I PRO E I CONTRO DEL TEST DI TURING
Intorno al 1950 Alan Turing, dopo un lungo studio sulle macchine a
stati finiti [5] i cosidetti automi , iniziò a
prendere in considerazione lipotesi che tali creature,
meravigliosamente eleganti e lontane dalle aspettative di ogni scienziato
di inizio secolo, potessero acquisire la capacità di interfacciarsi
con luomo in modo naturale, usando per esempio proprio il linguaggio.
Non si può dire che lintelligenza artificiale sia nata
con Turing, ma ciò che è certo è il fortissimo
impatto che il suo famoso test esercitò nel mondo della ricerca:
un gioco, secondo le parole dellautore, ma il cui obiettivo
non era quello di muovere pedine o scagliare oggetti lontano, esso
era piuttosto orientato al riconoscimento di una macchina (o di un
qualsiasi altro agente) a partire dalle risposte che essa avrebbe
dato ad ogni domanda posta da un soggetto umano. Un test comportamentistico
quindi, il cui fine non era quello di identificare se e dove ci potesse
essere intelligenza, ma piuttosto di valutare il grado di abilità
del sistema artificiale nel dare risposte consone e spiazzanti; naturalmente
quando si parla di macchina in questo ambito, è sempre importante
precisare che non viene mai fatta menzione dei requisiti hardware
necessari per poter conseguire un certo risultato.
Lo stesso Turing basava le sue affermazioni più sulla lungimiranza
che sulla consapevolezza e in [1] a pag.64 egli scrive: <<
...Io credo che tra una cinquantina danni sarà possibile
programmare calcolatori aventi capacità di memoria di circa
109, in modo da farli giocare così bene al gioco dellimitazione2
che un interrogante medio avrà una probabilità non superiore
al 70% di compiere lidentificazione giusta dopo cinque minuti
di interrogatorio. >>. La ragione di questa richiesta abbastanza
alta (nellordine del gigabyte) di memoria è da ricercarsi
proprio nellapproccio computazionale che Turing desiderava seguire:
ciò che interessava realmente non era la struttura esteriore
e le eventuali funzionalità grezze, ma piuttosto il programma,
ovvero ciò che noi, controbattendo le affermazioni di John
Searle, definiamo intenzionalità della
macchina. Un dispositivo in grado di superare il test di Turing (ingannando
quindi anche il più smaliziato degli
interroganti) non è altro che un programma, più o meno
variegato, che deve essere in grado di operare opportuni
collegamenti tra le domande e le risposte, ma attenzione ! Io non
ho detto che esso deve poter attuare solo ed
esclusivamente un processo associativo ponderato, ma che il suo relazionamento
con linterlocutore deve necessariamente avvenire sulla base
di un dialogo. Come vedremo in seguito questo approccio è già
di per sè a netto sfavore della macchina ed è la causa
dellacceso dibattito che culminerà nellesperimento
virtuale della stanza cinese proposto da Searle. Io credo che Turing,
nel formulare il suo gioco dellimitazione, non intendesse esasperare
il concetto di programma sino a spingere moltissimi ricercatori a
creare due fazioni distinte (quella dellIA forte e la sua opposta)
ed è ben chiaro che molte ricerche contemporanee alluscita
del suo scritto Computing Machinery and Intelligence erano
ancora in fase embrionale. La macchina a stati finiti e il calcolatore
digitale rappresentavano per i molti un traguardo di straordinaria
inventiva umana e furono non pochi i registi che precorsero i tempi
e animarono grossi ammassi di ferraglia sino a farli apparire a tutti
gli effetti
umanoidi; tuttavia oggi la situazione è cambiata radicalmente
e molti entusiasmi hanno lasciato il posto ad una più cauta
analisi dei dati di fatto. Ed è proprio da ciò che intendo
iniziare il mio discorso. Il test di Turing è, come abbiamo
visto, comportamentista, ma è anche senza dubbio molto soggettivo
poichè è proprio linterrogante il giudice supremo
che deve decidere se ha di fronte un uomo o una macchina, ovvero egli
dovrà confrontare il comportamento (in termini di risposte)
dellinterlocutore con quello di unipotetica persona di
media cultura e capacità. Ma come è possibile avere
sempre la certezza che un certo dialogo non può essere umano,
mentre unaltro lo è ? Inoltre nel test è prevista
la possibiltà del bluff che, se sapientemente utilizzata, può
gettare alle ortiche ogni burlume di determinismo nella decisione;
ad esempio se doveste leggere questo dialogo:
A) Come ti chiami ?
