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Psichica:osservazioni sulla psicologia del benessere di Enzo Spaltro
Professore Ordinario di Psicologia del lavoro, Facoltà di Scienze politiche,  Università di Bologna

SOMMARIO

Oggi bisogna chiederci quali siano state le vere origini della psicologia e se le finalità di partenza siano state o no rispettate. C'è infatti il dubbio che la psicologia, per essere accettata dalla società ostile abbia cambiato la propria natura ed abbia con questo rinnegato le sue origini. Per questo la dimensione soggettiva, oggi negata, occorre che venga maggiormente sviluppata e che quindi si parli di una psicologia più soggettiva di quella oggi esistente. Si propone di chiamare questa psicologia col termine psichica e la si identifica con la psicologia del benessere. In effetti quella che oggi si chiama psicologia è in definitiva una psicologia del malessere e come tale poco soggettiva, menre la psicologia più soggettiva che è una psicologia del benessere dovrebbe chiamarsi psichica.

SUMMARY

Today we should ask ourself about the true origins of osychology and also if the initial aims have been achieved. Actually we have several doubts about psychology trying to be accepted by an opposing society and changing its true nature, and denying its original values. Subjective dimensions are in such a way denied and should be enhanced in order to achieve a more subjective psychology. he paper tries to call such a psychology with the new term psychics, meaning a wellbeing psychogy instead than the existing psychology which is until now a sickness-minded psychology. But that's an objective psychology and not a subjective one. Following these subjective basic asumptions the wellbeing psychology should be called psychics, that is a subjective psycholigy.

Col passare degli anni ci si abitua a mettere insieme ed a collegare molti fatti disomogenei fra di loro, nell'ostinato tentativo di renderli omogenei e di trovare un destino comune ad idee disparate. E' quello che avviene facilmente quando si comincia a ragionare di psicologia con un approccio benestante. Infatti sviluppare l'ipotesi di una psicologia del benessere è fonte di sorprese e di scoperte impreviste. Come per esempio quella per cui la stragrande maggioranza di ciò che sinora è stata chiamata psicologia in realtà psicologia non è, perchè non si occupa dei fatti psichici soggettivi, ma insegue un'obbiettività che la snatura e la costringe ad essere esclusivamente una psicologia del malessere.

Oggi in effetti una psicologia del benessere è praticamente una psicologia quasi inesistente, perchè ciò che esiste è prevalentemente una psicologia del malessere, basata sull'irraggiungibilità di un benessere soggettivo che qualcuno stabilisce "obbiettivamente" per tutti gli altri, giorno per giorno in modo tale da non essere raggiungibile per nessuno. Una psicologia del benessere è perciò oggi solo un punto di vista, prevalentremente teorico. Propongo di chiamarla, per analogia con le altre scienze, Psichica (così come la fisica, la chimica, la meccanica, che non usano il discorso su..., cioè la logìa, come fa la psicologia, ma un discorso per ...). In effetti sinora la psicologia è stata un lungo discorso sullo psichico, ma quasi mai una ricerca nello psichico. La psicologia sinora ha parlato dello psichico, ma non é quasi mai entrata nello psichico, ha parlato molto del nuoto, ma raramente ha nuotato, per dirla con una ben nota metàfora. Una psicologia del benessere è così praticamente una psicologia quasi inesistente, perchè la psicologia che oggi esiste è essenzialmente una psicologia del malessere. Una psicologia del benessere è perciò ora solo un punto di vista:  prevalentemente teorico.

