Futuro del lavoro e lavoro del
futuro (Ektor Georgiakis)
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L'attuale dibattito pre-elettorale sul lavoro ha un carattere tragicomico. Entrambi gli schieramenti fingono di battersi per un lavoro che è in via di sparizione, senza affrontare nemmeno vagamente i veri problemi che attendono l'Italia e l'Occidente, dietro l'angolo. I disordini francesi, a difesa del lavoro giovanile, dicono che esiste un divario generalizzato a tutta l'Europa fra la cultura del lavoro ed il suo destino. Cerchiamo di spiegare il problema mediante cinque premesse e cinque scenari interconnessi. Premessa 1 - Il lavoro scarseggia, mentre circa un milione di immigrati lavora in Italia in modo regolare e un altro milione lavora in modo irregolare (non parliamo qui di coloro che svolgono un lavoro illegale). (1) Premessa 2 - La struttura produttiva dell'Italia è in larga misura basta sulla piccola e media impresa. (2) Premessa 3 - Il lavoro stabile è un vantaggio per il lavoratore, ma anche per il piccolo e medio imprenditore, il quale (salvo in casi particolari) ha tutto da guadagnare da operatori continuativi e fedeli. Premessa 4 - Il lavoro precario ha conseguenze tragiche per il lavoratore, ma è un danno anche per il piccolo e medio imprenditore. Questo ha costi maggiorati se si rivolge alle agenzie interinali; se invece fa da sè sopporta i costi di reclutamento e selezione; in ogni caso si trova a dover informare/formare in permanenza lavoratori che cambiano; e deve fronteggiare fenomeni di demotivazione, disaffezione, basso investimento.(3) Premessa 5 - Il lavoro è anzitutto correlato allo sviluppo produttivo. Le leggi sul lavoro possono migliorare i sistemi di accesso, trattamento, uscita dal lavoro; possono far emergere il lavoro nero; possono anche agevolare l'occupazione. Tuttavia resta indiscutibile che il numero dei lavoratori può aumentare sensibilmente solo se aumentano il numero delle imprese e/o il loro fatturato, e questi crescono se l'economia è in sviluppo. L'impresa ricorre al lavoro precario quando sono precari il suo fatturato e la sua stessa esistenza. Lo scenario macro-economico Lo scenario sociologico Lo scenario produttivo Lo scenario occupazionale (4)
Non esisterà altro tipo di occupazione, per il semplice e drammatico motivo che il ruolo dell'Italia (e dell'Europa) nel mondo non consentirà alcuno sviluppo economico, per i prossimi decenni. Lo scenario esistenziale Il secondo fattore è l'aumento considerevole del tempo a disposizione. L'allungamento del periodo di studio e di quello del pensionamento, i lunghi periodi di esclusione dal lavoro (fra un'occupazione precaria e l'altra), ma anche le tipologie del nuovo lavoro derivante da uno sviluppo centrato sul ruolo dell'Italia come "museo del mondo", metteranno nelle mani degli individui lunghi periodi di tempo disponibile. Il tempo disponibile, la riduzione generalizzata del reddito, la precarizzazione alimenteranno forti conflitti sociali, dove il problema non sarà più come stabilizzare il lavoro, ma come garantire a tutti casa e cibo senza farli derivare da un reddito da lavoro. Questo produrrà forme di lavoro distribuito e a corvèe, retribuito con forme di salario minimo garantito. Il terzo fattore dello scenario esistenziale sarà la riduzione sensibile della qualità del lavoro e delle prestazioni, con la conseguente perdita di valore della formazione professionale. Un lavoro precario varrà un altro e lo stesso operatore si troverà a passare da un lavoro in pizzeria, ad un altro nel supermercato ad un terzo nell'educazione: tutti dequalificati. Quarto ed ultimo elemento: la necessità di una nuova educazione-formazione centrata su una forte rivoluzione culturale. Vivere e lavorare nei prossimi decenni richiederà competenze, abilità e conoscenze del tutto diverse da quelle tradizionali. |
Nota1 - LIstat rende disponibile unanalisi dellimmigrazione in Italia a partire dai dati sui permessi di soggiorno, che si attestano a quota 2.320 mila unità al 1° gennaio 2005, secondo una stima effettuata dallIstat in attesa delle necessarie ulteriori informazioni da parte del Ministero dellInterno. Fonte ISTAT |
Nota2 - Le piccole e medie imprese (PMI) rappresentano oggi più del 95% delle imprese, forniscono il 60-70% delloccupazione, e generano una larga parte dei nuovi posti di lavoro nelle economie dei paesi dellOCSE. |
Nota3 - Il settore sociale è fra quelli col più alto tasso di precarietà del lavoro. E' anche quello costituito quasi soltanto da piccole e micro imprese. Chiunque conosca il settore sa bene che il lavoro precario in questo settore è un dramma per gli addetti, ma anche per le imprese ed i servizi che prestano. Per la natura della proprietà di queste imprese, che è quasi sempre collettiva, non è ipotizzabile che il precariato sia conseguenza di un interesse padronale. |
Nota4 - Per i concetti di lavoro-merce e lavoro insensato v. Contessa G."Ideatari", Ed.Arcipelago |