Il filosofo Kierkegaard ispirò i modelli atomici
IL CELEBRE PENSATORE NASCEVA A COPENHAGEN 150 ANNI FA: NELLA SUA OPERA «AUT-AUT» UNA METAFORA DELLA DUPLICE NATURA ONDA-PARTICELLA ADOTTATA NELLA MECCANICA DEI QUANTI di Franco Gàbici (Fonte)
Il modello dell'atomo come sistema solare in miniatura, con gli elettroni che "orbitano" attorno al nucleo, è carino ma non funziona. Una carica elettrica in movimento irradia energia e quindi l'elettrone finirebbe con il cadere sul nucleo causando la distruzione dell'atomo. Niels Bohr, padre di questo famoso modello, era conscio di tutto questo e per giustificare la stabilità degli atomi ipotizzò, dopo aver visto in un libro per ragazzi la famosa formula di Balmer delle frequenze delle righe nello spettro dell'idrogeno, che per gli elettroni esistessero delle orbite (gli "stati stazionari") lungo le quali non irradiavano. Si aveva invece emissione o assorbimento di energia solamente quando un elettrone "saltava" da un'orbita all'altra. Chi ha studiato fisica è al corrente di questa storia, che tuttavia presenta dei risvolti interessanti e che difficilmente si possono trovare su un testo di fisica.
Bohr era nato a Copenhagen, la città dove era nato anche Soren Kierkegaard, il filosofo esistenzialista del quale quest'anno ricorrono i 150 anni della morte e del quale il fisico danese fu un appassionato lettore anche se non condivideva in tutto il suo pensiero. Secondo uno studio di Lewis Samuel Feuer, la filosofia di Kierkegaard potrebbe aver suggerito a Bohr il suo modello di atomo. Per Kierkegaard l'evoluzione spirituale di un uomo deve passare necessariamente attraverso tre stadi, o sfere dell'esistenza, l'estetica, l'etica e la religiosa. E per passare da uno stadio all'altro è necessario un "salto", una transazione discontinua che non si può spiegare razionalmente. Tutto questo, secondo Feuer, affascinò Bohr che evidentemente considerò lo stato stazionario dell'atomo come uno degli stadi dell'esistenza di Kierkegaard e paragonò il "salto" degli elettroni da un'orbita all'altra alle transazioni brusche e inspiegabili dell'io. La teoria dell'atomo di idrogeno di Bohr, dunque, conclude Feuer, "può essere vista da un punto di vista psicologico come la proiezione della dialettica qualitativa di Kierkegaard" e penetrò talmente in Bohr al punto da fargli credere che le transizioni fossero quasi una "libera scelta". Siamo qui talmente distanti da una descrizione casuale - scrive Niels Bohr - "da poter perfino affermare in generale che un atomo in una condizione stazionaria può possedere una libera scelta fra varie possibili transizioni ad altre condizioni stazionarie".
Ma le analogie si spingono ancora più avanti, fino a investire il famoso "principio di complementarità", una estrapolazione del principio di Heisenberg proposta da Bohr nel 1927 per conciliare l'ineliminabile dualismo "onda-corpuscolo" manifestato dalle particelle. Il principio afferma l'impossibilità di osservare contemporaneamente gli aspetti corpuscolari e ondulatori perché l'osservazione di uno esclude automaticamente l'altro. Operando una scelta fra le rappresentazioni complementari, conclude Feuer, il fisico recita un dramma kierkegaardiano nella teoria dei quanti, riproponendo la logica dell'aut-aut del filosofo danese. Tutto questo ci sembra un significativo esempio di interdisciplinarietà e se qualcuno potrebbe considerare la fisica di Bohr e la filosofia di Kierkegaard un accostamento forzato, lo invitiamo a leggere questo autorevole parere dello storico della scienza Max Jammer: "Non può esservi dubbio sul fatto che il precursore danese dell'esistenzialismo moderno e della teologia neo ortodossa, Soren Kierkegaard, abbia in una certa misura inciso sul corso della fisica moderna grazie alla sua influenza su Bohr".