Quindi oggi prevale una psicologia che confina la soggettività nel regno del malessere e così facendo la riduce o addirittura la elimina. Infatti la soggettività è essenzialmente progettazione di benessere, che quindi si basa sulla possibile espressione dei propri progetti di benessere. Nel momento in cui viene costretta alla scoperta e terapia del malessere, la psicologia perde in gran parte le sue potenzialità progettuali e quindi le sue possibilità di permettere ai soggetti la realizzazione del benessere. La psicologia dominante è oggi quella malestante, dedicata cioè al trattamento del malessere: quindi una psicologia non soggettiva, basata sul fatto che il malessere esiste e va scoperto e ridotto, mentre il benessere non esiste e va continuamente inventato.  Perciò prima di mettersi ad inventare il benessere occorre dedicarsi a scoprire il malessere. Lo scoprire prevale sull'inventare. Perciò il conoscere prevale sul costruire.

L'atteggiamento descrittivo-contemplativo prevale su quello interventista. Per queste ragioni quindi una psicologia del benessere (che non esiste e va inventato) è oggi praticamente inesistente ed è quindi prevalentemente teorica. Essa per realizzarsi, deve partire da un definizione di benessere e dalla presa di coscienza della natura progettuale di ogni soggettività. Il che equivale a dire che ogni benessere è soggettivo e che quindi ogni soggetto è benestante, almeno nelle sue potenzialità di realizzarsi come soggetto. Il che significa in definitiva che la psicologia deve diventare più attenta alle soggettività benestanti abbandonando il modello obbiettivista malestante di derivazione medico-sanitaria (per cui il malessereesiste e quindi il mondo è fatto di malessere da curare), ed usando il metodo soggettivista benestante di derivazione estetico artistica. Ma questo discorso, che è rivoluzionario, è tutto ancora da fare.

Per affrontare allora un così vecchio problema come quello della definizione del benessere, che necessariamente sconfina con quello della felicità e del piacere, si presenta la necessità di usare dei modelli inconsueti, cioè dei sistemi coerenti di ipotesi. In effetti i fatti in sé sono senza senso ed i modelli servono appunto per dare loro un senso. La vita psichica è insensata e dipende dai nostri desideri e dalla nostra soggettivitià renderla sensata. La sensificazione è la base della vita psichica.  Lo pìsichico può infatti essere inteso anche come l'assegnazione di senso da parte dei soggetti che hanno una loro ipotesi di benessere.

Si corre certamente il pericolo di dare ai fatti il senso che noi vogliamo (wishful thinking). E tale rischio non è eliminabile. Però si raggiunge il risultato di creare una realtà che all’inizio è inesistente ed alla fine diventa reale. Lo psichico costruisce quindi la realtà, non solo la percepisce o la influenza. La cultura e l'ideologia obbiettivista vigenti considerano lo psichico come una variabile dipendente. Indipendenti sono infatti il biologico, il fisico, l'economico, ecc. Affermare l'indipendenza dello psichico significa aìprire la strada per una comprensione della costruizione soggettiva della realtà sociale.

Questa costruzione di realtà è però permessa da modelli inconsueti, che sono essenzialmente di due tipi: quelli abbondanti e quelli scarsi. I priml sono capaci di rendere abbondanti i beni scarsi. I secondi sono capaci di rendere scarsi i beni abbondanti. I primi abbondanti sono tipici della psicologia che disponde di capacità moltiplicatorie immense, tra cui fondamenale quella della qualità (es. le attitudini e le capacità psichiche). I secondi scarsificanti sono tipici dell’economia che dispone di capacità scarsificanti immense, tanto più se lega il valore dei beni alla loro scarsità ed alla quantità loro (es. la moneta e il suo valore di scambio). Per cui tanto maggiore la scarsità, tanto maggiore il valore. Almeno quantitativamente.

Questi modelli inconsueti compongono il grande capitolo della psicologia del benessere che possiamo perciò anche chiamare dei processi di scarsificazione. In questo campo è fondamentale l’equilibrio dialettico tra quantità e qualità: la quantità porta a rendere scarsi i beni e la qualità li porta ad essere abbondanti. Per questo nelle condizioni di benessere la qualità prevale sulla quantità. Nelle condizioni di malessere la quantità prevale sulla qualità. Per questo la qualità dell'abbondanza permette la trasparenzae costruisce le immagini, le appartenenze, le partecipazioni, mentre la quantità della scarsità richiede l'opacità, costruisce i tabù, i pudori, le esraneità, tutto a fin di bene per rendere abbondanti i beni scarsi mediante la scarsificazione dei beni abbondanti.

