Non c'è nulla che sia più ingiusto
quanto far parti uguali fra disuguali
(Lettera a una professoressa)
Tutta la modernità è caratterizzata da una concezione
di eguaglianza che appare molto progressista ma che, nel tempo,
è diventata la radice di inaccettabili privilegi.
Uguale qualifica, uguale compenso e uguali garanzie
Il sindacato ha fatto un'opera gloriosa quando è riuscito
a difendere i diritti dei metalmeccanici, dei minatori, degli operai
delle grandi manifatture. Poi ha voluto rappresentare in modo uniforme
tutti i lavoratori, e ha spinto i governi a un sistema di vistosa
ingiustizia, iniziato con lo Statuto dei Lavoratori e culminato
con l'istituzione della Cassa integrazione. Il principio di fondo
che ha ispirato la generalizzazione dei diritti dei lavoratori è
stato "uguale qualifica uguale compenso e uguali garanzie".
Questo principio, in astratto condivisibile, non tiene conto in
nessun modo delle differenze fra le tipologie di organizazione e
produzione. Non fa alcuna distinzione fra piccole, medie e grandi
imprese; fra imprese familiari e di capitali; fra imprese dedite
a produzioni "sporche" e imprese del lusso; fra organizzazioni
private e pubbliche.
La segretaria di un'azienda artigiana con due addetti guadagna come
quella della multinazionale, ma se l'impresa è in crisi la
prima va in strada e la seconda in cassa integrazione. La cugina
che lavora in cucina nell'impresa di famiglia ha gli stessi diritti
sindacali della sorella che lavora alla mensa della mega-impresa.
Questo è giustissimo, per esempio, per i diritti di maternità.
Mano giusto è che i costi di questo diritto cadano sull'impresa
familiare allo stesso modo che sulla mega-impresa. Lo scopino che
respira carbone e lava i pavimenti sporchi di olio motore e altre
pericolose sostanze chimiche, guadagna come lo scopino della grande
casa di moda. L'usciere di una media impresa guadagna la metà
dell'usciere del ministero e un decimo del'usciere parlamentare,
con la differenza che il primo viene cacciato alla prima crisi aziendale,
il secondo e il terzo hanno un lavoro a vita.
Uguale consumo uguale tassazione
Anche quello che sembra a prima vista un equo impianto fiscale,
si basa su un falso principio di uguaglianza. La più vistosa
delle deseguaglianze riguarda le infinite tasse, accise e gabelle
sui consumi, cioè le tasse indirette. Le accise sulla benzina
colpiscono in modo uguale il guidatore di furgoncino, le flotte
di pescatori e il possessore di Rolls Royce. L'iva sul pane pesa
sui disoccupati allo stesso modo che sui miliardari. Le tasse sui
tabacchi pesano allo stesso modo sul pensionato che fuma un mezzo
toscano, come sul finanziere che fuma costosissimi cubani. Le tasse
sui trasporti pesano sui pendolari come sui viaggiatori di prima
classe in TAV. "Uguale consumo uguale tassazione"
è un pricipio che sembra equo mentre è palesemente
ingiusto.
Sanità e istruzione gratuite per tutti
Questo principio illuminato va benissimo per una società
orizzontale composta al 90% da ceto medio. Diventa la base della
diseguaglianza, se applicata ad una società piramidale dove
il ceto medio è inferiore alla metà, mentre l'altra
metà è composta da super ricchi e senza tetto. Il
figlio del presidente della banca frequenta la scuola dell'obbligo
allo stesso costo del figlio dell'usciere della stessa banca. La
moglie del grande finanziere paga lo stesso ticket sanitario della
sua colf. E' giusto?
Uguale profitto e uguale tassazione
Un quarto grande creatore di diseguaglianza è quello che
dice: "Uguale profitto, uguale tassazione"
non fa alcuna distinzione fra le imprese manufatturiere o le imprese
artistiche e quelle che properano sulla rendita. Il prodotto delle
imprese di telefonia, autostradali, delle slot machines o dei proprietari
edili è dato dalla mera rendita. Installano una struttura
(rete telefonica, autostrada, macchinetta o quartiere urbano) che
produce profitti anche per un secolo al solo costo della manutenzione,
quando vioene fatta. Non parliamo dei redditieri finanziari. Non
devono far altro che investire soldi e aspettare, per guadagnare.
Le imprese produttive devono fare profitto creando beni materiali
o immateriali e continuando a crearne, coi relativi costi di materiali,
macchinari, personale e marketing. E' giusto che le imprese produttive
abbiano una tassazione uguale e a quelle redditiere ?
Fra i redditieri privilegiati possiamo inserire anche tutte quelle
professioni o imprese che si fanno garantire dallo Stato. I notai,
i consulenti amministrativi, le assicurazioni auto, gli avvocati,
i produttori di caschi sono solo alcune delle categorie che non
devono agire sul mercato perchè lo Stato obbliga i cittadini
a servirsi di loro. Il loro reddito deriva da una rendita garantita
dallo Stato. Come mai hanno la stessa tassazione di imprese e professionisti
che devono trovare clienti sul mercato?
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