B) xT334GhhdrN&353
A) Sei una macchina ?
B) 2rer%6gghd
A) Cosa ne pensi dellingegneria genetica ?
B) R&fffdwe55333
....
sareste in grado di dire chi è luomo e chi la macchina
? Di primo acchito tutti risponderebbero che B non soltanto non è
umano ma è anche programmato molto male ! Ma ne siete certi
? E possibile che A sia un programma che effettua delle domande
e B sia un burlone che si diverte a confondere le idee... Il bluff
è capace di sovvertire molte certezze e, per questa ragione,
bisogna essere estremamente cauti quando si effettuano valutazioni
alla cieca. Chiaramente tutto sarebbe diverso se i due
interlocutori fossere disposti luno di fronte allaltro
e non ci fossero sistemi di telecomunicazione per pilotare la macchina
da remoto. In questo caso quasi ogni dubbio verrebbe dissipato. Ho
detto quasi perchè nulla vieta alla macchina di
scherzare ! Alla domanda qual è la tua fonte di energia essa
potrebbe benissimo rispondere i grassi e gli zuccheri,
oppure, in un caso estremo, essa potrebbe fare apparire sullo schermo
una scritta Errore di Sistema. Buffer Overflow, al che
ogni interrogante con poca pazienza sarebbe in diritto di alzarsi
e ridere in faccia agli ingegneri... Il test di Turing, nella sua
semplice genialità, prevede anche questo ! Tuttavia il contatto
diretto con la macchina, qualunque essa sia, è sempre fonte
di sgradevoli pregiudizi che lo stesso Turing fa notare: <<...
Nel corso della propria vita un uomo vede migliaia di macchine e,
da ciò che di esse vede, trae un gran numero di conclusioni
generali: sono brutte, sono progettate ciascuna per uno scopo ben
preciso e quando le si vuole usare per uno scopo anche solo un pò
diverso diventano inutili; la varietà di comportamento di ognuna
di esse è limitata, ecc., ecc. ...>>. Linduzione
psicologica che ci porta ad estendere le caratteristiche di un esemplare
allintera specie è sempre stata molto forte ma in questo
settore il radicamento di idee pseudo-dualistiche ha spesso avuto
la meglio su coloro che non riescono a raggiungere una posizione ferma.
Molti biologi e filosofi si sono giustamente chiesti: E vero
che il superamento del test di Turing conferisce intelligenza alla
macchina ? Per chi volesse approfondire criticamente questo aspetto
consiglio la lettura del capitolo Il Test di Turing: una conversazione
al caffè di D. Hofstadter a pag. 76 di [1] , ma per adesso
limitiamoci ad osservare, come già fatto in precedenza, che
il gioco dellimitazione è a netto sfavore per la macchina:
essa è infatti costretta a rispondere ad una serie di domande
poste in un
linguaggio astratto e senza alcuna corrispondenza semantica; daltronde,
come scrive Daniel Dennet, << ... lassunto che Turing
era pronto a sostenere era che nulla potrebbe mai superare il test
di Turing vincendo il Gioco dellImitazione senza essere anche
capace di compiere un numero indefinito di altre azioni manifestamente
intelligenti... >>. 3
Continua
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1 Per contatti:
http://www.neuroingegneria.com oppure Email a webmaster@neuroingegneria.com
2 E questo il nome che Turing diede al suo test.
3 In tal senso io nutro qualche dubbio: il test di Turing può
anche essere superato con un approccio a forza bruta soprattutto
quando linterrogante non ha pretese particolarmente esigenti.
Se ammettiamo che la durata della prova è comunque limitata,
una grossa base di dati è in grado di contenere moltissime
coppie domanda risposta e il programma deve limitarsi ad inferire
il risultato sulla base della correlazione esistente tra richiesta
reale e archetipo preimmagazzinato. Qualora ciò accada non
credo che una siffatta macchina possa far fronte ad ulteriori situazioni
intelligenti.
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