I modelli di scarsificazione permettono infatti molti vantaggi: e gustificano i rischi di complessità. Un vantaggio è la finalizzazione del collettivo verso l’organizzazione o l’istituzione, cioè verso un obbiettivo esterno (produttività) od interno (sicurezza). Il prevalere dell’oggettività-esterna sulla soggettività-interna determina la creazione delle organizzazioni. Viceversa il prevalere del soggetto-interno determina il crearsi dell’istituzione, che paradossalmente è così intesa come molto più soggettiva dell’organizzazione. Pur avendo questi vantaggi i modelli presentano il rischio di farci descrivere il mondo così come lo desideriamo e non come esso in realtà è. Anche se l’idea di essenza è un vecchio problema ancora tutto da risolvere, il desiderio fa dei brutti scherzi alla conoscenza e di questo occorre tener conto. Si ripropone qui il problema della relazione tra contenuto e contesto, in cui l'ideologia "essenziale" privilegia il contenuto rispetto al contesto, creando una logica centralista che porta direttamente all'ortodossia.

Il fine giustifica i mezzi,  l’obbiettivo “costruisce” il collettivo, il clima costruisce la struttura. Questo è quanto è sinora successo: il contenuto sceglie il contesto; il presente influenza il passato, il futuro determina il presente, come J. Lacan ha affermato.  Un modello sta quindi sempre alla base della realtà, anche di quella collettiva. Infatti lo scopo di un modello determina la sua efficacia ed il suo tipo di costruzione: conoscendo gli effetti di un modello si determina la sua formulazione  e  la sua scelta. Nella scelta di un modello che dia un significato ai fatti  (senza modello non vi è significato) occorre tener presente che spesso esistono due modelli: un modello vigente e un modello emergente Per cui  la modellistica è quasi sempre duale.

Ciò porta al crollo della coerenza nella costruzione della realtà. Non si può più usare un modello formale unico: l’ortodossia non costruisce di necesstà più la base dei modelli usati.  Una giovane psicologa del lavoro brasiliana Ana-Silvia Rocha Ipiranga afferma che esistono  due modelli di analisi: uno in cui l’ordine presente è accettato ed uno dove quest’ordine è rifiutato.  La psicologia é un pretesto per una ricerca, con alcune ipotesi sperimentali sui due modelli. In particolare la sua ipotesi é quella di proporre un'alternativa al modello in cui l'ordine vigente viene accettato mediante un modello di analisi dell’atteggiamento verso l’ordine presente, quando viene rifiutato ed in modo che “l’uomo si sobbarchi la sorte del mondo proponendo la soluzione di ogni situazione intolleranbile di mancanza".

Per quanto forte sia, un modello vigente non può dimenticare un sempre presente modello emergente. Oggi per esempio il modello vigente è la scarsità, mentre il modello  emergente è l’abbondanza. Tra l’uno e l’altro si costituisce una cntinuità ed una discontinuità, cioè una transizione, che non è tanto un contenuto temporale, quanto un processo logico, una trasformazione di modello più che un tempo di passaggio, una riconversione di elementi disomogenei, ma equilibrati e di pari influenza più che una modificazione di elementi disomogenei, ma disequilibrati con la dominanza o l’esercizio di potere.

Molte volte ho avuto modo di osservare, anche in me stesso, come la voglia di innovazione porti spesso alla richiesta di successo e come paradossalmente il successo uccida l'innovazione.  Per questo motivo assurdamente chi vuole innovare ha resistenze verso la realizzazione della propria innovazione, come se, avendo successo, distruggesse la propria potenzialità innovativa. E' quello che il cantante Francese George Brassens descrive nella propria canzone 'Auprès de mon arbre, je vivais heureux' vcino al mio albero io vivevo felice, lamentando come il successo gli avesse distrutto la creatività. Il problema è delicato e fondamentale per la psichica, perchè tocca il passaggio dalla mentalità etica della scarsità alla mentalità estetica dell'abbondanza ed è quindi cruciale per questa definzione di una scienza "psichica", cioè una psicologia del benessere, cme stiamo tentando di proporre qui.

