada e la seconda in cassa integrazione. La cugina che lavora in cucina nell'impresa di famiglia ha gli stessi diritti sindacali della sorella che lavora alla mensa della mega-impresa. Questo è giustissimo, per esempio, per i diritti di maternità. Mano giusto è che i costi di questo diritto cadano sull'impresa familiare allo stesso modo che sulla mega-impresa. Lo scopino che respira carbone e lava i pavimenti sporchi di olio motore e altre pericolose sostanze chimiche, guadagna come lo scopino della grande casa di moda. L'usciere di una media impresa guadagna la metà dell'usciere del ministero e un decimo del'usciere parlamentare, con la differenza che il primo viene cacciato alla prima crisi aziendale, il secondo e il terzo hanno un lavoro a vita.

Uguale consumo uguale tassazione

Anche quello che sembra a prima vista un equo impianto fiscale, si basa su un falso principio di uguaglianza. La più vistosa delle deseguaglianze riguarda le infinite tasse, accise e gabelle sui consumi, cioè le tasse indirette. Le accise sulla benzina colpiscono in modo uguale il guidatore di furgoncino, le flotte di pescatori e il possessore di Rolls Royce. L'iva sul pane pesa sui disoccupati allo stesso modo che sui miliardari. Le tasse sui tabacchi pesano allo stesso modo sul pensionato che fuma un mezzo toscano, come sul finanziere che fuma costosissimi cubani. Le tasse sui trasporti pesano sui pendolari come sui viaggiatori di prima classe in TAV. "Uguale consumo uguale tassazione" è un pricipio che sembra equo mentre è palesemente ingiusto.

Sanità e istruzione gratuite per tutti

Questo principio illuminato va benissimo per una società orizzontale composta al 90% da ceto medio. Diventa la base della diseguaglianza, se applicata ad una società piramidale dove il ceto medio è inferiore alla metà, mentre l'altra metà è composta da super ricchi e senza tetto. Il figlio del presidente della banca frequenta la scuola dell'obbligo allo stesso costo del figlio dell'usciere della stessa banca. La moglie del grande finanziere paga lo stesso ticket sanitario della sua colf. E' giusto?

Uguale profitto e uguale tassazione

Un quarto grande creatore di diseguaglianza è quello che dice: "Uguale profitto, uguale tassazione" non fa alcuna distinzione fra le imprese manufatturiere o le imprese artistiche e quelle che properano sulla rendita. Il prodotto delle imprese di telefonia, autostradali, delle slot machines o dei proprietari edili è dato dalla mera rendita. Installano una struttura (rete telefonica, autostrada, macchinetta o quartiere urbano) che produce profitti anche per un secolo al solo costo della manutenzione, quando vioene fatta. Non parliamo dei redditieri finanziari. Non devono far altro che investire soldi e aspettare, per guadagnare. Le imprese produttive devono fare profitto creando beni materiali o immateriali e continuando a crearne, coi relativi costi di materiali, macchinari, personale e marketing. E' giusto che le imprese produttive abbiano una tassazione uguale e a quelle redditiere ?

Fra i redditieri privilegiati possiamo inserire anche tutte quelle professioni o imprese che si fanno garantire dallo Stato. I notai, i consulenti amministrativi, le assicurazioni auto, gli avvocati, i produttori di caschi sono solo alcune delle categorie che non devono agire sul mercato perchè lo Stato obbliga i cittadini a servirsi di loro. Il loro reddito deriva da una rendita garantita dallo Stato. Come mai hanno la stessa tassazione di imprese e professionisti che devono trovare clienti sul mercato?