Non illudiamoci perciò che il trapasso dalla cultura malestante a quella benestante avvenga senza colpo ferire. La transizione sarà lunga e sofferta e dovrà analizzare il capitolo delle nevrosi da successo e del rifiuto dell'oggettività e della sicurezza. La decriminalizzazione del benessere richiederà un passagio difficile dalla priorità etica della colpevolezza a quella estetica dell'ansietà. Le istituzioni fionalizzate alla sicurezza cederanno sempre di più il passo alle organizzazione finalizzate all'efficienza. Le strutture istituzionbali si sfalderanno e verranno sostituite da sentimenti, stati d'animo e climi. E la condizione normale degli uomini sarà appunto l'insicurezza e la mancanza di norme. Quindi non di presidio dell'interiorizzazione delle norme ma della loro abolizione loro si occuperà la futura psicologia del benessere, quella che qui stiamo proponendo di chiamare "psichica".

Il modello vigente è però ancora quello della scarsità, dell'etica, dell'istituzionalizzazione delle norme. Invece quello emergente è il modello dell’abbondanza. La  transizione può anche essere pensata come passaggio dalle vecchie alle nuove scarsità: perchè il modello emergente non può essere ancora utilizzato. Però stiamo già nella morsa dei due modelli, anche se uno è vigente, forte ed ortodosso, e l'altro è possibile, débole ed eretico. Noi oggi in effetti utilizziamo già modelli abbondanti, quando nei consumi l'abbondanza di un bene aumenta paradossalmente il valore di beni e di servizi (es. i servizi delle telecomunicazioni). Ma continuiamo ad usare modelli scarsi, ponendoci al bivio tra vecchie e nuova scarsità.

Le vecchie scarsità sono così più o meno: cibo, salute, sesso, terra, potere, conoscenze, ecc. Esse derivano dal una concezione terriera: la scarsità di terra, la superficie a due dimensioni e quantitativa, quindi limitata a somma zero, il potere a somma zero sono il modello vigente, quindi limitato e materiale. Il primato della scarsità, dell’economia e della finanza: l’ottica monetarista; la metafora (tedesca?) della macchina e la gestione minacciante delle risorse prevalentemente materiali. L'uso sistematico della pedagogia della minaccia: questa è così una caratteristica del modello vigente della scarsità. Difficile da abbandonare sia per l’abitudine, sia per gli indubbi vantaggi che ha portato nei secoli all’umanità. Le nuove scarsità sono relazioni, fantasia, estetica, futuro, movimento, ecc. Esse derivano da una concezione spaziale di risorsa: l'abbondanza di spazio e di qualità, la somma di potere diversa da zero, la metafora della famiglia (giapponese?) ed in fondo, la gestione promettente delle risorse prevalentemente immateriali, ecc.

Tramite l’abitudine alla loro gestione e soluzione si spera di raggiungere presto l’uso sistematico del modello emergente, quello dell’abbondanza, della concezione spaziale: quello basato sulla scarsità di spazio e di potere, sulla corsa verso l’onnipotenza, sullo spazio a tre ed a N dimensioni, sul potere qualitativo, quindi espanso a somma variabile: il potere a somma variabile o illimitato ed immateriale è forese una delle caratteristiche più salienti del modello del benessere. Il primato dell’abbondanza, della psicologia e del volontariato: l’ottica motivazionale; la metafora della famiglia e la gestione promettente delle risorse sono altri aspetti dell’idea di benessere. Dal cambiamento-potere malestante basato sulla minaccia si sta passando al cambiamento-potere benestante basato sulla promessa. Oggi è vigente il malessere ed è emergente il benessere. Per capire questa transizione abbiamo bisogno lentamente e con molta produenza di abituarci ad usare altri modelli che non siano quelli vigenti ed altri processi mentali che non siano quelli minaccianti dell’ortodossia.

Abbiamo visto come la transizione sia innanzi tutto il passaggio dai vecchi ai nuovi malesseri.  Nell'uso cioè di un modello euristico di ricerca diverso da quello vigente. Vediamola in un malessere classico: quello che declina alcune malattie simbolicamente importanti in alcuni luogo e tempi di una malessere tipico:  la malattia. Dal vaiolo, oramai concepita come malattia eradicata si è passati all’AIDS, malattia che qualcuno ipotizza come malattia creata: il sentimento di potere consiste infatti nella costruzione di realtà, mediante l’uso di modelli emergenti. Così, rispetto alle malatte-simbolo, si capisce sia il potere di eliminare,  che quello di inventare malattie: ambedue i poteri sono sintomo della corsa verso ujn modello emergente: quello dell’onnipotenza, detto anche del potere qualitativo a somma variabile. Ed è sigfnificativo che questo modello onnipotente si sviluppi proprio nel momento storico del relativismo culturale spinto e dell’incertezza sovrana, segno che questo sentimenti appaerntemente limitanti, sono di fatto stimolanti, esplosivi e potenzianti la voglia umana di sviluppo e di crescita continua ed inarrestabile.

L’onnipotenza ed il modello che la sostiene, che vede costituirsi nell’istituzione una maggiore soggettività di quanto non ritenga esistere nell’organizzazione, acquista poi rilevanza particolare come movente della dimensione pubblica: immortalità, onniscienza ed ubiquità sono tre declinazioni soggettive dell’onnipotenza. Altri effetti non trascurabili dell’emergere di un modello di benessere come altrernativo al malessere vigente. Ed infatti sono questi i territori dove si costruisce la dimensone pubblica, quella dei grandi desideri degli uomini. Anche questo è paradossale, ma non casuale: proprio nella dimensione pubbica formale ed impersonale si concentra il massimo di soggettività e di onnipotenza, segno che il pubblico, apparentemente disumanizzato, come res nullius, rappresenta forse il massimo della speranza di onnipotenza e di immortalità degli uomini di oggi. La dimensione pubbica appare così traditrice perchè le speranze che gli uoimini vi ripongono sono immense e praticamente infinite.

Ciò porta di necessità al metafisico, che nella dimensione pubblica è molto presente e che lì viene continuamente costruito e distribuito: vedasi per esempio il problema del pensionamento e quello del debito pubblico abbondantemente impostati con criteri metafisici. Il metafisico nella dimensione pubblica viene continuamente prodotto dagli uomini nella loro corsa verso l’onnipotenza. Da questo punto di vista la dimensione pubblica è una dimensione religiosa e non è a caso che spesso diventi teocratica, cioè basata su premesse fideistiche, come quelle del welfare state o della proprietà collettiva. Il grande esperimento storico, (fallito forse proprio perchè metafisico-teocratico) del socialismo reale, è stato l’ultimo grande tentativo di mantenere in vita il modello vigente del malessere, in cui il rinvio del successo di un’operazione collettiva alle prossime generazioni ha provocato il ritiro libidico ed emozionale dal progetto e conseguentemente il suo svuotamento psicologico, da cui il suo fallimento sociale.

Oggi, in dimensioni più ridotte, si stanno moltiplicando i tentativi di mantenere parzialmente in vita i modelli di malessere e metafisici in chiave sociale. Stiamo vivendo la transizione tra le vecchie e le nuove scarsità. La pedagogia del benessere non riesce ad affrontare direttamente la socieità abbondante per educare i nuovi ai suoi parametri ancorta non chiari e realizzati. Oggi la pedagogia del benessere sta oggi traversando il momento della trasformazione delle scarsità: dalle vecchie alle nuove scarsità. Ma pur sempre di scarsità si tratta. E la paura del metafisico impedisce ai nuovi modelli di assestarsi e svilupparsi. Si ha sempre paura di dover rimandare ad un al di là la soddisfazione dei desideri. E la natura onnipotente degli uomini rifiuta questo rimando metafisico.

Ciò non ostante le frontiere del metafisico si sono dilatate e rese più flessibili. E la dilatazione delle sue frontiere ha mondanizzato questo mondo metafisico: non è più monopolio delle religioni, un al di là, un Inferno o Purgatorio, ma un appannaggio della progettazione collettiva del benessere, una politica, un al di qua. La società futura del socialismo reale è stata per esempo, una metafisica, un al dilà, mai verificato: perchè  in quella situazione il mondo delle cose non bastava più ed occorreva usare quello delle non-cose, un meta-fisico. Oggi non regge più ed occorre mondanizzarlo. Così facendo la Umding, la non-cosa come la chiamava Kant, lo sconosciuto si restringe soggettivamente e la Ding, la cosa, il conosciuto si allarga sempre soggettivamente: ciò porta al pluralismo,  alla perdita delle distinzioni e alla condivisione amico diventa complementare con nemico, materiale con immateriale, presente con futuro.

La stretta morsa del modello vigente del malessere si sta così allentando. Anche il benessere diventa così complementare al malessere, per cui il benessere non è solo da intendersi  come mancanza di malessere, ma anche il malessere si può concepire come mancanza di benessere: da questa complementarietà può derivare una definizione positiva, per affermazione, di benessere e non, come sinora è stato, una definizione negativa, per negazione, del benessere. In altre parole è possibile definire direttamente il benessere.

Questo ci consente di elencare le principali caratteristiche della società del benessere. Una società del benessere può essere definita come una società complessa, ricorsiva e plurale con un’idea di benessere soggettivo e con la evidente centralità dell’invidia: se i benestanti non fanno star bene i malestanti, i malestanti fanno star male i benestanti. La sua gestione è più difficile perchè basata sui desideri e non sui bisogni, sulla speranza e non sulla paura. Tutto questo si basa anche sulla gestione fondata sulla scarsità, e quindi sulla scarsificazione e sulla creazione della struttura che la sostiene: infatti le strutture sociali sono programmate per il malessere e stentato a riprogrammarsi per il benessere: le strutture (mentali?) vigenti tendono a perpetuare la cultura vigente da cui sono state inventate ed al di fuori della quale  dovranno sparire.

Ciò porta alla fine dei vecchi tabù (scarsificazione!): distanza, emozione, conflitti, fame, partecipazione, sesso, ecc. ed all’inizio nuovi tabù (scarsificazione!):  notte, pensionamento, ecologia, estetica, televisione, relazione, ecc. Ciò porta ad una mentalità di frontiera, fatta di rischio e futuro, di clima e soggettività, non di struttura e oggettività. Da ciò deriva che il benessere è apprendibile, quindi non si nasce benestanti Allora perchè nelle condizioni di benessere prevale la previsione del benessere futuro sulla prevenzione del malessere passato e c’è abitudine al controllo dei sensi di colpa collettivi? Così le organizzazioni diventano stati d’animo e mentalità e costruiscono lentamente la centralità degli stati d’animo per la costruzione sociale. Oggi sono i climi che fanno le strutture e non viceversa: ne deriva la natura soggettiva della ricchezza: le banche come scuole, l’imprenditorialità vince sulla managerialità i modelli deboli prevalgono su quelli forti, il fai da té si diffonde nelle organizzazioni.

Così i conflitti, prima lotta, poi relazioni industriali, dopo diventano conversazione sociale. Il fai da té prevale anche nel settore dei conflitti: l’eccellenza è una conseguenza del fai da té, lo psichico sta prevalendo sull’economico. La rappresentanza non usa più i concetti della scarsità e della povertà e la politica diventa  la scienza-tecnica per aumentare il benessere. Il lavoro arbeit si trasforma in attività taetigkeit e le vecchie scarsità lasciano il posto alle nuove scarsità. Il modello didattico da simmetrico diventa asimmetrico: imparare e insegnare non coincidono. Tutto questo porta di necessità a definire meglio le nuove capacità che sono essenzialmente delle nuove abilità negoziali. Anzi le possiamo chiamare capacità negoziali emergenti perchè emergono dal crollo del sistema ddidattico magistrale e dalla costituzione del sistema pedagogico del fraintendimento.

Queste abilità negoziali emergenti sono essenzialmente il pluralismo come condizione desiderabile non negativa, la posizione della periferia dominante rispetto a quella del centro, la pari importanza delle diverse scienze e tecnologie, l’idea di disequilibrio e di rischio come positiva, la natura complessa della negoziazione: molti soggetti obbiettivi e tecniche, la circolarità della negoziazione, il prevalere dei climi sulle strutture, il passaggio dalla cultura della centralità alla centralità della cultura, il passaggio dalla cultura della negoziazione alla negoziazione della cultura, e quindi la negoziazione come semplificazione di rapporti, il passaggio dalle buone alle “belle” relazioni: parlare, scrivere, muoversi, gruppare, organizzare ed ascoltare.

La negoziazione può essere così concepita come la conseguenza e come il trattamento della scarsità relazionale: la società del malessere è domenicale, vigente, razionalista ed etica. Si capisce così come invece la società del benessere sia sabbatica, imminente, costruttivista, negoziale, estetica. Il primo modello è quello dello stimolo-risposta. Il secondo modello è quello della profezia che si autoavvera. Il primo lo possiamo anche chiamare razionalista cognitivista, il secondo emozionale costruttivista. Ma al di là di queste imprecise definizioni esiste un primo modello pedagogico e didattico, tipico della società del malessere e della scarsità (primo si denomina qui storicamente, perchè precedente) ed un secondo modello tipico della società del benessere e dell’abbondanza.

Come conseguenza di questo emergere della psicologia del benessere, possiamo parlare di una pedagogia del benessere. Una pedagogia (che è composta sempre da una psicologiw e da una didattica) può essere caratterizzata nel seguente elenco di processi psichici che ne costituiscono anche la didattica. Innanzi tutto una concezione creativa del benessere, soggettivo e tuto da inventare quotidianamente. Poi un’alfabetizzazione a nuovi linguaggi, per  diventare poliglotti sociali come conseguenza dell’abbondanza e della sua declinazione multi  soggettiva, nazionale, razziale, culturale. Perciò sembra ovvio seguire oggi nella didattica e nella formazione la crescente importanza di una pratica crescente di lavoro di gruppo e di pluralismo, un trattamento di situazioni e problemi  con mentalità ludica, un apprendimento del passaggio dal gioco al rischio, un’ imprenditorialità diffusa come rischio personale di successo e insuccesso, una centralità del conflitto cittadino/stato  (non più capitale/lavoro !), una capacità di intervenire sulle relazioni  (in tempo reale!), una sensibilità nel distinguere e nel trattare  bisogni e desideri (scarsità e abbondanze), una resistenza all’ambiguità al mutamento e all’effimero, una desiderabilità personale e sociale del negoziare, ed una negoziazione come clima e non come struttura (funzione sociale ineliminabile in tutte le strutture sociali benestanti), una professionalizzazione dei compiti negoziali ed una soggettività, ed una  pluralità come premessa della qualità, una capacità di tradurre i problemi quantitativi in qualitativi ed una capacità costante di interrompere la naturale tendenza ad identificare quantità e verità.

Tutto questo può essere sintetizzato in tre parole e cioè:  “decriminalizzare il benessere”. La didattica del benessere sarà la conseguenza di tutto questo, con la fine del modello magistrale, la perdita di ruolo dell’ortodossia, l’uso sistematico del pluralismo e dell’idea di gruppo ed un crescente costruttivismo sociale. Da qui originerà uno sviluppo crescente della soggettività nelle istituzioni pubbliche, la costruzione delle dimensioni sociali sulla base dei desideri nostri e non sui bisogni dei nostri nonni, una sorridente e scettica affettuosità verso le nostre relazioni, oggi così in pericolo e domani, speriamolo, così varie e divertenti che il semplice immaginarle oggi ci può riempire di speranza e di allegria. Una pedagogia relazionale quindi per un futuro plurale: questa è forse la pedagogia del benessere che oggi possiamo cominciare a costruire. E la costruiremo soltanto se riusciamo ad uscire dalla paura del wishful thinking, del pensiero desiderante. Dopo tutto descrivere il mondo come noi lo desideriamo offre anche qualche piccolo vantaggio per il nostro benessere.

Tutto questo sembra paradossale perchè rovescia la logica vigente. Ma la psicologia è oggi sempre di più una scienza paradossale, soprattutto se da malestante pretende di diventare benestante, non solo teoricamente, ma anche praticamente, non inseguendo sogni di  dipendenza dall'oggettività  o tentazioni igienico-sanitarie rispetto ad un malessere esistente e da scoprire, ma riaffermando la sua natura di variabile indipendente, soggettiva e progettista di benessere possibile e da inventare. A questo punto occorre ricordare come una pedagogia del benessere sia la conseguenza di una psicologia praticamente benestante. Oggi una tale psicologia manca ed occorre costruirla dalle origini. Innanzi tutto una psicologia del benessere deve essere soggettivista. Questo vuol dire accettare la sfida della solitudine: che è quella che si prova quando si abbandonano i vecchi consueti modelli obbiettivisti che hanno portato a definire la psicologia come sovra-strutturale. Se non si possiedono metodi “specifici” inconsueti e si usano modelli altrui come consueti, gli altri manterranno sempre la psicologia in stato di sudditanza. Il benessere soggettivo non potrà essere messo alla base della psicologia.

Occorre spiegare bene il perchè i modelli debbano essere inconsueti ed appartenere quindi all’area della scarsificazione. Possiamo chiamare tali modelli inconsueti anche con l’aggettivo “specifici”. Perchè oggi i modelli usati dalla psicologia sono quelli consueti ed aspecifici, importati dalle altre scienze. Tipico è l’esempio della misura delle variabili psicologiche che sono ancora soggette alla tirannia della quantità che nega il singnificato-valore di misura ad ogni rilevazione non quantitativa. Un modello quantitativo é consueto in psicologia, perchè altrui e perchè, in termini di abbondanza/scarsità, porta a mantenere in vita una psicologia scarsificante, una psicologia del malessere, terapeutica e non soggettiva.

Invece un modello qualitatito è inconsueto, perchè specifico e perchè porta a rendere primarie le risorse psichiche, misurabili specificamente, che permettono di uscire dal processo di esclusione culturale che economisti ed ideologi diversi hanno usato per impedite il benessre, la soggettività e la libertà delle masse, considerando la psicologia come “sovrastrutturale”, la soggettività  permessa solo ai potenti ed il benessere obbiettivo, quindi deciso solo da loro. Il legame stretto tra psicologia, benessere, soggettività, pluralità e libertà permetterà passi da gigante nello sviluppo di una psicologia soggettiva e di un benessere altrettanto soggettivo e reale, cioè possibile per tutti. Queste sono le caratteristiche di una psicologia  (e quindi di una pedagogia) del benessere che speriamo passi rapidamente dalla teoria alla pratica. Desideriamo chiamarla con un nome diverso dalla psicologia. Proponiamo quello di "psichica", scienza del soggetto, progettista di benessere e positivamente capace di costruire oggi soggettivamente e pluralisticamente la realtà sociale futura.

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